CORTE DI APPELLO DI BARI – SEZIONE CIVILE – SENTENZA N. 262/2019 DEL 05/02/2019
La Corte di Appello Di Bari
Terza Sezione Civile -
composta dai sigg.ri
Dott. Michele Ancona Presidente
Dott. Luciano Guaglione Consigliere
Avv. Alfredo Coluccia Consigliere Ausiliario Relatore ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di II Grado iscritta al n. 686/2013 RG, avente ad oggetto
APPELLO AVVERSO LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI FOGGIA N. 312/12
vertente tra:
Associazione Sportiva Dilettantistica Polisportiva (...) (P.I. 01304560715), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difeso dall’avv. Domenica Loredana Novia ed elettivamente domiciliata in Bari presso l’avv. Anna Filomena Bruno
appellante
e
Federcalcio s.r.l. (P.I. 01365881000), in persona del legale rappresentante pro-tempore rappresentata e difesa dal prof. avv. Gaetano Veneto e dall’avv. Cesare Persichelli, ed elettivamente domiciliata in Bari presso il primo
appellata
FATTO
Con atto di citazione notificato a mezzo posta in data 15/06/2006 la Federcalcio conveniva innanzi al Tribunale di Foggia l’Associazione Sportiva Dilettantistica Polisportiva (...), chiedendone la condanna alla restituzione dell’impianto sportivo di proprietà dell’attrice sito in Foggia Viale degli Aviatori n. 29 e delle sue pertinenze, concesso in comodato in data 2/10/2003.
A supporto della propria domanda l’attrice deduceva che con la scrittura privata di comodato innanzi indicata venivano previsti a carico della comodataria dei lavori; che la comodante aveva invitato la convenuta ad eseguire detti lavori, avvertendo che in difetto non si sarebbe rinnovato il contratto di comodato; che la comodante non aveva provveduto; che vi era stato l’invito della Federcalcio a rilasciare l’impianto entro il 2/10/2004; che a seguito di specifica richiesta di (...) il rilascio era stato differito al 31/12/2004; che tuttavia la comodante non rilasciava l’immobile; che con provvedimento n. 37 del 20/7/2005 il Comune di Foggia, constatata l’inagibilità dell’impianto, ne ordinava a Federcalcio lo sgombero immediato, fino alla effettuazione dei lavori di ripristino dell’agibilità; che la comodataria continuava nella detenzione dell’impianto, depositando presso il Comune di Foggia una DIA per l’esecuzione di opere di manutenzione straordinaria.
Si costituiva il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda di restituzione ed affermando di essere in realtà conduttrice dell’immobile in questione. Chiedeva che il giudice dichiarasse la sussistenza di un contratto di locazione, come tale disciplinato, anche in relazione alla durata, dalla Legge 392/1978; in via riconvenzionale, ove il Giudice avesse ritenuto la sussistenza di un rapporto di comodato, chiedeva accertarsi il versamento da parte sua dell’importo di € 216.157,67 per lavori di manutenzione straordinaria e, ancora in via subordinata, condannarsi la Federcalcio a restituire la predetta somma, sborsata per spese straordinarie indifferibili e urgenti da essa convenuta.
Istruita la causa con l’assunzione dell’interrogatorio formale dell’attore e l’audizione di testimoni, il Tribunale emetteva la sentenza n. 312/12, con la quale accertava e dichiarava che tra le parti era intercorso un contratto di comodato con scadenza 2/10/2007 prorogata al 31/12/2003; condannava la convenuta al rilascio dell’impianto; rigettava la domanda riconvezionale della convenuta; riservava all’attrice ogni diritto in ordine alla ritardata consegna; condannava (...) al pagamento delle spese di lite in favore della Federcalcio.
Avverso tale sentenza ha proposto appello (...), censurandola per 1) violazione ed erronea interpretazione dell’art. 1803 c.c.; erronea interpretazione delle disposizioni contrattuali di cui agli artt. 6 e 7 del contratto stipulato tra le parti; insufficiente e contraddittoria motivazione; 2) omesso pronunciamento su un punto decisivo della controversia e segnatamente sulla nullità di cui agli artt. 6 e 7 del contratto stipulato tra le parti, anche per l’indeterminabilità dell’oggetto; violazione degli artt. 1341, 1803 comma 2, e 1808 comma 2, c.c.; erronea ed omessa valutazione delle risultanze istruttorie e delle prove documentali. Chiede la riforma della sentenza impugnata con accoglimento delle proprie conclusioni rassegnate in primo grado, nonché la condanna degli appellati al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
Si è costituita la Federcalcio srl, eccependo la nullità e l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto, con condanna dell’appellante alle spese di giudizio.
All’udienza del 26/09/2018 le parti hanno precisato le conclusioni, con termini per il deposito di comparse conclusionali e di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I motivi di appello, per la loro stretta connessione, debbono essere esaminati congiuntamente.
L’Associazione (...) ritiene che il Giudice di primo grado abbia erroneamente abbia ritenuto sussistente un contratto di comodato, così come preteso dalla Federcalcio, stabilendo la insussistenza del contratto di locazione (o misto di locazione ed appalto), con ciò facendo mal governo delle prove acquisite in giudizio.
Il problema si pone in ordine alla interpretazione delle clausole contrattuali nn. 6 e 7, che prevedono a carico della comodataria “l’integrale pagamento delle spese inerenti il consumo di acqua, luce, gas, telefono, nonché quelle derivanti da sopravvenute imposte di legge di natura statale, regionale e comunale” (art. 6), e l’esecuzione di opere di manutenzione ordinaria e straordinaria che consentissero/mantenessero l’agibilità e la fruibilità dell’impianto concesso in comodato, ed a garantire a proprie spese la guardiania dell’impianto (art. 7). Inoltre, all’art. 4) veniva previsto, a carico della comodataria, un ulteriore onere, e cioè quello di consentire senza fine di lucro l’utilizzo dell’impianto, limitatamente alle gare ufficiali, e salvo rimborso spese di tracciatura, da parte delle altre società locali affiliate alla Lega Nazionale Dilettanti e al Settore Giovanile e Scolastico.
Tali clausole, secondo la prospettazione dell’appellante, simulerebbero un contratto di locazione, poiché prevederebbero la corresponsione di un vero e proprio corrispettivo, spostando di fatto a carico della comodataria (...) un onere che è proprio della comodante, e cioè quello di mantenere l’agibilità della cosa, sopportando le spese di manutenzione straordinaria. Per questi motivi, la clausola di cui all’art. 7 sarebbe inoltre vessatoria, e quindi nulla.
In ultimo, a conferma della esistenza di un contratto di locazione e non di comodato, a parere di (...) vi sarebbe la convenzione dell’obbligo, da parte della comodataria, del pagamento delle imposte e delle tasse relative all’impianto concesso in comodato.
La censura non è condivisibile.
L’art. 1803 c.c. recita: “Il comodato è il contratto col quale una parte consegna all'altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. Il comodato è essenzialmente gratuito”.
Come è noto, la giurisprudenza ha specificato la portata della gratuità del comodato, stabilendo che essa sussiste laddove non sia previsto il pagamento di un corrispettivo. Precisando che rimane essenzialmente gratuito, e dunque rientra nel novero dei contratti di comodato, il contratto che preveda un onere a carico del comodatario “purché esso non sia di consistenza tale da snaturare il rapporto, ponendosi come corrispettivo del godimento della cosa ed assumendo quindi la natura di una controprestazione” (Cass. Civ., III, Sent. 485/2003, Sent., 3087/2010).
Nel caso di specie, l’onere posto a carico del comodatario, di pagare le imposte per il periodo di utilizzo dell’immobile, e di eseguire le opere di manutenzione che consentissero l’agibilità e la fruibilità dell’impianto predetto, non può in alcun modo qualificarsi come corrispettivo, né snaturare la gratuità del comodato.
Si deve infatti tenere presente che l’esecuzione di tali opere, proprio perché relative alla fruibilità dell’impianto da parte del comodatario, non costituisce un obbligo incombente sul comodante, poiché al comodato non possono applicarsi, in via analogica, le norme relative alla locazione, ed in particolare quella prevista dall’art. 1576 cc di mantenimento della cosa in buono stato locativo. D’altro canto non costituisce un obbligo incombente sul comodatario, poiché è ovviamente lasciata a costui la scelta di eseguirle (e quindi di utilizzare l’impianto), oppure no (e dunque di non utilizzarlo).
E la libertà di tale scelta incide sulla valenza della clausola, che perciò stesso non può qualificarsi come vessatoria e quindi non può essere dichiarata nulla.
Dunque, il comodatario aveva la scelta di provvedere o meno alle spese che consentissero la fruibilità dell’impianto, ma una volta optato per la soluzione positiva, egli non avrebbe in ogni caso potuto pretenderne il rimborso, poiché esse erano state eseguite nel suo esclusivo interesse.
Lo stesso discorso valga per le tasse e per l’utilizzo gratuito del capo in determinate ipotesi (del cui utilizzo, peraltro, non è stata in alcun modo provata l’eventuale incidenza economica).
In tema, la Suprema Corte ha specificato che:
“Il comodatario che debba affrontare spese relative a tasse o manutenzione dell'immobile al fine di poterlo utilizzare, può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di sostenerle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, conseguentemente, pretenderne il rimborso dal comodante; né fa venir meno il carattere di essenziale gratuità del comodato la presenza di un "modus" a carico del comodatario, purché esso non si ponga come corrispettivo del godimento della cosa, con natura di controprestazione” (Corte di Cassazione, Sezione 2, Sentenza n. 21023 del 18/10/2016).
Dunque, la sentenza impugnata appare corretta in ordine alla ritenuta sussistenza del contratto di comodato, e dell’obbligo del comodatario di rilasciarlo alla data del 31/12/2004, così prorogata (da quella del 2/10/2004) su richiesta della (...).
Anche in ordine alla richiesta restituzione delle spese sostenute l’impugnazione non appare condivisibile, e ciò per due ragioni concorrenti.
La prima, quella anzidetta dell’onere posto a carico della comodataria di eseguire le opere necessarie alla fruibilità della struttura, onere adempiuto il quale la predetta comodataria non potrebbe richiederne un ristoro alla comodante.
L’altra ragione è la inapplicabilità al caso di caso di specie, del secondo comma dell’art. 1808 c.c., che prevede il diritto al rimborso “delle spese straordinarie sostenute per la conservazione della cosa, se queste erano necessarie e urgenti”.
Ove anche le spese sostenute dalla appellante (ma non provate, come convincentemente argomenta la sentenza del Tribunale di Foggia) fossero state necessarie, esse erano comunque prive del requisito dell’urgenza.
Ed infatti, le uniche spese documentate (di entità notevolmente inferiore a quelle pretese) sono state sostenute a distanza di oltre un anno dalla scadenza del contratto e dalla data fissata per il rilascio della stessa, allorquando ogni val utazi one in ordi ne all ’urgenza (m a anche al l a necessi tà ed all ’esegui bili tà) del le opere in questione non poteva che essere demandata al comodante, essendo la detenzione da parte del comodatario perfettamente “sine titulo”.
Altre spese sono invece relative a fatture degli anni da 1996 a 1999, e dunque non possono essere prese in considerazione ai fini della presente pronuncia.
I principi innanzi richiamati sono stati recentemente riaffermati dalla Suprema Corte:
“Il comodatario, che al fine di utilizzare la cosa debba affrontare spese di manutenzione straordinaria, può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, salvo che si tratti di spese necessarie ed urgenti, pretenderne il rimborso dal comodante, non essendo quest'ultimo tenuto, in ragione dell'essenziale gratuità del contratto, a conservare la qualità del godimento della cosa, né a far sì che la stessa sia idonea all'uso cui il comodatario intende destinarla” (Corte di Cassazione, Sezione 1, Ordinanza n. 15699 del 14/06/2018).
E’ ignoto il motivo per cui (...) abbia eseguito tali opere, nonostante la scadenza del comodato, il contenzioso pendente con Federcalcio e l’invito formale di quest’ultima a rilasciare senz’altro l’impianto. E tuttavia, quale che fosse tale motivo (se per adempiere, ex post, a quello che riteneva fosse un proprio obbligo contrattuale, ovvero per compiacere la comodante, o altro), esso è irrilevante in questa sede, posto che non gli si può riconnettere alcuna conseguenza, né sul piano dell’obbligo di rilascio dell’impianto (non sussistendo un diritto di ritenzione da parte del comodatario), né sul piano della pretesa di rimborso delle spese, stante la mancata applicazione del secondo comma dell’art. 1808 c.c. Peraltro, proprio in ordine all’applicabilità di tale norma la citata Ordinanza n. 1569/18 specifica che il diritto al rimborso delle spese è consentito “quando tali spese siano altresì urgenti (e, cioè, quando non vi sia tempo di avvisare il comodante, al quale spetta la decisione se effettuarle o meno, perché nel tempo la cosa correrebbe pericolo di perire o di subire ulteriori danni). In presenza della necessità e urgenza di interventi straordinari sulla cosa, il comodatario è invece solo tenuto a darne avviso al comodante, in ossequio al generale obbligo di custodia sancito dall'art. 1804 c.c..”.
Con ciò rimarcando l’assoluta infondatezza e l’inutilità, ai fini del rimborso, dell’esecuzione di tali spese da parte della (...),
Quanto alla nullità delle clausole di cui agli articoli 6) e 7) del contratto, come sopra detto, essa non sussiste, posta la possibilità del comodatario di scegliere se sopportare o meno l’onere che veniva contrattualmente stabilito. Tale onere, seppure non specificamente determinato all’atto della conclusione del contratto, era tuttavia determinabile agevolmente, poiché relativo alle opere necessarie alla fruibilità del bene, ovvero al pagamento delle imposte sul bene stesso.
La sentenza impugnata appare pertanto corretta, e l’appello non può essere accolto, con ogni conseguenza in ordine alle spese di giudizio, che vengono liquidate come in dispositivo.
PQM
la Corte di Appello di Bari, sezione III, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dall’Associazione Sportiva Dilettantistica Polisportiva (...) contro la Federcalcio s.r.l. avverso la sentenza n. 312/2012 del Tribunale di Foggia, depositata in Cancelleria in data 8/3/2012, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, così provvede:
1) rigetta l’appello e conferma la sentenza impugnata;
2) condanna l’Associazione Sportiva Dilettantistica Polisportiva (...) alla rifusione delle spese processuali del giudizio di secondo grado in favore dell’appellata Federcalcio srl, liquidandole in € 9.515,00 per compensi, oltre accessori come per legge;
- dà atto che sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/02 per il versamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
Bari, 19 dicembre 2018.
L’ESTENSORE
AVV. ALFREDO COLUCCIA
IL PRESIDENTE
DOTT. MICHELE ANCONA