TRIBUNALE DI ROMA SEZIONE CIVILE – SENTENZA N. 11496/2015 DEL 25/05/2015
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
SEZIONE III CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice unico, dott.ssa Cecilia Bernardo, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 15085 del ruolo generale degli affari contenziosi civili per l’anno 2014, trattenuta in decisione all’udienza del 9.12.2014, con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica e vertente
TRA
(...) elettivamente domiciliato in Roma, Via Barletta n. 29, presso lo studio dell’avv. Margherita Cirillo, e rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Giotti del Foro di Siena in virtù di procura in calce all’atto di citazione.
OPPONENTE
E
Federazione Italiana Giuoco Calcio elettivamente domiciliata in Roma, Via G. Montanelli n. 11, presso lo studio dell’avv. Gianfilippo Saglieni, che la rappresenta e difende in virtù di procura in calce al ricorso per decreto ingiuntivo.
OPPOSTA
OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo.
CONCLUSIONI: come da verbale di udienza del 9.12.2014.
PREMESSO IN FATTO CHE:
Con ricorso monitorio depositato in data 14.11.2013, la FIGC esponeva che:
-era una associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato, avente lo scopo di promuovere e disciplinare l’attività del giuoco del calcio;
-l’attività degli Agenti dei Calciatori era disciplinata da apposito Regolamento, in base al quale gli agenti erano tenuti all’osservanza delle norme federali, statutarie e regolamentari della FIGC;
-l’agente dei calciatori (...) era stato giudicato dalla Commissione Disciplinare Nazionale, che aveva comminato:
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- la sanzione della sospensione della licenza per mesi 2 nonché l’ammenda di € 5.000,00;
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2) la sanzione della sospensione della licenza per mesi 1 nonché l’ammenda di € 4.000,00;
-(...) aveva proposto ricorso alla Corte di Giustizia Federale avverso la prima delle suddette decisioni, che però era stato respinto;
-la seconda decisione della Commissione Disciplinare Nazionale e la decisione della Corte di Giustizia Federale erano passate in giudicato in quanto non impugnate;
-tuttavia, (...) non aveva corrisposto quanto dovuto, nonostante i ripetuti solleciti.
Premesso ciò, la ricorrente chiedeva al Tribunale di Roma di ingiungere a (...) il pagamento della somma di € 9.000,00, oltre interessi dalla scadenza al saldo.
Il Tribunale adito emetteva il decreto ingiuntivo n. 1115/2014, così come richiesto.
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Con atto di citazione, ritualmente notificato, (...) proponeva opposizione al decreto ingiuntivo suindicato, chiedendone la revoca per i seguenti motivi:
-difetto assoluto di giurisdizione del giudice ordinario nella materia relativa alla irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive, in quanto riservate alla competenza degli organi della giustizia sportiva, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 280/03;
-difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore della residuale giurisdizione del giudice amministrativo in via esclusiva;
-nel merito, illegittima applicazione degli interessi sulle somme richieste a titolo di sanzione pecuniaria, atteso che questi non erano mai stati liquidati dagli organi di giustizia sportiva e che l’art. 26 del Regolamento degli Agenti dei Calciatori prevedeva la possibilità di irrogare una ulteriore sanzione in caso di ritardo nel pagamento.
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Si costituiva in giudizio la FIGC, la quale chiedeva il rigetto dell’opposizione, deducendo che:
-era indubbio che la materia disciplinare, ai sensi della legge n. 280/03, era devoluta agli organi della giustizia sportiva, ciò in virtù dell’adesione negoziale allo Statuto della Federazione;
-tuttavia, una volta esauriti i vari gradi della giustizia sportiva, in assenza di spontaneo adempimento da parte del debitore, la Federazione doveva rivolgersi al Tribunale Ordinario, al fine di acquisire un titolo esecutivo volto a tutelare il proprio diritto di credito;
-infatti, le decisioni degli organi della giustizia sportiva non potevano costituire titolo esecutivo, trattandosi di una giustizia di tipo associativo, funzionante secondo gli schemi del diritto privato;
-inoltre, le sanzioni adottate dagli organi della giustizia sportiva non avevano alcuna natura pubblicistica, da ciò derivando l’assenza di giurisdizione del giudice amministrativo;
-nel merito, era irrilevante la mancata indicazione degli interessi nella decisione degli organi della giustizia sportiva, atteso che, in caso di ritardato pagamento, gli interessi decorrevano automaticamente come in qualsiasi rapporto;
-l’opposizione di (...) rientrava nella classica ipotesi di lite temeraria, stante la non veridicità ed infondatezza di quanto affermato.
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Con ordinanza riservata del 7.11.2014, veniva rigettata la richiesta di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto.
OSSERVA IN DIRITTO
1 – Delimitazione del thema decidendum:
Nella presente sede, la FIGC ha chiesto l’emissione del decreto ingiuntivo opposto, al fine di ottenere il pagamento di due sanzioni pecuniarie, irrogate all’Agente di Calciatori (...) per aver posto in essere illeciti disciplinari.
La FIGC ha precisato che sono già stati esperiti tutti i rimedi della giustizia sportiva e che le sanzioni sono divenute definitive.
L’opponente è un Agente dei Calciatori ed ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore degli organi della giustizia sportiva, ovvero in favore del giudice amministrativo.
Nel merito, ha contestato esclusivamente la applicazione degli interessi per il ritardato pagamento.
Orbene, l’opposizione proposta da (...) è infondata e non può trovare accoglimento.
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- – Primo motivo di opposizione:
Con il primo motivo di opposizione, la parte opponente ha eccepito il difetto assoluto di giurisdizione del giudice ordinario adito, sostenendo che la controversia –riguardando la materia delle sanzioni disciplinari sportive- sarebbe devoluta alla cognizione degli organi della giustizia sportiva, in virtù di quanto statuito dall’art. 2 della legge n. 280/03.
Orbene, giova premettere che la FIGC è un’associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato federata al CONI (cfr. l’art. 1 del relativo Statuto).
Lo Statuto della FIGC trova applicazione anche nel caso in esame, atteso che –ai sensi dell’art. 12 del Regolamento degli Agenti dei Calciatori- i predetti agenti sono tenuti all’osservanza delle norme statutarie della FIGC.
In particolare, l’art. 30 dello Statuto della FIGC stabilisce che tutti i soggetti indicati hanno l’obbligo di osservare lo Statuto. Poi prevede, al secondo comma, che i predetti soggetti accettano la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla FIGC, dalla FIFA, dalla UEFA, dai suoi organi o soggetti delegati, nelle materie comunque riconducibili allo svolgimento dell’attività federale nonché nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico. Le controversie tra i soggetti di cui al comma 1 o tra gli stessi e la FIGC, per le quali non siano previsti o siano esauriti i gradi interni di giustizia federale secondo quanto previsto dallo statuto del CONI, sono devolute su istanza della parte interessata, unicamente alla cognizione dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva o del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport presso il CONI.
Lo statuto della Federazione opposta contiene, dunque, una clausola, in base alla quale, tra l’altro, le controversie di carattere disciplinare sono devolute alla cognizione degli organi giustizia sportiva, interni alla Federazione.
Al fine di razionalizzare i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento giuridico dello Stato, nel 2003 è stato emanato il DL. n. 220, convertito con modificazioni nella legge n. 280/03. In particolare, l’art. 2 detta disposizioni in ordine all’autonomia dell’ordinamento sportivo, stabilendo che è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive.
Orbene, l’esame dell’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario adito rende necessaria una preliminare ricostruzione del quadro normativo relativo ai rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento giurisdizionale dello Stato e della relativa evoluzione giurisprudenziale.
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- – Quadro normativo ed evoluzione giurisprudenziale:
Giova premettere che, nella pronuncia n. 5775 del 2004, le Sezioni Unite della Suprema Corte –richiamando i precedenti giurisprudenziali in materia- hanno compiutamente ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale relativo all’argomento in esame.
In particolare, le Sezioni Unite hanno osservato che la legge 16 febbraio 1942 n. 426, istitutiva del Coni, configurava le federazioni sportive nazionali come organi dell'Ente, che partecipavano della natura pubblica di questo. La successiva legge 23 marzo 1981, n. 91 (contenente norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti), con l'art. 14, ribadì questo inquadramento, riconoscendo alle federazioni funzioni di natura pubblicistica, riconducibile all'esercizio in senso lato delle funzioni proprie del Coni, e funzioni di natura privatistica per le specifiche attività da esse svolte. Questa funzione, in quanto autonoma, era separata da quella di natura pubblica e faceva capo soltanto alle federazioni, (così, ss. uu. 11 ottobre 2002, n. 14530).
L'art. 6 della legge del 1981, come novellato dall'art. 1 del d.l. 20 settembre 1996, n. 485, convertito nella legge 18 novembre 1996 n. 586, riconoscendo alle federazioni sportive il potere di stabilire un premio di addestramento e formazione tecnica in favore delle società sportive presso le quali l'atleta si sia formato, ha confermato la natura privatistica dell'attività svolta dalle medesime federazioni in questo settore.
La legge n. 91 del 1981 è stata sostituita con il decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, contenente disposizioni sul riordino del Coni. In particolare, l’art. 15 del decreto legislativo ha recepito l'inquadramento attribuito dalla giurisprudenza alle federazioni sportive nazionali. La norma, infatti, dopo avere disposto che le federazioni sportive nazionali svolgono l'attività sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del Cio e del Coni (primo comma) -così consentendo l'esercizio di attività a valenza pubblicistica sulla base di poteri pubblicistici e mediante l'adozione di atti amministrativi- attribuisce loro natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato e dichiara che non perseguono fini di lucro e sono disciplinate, per quanto non espressamente previsto dal decreto, dal codice civile e dalle disposizioni di attuazione del medesimo" (secondo comma).
È sopravvenuto il decreto legge 19 agosto 2003 n. 220, contenente disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, convertito nella legge 17 ottobre 2003, n. 280. Il decreto, prendendo implicitamente atto della complessità organizzativa e strutturale dell'ordinamento sportivo, stabilisce che i rapporti tra questo e l'ordinamento dello Stato sono regolati in base al principio di autonomia, "salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo" (art. 1 primo comma). La "giustizia sportiva" si riferisce, così, alle ipotesi in cui si discute dell'applicazione delle regole sportive; quella statale è chiamata, invece, a risolvere le controversie che presentano una rilevanza per l'ordinamento generale, concernendo la violazione di diritti soggettivi o interessi legittimi.
Per individuare i casi in cui si applicano le sole regole tecnico - sportive, con conseguente riserva agli organi della giustizia sportiva della risoluzione delle corrispondenti controversie, è stabilito che all'ordinamento sportivo nazionale è riservata la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie di quell'ordinamento e delle sue articolazioni, al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive (art. 2, primo comma). In queste materie vige il sistema del c.d. "vincolo sportivo". Le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati, infatti, hanno l'onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Coni e delle federazioni sportive indicate negli articoli 15 e 16 del decreto legislativo n. 242 del 1999, gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo" (art. 2, secondo comma). I casi di rilevanza per l'ordinamento dello Stato delle situazioni giuridiche soggettive, connesse con l'ordinamento sportivo, sono attribuiti alla giurisdizione del giudice ordinario ed a quella esclusiva del giudice amministrativo.
Il primo comma dell'art. 3 del decreto legge, in particolare, devolve al giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto i rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti. Alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, invece, è devoluta "ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o dalle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'art. 2".
Il sistema, per quanto riguarda le questioni per le quali è stabilita autonomia dell'ordinamento sportivo, continua ad essere imperniato sull'onere di adire gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo (art. 2, secondo comma) e sulla salvezza incondizionata delle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Coni, delle Federazioni sportive e di quelle inserite nei contratti di cui alla legge istitutiva del Coni (art. 3, ultima parte).
Come osservato dalle Sezioni Unite, nella pronuncia suindicata, dalla lettura delle enunciate disposizioni è possibile ricavare che, secondo il decreto legge n. 202 del 2003, la tutela fa riferimento alle seguenti quattro situazioni.
Nella prima stanno le questioni che hanno per oggetto l'osservanza di norme regolamentari, organizzative e statutarie da parte di associazioni che, per dirla con l'art. 15 del decreto legislativo n. 242 del 1999, hanno personalità giuridica di diritto privato. Le regole che sono emanate in questo ambito sono espressione dell'autonomia normativa interna delle federazioni, non hanno rilevanza nell'ordinamento giuridico generale e le decisioni adottate in base ad esse sono collocate in un'area di non rilevanza (o d'indifferenza) per l'ordinamento statale, senza che possano essere considerate come espressione di potestà pubbliche ed essere considerate alla stregua di decisioni amministrative. La generale irrilevanza per l'ordinamento statale di tali norme e della loro violazione conduce all'assenza di una tutela giurisdizionale statale; ciò non significa assenza totale di tutela, ma garanzia di una giustizia di tipo associativo che funziona secondo gli schemi del diritto privato.
Nella seconda situazione stanno le questioni che nascono da comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, derivanti dalla violazione da parte degli associati di norme anch'esse interne all'ordinamento sportivo. Pure per queste situazioni v'è la stessa condizione di non rilevanza per l'ordinamento statale, prima indicata.
Queste prime due situazioni, in definitiva, restano all'interno del sistema dell'ordinamento sportivo propriamente detto e le possibili controversie che in esso sorgono non possono formare mai oggetto della giurisdizione statale.
La terza situazione comprende l'attività che le federazioni sportive nazionali debbono svolgere in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del Coni e del Cio, come dispone la prima parte del già citato art. 15. Nel testo del decreto legge n. 220 del 2003 anteriore alla legge di conversione, in essa figuravano l'ammissione e l'affiliazione alle federazioni di società di associazioni sportive e di singoli tesserati e l'organizzazione e lo svolgimento delle attività agonistiche non programmate ed a programma limitato e l'ammissione alle stesse delle squadre e degli atleti. Indipendentemente dalla soppressione delle due categorie, l'indicazione vale ancora come esemplificazione delle corrispondenti controversie, l'oggetto delle quali è costituito dall'attività provvedimentale delle federazioni, la quale, esaurito l'obbligo del rispetto di eventuali clausole compromissorie, è sottoposta alla giurisdizione amministrativa esclusiva.
Infine, stanno le questioni concernenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti. Esaurito, anche in questo caso, l'obbligo del rispetto di eventuali clausole compromissorie, le relative controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario.
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2.1 - Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, le Sezioni Unite hanno ritenuto che il problema relativo ai rapporti tra l’ordinamento sportivo e quello statale non ponga una questione di giurisdizione, costituendo invece questione di merito, che deve essere giudicata dal giudice del merito, al pari di quella dell'esistenza in concreto di essa (cfr. SU. 15 giugno 1987, n. 5256). Il principio è stato sviluppato con riferimento alle federazioni sportive ed è stato dichiarato che la censura diretta ad escludere ogni forma di tutela giurisdizionale nei confronti di provvedimenti della FIGC, costituisce questione di merito (cfr. SU. 29 settembre 1997, n. 9550).
Ad analoga conclusione è giunta la Suprema Corte nella successiva pronuncia n. 18919 del 28.9.2005 (rel. Sangiorgio), nella quale ha affermato che il vincolo di giustizia sportiva previsto dallo Statuto della FIGC integra una clausola compromissoria per arbitrato irrituale, fondata sul consenso delle parti che accettano la soggezione agli organi interni di giustizia.
In particolare, poi, la suindicata pronuncia stabilisce altro importante principio, ritenendo che il cd. vincolo di giustizia sportiva (già contenuto negli statuti delle federazioni sportive prima dell’entrata in vigore del DL 220/03 convertito nella Legge 280/03), dal 2003 in poi trovi la sua legittimazione anche in una fonte legislativa. Tuttavia, tale legittimazione legislativa non ne ha modificato la natura, che va pur sempre ricondotta alla figura dell’arbitrato irrituale, sostanzialmente consistente in un mandato conferito congiuntamente dalle parti compromittenti agli arbitri affinchè questi –in virtù di un potere negoziale- definiscano la controversia (cfr. Cass. sent. n. 11270 del 5.7.2012).
Tale orientamento, peraltro, risulta confermato da altre pronunce delle Sezioni Unite che, in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, hanno dichiarato inammissibile il ricorso, ritenendo che la questione relativa alle materie rientranti nella competenza degli organi della giustizia sportiva non è questione di giurisdizione, in quanto tali organi non svolgono una funzione giurisdizionale ma intervengono in virtù di una clausola compromissoria e svolgono un’attività negoziale sostitutiva di quella degli stipulanti (cfr. SU Cass. ordinanza n. 6423/08).
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4 – Sul difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore degli organi di giustizia
sportiva:
Ciò premesso, nel caso in esame, la controversia trae origine da comportamenti posti in essere dall’odierno opponente, rilevanti sul piano disciplinare sportivo.
Ne consegue che –in virtù dell’art. 2, comma 1 del DL 220/03 convertito nella Legge 280/03- per l’irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive vige il sistema del c.d. "vincolo sportivo", ciò in virtù della cd. clausola del vincolo di giustizia, prevista dall’art. 30 dello Statuto della FIGC.
Tale clausola, secondo il consolidato orientamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte, ha natura di clausola compromissoria di arbitrato irrituale, in base alla quale il potere di irrogare ed applicare le sanzioni disciplinari è attribuito –in forza di un atto negoziale di natura privatistica- dalle stesse parti a degli arbitri irrituali, che nel caso di specie sono costituiti dagli organi della giustizia sportiva.
Ne consegue, innanzitutto, che la questione in esame non integra una vera e propria questione di giurisdizione e, pertanto, non è corretto parlare di difetto di giurisdizione del giudice adito, ovvero di difetto “assoluto” di giurisdizione, non controvertendosi in ordine al riparto della cognizione tra organi entrambi aventi un potere giurisdizionale statale.
Così riqualificata la questione (non di giurisdizione ma afferente al merito), devesi altresì osservare che –in base a quanto previsto dalla clausola del vincolo di giustizia e dal citato art. 2, comma 1 del DL 220/03 convertito nella Legge 280/03- rientrano nella competenza degli organi di giustizia sportiva solo le questioni attinenti alla irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive, e cioè le questioni attinenti alla fase relativa all’accertamento della sussistenza dell’illecito disciplinare ed alla comminatoria della relativa sanzione, sempre disciplinata dall’ordinamento sportivo.
Nel caso concreto, invece, la questione non attiene prettamente alla irrogazione ed alla applicazione della sanzione disciplinare, bensì alla fase della sua esecuzione. Infatti, è pacifico che la fase dinanzi agli organi della giustizia sportiva si sia già esaurita, atteso che le sanzioni disciplinari oggetto del presente giudizio (consistenti in sanzioni pecuniarie) sono state già irrogate e sono stati esperiti i vari mezzi di impugnazione di natura negoziale, previsti dallo Statuto, essendo divenute definitive.
Ciò che residua è un credito di natura pecuniaria della Federazione, relativo alla sanzione pecuniaria che è stata irrogata in via definitiva dagli organi di giustizia sportiva. Infatti, gli organi della giustizia sportiva possono irrogare sia sanzioni che esplicano i loro effetti esclusivamente nell’ambito dell’ordinamento sportivo (ad esempio, nel caso in esame è stata irrogata la sanzione della sospensione della licenza), sia sanzioni che esulano dall’ordinamento sportivo ed incidono su posizioni giuridiche soggettive generalmente tutelate dall’ordinamento statale (ad esempio, nel caso in esame è stata altresì irrogata la sanzione pecuniaria dell’ammenda).
Orbene, mentre nel primo caso l’esecuzione della sanzione potrà ben trovare esplicazione e coattiva esecuzione (in caso di mancata spontanea osservanza) all’interno del medesimo ordinamento sportivo, nell’ambito del quale produce ed esaurisce tutti i suoi effetti, altrettanto non può sostenersi per le sanzioni del secondo tipo. Infatti, l’ordinamento sportivo non possiede gli strumenti per ottenere l’esecuzione coattiva di un credito di natura pecuniaria: strumenti del resto che sono riservati all’autorità giurisdizionale ordinaria. Non a caso, il citato art. 2 , comma 1 del DL 220/03 convertito nella Legge 280/03 limita la cognizione degli organi della giustizia sportiva alle sole questioni relative la irrogazione ed applicazione della sanzione, non estendendola invece alla esecuzione della stessa.
Tale impostazione non appare contraddetta dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 49 del 2011, con la quale la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1 del DL 220/03 convertito nella Legge 280/03. In particolare, la questione era stata sollevata dal giudice amministrativo, dubitando della legittimità costituzionale della norma in questione nella parte in cui riservava al solo giudice sportivo la competenza a decidere le controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, anche quando i relativi effetti superino l’ambito dell’ordinamento sportivo, incidendo su interessi legittimi e diritti soggettivi, tutelati dall’ordinamento statale. Il caso concreto sottoposto alla Corte Costituzionale era diverso da quello oggetto del presente giudizio, in quanto si controverteva in ordine al risarcimento del danno derivante dalla illegittima irrogazione della sanzione disciplinare della inibizione allo svolgimento di attività federale.
Ciò nonostante, la Corte –con la suddetta pronuncia- ha sancito importanti principi dando una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, da tener presente anche nel caso in esame. In particolare, nel ribadire l’autonomia tra l’ordinamento sportivo e quello statale (autonomia peraltro favorita dal legislatore), la Corte ha evidenziato che le sanzioni disciplinari irrogate dalla Federazione possono esaurire i loro effetti nell’ambito dell’ordinamento sportivo, oppure manifestare effetti anche nell’ambito dell’ordinamento statale. Orbene, con riferimento al primo gruppo di ipotesi, la Corte afferma che queste sono collocate in un’area di non rilevanza per l’ordinamento statale e di conseguente assenza di tutela da parte di quest’ultimo ordinamento. Tuttavia, la Corte afferma altresì che ad un’interpretazione costituzionalmente orientata del DL 220/03 consegue che, qualora il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal CONI abbia incidenza su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale, non possa escludersi la possibilità di agire in giudizio dinanzi agli organi giurisdizionali statali.
Ne consegue che, non controvertendosi nella presente sede in ordine alla fase della irrogazione ed applicazione della sanzione (perché questa è già stata irrogata ed applicata dagli organi di giustizia sportiva, con decisione divenuta definitiva), ma controvertendosi in ordine alle conseguenze che tale sanzione esplica su posizioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento statale ed afferenti a rapporti patrimoniali, non appare sussistente la competenza degli organi suddetti.
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- – Secondo motivo di opposizione: sul difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo:
Parimenti infondato è il secondo motivo di opposizione, con cui la parte opponente ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario adito, essendo la controversia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in virtù di quanto statuito dall’art. 3 della legge n. 280/03.
In particolare, la citata disposizione devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o dalle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'art. 2".
Orbene, con riferimento alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, giova ricordare che –con l’importante pronuncia n. 204 del 2004- la Corte Costituzionale, nel dichiarare la illegittimità costituzionale dell’art. art. 33, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall'art. 7, lettera a), della legge 21 luglio 2000, n. 205, ha affermato il seguente principio: “l'art. 103, primo comma, della Costituzione non ha conferito al legislatore ordinario una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell'attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha conferito il potere di indicare "particolari materie" nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe "anche" diritti soggettivi. Tali materie, tuttavia, devono essere "particolari" rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità, nel senso che devono partecipare della loro medesima natura, che è contrassegnata dalla circostanza che la pubblica amministrazione agisce come autorità nei confronti della quale è accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo; con la conseguenza che va escluso che sia la mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio sia il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia siano sufficienti a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo”.
Ne consegue che un’interpretazione costituzionalmente orientata delle ipotesi di giurisdizione esclusiva porta a ritenere che questa sia sussistente solo ogniqualvolta si sia in presenza di un concreto esercizio del potere, riconoscibile per tale in base al procedimento svolto ed alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano. Per converso, non potrà ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo, neanche quella in via esclusiva, qualora sia del tutto assente ogni profilo riconducibile alla pubblica amministrazione-autorità.
Orbene, nel caso in esame, alla luce di tutto quanto sopra esposto, deve escludersi che – nell’attività di irrogazione di sanzioni disciplinari- la FIGC eserciti un potere autoritativo di natura pubblicistica.
Infatti, è vero che le Federazioni sportive –pur avendo personalità di diritto privato- esercitano anche funzioni pubblicistiche. Il DLgs. 242 del 1999, contenente norme di riordino del Coni, all’art. 15 prevede che le Federazioni possano adottare atti amministrativi in armonia con le deliberazioni del CONI, ad es. in tema di ammissione ed affiliazione delle società sportive alle Federazioni nazionali.
Sicchè, le questioni concernenti l’attività che le Federazioni svolgono in armonia con le deliberazioni del Coni rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, qualora sia espressione di un potere provvedimentale ed autoritativo.
Tuttavia, come già sopra evidenziato, il potere di decidere in materia disciplinare attribuito agli organi della giustizia sportiva trova la fonte nella autonomia negoziale delle parti. Gli organi della giustizia sportiva, del resto, decidono in virtù di una clausola negoziale avente natura di clausola di arbitrato irrituale ed osservando le regole del diritto privato. Del resto, sia le norme violate che la decisione da eseguire trova la sua fonte in atti di natura negoziale, che sono espressione dell’autonomia privata e non di poteri pubblicistici. A maggior ragione, poi, deve escludersi l’esercizio di poteri pubblicistici nell’attività di recupero del credito derivante dalla irrogazione di una sanzione pecuniaria.
Non essendovi esercizio di poteri pubblicistici, deve escludersi che la controversia rientri nella giurisdizione del giudice amministrativo, neanche in via esclusiva.
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- – Terzo motivo di opposizione:
Anche il terzo motivo di doglianza non può trovare accoglimento.
In particolare, l’opponente lamenta la illegittima applicazione degli interessi sulle somme richieste a titolo di sanzione pecuniaria, atteso che questi non sarebbero mai stati liquidati dagli organi di giustizia sportiva e che –ai sensi dell’art. 26 del Regolamento degli Agenti dei Calciatori- sarebbe possibile irrogare ulteriori sanzioni in caso di ritardo nel pagamento.
Orbene, alla luce di quanto già esposto, la cognizione del giudice ordinario nell’ambito della controversia in esame è limitata alla fase della esecuzione della sanzione disciplinare, non potendosi per contro sindacare il contenuto del potere disciplinare, esercitato dagli organi della giustizia sportiva. E’ rimesso al giudice ordinario, quindi, il solo accertamento della sussistenza del credito vantato dalla FIGC e della insussistenza di fatti modificativi od estintivi della pretesa creditoria.
Ciò premesso, nel caso in esame, è pacifico che le sanzioni pecuniarie in questione siano state irrogate in via definita, essendo esauriti i mezzi di impugnazione previsti dall’ordinamento sportivo, e che non siano intervenuti fatti modificativi o estintivi. Del resto, nessuna contestazione risulta sollevata dall’opponente con riferimento alla misura della sanzione irrogata.
L’unica contestazione dell’opponente attiene all’ingiunzione degli interessi moratori nella misura legale sulla somma capitale. Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto, l’obbligo di pagamento di tali somme deriva direttamente dal disposto dell’art. 1224 c.c., in base al quale nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro, sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali. Nel caso in esame, infatti, nel decreto ingiuntivo opposto è stato ingiunto il pagamento degli interessi moratori nella misura del tasso legale come richiesti, e cioè a decorrere “dalla scadenza”.
Orbene, deve ritenersi che, con il termine scadenza, la parte ricorrente abbia inteso riferirsi al momento in cui la somma è divenuta esigibile. Tale momento va individuato nella data di irrogazione della sanzione da parte degli organi di giustizia sportiva. Infatti, ai sensi dell’art. 23 dello Statuto, il lodo emesso dagli organi suddetti è immediatamente esecutivo e l’eventuale impugnativa non ne sospende l’esecutività.
Di conseguenza, alla luce di tutte le suesposte considerazioni, l’opposizione proposta da (...) va rigettata, con conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto.
La complessità della controversia, con riferimento alla soluzione della questione di giurisdizione, impedisce di poter ritenere che la parte opponente abbia agito con mala fede o colpa grave. Va, pertanto, rigettata la domanda di pagamento per lite temeraria, proposta dalla FIGC sia ai sensi del primo comma dell’art. 96 c.p.c., sia ai sensi del terzo comma.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in applicazione dei parametri di cui al D.M. 55/2014.
P.Q.M.
Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando in ordine alla domanda in epigrafe, così provvede:
RIGETTA l’opposizione proposta da (...) e, per l’effetto, CONFERMA il decreto ingiuntivo opposto n. 1115/14, depositato dal Tribunale di Roma in data 15.1.2014;
RIGETTA la domanda ex art. 96, commi 1 e 3 c.p.c., proposta dalla FIGC;
CONDANNA (...) , alla rifusione, in favore della FIGC, delle spese di lite che
liquida in € 3.235,00, oltre rimborso forfetario ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 23.5.2015
Il Giudice
Dr.ssa Cecilia Bernardo