CORTE DI APPELLO DI BARI – SEZIONE CIVILE – SENTENZA N. 1770/2018 DEL 18/10/2018
La Corte di Appello di Bari
Terza Sezione Civile, composta dai seguenti Magistrati:
- Dr. Luciano GUAGLIONE -Presidente
- Dr. Michele PRENCIPE -Consigliere
- Dr. Emma MANZIONNA -Consigliere rel. ha emesso la seguente
Sentenza
Nella causa civile in grado di appello, iscritta sotto il numero d’ordine 2033 dell’anno 2014 del Ruolo Generale degli affari contenziosi civili, avverso la sentenza n. 2125/2014 emessa in data 24.04.2014 (dep. 29.04.2014) dal Tribunale di Bari, sezione stralcio di Rutigliano, in composizione monocratica
TRA
(...), rappresentato e difeso congiuntamente e disgiuntamente dagli avv.ti Antonio Perez e Giuseppe De Francesco, in virtù di procura a margine dell’atto di citazione in primo grado ed elettivamente domiciliato , presso lo studio di questi ultimi in rutigliano.
APPELLANTE
E
(...), (...)e (...), rappresentati e difesi dall’avv.to Amedeo Bregante, in virtù di mandato a margine dell’atto di costituzione e risposta in appello, ed elettivamente domiciliati in Bari al viale Salandra 31 presso lo studio di quest’ultimo.
APPELLATI
Conclusioni delle parti: All’udienza collegiale del 06.06.2018 la causa è stata riservata per la decisione, sulle conclusioni rassegnate dai procuratori delle parti come da verbale della stessa udienza, da intendersi qui per richiamate e trascritte, con la concessione dei termini di cui all’art.190 c.p.c.
Ragioni in fatto ed in diritto della decisione
Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) esponeva che , alle ore 20,30 circa del 17/5/05, mentre stava disputando una partita di calcetto nell’impianto sportivo denominato “A.S. (...) out”, ubicato in Rutigliano alla Contrada Madonna delle Grazie, sebbene lontano dalla fase di gioco, subiva un grave infortunio alla gamba sinistra, che si impiantava nel terreno di gioco. L’istante lamentava la inadeguatezza del manto in erba sintetica, in quanto detto manto, molto alto perché di nuova realizzazione, non risultava né insabbiato né bagnato, al fine di evitare il forte attrito fra i piedi dei giocatori ed il manto stesso. In conseguenza del sinistro, il signor (...) subiva gravi lesioni (gli veniva diagnosticata “frattura bimalleolare caviglia sinistra”, veniva sottoposto ad intervento chirurgico di riduzione di osteosintesi con filo di K e cerchiaggio al perone e con fili di sutura malleolotibiale) e, pertanto, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Bari – Articolazione di Rutigliano, gli odierni appellati , nella qualità di “gestori e proprietari della struttura sportiva A.S. (...) Out”, chiedendone la condanna al ristoro di tutti i danni subiti in conseguenza dell’infortunio quantificati in euro 74.885,48, oltre accessori e spese. Si costituivano in giudizio i signori (...) , (...) e (...) Pasquale, i quali, eccepivano preliminarmente il loro difetto di legittimazione passiva, in quanto non erano né gestori, né proprietari della struttura sportiva (...) Out.
L’attore – appellante , con la memoria ex art. 170 cpc, precisava che l’espressione “proprietari e gestori della struttura” utilizzata in atto di citazione e riferita ai convenuti, doveva , in realtà, intendersi riferita ai “soci e gestori della Associazione Sportiva (...) Out e della relativa struttura”. Con sentenza non definitiva n. 196/09, del 20/5/2009 depositata in data 16/10/09, il Tribunale di Bari –sez dist. Rutigliano , nella persona del GOT Angelo Pellegrini, rigettava l’eccezione preliminare di
difetto di legittimazione passiva sollevata dai convenuti, provvedendo con separata ordinanza all’istruzione del giudizio. Nella motivazione della predetta sentenza, il giudice sottolineava l’appartenenza dei signori (...), (...)e (...)all’Associazione Sportiva “(...) Out”, i quali risultavano essere soci fondatori, dall’esame dell’atto costitutivo dell’Associazione medesima del 9.05.1990 . Inoltre, il contratto stipulato tra l’Associazione Sportiva “(...) Out” e la “Master Green” il 29.01.2005 riportava la sottoscrizione di (...) Nunzio quale presidente ancora in carica della predetta associazione. Avverso tale sentenza , i convenuti formulavano rituale riserva di appello all’udienza del 22.02.2010.
Svolta l’istruttoria e precisate le conclusioni, con sentenza definitiva n. 2125 del 24 – 29/4/2014 il Tribunale, nella persona della dott.ssa Cristina Fasano, rigettava la domanda attorea perché infondata, ponendo a carico del soccombente le spese di lite e quelle di CTU. Il giudice di prime cure riteneva che l’attore non avesse provato il nesso di causalità tra la res ed il danno , poiché non aveva fornito alcun elemento di carattere tecnico obbiettivo per poter porre in correlazione le lamentate condizioni del campo – ossia l’assunto che il manto erboso fosse alto, non bagnato né insabbiato – e la caduta . A parere del giudicante , ai sensi dell’art.2051 c.c. è necessario che il danneggiante provi in modo rigoroso il nesso di causalità tra la potenziale pericolosità della res ed il danno , mentre il (...) non aveva provato che la caduta si fosse verificata per le caratteristiche del campo tali da renderlo potenzialmente pericoloso. Inoltre, non si era raggiunta neanche una rigorosa prova sulla dinamica dell’incidente, sì da poter escludere che esso fosse stato determinato da colpa del giocatore.
Con atto notificato il 12/12/2014, (...) ha interposto appello avverso la predetta sentenza definitiva n. 2125/14, chiedendo , per i motivi di seguito indicati accogliere le seguenti conclusioni: accogliere la domanda e, per l’effetto, condannare in solido i sig.ri (...), (...)e (...) al pagamento in favore dell’attore della somma di euro 74.885,48 oltre accessori e spese.
Gli odierni appellati, costituendosi ritualmente in Cancelleria, hanno proposto appello incidentale avverso la sentenza non definitiva n. 196/09, chiedendo, per i motivi di seguito indicati, accogliersi le seguenti conclusioni : rigettare l’appello principale e conseguentemente confermare la gravata sentenza definitiva ; accogliere l’appello incidentale ed, in riforma della sentenza non definitiva, dichiarare il difetto di legittimazione passiva dei convenuti , con vittoria di spese ; in subordine, dichiararsi la mancanza di responsabilità dei convenuti , ricorrendo la ipotesi di responsabilità esclusiva o quanto meno concorrente del (...) , riducendosi l’avversa pretesa nei limiti del giusto.
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L’appellante ha basato l’impugnazione principale avverso la sentenza definitiva n. 2125/14 su due motivi: 1) l’errata interpretazione dell’art. 2051 c.c. e 2) l’errata valutazione delle risultanze istruttorie. Con il primo motivo, ha dedotto, in particolare, che il Giudicante non avrebbe tenuto in alcuna considerazione il fatto che, in caso di applicazione dell’art. 2051 cc, il danneggiato deve limitarsi a provare il verificarsi dell’evento dannoso e il suo rapporto di causalità con la cosa in custodia, mentre è posto a carico del custode la possibilità di liberarsi dalla responsabilità presunta a suo carico mediante la prova liberatoria del caso fortuito. L’appellante sostiene di aver assolto, nel caso concreto, all’onere probatorio, dimostrando sia il verificarsi dell’evento dannoso che il nesso causale con le deposizioni testimoniali . Queste ul(...), infatti, avrebbero confermato che, all’epoca dei fatti, il campo di calcetto, ove si era verificato l’infortunio subito dall’attore, non era in condizioni tali da consentire ai giocatori di disputare una partita di calcetto. Ad avviso dell’appellante, corrisponderebbe a un fatto notorio quello che , quando un campo di calcetto è di nuova costruzione, come nella specie, necessita di essere continuamente insabbiato e bagnato perché altrimenti la suola dello scarpino del calciatore non scivola sull’erba sintetica ma si impianta, causando storte, distorsioni o peggio fratture agli arti inferiori. I testi di controparte avrebbero sottolineato che il manto erboso del campo sportivo “(...) out” era di recente rifacimento con il chiaro intento di fugare ogni dubbio sull’assenza di anomalie idonee a causare infortuni ai giocatori. In realtà, a giudizio dell’appellante, sarebbe vero esattamente il contrario, perché nel caso che ci occupa l’anomalia riguarderebbe proprio le caratteristiche del manto erboso di nuova realizzazione.
Con il secondo motivo, l’appellante ha impugnato la sentenza nella parte il Giudice di primo grado avrebbe ritenuto non sufficientemente dimostrata la domanda in quanto “i testi di parte attrice non avevano saputo indicare con precisione il punto in cui sarebbe accaduto l’infortunio”. A parere dell’appellante il Giudice non avrebbe considerato che la condizione del manto erboso era uniforme in ogni parte del campo. Non vi erano situazioni di degrado in alcuni punti del campo rispetto ad altri; in ogni punto, quindi, del campo, vi era una situazione di pericolo costituita dalla presenza di erba sintetica troppo alta, in quanto non insabbiata, né bagnata.
Con l’appello incidentale avverso la sentenza non definitiva , gli appellati , al fine di vedersi riconoscere il proprio difetto di legittimazione passiva, hanno lamentato che la sentenza gravata sarebbe errata perchè: 1) non considera che l’attore-appellante con la memoria ex art.170 c.p.c. ha posto una nuova domanda rivolta non più ai convenuti quali proprietari e gestori dell’impianto sportivo ma agli stessi quali soci e gestori dell’associazione sportiva; 2) si basa su una errata ricostruzione del fatto processuale: l’attore nell’atto di citazione non ha fatto minimamente riferimento all’associazione sportiva (...) Out; i convenuti non sono stati qualificati come componenti e presidente del c.d.a. ( carica che hanno rivestito in base all’atto costitutivo sino al 31.12.1990) e neanche (...) era stato indicato quale Presidente dell’Associazione ; nessuno dei convenuti , a parte il Presidente del consiglio direttivo , è fornito, per statuto, della rappresentanza legale dell’associazione; la rappresentanza processuale spetta ex art.36 c.p.c. e 19 dello Statuto solo al Presidente del consiglio direttivo mentre i soci , anche se fondatori , non rispondono delle obbligazione ex delicto dell’associazione salvo che non sia provato che abbiano agito in nome e per conto dell’associazione ex art.38 c.p.c.; 3) con riferimento alla qualifica dei convenuti come soci fondatori applica una disciplina non pertinente: i convenuti , in quanto fondatori , non hanno la rappresentanza processuale dell’associazione, né è stato dedotto che essi abbiano agito in nome e per conto dell’associazione. Anche il (...) non è stato qualificato nella memoria ex art.170 come Presidente- legale rappresentante ma solo come socio; 4) l’appellante introduce una nuova domanda in appello perché , nella intestazione, indica gli appellati “nella qualità di rappresentanti della società sportiva”.
E’ opportuno , nell’ordine logico, esaminare in primo luogo l’appello incidentale avverso la sentenza non definitiva che, riguardando la questione pregiudiziale del difetto di legittimazione passiva ( rectius titolarità dal lato passivo del rapporto controverso ) , potrebbe rendere superfluo l’esame dell’appello principale avverso la sentenza definitiva .
Va premesso che , in linea di principio, il rappresentante di una associazione non riconosciuta (qual’è, nella specie, un'associazione sportiva avente come oggetto sociale la gestione di una palestra) assume la qualità di custode, ai sensi dell'art. 2051 c.c., dei beni dell'associazione in tutti i casi in cui eserciti un potere di fatto su tali beni, assumendo conseguentemente l'obbligo di controllarli ed eliminare le situazioni di pericolo che in essi possano insorgere (Cassazione civile, sez. III, 17/01/2008, n. 858). In tema di associazioni non riconosciute, la legittimazione processuale spetta a chi è conferita la presidenza o la direzione come disposto dall’art.36 c.c. ( cfr. Cass. civ. n.17921/2007), ma l’associazione è responsabile anche del fatto illecito commesso da persona del cui operato debba rispondere ai sensi dell’art.38 c.c. ( cfr. Cass. n.15395/2011).
Quanto al primo motivo, va osservato che , mentre nell’atto di citazione i convenuti, sono stati citati in proprio -quali proprietari e gestori dell’impianto sportivo- nella memoria ex art.170 c.p.c. , essi sono stati evocati in giudizio nella qualità di soci e gestori dell’associazione ( che gestisce il suddetto impianto), nell’intento evidente di estendere il contraddittorio all’associazione non riconosciuta (...)
Out , senza tuttavia evocarla formalmente in giudizio con un atto di chiamata in causa. Sebbene l'associazione non riconosciuta, sia sfornita di personalità giuridica, essa è tuttavia considerata dall'ordinamento come autonomo centro di imputazione di interessi, di situazioni di rapporti giuridici e, quindi, come soggetto di diritti distinto dagli associati, essendo dotata di una propria organizzazione interna ed esterna e di un proprio patrimonio costituito dal fondo comune.
Ritiene la Corte che la questione controversa tra le parti – ossia se la rettifica contenuta nella memoria ex art.170 c.p.c. integri una emendatio o mutatio libelli-, sia stata mal posta perché in realtà il sistema processuale consente all’attore di estendere il contraddittorio a terzi ( e tale deve ritenersi l’associazione sportiva non riconosciuta (...) Out nel caso concreto ), quando l’esigenza sia sorta dalle difese del convenuto , ma previa autorizzazione da parte del giudice ex art. 183, 5° comma c.p.c. e chiamata in causa del legittimo contraddittore , chiamata che nel presente giudizio non c’è stata. L’appellante pur inquadrando erroneamente la questione in termini di novità di domanda , ha dedotto correttamente il vizio che inficia la sentenza non definitiva (che rigetta l’eccezione di difetto di legittimazione passiva dei convenuti ) poichè la gestione dell’impianto sportivo , come si desume dal contratto di appalto allegato , è affidata non già ai singoli soggetti convenuti in giudizio bensì all’associazione sportiva (...) Out, autonomo soggetto giuridico che non risulta indicato nella citazione introduttiva quale titolare del rapporto sostanziale dedotto in giudizio e che non risulta chiamato in causa quale legittimo contraddittore.
Anche i motivi sub. 2 e 3 dell’appello incidentale colgono nel segno , poichè, in effetti, i convenuti, all’esito della memoria ex 170 c.p.c., non sono stati evocati in giudizio in rappresentanza dell’associazione ( né avrebbero potuto esserlo tutti perché in tema di associazioni non riconosciute, la legittimazione processuale spetta solo a chi è conferita la presidenza o la direzione come disposto dall’art.36 c.c. ) ma quali “soci e gestori” della stessa, per cui l’attore avrebbe dovuto allegare una condotta illecita agli stessi attribuibile ex art.38 c.p.c. . Diversamente , opera il principio generale secondo cui ,per i fatti illeciti imputabili all’associazione , risponde solo il Presidente ex art.36 c.p.c. ma , nel caso concreto , (...) Nunzio pur ricoprendo il ruolo di Presidente della A.S. (...) Out, risulta evocato in giudizio non in tale qualità, bensì nella veste di socio e gestore della stessa .D’altra parte, correttamente , con il quarto motivo dell’appello incidentale, è stata evidenziata la novità della intestazione contenuta nell’atto dell’appello principale in cui gli appellati sono evocati in giudizio per la prima volta “ nella qualità di legali rappresentanti della società sportiva “.
Pertanto , l’appello incidentale risulta fondato e meritevole di accoglimento , con conseguente integrale riforma della sentenza non definitiva e rigetto della domanda per difetto di titolarità dal lato passivo del rapporto controverso in capo ai convenuti odierni appellati . La totale riforma della sentenza non definitiva mediante l’accoglimento della questione preliminare assorbente non consente a questa Corte di estendere la propria cognizione alle altre questioni definitive con la sentenza n. 2125/14, oggetto di appello principale, giacché la riforma della sentenza non definitiva , risultando logicamente pregiudiziale rispetto a quella definitiva, comporta l'automatica caducazione di quest'ultima, ai sensi dell'art. 336 comma 2, c.p.c. con la conseguenza che l’appello principale contro la medesima, svuotatosi di contenuto e di interesse per il venire meno del provvedimento che ne era presupposto, deve essere dichiarato inammissibile ( cfr. Cassazione civile, sez. III, 27/08/2015, n. 17213).
L’ appellante principale soccombente è tenuto alla rifusione delle spese processuali sopportate dagli appellati –appellanti incidentali per il doppio grado di giudizio, secondo il principio della soccombenza, e liquidate nella misura indicata nel dispositivo di seguito trascritto, tenendo conto dei parametri previsti dalle tabelle allegate al D.M. 10.03.2014 n.55- in relazione al valore della causa e della attività difensiva svolta.
Per effetto dell’odierna decisione (rigetto integrale d’appello principale ), sussistono, inoltre, i presupposti di cui all’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 115/2002, per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art. 13 comma 1 bis d.P.R. 115/2002.
P.Q.M
La Corte di Appello di Bari, Terza Sezione Civile, definitivamente pronunciando sull’appello principale proposto con atto di citazione notificato il 11.12.2014, da (...) Vito avverso la sentenza definitiva n. 2125/14 emessa in data 24.04.2014 (dep. il 29.04.2014) dal Tribunale di Bari articolazione di Rutigliano in composizione monocratica nonché sull’appello incidentale proposto con memoria depositata in data 26.03.2015 da (...) Nunzio, (...) Pasquale e (...) Pasquale avverso la sentenza non definitiva n. 196/09 emessa in data 20.05.2009 (dep. il 17.10.2009) dal Tribunale di Bari articolazione di Rutigliano in composizione monocratica, ogni altra istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede:
1) in accoglimento dell’appello incidentale avverso la sentenza non definitiva n. 196/09, rigetta la domanda attorea per difetto di titolarità dal lato passivo del rapporto controverso in capo ai convenuti- odierni appellati e, per l’effetto , ritenuta caducata ex art.336 , 2° co. c.p.c. la sentenza definitiva n. 2125/14 , dichiara inammissibile l’appello principale avverso tale ultima sentenza;
2)condanna l’appellante (...) alla rifusione in favore degli appellati –appellanti incidentali delle spese del doppio grado di giudizio, spese che liquida in complessivi euro 3284,00 per compensi professionali relativi al giudizio di primo grado ed euro 3777,00 per compensi professionali relativi al presente grado di giudizio, oltre rimborso spese forfetarie del 15%, I.V.A. e C.A.P. come per legge;
4) dichiara che per effetto dell’odierna decisione (declaratoria d’inammissibilità dell’appello principale
5), sussistono, inoltre, i presupposti di cui all’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 115/2002, per il versamento a carico dell’appellante principale dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art. 13 comma 1 bis d.P.R. 115/2002.
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 3.10.2018
Il Consigliere Relatore Il Presidente
Dr. Emma Manzionna Dr. Luciano Guaglione