TRIBUNALE DI CATANIA SEZIONE – CIVILE – SENTENZA N. 1338/2019 DEL 01/04/2019
TRIBUNALE ORDINARIO di CATANIA
TERZA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Simona Lo Iacono ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 8358/2013 promossa da: (…), rappresentato e difeso dall’avv. Angela Rita Toscano
- attore-
CONTRO:
(…) e (…), entrambi rappresentati e difesi dall’avv. Alessandro Patanè
-convenuti-
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da verbale d’udienza del 18.12.18
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con atto di citazione, ritualmente notificato, (...) conveniva innanzi al Tribunale di Catania (...) e (...) premettendo che, in data 01.09.2009, verso le ore 18 si trovava presso il campo comunale di calcio di Acireale sito in P.zza Roma dove si stava svolgendo una partita di allenamento della A.S. (...) di cui lo stesso era tesserato. Asseriva altresì che, durante lo svolgimento dell'allenamento, un partecipante alla stessa non identificato e sconosciuto ai compagni lo colpiva con un “fallo di reazione” con una testata al volto procurandogli le lesioni e danni. Riteneva che i fatti di cui sopra erano ascrivibili, giusta art. 2048 c.c., alla responsabilità del sig. (...) nella qualità di Presidente della A.S (...) e responsabile dell'impianto sportivo nonché del sig. (...) quale allenatore della A.S. (...). Concludeva chiedendo che il Tribunale volesse: “...ritenere e dichiarare la responsabilità solidale dei sigg.ri (...) e (...) nella causazione del fatto illecito subito dall'attore; condannare in solido i sigg.ri (...) e (...) al risarcimento di tutti danni patiti quantificabili nella misura di euro 25.000,00 ...oltre al danno morale e spese mediche e comunque condannarli solidalmente nella misura quantificata dal giudice secondo giustizia; condannare solidalmente gli stessi al pagamento della somma di euro 5.000,00 necessaria per l'intervento di chirurgia estetica volto alla correzione della asimmetria dell'emivisivo sinistro; condannare in solido (...) e (...) alle spese, diritti ed onorari del presente giudizio oltre accessori come per legge”.
Si costituivano in giudizio (...) e (...) deducendo che in data 01.09.2009 nel campo di calcio comunale dell'Acireale non si teneva nessun allenamento della società sportiva A.S. (...); che si trattava di una partita tra ragazzi e non di allenamento; che alla partita di calcio essi convenuti non erano presenti; che il ragazzo con il quale l'attore aveva avuto lo scontro di gioco era conosciuto e veniva individuato nella persona di tale (...); che il trauma patito dall'attore era conseguenza della partita di calcio concretizzando uno “scontro aereo o colpo di testa” e che, pertanto, lo stesso rientrava nel c.d. “ rischio del gioco”; eccepiva altresì la carenza di legittimazione passiva dei convenuti e la inapplicabilità al caso di specie dell'art. 2048 c.c.
Espletate le prove orali e la consulenza medico-legale la causa all'udienza del 18.12.2019 la causa veniva posta in decisione con termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e repliche.
Tanto esposto in punto di fatto, deve innanzi tutto essere messo in evidenza come risulti dalle allegazioni di parte attrice una visura su A. S. (...) dalla quale risulta che il convenuto (...), all’epoca dei fatti per cui è causa, ricopriva la carica di Presidente della predetta associazione (cfr: visura allegata alla memoria ex art 183 cpc n. 3). L’attore ha inoltre prodotto una missiva del Comune di Acireale (cfr: riscontro nota prot. n. 0012114 del 20.2.14) da cui si evince chiaramente che il responsabile utilizzatore per l’anno 2009 dell’impianto sportivo di P.zza Roma (Cappuccini), luogo del sinistro occorso all’attore, risultava essere il convenuto (...).
L’attore poi, era senza dubbio alcuno un tesserato della A.S. (...). Si evince infatti dall’allegato n. 5 del fascicolo di parte attrice che all’attore nell’anno 2010 venne negato il tesseramento presso A.S.D. (...) perché questi risultava essere già vincolato alla società (...) (cfr: lettera inviata dalla Lega Nazionale Dilettanti Comitato regionale Piemonte e Valle D’Aosta del 1 dicembre 2010, a firma della FIGC comitato regionale Piemonte Valle d’Aosta).
Non pare dubbio quindi che sussistesse un rapporto di tesseramento tra l'attore e la ASD (...) nella quale risulta che il convenuto (...), all’epoca dei fatti per cui è causa, ricopriva la carica di Presidente.
Così delineato il rapporto tra le parti, risulta anche dimostrato dalle risultanze probatorie che l’altro convenuto, (...), era l’allenatore e che era presente al momento del sinistro, nel luogo indicato in citazione. Lo riferisce espressamente il teste (...) (cfr: “era presente il sig. (...) oggi presente in aula, che era un dirigente della società che io conosco perché nel passato è stato anche un mio dirigente e perché è molto noto nell’ambito del calcio per le squadre di Acireale”).
La medesima circostanza è altresì riferita dal teste (...), il quale precisa: “conosco tutte le parti in causa in quanto facevo parte della squadra di calcio (...) insieme con l’attore e il sig. (...) oggi presente in aula che è stato il mio allenatore”.
Il medesimo teste soggiunge: “Erano presenti oltre i nostri compagni di squadra anche il sig. (...) e il sig. (...)”.
Non pare nemmeno dubbio che il luogo fosse quello dello stadio comunale di Acireale, in quanto riferito da entrambi i testi.
Né l’attendibilità dei due testi pare dubitabile, poiché le due deposizioni sono del tutto coerenti e non appaiono in contraddizione l’una con l’altra.
Così esplicitato il rapporto tra le parti, ossia un rapporto di tesseramento con l’associazione A. S. (...), è dimostrato che il sinistro verificatosi – come emerge dalle prove – durante un allenamento, sia ascrivibile ai convenuti a norma dell’invocata norma dell’art 2048 c.c.
E, invero, il 2° comma dell’art. 2048 cod. civ., prevede una responsabilità per culpa in vigilando, a carico dei precettori e di coloro che insegnano un mestiere o un’arte, per il fatto illecito commesso dagli allievi ed apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. Da notare che nell’arcaica figura dei “precettori” la giurisprudenza ricomprende gli insegnanti di ogni ordine e grado e, in generale, tutti coloro che svolgono funzioni di vigilanza accessorie all’insegnamento, ad esempio, gli insegnanti di educazioni fisica, gli istruttori sportivi, gli allenatori.
In siffatto caso la prova liberatoria richiesta a questi soggetti ai fini dell’esenzione da responsabilità sarà quella di dimostrare di “non aver potuto impedire il fatto”, consistente, nello specifico, nella dimostrazione dell’assolvimento dell’obbligo di vigilanza loro imposto sui propri allievi.
Gli allenatori e gli istruttori sono infatti i soggetti che si occupano della formazione sportiva degli allievi loro affidati, sui quali esercitano poteri di direzione e di controllo, non solo tecnico ma anche disciplinare. La loro condotta dovrà essere tanto più accorta quanto maggiore sarà il livello di pericolosità dello sport da praticare e modulata in relazione alle minori capacità di apprendimento degli allievi; essi dovranno a tal fine tener conto sia delle capacità del singolo praticante (e su di esse regolare i loro insegnamenti), sia adottare in via preventiva tutte le misure organizzative e disciplinari idonee ad evitare una situazione di pericolo che favorisca la nascita del danno. Tali soggetti saranno infatti chiamati a rispondere non solo in caso di mancata adozione delle opportune cautele finalizzate a prevenire l’evento dannoso ma anche per omissione dei poteri di controllo e di direzione sugli allievi, tale obblighi trovando fondamento, in primo luogo, sulle disposizioni previste dagli articoli 2043 e 2048 cod. civ. ed inoltre anche in un eventuale contratto intercorso tra le parti.
La giurisprudenza ritiene a tal fine che la valutazione del comportamento tenuto dall’istruttore non debba effettuarsi in base ai parametri previsti secondo uno standard astratto di “buon insegnante”, bensì debba operarsi sul singolo caso concreto, dovendo tener conto di circostanze quali l’età, la formazione, il grado di maturità dell’allievo e le condizioni ambientali nelle quali si è svolto l’insegnamento della disciplina; di conseguenza, la probabilità di affermare la responsabilità dell’istruttore sarà maggiore in caso di allievo minorenne ed inesperto nella disciplina sportiva, richiedendosi in tali situazioni una vigilanza massima per continuità ed attenzione. In particolare, il dettato dell’art. 2048 cod. civ. richiede agli istruttori, allenatori, maestri ed insegnanti in genere, per esentarsi da responsabilità, la dimostrazione dell’adozione in via preventiva di tutte le misure organizzative e disciplinari idonee ad evitare la situazione di pericolo foriera di danno.
Si ritiene dunque che la responsabilità dell’istruttore sia ravvisabile in tutti quei casi in cui non solo l’evento dannoso sia oggettivamente o soggettivamente prevedibile, ma venga finanche agevolato dalla mancanza di cure e attenzioni da parte di tale soggetto. Mentre la responsabilità per culpa in vigilando andrà esclusa quando sia fornita, da parte dell’istruttore, non solo la prova dell’adozione di ogni cautela organizzativa e disciplinare al fine di evitare possibili danni ma, come la giurisprudenza ha più volte ribadito, anche quella di aver di fatto mantenuto una vigilanza adeguata all’età, al grado di formazione sportiva e alla maturità degli allievi (cfr: Cass. 6 maggio 1986, n. 3031).
Altra ipotesi in cui la responsabilità del precettore è da escludere si ha quando ricorra il caso fortuito. Ma per essere esentato da responsabilità l’istruttore dovrà dimostrare che l’evento, per le modalità in cui si è svolto, è stato imprevedibile ed improvviso, tale che, pur avendo adottato la dovuta vigilanza, esso non avrebbe potuto essere evitato.
Ebbene, alla luce dei superiori principi non è possibile ritenere i convenuti esenti da colpa.
Innanzi tutto è piuttosto significativo che essi neghino la propria presenza sui luoghi durante il sinistro, mentre i testi affermano concordemente il contrario. Di poi, dalla dinamica narrata dai testi, non è possibile ritenere che i convenuti abbiano adottato ogni cautela organizzativa e disciplinare al fine di evitare possibili danni.
Entrambi i testi escussi hanno invero confermato che è stato posto in essere in danno dell’attore un “fallo di reazione” da parte di un giocatore sconosciuto alla squadra il quale successivamente si è dedicato alla boxe; che nel giorno dell’infortunio si stava svolgendo un allenamento pre-campionato; che i ragazzi, compreso l’attore, erano stati convocati verbalmente in quanto già facenti parte della squadra.
E’ significativo quanto riferisce il teste (...): “Durante la partita in seguito a un fallo commesso da Orazio Arciprete nei confronti di un ragazzo che si allenava con noi per la prima volta e che non faceva parte della squadra, questo ragazzo ha reagito andando verso (...) e colpendolo con una testata”.
Ebbene, il fatto che in seno ad una squadra precostituita fosse stato inserito un elemento nuovo, e del tutto estraneo ad essa – del quale quindi non erano state testate né le capacità sportive né le qualità emotive e di reazione – certamente è elemento che dimostra che i convenuti non avevano predisposto con cura i presupposti dell’allenamento, e avevano anzi permesso un elemento di rilevante novità, non adeguatamente verificato.
Né il fatto che il soggetto agente, che ha materialmente colpito l'attore, abbia reagito con una testata rientra nel caso fortuito, poiché, come sopra detto, per essere esentato da responsabilità l’istruttore deve dimostrare che l’evento, per le modalità in cui si è svolto, è stato imprevedibile ed improvviso, tale che, pur avendo adottato la dovuta vigilanza, esso non avrebbe potuto essere evitato.
Ma nell’ipotesi, pur potendosi dire che l’evento sia stato improvviso, esso con la dovuta vigilanza (e cioè evitando l’entrata in squadra di un nuovo elemento) sarebbe stato evitabile, e non è quindi possibile ritenere che la condotta repentina dell’autore del fatto integri gli estremi del fortuito.
Peraltro la condotta dell’aggressore ha esulato del tutto dalle necessità insite nel gioco e nella gara sportiva, afferendo a una violenza estranea alla competizione, ma frutto di una reazione emotiva.
Pertanto nella specie, l’istruttore, pur essendo presente per come dichiarato dai testi, non ha dato prova di avere seguito l’allenamento e di avere vigilato sulla esuberanza ed aggressività del ragazzo autore della violenta testata, anzi ha negato la propria presenza sui luoghi.
Ora, secondo l’insegnamento della Corte di Cassazione “il criterio per individuare in quali ipotesi il comportamento che ha provocato il danno sia esente da responsabilità civile sta nello stretto collegamento funzionale tra gioco ed evento lesivo, collegamento che va escluso se l’atto sia stato compiuto allo scopo di ledere, ovvero con una violenza incompatibile con le caratteristiche concrete del gioco, con la conseguenza che sussiste in ogni caso la responsabilità dell’agente in ipotesi di atti compiuti allo specifico scopo di ledere, anche se gli stessi non integrino una violazione delle regole dell’attività svolta; la responsabilità non sussiste invece se le lesioni siano la conseguenza di un atto posto in essere senza la volontà di ledere e senza la violazione delle regole dell’attività, e non sussiste neppure se, pur in presenza di violazione delle regole proprie dell’attività sportiva specificamente svolta, l’atto sia a questa funzionalmente connesso. In entrambi i casi, tuttavia il nesso funzionale con l’attività sportiva non è idoneo ad escludere la responsabilità tutte le volte che venga impiegato un grado di violenza o irruenza incompatibile con le caratteristiche dello sport praticato, ovvero col contesto ambientale nel quale l’attività sportiva si svolge in concreto, o con la qualità delle persone che vi partecipano” (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12012 del 08/08/2002).
La responsabilità dei due convenuti quindi sussiste.
Passando alla quantificazione del danno, il nominato CTU ha potuto accertare, con relazione esente da vizi e quindi condivisibile, che il nocumento subito (consistente in esiti di frattura della parete posteriore, laterale e anteriore del seno mascellare di sn con frattura del pavimento orbitario ed interessamento del canale infraorbitario e frattura anche della parete laterale dell’orbita trattata con riduzione chirurgica aperta) è del tutto compatibile con l’evento per cui è causa e ha provocato all’attore un periodo di invalidità temporanea assoluta pari a giorni 6 (sei), una invalidità temporanea al 75% in giorni 20 (venti) ed un periodo di invalidità temporanea al 50% stimabile in giorni 20 (venti) per la successiva ripresa fisica.
Tali esiti permanenti, poi, avuto riguardo all’età e ai precedenti clinici del periziando, in base all’esito del perito, hanno determinato una compromissione dell’integrità psicofisica del soggetto nella misura del 5% di danno biologico.
Nessun dubbio quindi che l’attore abbia patito un danno biologico, da designare come lesione dell’interesse costituzionalmente garantito all’integrità fisica e psichica della persona (art. 32 Cost.), da considerare “in relazione all’integralità dei suoi riflessi pregiudizievoli rispetto a tutte le attività, le situazioni ed i rapporti in cui la persona esplica se stessa nella propria vita. Non soltanto, quindi, con riferimento alla sfera produttiva, ma anche con riferimento alla sfera spirituale, culturale, affettiva, sociale, sportiva e ad ogni altro ambito e modo in cui il soggetto svolge la sua personalità e cioè a tutte le attività realizzatrici della persona umana” (cfr. Corte Cost., sent. n. 356/1991; Corte Cost., sent. n. 184/1986).
Ciò detto, è certamente da precisare che la liquidazione del danno non patrimoniale (biologico) passa inevitabilmente per criteri equitativi, come quelli cd. tabellari, ormai invalsi nella giurisprudenza italiana (ivi compresa quella catanese). Ed, allora, nel caso di specie, quale criterio equitativo, può farsi riferimento alle tabelle liquidatorie elaborate dalla giurisprudenza, in particolare dall'osservatorio della Giustizia civile di Milano, poiché le più diffuse sul territorio nazionale.
La scelta di una tabella piuttosto che un'altra è rimessa alla discrezionalità del giudice, ove offra una sua motivazione razionale. La Suprema Corte, infatti (cfr. la recente decisione Cass. civ., sez. III, sentenza 26 gennaio 2010 n. 1524) ha affermato, in materia di risarcimento del danno non patrimoniale, che il parametro di liquidazione tabellare è un mero criterio di stima e di calcolo tendente ad uniformare l'attività liquidatoria a casi che tra di loro prospettano similitudini e che presuppone il determinante ragguaglio delle tabelle medesime alle peculiarità del caso concreto: ed, allora, "non pare potersi ritenere sussistente alcun diritto del danneggiato ad ottenere la liquidazione del danno in oggetto in base a tabelle in uso presso un determinato Ufficio Giudiziario piuttosto che in un altro". Ciò perché, il Giudice, nella scelta di una determinata tabella, ha un suo potere discrezionale con il solo limite di dovere esaustivamente rendere edotte le parti del pregio di tale scelta: al riguardo, valga quanto sin qui detto in ordine alla opportunità delle tabelle adottate da questo Ufficio, quali uniche a fondare, in modo opportuno, danno biologico e danno morale .
Tanto esposto, e passando alla applicazione delle citate tabelle, in relazione all’età dell’attore al momento del sinistro (anni 16) avremo:
Tabella di riferimento |
2018-2019 |
Età del danneggiato |
16 anni |
Percentuale di invalidità permanente |
5% |
Giorni di invalidità temporanea totale |
6 |
Giorni di invalidità temporanea parziale al 75% |
20 |
Giorni di invalidità temporanea parziale al 50% |
20 |
Giorni di invalidità temporanea parziale al 25% |
0 |
Danno biologico permanente |
€ 5.871,00 |
Invalidità temporanea totale |
€ 282,42 |
Invalidità temporanea parziale al 75% |
€ 706,05 |
Invalidità temporanea parziale al 50% |
€ 470,70 |
Invalidità temporanea parziale al 25% |
€ 0,00 |
Totale danno biologico temporaneo |
€ 1.459,17 |
Danno morale |
€ 0,00 |
Spese mediche |
€ 0,00 |
Altre spese
TOTALE GENERALE: € 7.330,17
Non risulta invece dalla CTU che debbano essere affrontate future spese mediche di talchè non può essere accolta la domanda attorea volta alla condanna della somma di E. 5000,00 per un futuro intervento di chirurgia estetica.
Su tale somma vanno poi calcolati sia la rivalutazione (trattandosi di debito di valore) sia gli interessi dal momento del sinistro (1.9.2009).
In mancanza di migliori elementi di giudizio sul punto (non offerti dalle parti), gli interessi possono essere determinati equitativamente in base al tasso degli interessi legali (cfr Cass. Sez. Unite, 17 febbraio 1995, n. 1712); essi valgono a compensare il danneggiato del mancato godimento della somma nel periodo considerato (sul fatto - pacifico - che, ai sensi dell’art. 1219 c.c., gli interessi sulle somme dovute per risarcimento di danni da illecito aquiliano decorrono dalla data in cui il danno è stato prodotto, si vedano, fra le tante tutte conformi, Cass. Sez. III, 16 giugno 1987, n. 5287 e Sez. II, 20 ottobre 1984, n. 5307).
Seguendo la più puntuale elaborazione giurisprudenziale sul tema (cfr Cass. Sez. I, 20 giugno 1990, n. 6209), gli interessi compensativi non vanno calcolati né sul valore iniziale del danno (e cioè sulle somme non rivalutate), né sulle somme risultanti dalla rivalutazione relativa all’intero periodo di mora del debitore, bensì sul valore che si ricava dalla rivalutazione calcolata anno per anno. Il calcolo della rivalutazione viene fatto – per semplicità - anno per anno alla data convenzionale del 31 dicembre ed in quella data vengono computati gli interessi che, poi, sono improduttivi di ulteriori interessi e non vengono capitalizzati in alcun modo.E ciò perché, come opportunamente rilevato dalla Corte di Cassazione, «l’utilitas perduta dal creditore, come debito di valore, assume una misura crescente per effetto della sopravvenuta svalutazione monetaria, sicché il punto di riferimento per il calcolo degli interessi non è costante, ma aumenta in relazione all’aumentare della misura del controvalore del bene perduto. E le difficoltà di accertare i vari progressivi mutamenti del potere d’acquisto della moneta, trattandosi di liquidazioni equitative, possono essere superate utilizzando indici annuali medi di svalutazione» (Cass. Sez. I, 20 giugno 1990, n. 6209, cit.).
Il calcolo della rivalutazione e di questi interessi c.d. compensativi si arresta alla data odierna, perché, come costantemente affermato dalla Corte Suprema, «gli interessi compensativi relativi a debiti di valore, destinati a coprire una componente del danno globale da risarcire e dovuti dalla data dell’evento dannoso a quella della pronuncia giudiziale di liquidazione, anche se comprensiva della rivalutazione monetaria, non sono in realtà veri e propri interessi ma soltanto uno dei possibili mezzi tecnici pretoriamente adottato dalla giurisprudenza per ristorare il danneggiato della perdita delle utilità economicamente apprezzabili che, nell’intervallo tra la consumazione dell’illecito e la liquidazione finale, il medesimo (danneggiato) avrebbe potuto trarre dal bene (se non ne fosse stato privato e alla cui restituzione in natura avrebbe diritto) o dall’equivalente monetario del bene stesso se tempestivamente conseguito» (Cass. Sez. I, 1 dicembre 1992, n. 12839) e, quindi, «la sentenza che liquidi il danno per fatto illecito, attribuendo gli interessi cosiddetti compensativi a partire dal fatto stesso, costituisce un'obbligazione di valuta, come tale produttiva degli interessi di pieno diritto previsti dall’art. 1282 c.c. per i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro, anche con riguardo all’importo rappresentato da detti interessi compensativi, i quali rappresentano una componente del debito complessivo, non un autonomo debito di interessi, e quindi si sottraggono dalle disposizioni dell’art. 1283 c.c. in tema di anatocismo» (Cass. Sez. III, 14 dicembre 1991, n. 13508).
Peraltro, è da sempre pacifico che «la liquidazione del maggior danno che il creditore di una somma di danaro provi di aver subito per effetto del ritardo nel pagamento (art. 1224, comma 2, c.c.) va compiuta dal giudice di merito con riferimento alla data della decisione che chiude il giudizio davanti a sé. E la liquidazione determina la trasformazione dell’obbligazione risarcitoria da obbligazione di valore in obbligazione di valuta, che la sentenza rende esigibile, sicché sulla somma risultante dalla liquidazione sono dovuti, dalla data della sentenza, gli interessi al saggio legale» (Cass. Sez. III, 9 gennaio 1996, n. 83. Nello stesso senso, fra le altre, Sez. III, 6 novembre 1996, n. 9648; Sez. III, 17 ottobre 1994, n. 8465; Sez. III, 14 dicembre 1991, n. 13508; e Sez. III, 26 ottobre 1992, n. 11616).
Le spese – che si liquidano da dispositivo in base alla attività espletata, al valore della controversia e alle tabelle vigenti - seguono la soccombenza dei convenuti e vanno liquidate in favore dell’Erario atteso che l’attore risulta ammesso al Patrocinio a spese dello Stato (cfr: delibera del 26 marzo 2013 del Consiglio dell’ordine di Catania rif. Protocolli: 20133431/DE0005/E e 20133851/DE005/U).
Le spese di CTU vanno invece liquidate in favore dell’esperto e poste a carico dei convenuti soccombenti in solido.
I compensi al procuratore di parte attrice vanno liquidati come da decreto allegato.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando:
P.Q.M.
In accoglimento della domanda attorea condanna i convenuti in solido al pagamento nei confronti di (...) della somma di E. 7.330,17 oltre accessori così come in parte motiva e oltre spese di lite che liquida – in favore dell’Erario – in E. 1369,00 oltre Iva, Cpa.
Condanna i convenuti in solido alle spese di CTU da liquidare in favore dell’esperto nominato dal tribunale, dott.ssa (...).
Catania, 30 marzo 2019
Il Giudice
dott. Simona Lo Iacono