CORTE DI APPELLO DI ROMA SEZIONE CIVILE – SENTENZA N. 7702/2019 DEL 11/12/2019
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA
SEZIONE SECONDA
riunita in camera di consiglio nelle persone di: Giovanni Buonomo Presidente
Maria Enrica Puoti Consigliere rel.
Roberto Gentile Consigliere ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
nelle cause civili riunite, iscritte ai nn. 6479 e 6480 R.G.A.C. dell’anno
2014, in decisione all’udienza del 07/02/2019 e vertenti
TRA
(...)(…) (...)(…) elettivamente domiciliati in LARGO MESSICO 7 00198 ROMA presso lo studio dell’avv. Alessandro Tozzi e rappresentati e difesi dall’avv. GALLI ANDREA (GLLNDR71R13G478M), come da procura in atti;
Impugnanti
E
FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO (01357871001) elettivamente domiciliata in VIA A. RICHELMY, 38 00165 ROMA presso lo studio dell’avv. GENTILE GIANCARLO (GNTGCR64A15B998Y) che la rappresenta e difende per mandato in atti;
Impugnata
Oggetto: Impugnazione di lodi nazionali (art. 828 c.p.c.)
Conclusioni: All’udienza del 7/02/2019 le parti hanno precisato le conclusioni, riportandosi ai rispettivi atti.
FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA
-
- - Con distinti atti di citazione ritualmente notificati alla Federazione Italiana Giuoco Calcio - F.I.G.C., (...) e (...) hanno impugnato dinanzi a questa Corte i lodi arbitrali, deliberati in Roma il 15/7/2014 e sottoscritti il 31/7/2014 e 4/8/2014 dal Collegio Arbitrale presso il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, chiedendone la dichiarazione di nullità.
Entrambi gli impugnanti hanno dedotto:
- di essere stati deferiti dal Procuratore federale della Figc, con provvedimento del 17/4/2013, dinanzi alla Commissione disciplinare nazionale della Figc per violazione dell’art. 1, comma 1, del codice di giustizia sportiva, con l’incolpazione di aver posto in essere gravi condotte in danno della società (...) (...), concretizzatesi, tra l’altro, in atti di distrazione di beni del patrimonio della società, che già versava in gravi difficoltà, privandola di consistenti risorse e nella rappresentazione non veritiera della realtà contabile, in violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità;
-
- che la Commissione disciplinare nazionale della Figc aveva loro inflitto la sanzione dell’inibizione di anni cinque e la preclusione da ogni rango e categoria federale;
- che la Corte di giustizia federale, adita per la riforma della decisione
della Commissione disciplinare, l’aveva invece confermata;
-
- che, ai sensi dell’art. 30 dello statuto della Figc, era stata proposta da entrambi i ricorrenti istanza di arbitrato dinanzi al Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport;
- che detto organo aveva accolto l’eccezione di incompetenza sollevata dalla Figc ed aveva ritenuto sussistente la competenza dell’Alta Corte di giustizia sportiva;
- che il lodo era affetto da numerosi vizi comportanti la declaratoria di nullità del medesimo.
- Si è costituita in giudizio la Federazione Italiana Giuoco Calcio - F.I.G.C., chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
Disposta la riunione delle due impugnazioni, all’udienza del 7/02/2019 le parti hanno precisato le conclusioni e la causa è stata trattenuta in decisione, concedendosi termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
- – L’impugnazione di entrambi i lodi è articolata nella fase rescindente in tre motivi.
1.1. – Con il primo motivo è dedotta la nullità dei lodi, ex art. 829, comma 1, n. 5 e/o n. 12, e comma 3 c.p.c., in quanto il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport ha declinato la propria competenza a decidere su entrambe le sanzioni inflitte della inibizione a svolgere ogni attività nella Figc per 5 anni e della preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della Figc ed ha ritenuto che quest’ultima sanzione, per la sua gravità, comportando la perdita dellostatus di tesserato della Federazione, non potesse essere sottoposta ad una decisione arbitrale ma dovesse essere giudicata dall’Alta Corte di Giustizia Sportiva. Tuttavia, rilevano gli impugnanti che il tribunale, nel dichiarare la propria incompetenza, non ha fissato un termine per la translatio iudicii dinanzi all’Alta Corte e che, in modo contraddittorio, ha respinto la domanda di arbitrato dichiarando la propria incompetenza a giudicare, tanto che la stessa Alta Corte, adita per la prosecuzione, ha dichiarato inammissibile il ricorso in quanto il tribunale aveva respinto l’istanza di arbitrato senza fare alcun riferimento ad una possibile riassunzione del procedimento dinanzi alla medesima Alta Corte.
1.2. – Il motivo è inammissibile sotto più profili.
Deve in primo luogo rilevarsi che, come è stato affermato dalla Suprema Corte, “nel giudizio, a critica vincolata e proponibile entro i limiti stabiliti dall'art. 829 cod. proc. civ., di impugnazione per nullità del lodo arbitrale vige la regola della specificità della formulazione dei motivi, attesa la sua natura rescindente e la necessità di consentire al giudice, ed alla controparte, di verificare se le contestazioni proposte corrispondano esattamente a quelle formulabili alla stregua della suddetta norma” (Cass. n. 23675 del 2013). Si è inoltre precisato che “la specificità dei motivi deve essere intesa in senso rigoroso, avvicinandosi e potendosi assoggettare, sotto tale profilo, l'impugnazione ex art. 829 cod.proc.civ.- per la sua stessa struttura e in quanto tende al "iudicium rescindens" - alla disciplina del ricorso per cassazione, sicché, ove il lodo sia impugnato per inosservanza delle regole di diritto, tale censura va intesa nello stesso senso della violazione e falsa applicazione delle norme di diritto di cui all'art. 360, n. 3 cod.proc.civ.
Nella fattispecie non solo sono state dedotte nullità in via alternativa (art. 829 n. 5 e/o n. 12, e comma 3 c.p.c.), ciò che rende inammissibile lo stesso motivo di impugnazione, ma la doglianza non rientra in alcuna delle ipotesi invocate; la mancata fissazione del termine per la translatio iudicii non costituisce infatti alcuno dei requisiti del lodo, di cui all’art. 823,
n. 5 (esposizione sommaria dei motivi), n. 6 (dispositivo), n. 7 (sottoscrizione degli arbitri), la cui mancanza determina nullità ex art. 829, n. 5), come affermato dagli impugnanti, né configura l’ipotesi di omessa pronuncia su una domanda o un’eccezione, dal momento che la fissazione del termine è una mera conseguenza della declaratoria di incompetenza e non costituisce una domanda autonoma, come del resto si desume dall’art. 50 c.p.c., secondo il quale la riassunzione della causa davanti al giudice competente avviene nel termine fissato dal giudice e in mancanza in quello di tre mesi dalla comunicazione dell’ordinanza che dichiara l’incompetenza.
2. – Con il secondo motivo di impugnazione è dedotta la nullità del lodo ai sensi dell’art. 829, primo comma, n. 5 e/o n. 11 e/o n. 12, e terzo comma, c.p.c. perché con la dichiarazione di incompetenza gli arbitri hanno omesso di pronunciarsi sulle domande loro sottoposte e in modo inconciliabile e contraddittorio hanno emesso una decisione di rigetto.
2.1. – Il motivo è in primo luogo inammissibile sotto il profilo della deduzione alternativa delle ipotesi di nullità, come già rilevato sub 1.2. Inoltre, come chiaramente risulta dalla pronuncia arbitrale, l’unica questione affrontata dagli arbitri è stata la competenza a decidere sulle sanzioni inflitte, onde non si ravvisa alcuna omissione di pronuncia, non essendo stato esaminato il merito; né si rileva la indicata contraddizione perché, come affermato dalla Corte di cassazione, il vizio di contraddittorietà della motivazione del loro arbitrale è deducibile con impugnazione per nullità solo quando si concreti in una inconciliabilità fra parti del dispositivo ovvero in un contrasto fra parti della motivazione di gravità tale da rendere impossibile la ricostruzione della "ratio decidendi", traducendosi in sostanziale mancanza della motivazione (Cass. n. 1183 del 2006; 11895 del 2014; n. 1258 del 2016).
Nel caso in esame, la contraddittorietà è esclusa dal rilievo che il collegio arbitrale, nel dichiarare la propria incompetenza, ha respinto l’istanza di arbitrato, non già la domanda proposta con l’arbitrato, ed ha quindi ritenuto preclusa la possibilità di esaminare il merito della controversia; la pronuncia di incompetenza ha una evidente prevalenza nella struttura del dispositivo ed è perfettamente coerente con la motivazione.
- – Con il terzo motivo di impugnazione è dedotta la nullità del lodo, ai sensi dell’art. 829, primo comma, n. 5 e/o n. 11 e/o n. 12, e terzo comma, c.p.c., poiché il tribunale si è dichiarato incompetente a pronunciarsi sulle sanzioni della inibizione e della preclusione, mutando il precedente indirizzo con il quale aveva affermato la propria competenza per entrambe, e ciò a seguito della pronuncia n. 24/2012 dell’Alta Corte di Giustizia, che si era dichiarata competente a conoscere della sanzione della preclusione.
Ad avviso degli impugnanti, la contraddizione interna alla motivazione renderebbe impossibile la ricostruzione della ratio ed integrerebbe quindi una mancanza di motivazione.
3.1. – Il motivo è inammissibile sotto un duplice profilo, poiché in primo luogo si riscontra ancora una volta la deduzione alternativa delle ipotesi di nullità. Si osserva, inoltre, che l’art. 829, secondo comma, c.p.c., già nel testo anteriore alla modifica del 2006, consentendo l’impugnazione del lodo per nullità nell’ipotesi di inosservanza delle regole di diritto, circoscriveva l’ambito del controllo del giudice, nella fase rescindente, alla sola disapplicazione da parte degli arbitri delle regole di diritto che si assumono violate, senza possibilità di procedere ad una interpretazione della volontà delle parti diversa da quella accertata dagli arbitri stessi (Cass. sent. n. 13439 del 2002). Pertanto, l'impugnazione non è consentita per questioni che attengono alla valutazione delle risultanze probatorie da parte degli arbitri (Cass. n. 17097 del 2013) o che comunque riguardano direttamente il merito della controversia, in quanto, essendo la denuncia di nullità del lodo arbitrale per inosservanza di regole di diritto "in iudicando" ammissibile solo se circoscritta entro i medesimi confini della violazione di legge, opponibile con il ricorso per Cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, la denuncia stessa deve essere ancorata agli elementi di fatto accertati dagli arbitri. Inoltre la denuncia di nullità postula l'allegazione esplicita dell'erroneità del canone di diritto applicato rispetto a detti elementi, ma non è proponibile in collegamento con la mera deduzione di lacune d'indagine e di motivazione (Cass. n. 28997 del 2018) o del non corretto apprezzamento delle risultanze istruttorie.
Nel caso in esame, le censure degli impugnanti si sostanziano nel repentino mutamento di giurisprudenza da parte del collegio arbitrale per effetto della erronea applicazione della pronuncia dell’Alta Corte di giustizia in tema di competenza sulle sanzioni disciplinari ed esulano quindi dai confini stabiliti dall’art. 829 c.p.c., traducendosi nella prospettazione di vizi di merito.
- – Per completezza si reputa opportuno dar conto, seppure in estrema sintesi, della eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla Figc, la quale sostiene, sulla base della recente pronuncia della Cassazione n. 32358 del 2018, che la materia disciplinare è di competenza esclusiva degli organi di giustizia sportiva e che l’autorità giudiziaria ordinaria, ai sensi dell’art. 3 della legge 280/2003, ha giurisdizione in ambito sportivo esclusivamente nelle controversie di natura patrimoniale.
Tale eccezione, peraltro proposta per la prima volta nella comparsa conclusionale, essendo relativa al merito della controversia, avrebbe potuto eventualmente essere esaminata solo nella fase rescissoria, la quale è però preclusa dalla rilevata inammissibilità dei motivi di impugnazione.
5. L’impugnazione di entrambi i lodi deve quindi essere dichiarata inammissibile.
Le spese del grado seguono la soccombenza e si liquidano in complessivi € 11.576,00, di cui € 2.398,00 per la fase di studio, € 1.585,00 per la fase introduttiva, € 3.510,00 per la fase di trattazione e € 4.083,00 per la fase decisoria, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge (IVA e CPA), avuto riguardo ai parametri di cui al DM n. 55 del 2014 e al valore indeterminabile della controversia di complessità media.
L’inammissibilità dell’impugnazione comporta, quale conseguenza, l’obbligo di versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello già versato, come previsto dal testo novellato dell'art. 13 del d.P.R. n. 115/02, allorché l’impugnazione, anche incidentale, sia respinta integralmente o sia dichiarata inammissibile o improcedibile.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Roma, definitivamente pronunciando nelle cause riunite iscritte ai numeri 6479 e 6480 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2014, così provvede:
dichiara inammissibili le impugnazioni dei lodi;
condanna (...) Pietro e (...) Vincenzo, in solido fra loro, al pagamento, in favore della Federazione Italiana Giuoco Calcio - F.I.G.C., delle spese del grado, liquidate in € 11.576,00 oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge (IVA e CPA);
dichiara gli impugnanti tenuti a versare ciascuno un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione
Così deciso in Roma il 2/7/2019
Il Consigliere est.
Maria Enrica Puoti
Il Presidente
Giovanni Buonomo