TRIBUNALE DI BRESCIA – SEZIONE CIVILE – SENTENZA N. 504/2016 DEL 18/02/2016

Il Tribunale di Brescia, Sezione Seconda civile,

 

nella persona del Giudice unico dott. Luciano Ambrosoli

ha pronunciato la seguente

 

S E N T E N Z A

 

nella causa civile n. …./2008 Ruolo Generale promossa

 

D A

 

(…), rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Serioli del foro di Brescia e dall’avv. Massimo Zanni del foro di Bergamo per procura a margine dell’atto di citazione

ATTORE

c o n t r o

 

(…), rappresentato e difeso dall’avv. Luciano Garatti e dall’avv. Simonetta Gatti del foro di Brescia per procura in calce all’atto di citazione notificato

 

CONVENUTO

 

CONCLUSIONI

 

 Per l’attore

 

IN VIA PRINCIPALE: ritenuta ed accertata l’esclusiva responsabilità del signor (…) nella determinazione dell’evento per cui si procede, condannare lo stesso a risarcire i danni tutti, patrimoniali e non, patiti dal signor (…) nella misura che verrà accertata in corso di causa e/o ritenuta di giustizia, con rivalutazione monetaria ed interessi dal fatto al saldo.

Spese, diritti ed onorari del presente giudizio interamente rifusi.

 

Per il convenuto

 

In via principale e nel merito: 1) ritenuta e dichiarata infondata, per i motivi di cui in espositiva, la pretesa di pagamento del sig. (…) esposto nell’atto di citazione, rigettarsi la domanda attorea; 2) comunque, respingere tutte le domande attoree in quanto infondate in fatto ed in diritto; in via riconvenzionale: ritenuta ed affermata l’esclusiva responsabilità del sig. (…) nella determinazione del fatto per cui è causa, condannare lo stesso a risarcire i danni tutti patrimoniali e non, patiti dal sig. (…) nella misura che sarà accertata in corso di causa e/o ritenuto di giustizia con rivalutazione monetaria ed interessi dal fatto al saldo. Spese, diritti ed onorari del presente giudizio interamente rifusi.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 22 maggio 2008 (…) conveniva (…) innanzi al Tribunale di Brescia, sezione distaccata di Breno, per chiederne la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali a lui cagionati il 23 novembre 2003, allorché, durante l’incontro di calcio del campionato di seconda categoria fra le squadre F.C. (…), il convenuto (…), giocatore della F.C. (…), a gioco fermo colpiva l’attore, calciatore della squadra avversaria, con un pugno al volto e gli aveva cagionato lesioni a seguito  delle  quali  egli  era  costretto  lasciare  il  gioco  veniva accompagnato presso il pronto soccorso degli Spedali Civili di Brescia, dove veniva riscontrata “frattura ossa nasali post-contusiva da deposte percosse” ed espressa prognosi provvisoria di quindici giorni, più volte prorogata anche a seguito di intervenuto chirurgico di rinosettoplastica e diatermina turbinati al quale si era infine sottoposto il 15 dicembre 2006.

Il convenuto (…), costituitosi in giudizio con comparsa depositata il 18 settembre 2008, contestava la ricostruzione dell’accaduto proposta dall’attore e deduceva di essere stato egli vittima di aggressione ad opera dell’avversario che, mentre egli si preparava con il compagno di squadra (…) a battere un calcio di punizione al limite dell’area di rigore, (…) lo aveva all’improvviso e senza motivo colpito alla nuca e alla parte sinistra del volto e che in conseguenza del colpo ricevuto egli,barcollando si girava e confuso urtava involontariamente, alla ricerca di un appoggio, il viso di qualcuno che, successivamente, capì essere quello dell’avversario (…), che poi scoprì essere colui che lo aveva in precedenza colpito alla testa”; chiedeva perciò il rigetto della domanda dell’attore e in via riconvenzionale la condanna dell’attore al risarcimento dei danni che egli aveva subito a causa delle lesioni sofferte per il colpo ricevuto, consistenti in trauma alla nuca e al volto.

Assegnati i termini di cui all’art.183, comma 6°, c.p.c., la causa  era  istruita  con  l’esame  dei  testimoni  indicati  dall’attorem (l’arbitro (…), i calciatori della C.S. (…) (…) e (…), e (…), socio di (…) nell’impresa Fe.Ba. S.n.c.) e dal convenuto (l’allenatore della F.C. (…) (…) e il calciatore (…); lo spettatore (…), abitante a (…); l’infermiera (…)) e l’interrogatorio formale delle due parti, e mediante CTU medico legale affidata al dr. (…) per l’accertamento delle lesioni patite da (…).

Infine, disposta comparizione personale delle parti al fine di esperire tentativo di conciliazione improduttivo di effetti, la causa veniva trasferita presso la sede centrale e riassegnata a seguito della soppressione della sezione distaccata di Breno, e trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti sopra riportate.

Motivi della decisione

E’ accertato ed indiscusso che (…), calciatore della squadra C.S. (…) impegnata il 23 novembre 2003 a (…) nell’incontro del campionato di seconda categoria contro la squadra locale, durante una fase in cui il gioco era fermo e gli avversarsi si accingevano a battere un calcio di punizione al limite dell’area di rigore della C.S. (…), ricevette un colpo al volto ad opera di (…), attaccante della F.C. (…), e che in conseguenza di tale colpo, lasciato il campo di gioco con il naso sanguinante, riportò la frattura parcellare delle ossa proprie del naso”.

Il convenuto (…) non nega infatti il colpo inferto al volto dell’avversario ma, mentre l’attore (…) allega di essere stato volontariamente colpito con un pugno, il convenuto sostiene di essere stato per primo raggiunto alla nuca e alla parte sinistra del volto da un colpo inferto da qualcuno alle sue spalle e di essersi allora girato, confuso e barcollante, e di avere così inavvertitamente urtato il volto del giocatore avversario che lo aveva un istante prima aggredito.

La tesi dell’attore, il quale assume di essere stato colpito al volto con un pugno mentre prendeva posizione al centro della propria area di rigore in attesa della battuta del calcio di punizione, trova netta conferma, oltre che nella testimonianza dei compagni di squadra (…) e (…), nelle dichiarazioni dell’unico testimone del tutto indifferente, ossia l’arbitro (…) che – in consonanza con  il referto  nel quale  dava  atto dell’espulsione del giocatore (…) disposta al minuto 49’ della ripresa “in quanto colpiva con violenza al setto nasale un giocatore ospite provocandogli copiosa uscita di sangue ed impossibilità di continuare la gara, dopo aver subito la gomitata in volto il calciatore del (…) si accasciava al suolo e con la maglietta tutta piena di sangue veniva  soccorso dal  suo massaggiatore  ed  accompagnato nello spogliatoio” (doc. 8 attore) – conferma il contenuto dei capitoli di prova articolati dall’attore e il contenuto del verbale delle s.i.t. rese il 23 maggio 2004 ai CC di Rovato (doc. 13) nel corso del proc. penale n. …./04 N.R. nato dalla denuncia querela (doc. 2) sporta dall’odierno attore (nello stesso procedimento furono assunti a s.i.t. anche i menzionati (…)e (…) – doc. 11 e 12 e (…), anch’egli giocatore della squadra di (…) – doc. 10), nel quale l’arbitro della gara esponeva che, mentre controllava la disposizione della barriera, si era girato verso il centro dell’area di rigore e in quello stesso istante aveva visto (…) colpire  l’avversario con  “una  manata in  faccia” o  forse, aggiunge poco dopo, “una gomitata”, che aveva provocato copiosa uscita di sangue che il massaggiatore faticava a contenere, e che aveva perciò espulso Bizioli, il quale senza proteste aveva lasciato il campo di gioco.

La tesi di un colpo involontario, che (…) inavvertitamente reca al volto di (…) in quanto, barcollante e confuso” per un colpo ricevuto alla nuca e al viso, si gira alla ricerca di un appoggio” è, si osserva in primo luogo, di intrinseca oggettiva inattendibilità in ragione dell’entità delle lesioni cagionate, che manifestamente presuppongono impatto assai violento poco coerente con la ricerca di appoggio da parte di persona confusa e barcollante.

E le prove offerte a sostegno di tale assunto non apportano alcun dato di maggiore attendibilità:

- Le testimonianze dell’arbitro di gara e dei compagni di squadra di (…) concordemente riferiscono che al momento dell’aggressione i due giocatori stavano prendendo posizione all’interno dell’area di rigore, in attesa della battuta del calcio di punizione; il convenuto e i testimoni che confermano la sua versione collocano invece l’episodio in prossimità del luogo di battuta del calcio di punizione, dove (…) afferma di essersi trovato insieme al compagno (…) in attesa che l’arbitro controllasse la distanza della barriera, e di essere stato allora colpito alla nuca e al volto da qualcuno alle sue spalle.

Ebbene, è per un verso evidente che nessun giocatore del (…) aveva ragione e facoltà di avvicinarsi al punto di battuta, e che chi lo avesse fatto, e tanto più con intenzioni violente, sarebbe inevitabilmente stato notato da tutti i presenti; e che peraltro la collocazione all’interno dell’area di rigore, oltre ad essere la  più logica e coerente con l’ordinario andamento del gioco (sulla battuta della punizione i difensori non schierati in barriera si dispongono in marcatura all’interno dell’area), è quella con sicurezza attestata dall’arbitro che, seppure possa essere incerto se il colpo sia stato portato con la mano o con gomito, non lo è affatto quando afferma che egli vide il colpo (parte convenuta e i testimoni dalla stessa parte indicati sostengono che l’arbitro – che espulse (…) non poté vedere alcunché perché era impegnato a sistemare la barriera e volgeva le spalle all’accaduto) e che i due calciatori si trovavano in quel frangente al centro dell’area di rigore.

Non vi è alcuna prova oggettiva delle lesioni che (…) afferma di avere subito nell’occasione: non solo non esiste alcun referto medico, ma le stesse dichiarazioni sui soccorsi prestati presentano evidenti contraddizioni e lacune.

Il convenuto sostiene che, una volta espulso, si recò verso la panchina e fu accompagnato negli spogliatoi dove, essendo ancora stordito e lamentando forte dolore alla testa, fu fatto distendere sul lettino e gli si applicò del ghiaccio; e che la sera fu medicato dalla signora (…), infermiera presso l’ospedale di Iseo, con prognosi di guarigione pari a giorni 7”.

L’arbitro di gara non rileva alcun trauma o stato confusionale; né, a fronte della qui dedotta condizione di stordimento e forte dolore alla testa, chi in ipotesi soccorre (…) ritiene opportuno far intervenire alcun medico o consigliare alcun controllo, e si limita ad applicare del  ghiaccio una  volta giunti nello spogliatoio;  ed anzi l’applicazione di ghiaccio sulla testa del frastornato giocatore espulso sarebbe avvenuta, secondo lo spettatore (…) che assicura di avere potuto assistere a tutta la scena da posizione privilegiata e che finisce con offrire versione che va oltre la stessa prospettazione del convenuto e che è contraddetta da tutti gli elementi acquisiti, già sul terreno di gioco; (…) si reca la sera presso un’infermiera, nell’abitazione della stessa a (…) (si tratta – v. verbale 27 aprile 2010 - di (…), infermiera a Esine), e questa riferisce che (…), presentatosi a casa di lei, presentavauna forte contusione alla testa” e “un evidente rossore sotto l’occhio sinistro e che ella lo “medicòmettendogli una borsa del ghiaccio sulla testa: non è dato capire se la prognosi di sette giorni di cui alle allegazioni del convenuto sia stata informalmente espressa dall’infermiera, che nella testimonianza non ne fa cenno; è certo che non sia stata formulata da alcun medico e che neppure l’infermiera, che a propria volta limitò l’intervento ad applicare del ghiaccio alcune ore dopo l’accaduto, consigliò altri controlli.

E’ dunque del tutto inidonea la prova sia della violenta aggressione di (…) ai danni di (…), così come dedotta dal convenuto, sia dell’esistenza a carico di quest’ultimo di traumi tali da determinare la condizione di stordimento e confusione che occasionato l’involontario ferimento che (…) provoca al suo stesso aggressore; e ad ammettere anche che le lesioni riferite (trauma alla nuca e arrossamento sotto l’occhio sinistro) esistessero, difetta comunque la prova che a cagionarle sia stato (…), e nei modi riferiti dal convenuto (si tratta invero, anche in considerazione del nullo allarme che hanno destato e dei minimali rimedi terapeutici reputati sufficienti, di traumi del tutto compatibili con ordinario svolgimento del gioco e assai usuali). In ogni caso, e risolutivamente, a volere pure ascrivere le lesioni a carico di (…) a condotta volontaria di (…), in nessun caso queste possono costituire causa di giustificazione della violenta ritorsione di (…), che per tutto quanto già esposto fu manifestamente volontaria e non accidentale.

Del tutto coerente con tali conclusioni è del resto la sentenza ex art. 444 c.p.p. del Tribunale di Brescia, pronunciata il 27 marzo 2006 a carico di (…) per reato di lesioni volontarie gravi (e di ingiurie, che stando alla denuncia querela sporta da (…) precedettero il colpo al volto): in proposito va rilevato che, se è pur vero che la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti non si fonda su accertamento positivo dei fatti e non ha efficacia probatoria di giudicato in sede civile ed amministrativa, essa “costituisce” tuttavia “indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l'imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità, ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione; detto riconoscimento, pertanto, pur non essendo oggetto di statuizione assistita dall'efficacia del giudicato, ben può essere utilizzato come prova nel corrispondente giudizio di responsabilità in sede civile (Cass. Sez. L, 5 maggio 2005, n. 9358; nello stesso senso Cass. Sez. III, 20 luglio 2011, n. 15889; Cass. Sez. Un. 12 aprile 2012, n. 5756). E dunque la stessa sentenza penale ex art. 444 c.p.p. costituisce inequivocabile elemento di prova a conforto della ricostruzione dell'attore, tanto più ove si consideri la labilità delle allegazioni e prove in contrario introdotte dal convenuto.

Evidentemente non ravvisabile, trattandosi di azione violenta compiuta al di fuori delle fasi di gioco e allo specifico scopo di ledere, ipotesi di esclusione di responsabilità per funzionale connessione con l’attività sportiva secondo i noti canoni interpretativi (cfr. ad es. Cass. sez. III, 8 agosto 2002, n. 12012: “il criterio per individuare in quali ipotesi il comportamento che ha provocato il danno sia esente da responsabilità civile sta nello stretto collegamento funzionale tra gioco ed evento lesivo, collegamento che va escluso se l'atto sia stato compiuto allo scopo di ledere ,ovvero con una violenza incompatibile con le caratteristiche concrete del gioco, con la conseguenza che sussiste in ogni caso la responsabilità dell'agente in ipotesi di atti compiuti allo specifico scopo di ledere, anche se gli stessi non integrino una violazione delle regole dell'attività svolta; la responsabilità non sussiste invece se le lesioni siano la conseguenza di un atto posto in essere senza la volontà di ledere e senza la violazione delle regole dell’attività, e non sussiste neppure se, pur in presenza di violazione delle regole proprie dell’attività sportiva specificamente svolta, l'atto sia a questa funzionalmente connesso. In entrambi i casi, tuttavia il nesso funzionale con l'attività sportiva non è idoneo ad escludere la responsabilità tutte le volte che venga impiegato un grado di violenza o irruenza incompatibile con le caratteristiche dello sport praticato, ovvero col contesto ambientale nel quale l'attività sportiva si svolge in concreto, o con la qualità delle persone che vi partecipano”), (…) deve essere dichiarato responsabile dell’accaduto e condannato al risarcimento dei danni in favore di (…).

Passando alla quantificazione del danno, il medico legale dr. (…) - visitato l'attore e esaminata la documentazione medica relativa al primo soccorso, alle successive visite e al ricovero del 19- 21 dicembre 2006 presso la casa di cura San Rocco di Ome per intervento chirurgico di rinosettoplastica e diatermia dei turbinati, eseguito per il persistere di difficoltà respiratorie dovute a deviazione del setto nasale e ipertrofia dei turbinati – ha ravvisato, in conseguenza  delle  lesioni  rilevate  compatibili  con  l’azione  lesiva descritta, inabilità temporanea totale di 3 giorni e inabilità temporanea parziale al 75% per 7 giorni, 50% per altri 67 giorni e al 25% per 20 giorni, ed inoltre postumi permanenti determinanti un’invalidità del 2%.

Quanto alla liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione all’integrità psicofisica, costituiscono criterio orientativo per questo Tribunale le tabelle del Tribunale di Milano aggiornate al 2014, rielaborate al fine di effettuare, conformemente all’indirizzo giurisprudenziale di cui alle note sentenze della Corte di Cassazione dell’11 novembre 2008 - che hanno posto in evidenza l’esigenza di una liquidazione unitaria del danno non patrimoniale biologico e di ogni altro danno non patrimoniale connesso alla lesione della salute - una complessiva valutazione e quantificazione del danno non patrimoniale, comprensiva, in presenza di lesione psicofisica medicalmente accertata, di ogni tipo di danno relativo, oltre che ai risvolti anatomo-funzionali, a quelli relazionali e per sofferenza soggettiva. Nelle tabelle il danno biologico, pertanto, è considerato in relazione ai riflessi pregiudizievoli della lesione dell’integrità psico fisica su tutte le attività, le situazioni e i rapporti in cui la persona esplica se stessa nella propria vita, secondo una valutazione “standardizzata”, che considera cioè l’incidenza che le lesioni accertate mediamente determinano, sia quanto agli aspetti anatomo- funzionali e relazionali, sia quanto agli aspetti di sofferenza soggettiva, prevedendo una percentuale di aumento dei valori medi onde consentire una adeguata personalizzazione complessiva della liquidazione – qualora il caso concreto presenti peculiarità che siano allegate  e  provate  dal  danneggiato  o  comunque  oggettivamente emergenti in causa.

Considerato quanto precede, alla luce delle conclusioni rassegnate dai c.t.u., il danno non patrimoniale biologico per invalidità permanente  complessivamente accertata sul danneggiato (che all’epoca dei fatti aveva 31 anni) va liquidato, espresso in valori monetari attuali in applicazione delle tabelle aggiornate al 2014, in € 2.638,00.

All’attore inoltre va riconosciuto il risarcimento correlato al periodo di inabilità temporanea, assumendo quale criterio di base l’importo di € 96,00 per ogni giorno di invalidata totale, per importo totale di € 1.608,00 (€ 96,00 x 3 giorni di ITT= € 288,00; € 96,00 x 7 x 75%= 504,00; € 96,00 x 7 giorni x 50% = 336,00; € 96,00 x 20 giorni x 25% = € 480,00), espressi in valori monetari attuali, avendo applicato le tabelle aggiornate al 2014.

Non richiesto e non dovuto aumento per personalizzazione del danno, alla luce di quanto già esposto in ordine alla unitaria liquidazione del danno non patrimoniale e ai presupposti della personalizzazione rispetto alla valutazione standardizzata, che ricorrono solo in presenza di specifiche peculiarità del caso concreto nel caso in esame non dedotte

A (…) spetta altresì risarcimento del danno patrimoniale emergente, costituito dalle spese mediche documentate (v. fatture e ricevute di pagamento prodotte sub doc. nn. 17/22) e reputate dal CTU opportune e congrue, per importo di € 238,73.

L’invalidità permanente non ha secondo il CTU incidenza sulla capacità lavorativa specifica ((…) era all’epoca del fatto imbianchino, socio lavorante della (…)  S.n.c.) e, dunque, sulla capacità di produrre reddito, e nulla al  riguardo ha allegato l’interessato.

L’attore deduce invece danno patrimoniale emergente da perdita di reddito per essersi assentato da lavoro in occasione di due ricoveri. L’assenza dal lavoro, nel brevissimi periodi dei due accessi ospedalieri, non costituisce da sé prova del danno, se non si alleghi se e quali lavori non siano stati eseguiti o siano stati differiti e quali conseguenze dannose ne siano derivate. Né è dato desumere contrazione dei redditi causalmente ricollegabile all’infortunio dai modelli di dichiarazione dei redditi delle persone fisiche relativi agli anni 2001, 2002 e 2003 (doc. 24, 25, 26), dai quali si ricava oltre tutto per l’anno 2003 reddito non dissimile o superiore a quello degli anni anteriori. Ed è inammissibile la CTU al riguardo richiesta dall’attore, che in mancanza in specifiche allegazioni e produzioni di parte sul danno in concreto sofferto assumerebbe finalità esplorativa e base probatoria del tutto evanescente.

Il complessivo danno patrimoniale di € 238,73, trattandosi di debito di valore, deve essere rivalutato ad oggi e pertanto, in applicazione degli indici Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, la somma finale, così arrotondata, si determina in 287,91.

Sulle     somme         dovute          come  sopra  determinate (complessivamente, a titolo di danno non patrimoniale € 4.246,00 e a titolo di danno patrimoniale € 287,91, ed in totale € 4.533,91) spettano altresì gli  interessi legali, in ragione del danno ulteriore derivante dal mancato tempestivo godimento dell’equivalente pecuniario, da calcolarsi conformemente al criterio di cui alla nota sentenza della Cassazione a Sezioni Unite 17 febbraio 1995 n.1712, secondo il quale gli interessi sui debiti di valore vanno calcolati sulla somma corrispondente al valore della somma al momento dell’illecito, via via rivalutata anno per anno sulla base degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. In applicazione di tale criterio, al fine del calcolo degli interessi, la somma, come sopra determinata deve essere previamente devalutata in base ai detti indici al 23 novembre 2003, data del fatto, e dunque ad 3.759,46 (€ 3520,73 per danno non patrimoniale e € 238,73 per danno patrimoniale), e su tale importo, progressivamente rivalutato, devono calcolarsi gli interessi al tasso legale.

Dalla data della sentenza all’effettivo saldo decorrono gli interessi legali sulla somma complessivamente dovuta (cfr. Cass. sez. II, 14 dicembre 1991, n.13508 secondo cui la sentenza che liquidi il danno per fatto illecito, attribuendo gli interessi cosiddetti compensativi a partire dal fatto stesso, costituisce un’obbligazione di valuta, come tale produttiva degli interessi di pieno diritto previsti dall’art.1282 c.c. per i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro, anche  con  riguardo  all’importo  rappresentato  dai  detti  interessi compensativi,  i  quali  rappresentano  una  componente  del  debito complessivo, non un autonomo debito di interessi, e, quindi, si sottraggono alle disposizioni dell’art.1283 c.c. in tema di anatocismo).

(…) va dunque condannato al risarcimento del danno in favore di (…), complessivamente liquidato in € con interessi come sopra calcolati e, in ragione della soccombenza, alla rifusione delle spese del giudizio sostenute dall’attore (liquidate in applicazione delle tariffe medie previste dal d.m.55/2014 per cause di valore – come ritenuto in decisione - fino a 26.000,00, in complessivi € 4.835,00 e spese per € 225,00 e accessori, come da nota depositata).

A carico del convenuto vanno poste le spese di CTU, già provvisoriamente poste a carico dell'attore.

P.Q.M.

 

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

  • dichiara la responsabilità di (…) in ordine alle lesioni cagionate a (…) il 23 novembre 2003 e per l’effetto lo condanna al risarcimento dei danni sofferti dall’attore che liquida in complessivi € 4.533,91, oltre ad interessi legali dal 23 novembre 2003 alla presente pronuncia, da calcolarsi sulla somma capitale di € 3.759,46 anno per anno rivalutata, e agli interessi legali dalla pronuncia al saldo;
  • rigetta  la  domanda  riconvenzionale  proposta  da  (…);
  • condanna il convenuto al pagamento in favore dell'attore delle spese del giudizio che liquida in complessivi € 4.835,00 per compenso professionale, € 225,00 per spese, IVA e CPA;
  • pone in via definitiva le spese di c.t.u. a carico di (…).

Brescia, 13 febbraio 2016

Il giudice

Luciano Ambrosoli

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