CORTE DI APPELLO DI MESSINA – SEZIONE CIVILE – SENTENZA N. 79/2021 DEL 01/02/2021

CORTE D’APPELLO

DI MESSINA

La Corte di Appello di Messina, I sezione civile, riunita in camera di consiglio, composta dai magistrati:

Dott. Maria T.Celi .                                         Presidente

Dott. M.Rita Gregorio                                      Consigliere

Dott. Antonino Zappalà                                   Consigliere

                                            SENTENZA

Nella causa civile iscritta al n. 620/2016 R.G, vertente

TRA:

FEDERAZIONE    ITALIANA    GIUOCO    CALCIO    –    LEGA    NAZIONALE

DILETTANTI – COMITATO REGIONALE SICILIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, dott. Ing. Santino Lo Presti, con sede in Ficarazzi (PA), Via Orazio Siino s.n.c., P. IVA 02006911008, elettivamente domiciliata in Messina, Viale Cadorna is. 212, presso lo studio dellAvv. Luigi Munafò che la rappresenta e difende

APPELLANTE

 

CONTRO

(…), rappresentato e difeso dall'Avv. Alessandra Pipitò, presso il cui studio in Messina, via E.Pancaldo, angolo viale Boccetta, is.374 è elettivamente domiciliato.

APPELLATO

 

Oggetto: appello avverso la sentenza n. 2047/2015 del 22.10.2015, del Tribunale di Messina, nella causa iscritta al n. 2678/04 R.G. 

 

Conclusione delle parti: come da atti e verbali di causa. 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Messina, con la sentenza n. 2047/2015 del 22.10.2015, emessa nella causa iscritta al n. 2678/04 R.G.accoglieva lopposizione proposta da (…), avverso il decreto ingiuntivo n. 131/2004, emesso nei confronti del (…) ad istanza della Federazione Italiana Gioco Calcio-Lega Nazionale Dilettanti e revocava, conseguentemente, il decreto ingiuntivo, condannando lopposta al pagamento delle

spese processuali.

Avverso la sentenza proponeva appello la Federazione Italiana Giuoco Calcio -Lega Nazionale Dilettanti, Comitato Regionale Sicilia .

(…)si costituiva.

Con ordinanza del 10.04.2017 la Corte riteneva insussistenti le cause di inammissibilità dellappello di cui allart. 348 bis e 348 ter c.p.c. ed, a seguito di alcuni rinvii, alludienza del 14.09.2020 la causa veniva posta in decisione, con la concessione dei termini di rito per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo lappellante lamenta che la sentenza sia stata motivata sul presupposto, errato, che lobbligazione per cui è stato emesso il decreto ingiuntivo, nei confronti del (…), fosse sorta prima della nomina dello stesso quale segretario della Polisportiva (…).

Sostiene che, in realtà, il credito della Federazione è maturato dal 1 luglio 2002 al 30

giugno 2003, proprio nel periodo in cui il (…) ha rivestito la carica di segretario della Polisportiva, essendo stato nominato il 21.08.2001.

Sostiene, altresì, che i debiti sono scaturiti esclusivamente da comportamenti tenuti dai legali rappresentanti della società e che era impossibile dare la prova di ogni singolo atto compiuto dal segretario; che il presidente e gli altri dirigenti sono sempre responsabili per i debiti dellassociazione che derivano dallattividi amministrazione da loro posta in essere; che (…) non ha sottoscritto liscrizione al campionato 2001/2002, perché non era stato ancora eletto e che delle obbligazioni

sorte dopo lagosto 2001 non può comunque rispondere il vecchio comitato direttivo, Afferma che in caso di grave omissione colposa e per le obbligazioni non negoziali, non può che rispondere personalmente e solidalmente colui il quale, chiamato ad

amministrare lassociazione, in tale veste la rappresenta, e che, fino a prova contraria, ha compiuto lattività che ha fatto sorgere il debito.

In ordine al quantum afferma che nessuna contestazione è stata mossa; che tutte le somme richieste, che ammontano ad euro 7.238,45,  sono imputabili a contributi

dovuti per legge o per regolamento della Lega; che le sanzioni irrogate sono definitive percmai contestate; che il primo giudice non ha ammesso CTU sebbene richiesta.

Infine lamenta che al momento della cessazione dellattività, prima di dividere il fondo comune, la Polisportiva non abbia onorato i debiti sociali.

Lappellante  conseguentemente  censura  la  sentenza  nella  parte  in  cui  è  stata

condannata al pagamento delle spese processuali.

(…), costituitosi, ha eccepito linammissibilità dellappello ai sensi degli artt. 342, 348 bis, 348 ter c.p.c. .

Nel merito, afferma che alla base della sentenza vi è la domanda di iscrizione al campionato di prima categoria per la stagione 2001-2002, sottoscritta dai componenti del consiglio direttivo della polisportiva tra cui non figura (…), il quale quindi non ha agito in nome e per conto della cooperativa e che  la responsabilità dei

sottoscrittori permane anche dopo la cessazione dalla carica, essendosi gli stessi obbligati alla osservanza dello statuto e dei regolamenti federali presenti e futuri; che lappellante non fa riferimento ad alcuna azione posta in essere dal Bitto e non può richiamare il principio dellapparenza.

Sostiene che il quantum non è stato contestato in quanto il Bitto era estraneo arapporto e che fondatamente il Giudice di primo grado ha rigettato la richiesta generica di ordine di esibizione e di CTU con carattere esplorativo.

Eccepisce linammissibilità, perché nuova, della questione della destinazione del fondo comune della Cooperativa.

Chiede rigettarsi pure il motivo di gravame concernente le spese, avendo la Federazione agito nei confronti di un soggetto privo di legittimazione passiva.

Preliminarmente va rigettata leccezione di inammissibilità dellappello ai sensi dellart. 342 c.p.c., sollevata dalla difesa di (…)..

Infatti secondo condivisibile giurisprudenza di legittimità l’art. 342 comma I c.p.c, come novellato dall’art. 54 del d.l n. 83 del 2012 ( conv. Con modif. dalla l.n. 134 del 2012) non esige lo svolgimento di un progetto alternativo di sentenza”, né una

determinata forma, né la trascrizione integrale o parziale della sentenza appellata, ma impone allappellante di individuare, in modo chiaro ed inequivoco, il “quantum

appellatumformulando, rispetto alle argomentazioni adottate dal primo giudice pertinenti ragioni di dissenso che consistono, in caso di censure riguardanti la ricostruzione dei fatti, nellindicazione delle prove che si assumono trascurate o malamente valutate ovvero, per le doglianze afferenti questioni di diritto, nella specificazione della norma applicabile o della interpretazione preferibile, nonché, in relazione  a  denunciati  errores  in  procedendo”,    nella  precisazione  del  fattprocessuale e della diversa scelta che si sarebbe dovuta compiere”. (Sez 3 Ord. N.10916 del 05/05/2017).

E, nel caso in esame, latto dappello, come sopra riportato, contiene le specifiche

ragioni del dissenso rispetto alla decisione adottata dal primo giudice, con indicazione delle questioni di diritto non correttamente affrontate e delle prove non valutate.

Inoltre  la  Corte  ha  ritenuto  positivamente  superato  il  filtro  di  ammissibilità dellappello, ai sensi dellart.348 bis e 348 ter c.p.c. . Nel merito lappello è infondato. 

Va ribadito che l'art. 38 c.c.,stabilisce la responsabilità personale e solidale di colui che agisce in nome e per conto dell'associazione non riconosciuta,

La Suprema Corte ha precisato (Cass. Sez. V civile, sentenza n. 25650 del 15/10/2018) che essa non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell'associazione stessa, bensì

all'attività negoziale concretamente svolta per suo conto e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra l'ente ed i terzi. Si è, altre, precisato che tale responsabilità non concerne un

debito proprio dell'associato, ma ha carattere accessorio, anche se non sussidiario, rispetto alla responsabilità primaria dell'associazione, con la conseguenza che l'obbligazione, avente natura solidale, di colui che ha agito per essa è inquadrabile fra quelle di garanzia "ex lege", assimilabili alla fideiussione (cfr., Cass. civ., sez. III, 24 ottobre 2008, n. 25748, Cass. civ., sez. III, 29 dicembre 2011, n. 29733).

La ratio della previsione di una responsabilità personale e solidale, in aggiunta a quella del fondo comune, delle persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione, comè pacifico, è quella di contemperare l'assenza di un sistema di pubblicità legale riguardante il patrimonio dell'ente, con le esigenze di tutela dei creditori e   trascende, pertanto, dalla posizion astrattament assunt da soggett nell'ambit dell compagin socialericollegandosi piuttosto ad una concreta ingerenza dell'agente nell'attività dell'ente ( Cass. civ. sez. V, 12 marzo 2007, n. 5746).

Chi invoca in giudizio la responsabilità personale di un soggetto ha quindi l'onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell'interesse dell'associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all'interno dell'ente (cfr., Cass. civ. sez. III, 14 dicembre 2007, n. 26290, Cass. civ., sez. III, 24 ottobre 2008, n. 25748).

Il principio sopra esposto è stato, espressamente ritenuto dalla Suprema Corte applicabile anche ai debiti di natura tributaria (v. Cass. civ. sez. V, 17 giugno 2008, n. 16344; Cass. civ. sez. V, 10 settembre 2009, n. 19486), pur senza trascurare, tuttavia, una caratteristica fondamentale che connota siffatte obbligazioni.

Si è infatti precisato, in proposito, che il principio in questione non esclude che per i debitd'imposta, i quali non sorgono su base negoziale, ma "ex lege" al verificarsi del relativo presupposto, sia chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la complessiva gestione associativa nel periodo considerato. Ciò nondimeno, il richiamo all'effettività dell'ingerenza, implicito nel riferimento all'aver "agito in nome e per conto dell'associazione", contenuto nell'art. 38 c.c., vale a circoscrivere la responsabilità personale del soggetto investito di cariche sociali alle sole obbligazioni che siano concretamente insorte nel periodo di relativa investitura (Cass. civ., n. 5746/07, cit.); Cassazione civile sez. trib., 17/09/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 17/09/2020), n.19370).

Si è anche detto in ragione del principio di autonomia del diritto tributario rispetto a quello civile e della fonte legale dellobbligazione tributaria, che il rappresentante fiscale, non solo è obbligato a redigere e presentare una dichiarazione reddituale fedele, non andando esente deventuali responsabilità sanzionatorie, ma anche ad operare, se del caso, le necessarie rettifiche provvedendo, dopo la presentazione, allemenda delle dichiarazioni fiscali presentate  con  dati  inesatti;  pertanto,  quello  che  rileva  ai  fini  dellaccertamento  dellresponsabilità personale e solidale del legale rappresentante dell’associazione non riconosciuta con questultima in materia tributaria è, non solo lingerenza di tale soggetto nellattività dell’ente che rappresenta, ma anche il corretto adempimento degli obblighi tributari sul medesimo incombenti, dovendosi in concreto accertare se il rappresentante, pur non essendosi ingerito nellattività negoziale dellente, abbia adempiuto agli obblighi tributari, solo in tal caso potendo andare immune da corresponsabilità(Sentenza Cassazione Civile n22861 del 26/09/2018).

In conclusione tutti coloro che, in qualità di amministratori, partecipano, con mansioni diverse, al compimento degli aspetti esecutivi dell’ente tra i quali la stipula di contratti, lorganizzazione di eventi, lacquisto di beni materiali, la tenuta di registri contabili, il versamento delle imposte, sono responsabili delle obbligazioni che da tali operazioni possono scaturire, unitamente allassociazione separatamente considerata.

Premesso quanto sopra in ordine ai principi che devono trovare applicazione nel caso iesame, devesi precisare che, invero, laffermazione contenuta in sentenza, secondo cui le somme ingiunte con il decreto ingiuntivo fanno riferimento ad obbligazioni sorte, in capo alla Polisportiva e nei confronti della FIGC, in epoca antecedente alla nomina del (…) a segretario della società calcistica, è errata, trattandosi di partite di credito iscritte dal 1 luglio  2002 al 30. 06. 2003 mentre la nomina del (…), quale segretario della Polisportiva, risale al 21 agosto 2001.

Né si pescludere la legittimazione passiva del (…) per il fatto che lo stesso non ha sottoscritto la domanda di iscrizione della Polisportiva al campionato di calcio 2001- 2002. Limpegno assunto dai sottoscrittori non può infatti che essere limitato agli obblighi scaturiti dalliscrizione per il periodo di efficacia della stessa, che non può che essere annuale e fino alla fine del campionato, che non va oltre il mese di aprile o, al massimo, di maggio dellanno cui si riferisce. Nel caso in esame, invece, dallestratto conto prodotto si evince che i crediti vantati dalla Federazione, cui si riferisce il decreto ingiuntivo, sono stati iscritti a decorrere dal 1. 7. 2002, quando già si era concluso il campionato 2001-2002 e non emerge, in alcun modo che possa trattarsi di crediti della Federazione scaturiti da quelliscrizione, anzi vi sono vociquale la tassa di iscrizione alla Coppa Italia, che nulla hanno di sicuro a che vedere con liscrizione al Campionato.

In mancanza di prova sulla fonte delle obbligazioni che risultano dallestratto conto, sulla base del quale la Federazione ha richiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo, e, conseguentemente, sulla persona a cui è ascrivibile lattività o lomissione antidoverosa da cui le obbligazioni sono scaturite, applicando i condivisibili principi sopra riportati, la domanda proposta dallappellante non poteva e non può essere accolta.

Questione diversa, nuova ed irrilevante, avuto riguardo alla domanda proposta, è quella appena prospettata dallappellante della sottrazione del patrimonio sociale, asseritamente distribuito fra i soci, prima che i creditori sociali potessero  essersoddisfatti.

Lappello deve essere, pertanto, rigettato e deve essere confermata la sentenza di primo grado anche quanto alla condanna alle spese.

Lappellante deve essere altresì condannata al pagamento delle spese processuali

sostenute dal Bitto nel presente grado, liquidate, tenuto conto della minima complessità della controversia, dellimpegno profuso e del risultato raggiunto, in complessivi euro € 1.322,30 oltre spese generali,IVA e CPA.

P.Q.M.

La Corte dAppello di Messina, definitivamente pronunciando sullappello proposto da  Federazione  Italiana  Giuoco  Calcio  -Lega  Nazionale  Dilettanti,  Comitato

Regionale Sicilia, avverso la sentenza n. 2047/2015 emessa il 22.10.2015, dal Tribunale di Messina, nei confronti di Bitto Giacomo, così provvede:

Rigetta lappello.

Condanna lappellante al pagamento delle spese processuali, liquidate, in favore di Bitto Giacomo, in complessivi euro € 1.322,30 oltre spese generali,IVA e CPA. Dichiara che  sussistono a carico dellappellante i presupposti di cui allart 13 comma 1 quater DPR 115/2002.

Così deciso in Messina nella camera di consiglio del 27.01.2021

Il Presidente

(dott. Maria T.Celi )

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