CORTE DI APPELLO DI NAPOLI – SEZIONE CIVILE – SENTENZA N. 1500/2021 DEL 27/04/2021
LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI IX SEZIONE CIVILE
in persona di:
dott. Eugenio Forgillo Presidente
dott. Pasquale Cristiano Consigliere rel.
dott. Natalia Ceccarelli Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento in grado di appello iscritto al n. 5802/2018 RG, riservato in decisione alla udienza del 19-1-2021, svolta mediante il deposito in telematico di note scritte, come previsto dall’art. 221 del decreto legge 19- 05-2020 n. 34, conv. con mod. dalla legge 17-07-2020 n. 77 e succ. mod. e integrazioni, coi termini di cui all’art. 190 cod. proc. civ.
tra
(...) Calcio S.r.l., già (...) Calcio S.p.A. (01350940621), con sede in (...) alla via S. Colonna 121, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta mandato in calce all’atto di appello, notificato il 30-11-2018, dall’avv. Tammaro Soprano (SPRTMR60H20D799S), presso il cui studio elettivamente domicilia in Grumo Nevano alla via Turati 4
appellante
e
Associazione Sportiva Dilettantistica (...) (01272540624), con sede in Benevento alla via Annunziata 105, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura conferita su supporto cartaceo trasmesso in copia informatica autenticata con firma digitale dal difensore costituitosi attraverso strumenti telematici, dall’avv. Tiziana Giuliano (GLNTZN73S41A783N), presso il cui studio elettivamente domicilia in (...) alla via Colonnette
appellata
VOLGIMENTO DEL PROCESSO E CONCLUSIONI DELLE PARTI
Con atto di citazione notificato il 30-11-2028 il (...) Calcio S.r.l., già (...) Calcio S.p.A., ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Benevento, in composizione monocratica, n. 1584/2018, pubblicata il 25-9-2018, notificata il 31-10-2018, di rigetto, oltre alla rifusione delle spese di lite, della opposizione, proposta dall’appellante con citazione notificata il 9-10-2015, al decreto ingiuntivo, dichiarato definitivamente esecutivo, 830/2015 del 21-7-2015, con il quale il Tribunale di Benevento ha ingiunto ad esso appellante il pagamento di € 40.000,00, oltre interessi e spese della procedura, in favore della Associazione Sportiva Dilettantistica (...); e ciò, si precisava nel ricorso monitorio, quale corrispettivo, convenuto dalle parti in € 10.000,00 per ciascun contratto (in ragione di € 2.000,00 per ciascuno dei primi 3 anni e € 4.000,00 per il quarto anno), derivante da 4 contratti, di cui 3 stipulati il 29-6-2011 e 1 stipulato il 9-8-2011, predisposti su carta a stampa recante il logo della S.p.A. (...) Calcio, sottoscritti, per quest’ultima, dal direttore sportivo (...); contratti in forza dei quali la (...) Calcio S.p.A., senza corrispondere il dovuto, aveva usufruito, dal 2011 al 2014, delle prestazioni di altrettanti calciatori militanti nelle formazioni giovanili della Associazione Sportiva Dilettantistica (...).
Disattesa l’eccezione dell’opponente di difetto di giurisdizione del GO, ha ritenuto il primo giudice – a fronte della deduzione di parte opponente di “non vincolatività nei suoi confronti dei titoli posti a fondamento della pretesa creditoria in quanto sottoscritti dal direttore sportivo (...), privo dei poteri necessari per sottoscrivere detti contratti e vincolare la società alle obbligazioni ivi contenute” – come parte opposta avesse dimostrato la ricorrenza di tutti i richiesti requisiti “ai fini della imputabilità degli effetti dei contratti conclusi dal falsus procurator in capo alla società opponente (rappresentata)”.
L’appellante (...) Calcio S.r.l., già (...) Calcio S.p.A. ha affidato l’appello a 5 motivi, concludendo in via preliminare per la declaratoria di difetto di giurisdizione del GO e, in subordine, nel merito, per la revoca del decreto ingiuntivo opposto, con declaratoria che “nessuna somma è dovuta alla Associazione Sportiva Dilettantistica (...) alla luce dell’eccepito difetto di legittimazione di (...) Calcio S.r.l. e per essere risultata la domanda avversa del tutto infondata e non provata”.
L’appellata Associazione Sportiva Dilettantistica (...) ha eccepito la inammissibilità dell’appello, contestandone la fondatezza anche nel merito e chiedendone il rigetto con il favore delle spese del grado e attribuzione. Dichiarata la inammissibilità, con ordinanza del 4-2-2019 della la istanza, proposta dall’appellante con ricorso ex art. 351, comma 2, cod. proc. civ., di sospensione della esecuzione della impugnata sentenza, alla udienza del 19-1-2021, svolta con le modalità in epigrafe, la Corte ha riservato la causa in decisione all’esito degli adempimenti di cui all’art. 190 cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
- Va disattesa la eccezione di inammissibilità dell’appello, rispondendo, infatti, il contenuto dello stesso al requisito di specificità secondo la formulazione dell’art. 342 cod. proc. civ. introdotta dall’art. 50, comma 1, del decreto legge 83 del 2012, conv. con mod. nella legge 134 del 2012, applicabile ai giudizi di appello introdotti dal 11-9-2012.
Non ha omesso l’appellante di indicare le ragioni per cui dovrebbe essere modificata la ricostruzione operata dal giudice di primo grado, nonché di sottoporre ad una critica sufficientemente specifica le argomentazioni a sostegno nella sentenza impugnata; ciò, previa individuazione delle rationes decidendi, trascritte in particolare alle pagine da 4 a 9 dell’atto di appello, nonché delle ragioni di dissenso (contenute, fatto salvo quanto di seguito osservato sub 2), nella illustrazione dei singoli motivi), che condurrebbero ad una diversa decisione. Non occorre, del resto, ai fini della delibazione della eccezione che qui occupa, “l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, ovvero la trascrizione totale o parziale della sentenza appellata, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata” (Cass. Sezioni Unite 27199/2017; Cass. 13535/2018).
- Con il primo motivo ripropone l’appellante l’eccezione di difetto di giurisdizione del GO, stante il “vincolo di giustizia sportiva”, argomentando al riguardo: a) che le scritture poste a fondamento della pretesa erano state redatte in violazione delle norme federali e di diritto sportivo in tema di “trasferimento” dei calciatori (utilizzo obbligatorio di specifici moduli standard), da cui la conseguente nullità; b) che la stessa parte opposta aveva, da un lato, escluso la ricorrenza di detto “vincolo”, sebbene invocando, dall’altro, solo disposizioni previste dall’ordinamento “sportivo”.
Il motivo è inammissibile, sia per la non pertinenza delle argomentazioni – in parte afferenti, semmai, il diverso profilo della validità dei contratti per cui è causa – formulate dall’appellante in relazione al provvedimento invocato, sia per omessa specifica censura della (peraltro corretta) motivazione addotta in parte qua dal primo giudice, quanto alla sussistenza della giurisdizione del GO perché “la vicenda dedotta in giudizio ha ad aggetto rapporti patrimoniali tra le parti”, in particolare per “mancato adempimento di una obbligazione di pagamento in virtù di titoli posto dalla Associazione Cesare (...) a fondamento del decreto ingiuntivo opposto”.
È sufficiente, del resto, ad esclusione della eccepita giurisdizione del GA, richiamare il testuale tenore dell’art. 3, comma 1, del decreto legge n. 220 del 2003, convertito nella legge n. 280 del 2003, recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, a mente del quale “esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’articolo 2, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo”.
3.1) Con il secondo motivo ripropone l’appellante la contestazione di non “paternità” delle scritture, neppure “graficamente” riferibili ad essa appellante, laddove, stante il contratto stipulato il 1-8-2012, sottoscritto dal presidente del (...) Calcio e dal legale rappresentante della Associazione Sportiva Dilettantistica (...), quest’ultimo “non poteva non conoscere forme, termini e modalità della rappresentanza della (...) Calcio ai fini dei eventuali impegni finanziari”.
3.2) Con il terzo motivo contesta l’appellante il comportamento colposo ascrittogli dal primo giudice, stante l’immediato disconoscimento dei contratti, intervenuto con nota del 29-5-2914, a fronte della prima richiesta di pagamento avanzata il 10-5-2014 dalla Associazione Sportiva Dilettantistica Cesare (...).
3.3) Con il quarto motivo deduce l’appellante: a) che in ordine al (comunque disconosciuto) contratto, avente ad oggetto le prestazioni di un giovane calciatore, del 28-6-2011, concluso dal medesimo direttore sportivo (...)con la diversa Associazione Sportiva Dilettantistica (…), era stato instaurato contenzioso dinanzi al Tribunale di Benevento, giusta procedimento iscritto al n. 1484/2016; b) che i pagamenti che “l’Associazione ritiene di attribuire ai n. 4 contratti” per cui è causa erano stati eseguiti per gli anni 2011 e 2012 in ragione di € 8.000,00 per anno con bonifici del 8-10-2011 e 21-8-2012 rispettivamente a seguito di contratti sottoscritti il 5-10-2011 e il 21-8-2012 dal presidente della (...) Calcio S.p.A.
3.4) Con il quinto motivo lamenta l’appellante: a) il vizio di ultrapetizione della impugnata sentenza, stante la inclusione “tra gli indizi a favore di controparte l’attività svolta dai giovani calciatori a favore del (...) calcio”, sebbene giammai fosse stata avanzata una domanda di indebito arricchimento da parte della Associazione Sportiva Dilettantistica Cesare (...); b) la non ammissione dei mezzi istruttori proposti in primo grado, tendenti a provare “l’effettivo rapporto con i ripetuti giovani calciatori”. 3.5) Con il sesto motivo, a sostegno della eccezione di carenza di legittimazione passiva, argomenta l’appellante: a) che al direttore sportivo (...) giammai era stato conferito il potere di rappresentare la società con poteri di firma; b) che i calciatori avrebbero potuto offrire le loro prestazioni solo sulla dei contratti standard predisposti dalla Federazione, sicché il contratto non conforme “a quello standard “andrebbe dichiarato nullo in forza della normativa vigente”.
4) I motivi, suscettibili di delibazione congiunta, sono infondati. Si osserva che l’appellata ha fondatamente invocato i principi dell’apparenza del diritto e dell’affidamento incolpevole, stante, da un lato, la sua buona fede nello stipulare con il falso rappresentante, nonché, dall’altro, il comportamento colposo del rappresentato, tale da ingenerare nella medesima appellata la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza fosse stato effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente.
4.1) Non trova riscontro agli atti l’assunto di cui al secondo motivo. È esatta, infatti, il rilievo del primo giudice, ovvero che i contratti conclusi dal direttore sportivo (...)con la appellata Associazione “recano l’intestazione ed il timbro della società opposta”, oltre il relativo numero di matricola (in particolare si osserva come il logo riprodotto in alto a sinistra su ciascuno dei contratti per cui è causa sia identico a quello riprodotto in alto a sinistra sulla missiva del 25-8-2014 inclusa sub 7 nella documentazione prodotta dalla stessa appellante in primo grado). Ha rilevato, del resto, l’appellata alla pagina 4 della memoria di replica il mancato deposito da parte dell’appellante in primo grado di un “contratto avente un format differente da quelli posti a fondamento dell’azione monitoria”, laddove il medesimo logo – ed è circostanza di sicuro rilievo ai fini del decidere – è riprodotto, nella medesima posizione, su tutta la documentazione, proveniente dalla controparte, prodotta in primo grado dalla Associazione Sportiva appellata, incluso il contratto del 1-8-2012 cui l’appellante ha fatto riferimento a sostegno del secondo motivo.
4.2) Indipendentemente dall’operato disconoscimento dei contratti per cui è causa, come argomentato dall’appellante a sostegno del terzo motivo, si sottrae a censura la conclusione del primo giudice in punto di “comportamento colposo del falso rappresentato che ha indotto nel terzo la ragionevole convinzione circa l’esistenza di un valido ed efficace conferimento di procura al falsus procurator”, e correlativamente di “diligenza e affidamento incolpevole della Associazione Sportiva Dilettantistica Cesare (...).
Alla infondatezza dell’assunto dell’appellante di cui al primo motivo, si aggiunge la “carica ricoperta nel (...) Calcio dal soggetto con il quale” ha contratto l’appellata, investito all’epoca delle mansioni di direttore sportivo. La stessa appellante, alla pagina 19 della comparsa conclusionale, ammette, argomentando dal tenore dell’art. 34 dello Statuto sociale, “la possibilità che figure come quelle del direttore sportivo agiscano in rappresentanza della società”, sia pure occorrendo pur sempre un (nella specie inesistente) conferimento dei relativi poteri; laddove l’art.1, comma 2, del regolamento dei direttori sportivi della FIGC (prodotto in primo grado dalla appellata in uno alla memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, cod. proc. civ.) include tra le attività demandate a detta figura la “gestione dei rapporti anche contrattuali tra società e calciatori o tecnici e la conduzione di trattativa con altre società sportive, aventi ad oggetto il trasferimento di calciatori, la stipulazione delle cessioni dei contratti e il tesseramento dei tecnici, secondo le nome dettate dall’ordinamento della FIGC”.
4.3) È un dato oggettivo – di per sé idoneo ad ingenerare nel terzo la ragionevole convinzione circa l’esistenza dei poteri rappresentativi in capo al direttore sportivo – che (...), in detta veste, avesse concluso almeno un altro contratto della stessa natura con diversa Associazione Sportiva (quello oggetto della argomentazione sub a) a sostegno del quarto motivo); sicché non è dirimente la circostanza che nel conseguente giudizio (cui l’appellata è rimasta comunque estranea) promosso dalla società appellante – definito peraltro con sentenza di inammissibilità della opposizione a decreto ingiuntivo –, quest’ultima abbia eccepito il difetto di poteri in capo a (...). È ravvisabile per contro un contegno non incensurabile serbato dalla società appellante, che all’evidenza ha tollerato che il direttore sportivo (...)– benché figura di spiccato rilievo all’interno della struttura societaria – assumesse ripetutamente obbligazioni invito domino, anche avvalendosi di documenti riferibili alla società appellante, in nome e per conto di essa rappresentata apparente (soccorrono al riguardo anche le osservazioni svolte al punto 4.7 che segue). Sicché neppure ha pregio il disconoscimento dei contratti per cui è causa operato dalla società appellante, giusta argomentazione sub a) a sostegno del terzo motivo; laddove, quanto alla argomentazione, formulata in termini alquanto criptici, sub b) del quarto motivo, è sufficiente rilevare come la stessa appellante abbia precisato di avere imputato i pagamenti ad
4.4) un diverso rapporto con la Associazione Sportiva appellata, la quale alla pagina 12 della comparsa conclusionale ha richiamato la propria missiva del 2-9-2014, mercé la quale ha preso atto di tale imputazione, con conseguente permanenza della ragione di credito posta a fondamento della domanda monitoria.
4.5) Non ha pregio la eccezione di ultrapetizione dedotta dall’appellante (argomentazione sub a) del quarto motivo), stante la pertinente deduzione formulata al riguardo dalla appellata alla pagina 7 della memoria di replica, ovvero che la circostanza dello svolgimento della prestazione sportiva da parte dei quattro atleti in favore della società appellante è stata valutata dal primo giudice “non quale elemento fondante una ipotetica domanda di indebito arricchimento, ma esclusivamente ai fini della valutazione della domanda di adempimento contrattuale”.
4.6) Quanto alla argomentazione sub b) di cui al quinto motivo, va aggiunto alla deduzione, formulata al riguardo dalla appellata alla pagina 2 della memoria di replica, di novità e genericità della stessa, il rilievo di non applicabilità alla fattispecie dedotta della legge 23-3-81 n. 91 recante norme in materia di rapporto tra società e sportivi professionisti. Non ignora la Corte che a norma dell’art. 4 della legge citata “il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto, conformemente all’accordo stipulato, ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate”; tuttavia, ex art. 2 della legge citata, “ai fini dell’applicazione della presente legge, sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal Coni e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal coni per la distinzione della attività dilettantistica da quella professionistica”.
4.7) Ora, in ogni caso, la ricorrenza, all’atto della stipula, delle condizioni per il riconoscimento della qualità di sportivo professionista in capo ai 4 atleti le cui prestazioni sono state oggetto dei contratti in contestazione neppure è stata allegata dalle parti, e segnatamente dall’appellante, che eccepisce la nullità dei contratti; qualità non desumibile neppure da circostanze successive, considerato – avuto riguardo alla argomentazione sub b) a fondamento del quarto motivo – come la stessa appellante abbia richiesto di provare in primo grado (senza riprodurre la istanza istruttoria né alla udienza di precisazione delle conclusioni in primo grado, né con le conclusioni rassegnate in grado di appello) che i 4 atleti “hanno partecipato sporadicamente ad allenamenti con la prima squadra” (memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, cod. proc. civ. depositata il 15-4-2016). Sembra allora ricorrere, a tutto concedere, la ipotesi – non in contrasto con la affermazione del primo giudice che i 4 atleti “hanno effettivamente giocato per il (...) nelle varie categorie”, incluso “l’esordio in prima squadra” di uno di essi – di cui all’art. 2 della citata legge, a mente del quale l’attività sportiva “costituisce, tuttavia, oggetto di contratto di lavoro autonomo quando sia svolta nell’ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo”.
4.8) Consegue come a ben vedere, stante il principio generale della libertà delle forme ed esclusa la necessità della forma scritta ad substantiam ai fini della conclusione dei contratti per cui è causa, la utilizzazione da parte della società appellante, ancorché nei limiti ammessi, delle prestazioni dei 4 atleti integri un contegno che assurge finanche a ratifica, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1399 cod. civ. dell’operato del falsus procurator. Il che ha portata dirimente ai fini del decidere, indipendentemente dal giudizio di 4.9) inammissibilità o infondatezza delle ulteriori argomentazioni poste a fondamento dell’appello, denotando, detto comportamento, quanto la società appellante fosse consapevole dell’attività negoziale posta in essere, sebbene in carenza dei necessari poteri, dal direttore sportivo, anzi la approvasse, ad onta del disconoscimento poi da essa operato a distanza di 3 anni (punto 3.2) a fronte di una legittima richiesta di pagamento.
5) Pertanto, rigettato l’appello, va per l’effetto confermata l’impugnata sentenza.
6) Alla soccombenza segue la condanna dell’appellante alla rifusione delle spese di questo grado del giudizio in favore della appellata, liquidate in dispositivo avuto riguardo ai valori medi di cui al d.m. 77/2014, come modificato dal d.m. 37/2018, nonché allo scaglione fino a € 52.000,00, ferma la riduzione nella misura massima del 70% per la fase istruttorie e/o di trattazione, attesa la sola natura documentale della provvista probatoria, con attribuzione al richiedente difensore antistatario.
7) Occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al comma 1 quater dell’art. 13 del d.p.r. 115/2002, inserito dall’art. 1 comma 17 della legge 228/2012, a mente del quale “quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1 bis”, disposizione, giusta il successivo comma 18, applicabile “ai procedimenti iniziati dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore”, ovvero – attesa la entrata in vigore della cennata novella dal 1-1-2013 – dal 31 gennaio 2013.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal (...) Calcio S.r.l., già (...) Calcio S.p.A., avverso la sentenza del Tribunale di Benevento, in composizione monocratica, n. 1584/2018, pubblicata il 25-9- 2018, ogni altra istanza, deduzione ed eccezione disattese, così provvede: rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; condanna l’appellante alla rifusione delle spese del grado, liquidate in € 7.500,00 per compenso professionale, oltre iva, ca e rimborso forfetario come per legge, con attribuzione; dà atto della sussistenza dei presupposti di cui al comma 1 quater dell’art. 13 del d.p.r. 115/2002, inserito dall’art. 1 comma 17 della legge 228/2012.
Così deciso il 22-4-2021
Il Consigliere rel.
Il Presidente