T.A.R. LAZIO SEDE DI ROMA – SEZIONE PRIMA – SENTENZA DEL 13/07/2021 N. 8326

Pubblicato il 13/07/2021

N. 08326/2021 REG.PROV.COLL.

N. 14833/2019 REG.RIC.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14833 del 2019, proposto da: Federazione Italiana Sport Equestri – F.I.S.E., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Saverio Marini, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Villa Sacchetti, 9;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Sport e Formazione S.S.D. a r.l. e Associazioni Sportive e Sociali Italiane - A.S.I., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avv. Vittorio De Gregorio, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia; Gruppo Italiano Attacchi, non costituito in giudizio;

e con l'intervento di

ad opponendum: SEF Italia S.s.d. a r.l. – Sport Educazione e Formazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Vittorio De Gregorio, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- del provvedimento AGCM prot. n. 0067267 dell’8 ottobre 2019, con cui l’AGCM, a chiusura del procedimento A378/e, ha sanzionato FISE per mancato rispetto degli impegni resi obbligatori con delibera AGCM dell’8 giugno 2011, in violazione degli artt. 14 e 14-ter, commi 2 e 3, L. 287/1990, nonchè per abuso di posizione dominante, in violazione dell’art. 102 T.F.U.E., condannandola al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria di € 451.090,82, alla cessazione immediata dell’infrazione accertata, alla presentazione di una relazione circa le misure adottate al fine di eliminare l’infrazione accertata;

- del provvedimento AGCM prot. n. 0067707 del 25 settembre 2018 notificato in data 4 ottobre 2018, con cui l’Autorità ha rigettato gli impegni presentati da F.I.S.E. in data 4 settembre 2018;

- del provvedimento AGCM prot. n. 0058711 del 1 agosto 2018, con cui l’AGCM ha rigettato la richiesta di proroga del termine di presentazione degli impegni;

- del provvedimento AGCM prot. n. 0030883 del 16 aprile 2019, con cui l’AGCM ha rigettato la richiesta di FISE di controinterrogare i segnalanti ASI e GIA e l’interveniente SEF;

- del provvedimento AGCM prot. n. 0027186 del 29 maggio 2018 di apertura del proc. A378/E (riapertura del procedimento A378/C);

- del provvedimento AGCM prot. n. 0030094 del 3 aprile 2019 di comunicazione delle risultanze istruttorie;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compresi: i) il provvedimento AGCM prot. n. 17070 del 19 luglio 2007, di apertura del proc. A378; ii) il provvedimento AGCM prot. n. 21025 del 22 aprile 2010, di apertura del procedimento A378-C a seguito dell’annullamento del provvedimento di accettazione degli impegni prot. n. 18285 del 15 maggio 2008; iii) il provvedimento AGCM prot. n. 22503 dell’8 giugno 2011, con cui l’Autorità ha accettato e reso obbligatori i nuovi impegni presentati da FISE nel procedimento n. A378/C.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’AGCM e di A.S.I. con Sport e Formazione S.S.D. a r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice la dott.ssa Laura Marzano;

uditi, nell'udienza del giorno 9 giugno 2021, i difensori in collegamento da remoto, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

A. La Federazione Italiana Sport Equestri (FISE), associazione senza fini di lucro con personalità giuridica di diritto privato, unica Federazione sportiva per lo sport equestre associata al CONI ex D.Lgs. 242/1999 è affiliata alla Federazione Equestre Internazionale (FEI), a sua volta unica Federazione internazionale riconosciuta dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO), quale rappresentante degli sport equestri in Italia, con autonomia tecnica, organizzativa e di gestione, sotto la vigilanza del CONI.

Con il provvedimento impugnato l’AGCM, a conclusione del procedimento A378/E, ha sanzionato FISE per: violazione degli impegni assunti dalla Federazione nell’ambito del procedimento A378/C, resi esecutivi con delibera AGCM dell’8 giugno 2011 e per abuso di posizione dominante.

Il procedimento risale all’anno 2007, con l’apertura da parte di AGCM del procedimento A378, volto ad accertare l’esistenza di violazioni degli artt. 81 e/o 82 del Trattato CE.

Secondo l’Autorità alcune disposizioni dello Statuto di FISE dell’epoca avrebbero potuto chiudere il mercato equestre sia a nuovi soggetti entranti sia a quelli in esso già operanti, impedendo ai propri affiliati e tesserati, pena l’applicazione di sanzioni disciplinari e l’esclusione dalla federazione, di aderire ad altra associazione o ente nazionale che svolgesse attività nel campo degli sport equestri; previsione da leggere coordinatamente con quella secondo cui FISE sarebbe stata l’unico ente competente a “disciplinare l’attività equestre in Italia in tutte le sue espressioni formative, agonistiche, ludiche e addestrative”.

I primi impegni presentati da FISE nell’anno 2008 venivano accettati dall’Autorità con un provvedimento che veniva annullato dal T.A.R. Lazio con sentenza n. 10428/2008, confermata dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con sentenza n. 7307/2009.

L’Autorità riapriva dunque il procedimento (che prendeva n. A378/C) e, nell’ambito dello stesso, FISE presentava nuovi impegni (quelli di cui oggi si lamenta la violazione).

Con tali impegni FISE ribadiva la propria prerogativa istituzionale e riserva sull’attività agonistica svolta nelle discipline CIO e FEI, ma al contempo si impegnava a:

a) adottare un regolamento sportivo approvato dal Consiglio Federale che, in attuazione delle direttive imposte dalla normativa di settore e dal CONI, individuasse per ogni singola disciplina CIO/FEI, cioè Salto a ostacoli, Concorso completo, Dressage e Paralimpica, Attacchi, Endurance, Reining, Volteggio – la linea di demarcazione tra attività sportiva “agonistica” e attività sportiva non agonistica (“amatoriale”) in osservanza ai parametri CIO/FEI;

b) a regolamentare in via esclusiva le sole discipline C.I.O./F.E.I. svolte in forma agonistica, adeguando in tal senso i propri regolamenti ed eliminando qualsiasi riferimento a esclusive che esulassero da tale contesto;

c) a riconoscere come legittimo lo svolgimento in forma non agonistica – secondo quanto previsto dal regolamento sub a) – delle discipline CIO/FEI anche da parte di enti diversi dalla stessa, anche con tesserati FISE e con l’attribuzione di classifiche e premi;

d) a riconoscere come legittimo lo svolgimento di tutte le altre discipline non CIO/FEI anche da parte di enti diversi dalla stessa;

e) a riconoscere come legittima l’iscrizione dei propri tesserati a enti diversi dalla stessa, non svolgenti attività agonistica nelle discipline CIO/FEI;

f) a consentire ai circoli affiliati a FISE di stipulare accordi con altri enti o associazioni per l’organizzazione di manifestazioni e gare equestri, anche nell’ambito delle discipline CIO/FEI, laddove svolte in forma non agonistica, sulla base di una convenzione quadro tra FISE e tali enti o associazioni, terze rispetto all’ordinamento sportivo, con riferimento agli aspetti della sicurezza e della vigilanza.

Con provvedimento n. 22503 dell’8 giugno 2011 l’Autorità riteneva gli impegni idonei a rimuovere i profili anticoncorrenziali inizialmente evidenziati.

In attuazione degli impegni FISE: modificava il proprio Statuto (in data 19 dicembre 2011) e, in particolare, gli artt. 1, 5 e 11 nel senso dei su richiamati impegni; adottava il “Regolamento Tecnico dell’attività sportiva agonistica equestre” con delibera del Consiglio Federale del 24 gennaio 2012.

Con riferimento alle discipline CIO/FEI (salto a ostacoli, completo, dressage, attacchi, endurance, volteggio, reining e paralimpica) su cui FISE detiene l’esclusiva per l’attività agonistica, il Regolamento tecnico 2012 fissava le regole e i limiti dell’attività agonistica.

In particolare: a) quanto al salto a ostacoli, è qualificata attività sportiva agonistica equestre quella svolta secondo i seguenti parametri: “percorso di un minimo di 8 ostacoli con un tempo di esecuzione e con salti di altezza superiore ai 70 cm per i cavalli e di 60 cm per i pony”; b) per gli attacchi, è qualificata attività sportiva agonistica equestre quella svolta secondo i seguenti parametri: “singoli o pariglie con prove di dressage in uno spazio di mt. 100x40 e prove con coni senza ostacoli multipli e relative combinate”. La relazione di accompagnamento al Regolamento Tecnico 2012 specificava trattarsi di requisiti minimi.

Con comunicazione del 26 marzo 2012 l’Autorità prendeva atto della documentazione trasmessa da FISE inerente all’attuazione degli impegni e all’approvazione del suddetto Regolamento.

Con provvedimento n. 27186 del 29 maggio 2018, notificato il 5 giugno 2018 l’Autorità deliberava di riaprire nei confronti di FISE il procedimento A378C, ai sensi degli artt. 14 e 14 ter, L. 287/1990, per verificare la possibile violazione degli impegni assunti e l’esistenza di violazioni degli artt. 101 e 102 TFUE. Rilevava che FISE, a partire dalla seconda metà del 2017, “avrebbe compresso l’ambito di attività delle organizzazioni concorrenti nello svolgimento di gare amatoriali”, e ciò “sia attraverso la modifica dei precedenti regolamenti ovvero l’adozione di nuovi, sia attraverso condotte puntuali nei confronti di soggetti specifici”.

All’esito del procedimento istruttorio l’Autorità adottava il pProvvedimento impugnato, sanzionando FISE sia per violazione degli impegni resi obbligatori nell’anno 2011 sia per abuso di posizione dominante.

B. La ricorrente ha impugnato il suddetto provvedimento formulando i seguenti motivi.

1) Decadenza dal potere sanzionatorio; prescrizione delle condotte abusive oggetto dell’originario procedimento chiuso con impegni; violazione degli artt. 14 e 14 ter, L. 187/1990; violazione art. 6 CEDU; violazione art. 41 cost..

Le condotte contestate a FISE (violazione impegni e abuso di posizione dominante), poste in essere da luglio 2017, non sarebbero state suscettibili di indagine e sanzione nell’ambito del procedimento A378C del 2011, riaperto dall’Autorità in quanto, essendo l’istituto degli impegni finalizzato alla chiusura dell’istruttoria senza accertare l’infrazione, l’inottemperanza agli impegni potrebbe riferirsi soltanto a condotte poste in essere entro l’ordinario termine di prescrizione di cinque anni dalla data in cui gli stessi sono stati resi obbligatori.

Nel caso di specie gli impegni di cui l’Autorità contesta la violazione sono stati resi obbligatori con provvedimento AGCM n. 22503 dell’8 giugno 2011 e, con successiva nota del 26 marzo 2012, la stessa AGCM ha preso atto dell’attuazione degli impegni da parte di FISE (modifica dello Statuto e adozione del Regolamento tecnico 2012). La delibera di riapertura del procedimento è invece stata adottata il 29 maggio 2018 e notificata il 5 giugno 2018. Le condotte oggi contestate a FISE sono state quindi poste in essere a distanza di oltre sei anni dal provvedimento che ha accettato e reso obbligatori gli impegni, data dalla quale è iniziato a decorrere nuovamente il termine prescrizionale delle condotte inizialmente contestate con l’avvio del procedimento del 2007 (A378). Ciò varrebbe anche laddove si considerasse la data del 26 marzo 2012, di presa d’atto degli impegni adottati da FISE, dal momento che le condotte oggi contestate sono state poste in essere a partire da luglio 2017 e quindi comunque decorsi oltre cinque anni da tale data. A ciò andrebbe aggiunto che dette condotte si collocano a distanza di circa 11 anni rispetto a quelle oggetto del procedimento istruttorio A378: le condotte oggetto del procedimento A378/E riavviato nel 2018, dunque, avrebbero potuto esclusivamente integrare un’eventuale nuova fattispecie abusiva, con conseguente necessità di apertura di un nuovo procedimento.

2) Tardività della contestazione; violazione dell’art. 14, L. 689/81, dell’art. 14 ter, L. 287/1990 e della disciplina recata dal d.P.R. 217/98; lesione del diritto di difesa in violazione dell’art. 6 CEDU e dell’art. 41 CDFUE.

Il Provvedimento sarebbe illegittimo anche per tardività della notifica di avvio del procedimento, avvenuta oltre il termine di 90 giorni dall’accertamento di cui all’art. 14, L. 689/1981, applicabile anche alle sanzioni AGCM, per le quali il dies a quo coincide con il momento in cui l’Autorità ha effettiva conoscenza della ritenuta condotta illecita, sì da valutarne l’esatta consistenza agli effetti della formulazione della contestazione.

3) Lesione del diritto di difesa; violazione dell’art. 6 CEDU; violazione degli artt. 3, 41, e 97 cost.; violazione degli articoli 16 e 41 CDFUE; violazione dei principi del giusto procedimento, di legalità, buon andamento e imparzialità, trasparenza e ragionevolezza dell’azione amministrativa; ingiustizia manifesta; subordinatamente: illegittimità costituzionale dell’art. 14 L. 287/1990 per violazione dell’art. 117 cost. in relazione all’art. 6 CEDU.

Sarebbe stato leso il diritto di difesa avendo l’Autorità rigettato la richiesta di interrogare i segnalanti GIA e ASI e l’interveniente SEF sulle circostanze da questi rappresentate nel corso del procedimento, e poste a fondamento della CRI (doc. 20).

4) Erronea individuazione del mercato rilevante; violazione art. 102 TFUE; violazione artt. 3 e 14, L. 287/1990; difetto di istruttoria e di motivazione. contraddittorietà e irragionevolezza manifesta; violazione dei diritti di difesa e di contraddittorio; violazione del legittimo affidamento maturato in conseguenza dell’accoglimento degli impegni; violazione dell’autonomia dell’ordinamento sportivo; violazione del D.Lgs. 242/1999 e della legge 280/2003.

Sarebbe errata l’individuazione del mercato rilevante di organizzazione di manifestazioni e gare con equidi, dal momento che i mercati sarebbero dovuti essere distinti in base alle specifiche discipline. Infatti, la disciplina “salto a ostacoli” non è intercambiabile con la disciplina “attacchi”, sia dal punto di vista della domanda sia dal punto di vista dell’offerta. In ogni caso il mercato rilevante individuato nel provvedimento sarebbe diverso da come ricostruito nella CRI.

5) Mancata dimostrazione della posizione dominante; violazione art. 102 TFUE, violazione artt. 3 e 14, L. 287/1990; difetto assoluto di istruttoria e di motivazione; illogicità e irragionevolezza manifesta; sviamento.

La posizione dominante di FISE sarebbe dovuta essere individuata in base al fatturato della Federazione relativo alla organizzazione di eventi, rapportato a quello degli altri operatori di mercato che parimenti organizzano gare con equidi. In ogni caso FISE non deterrebbe una posizione dominante nel mercato che è stato perimetrato dall’Autorità, vale a dire quello della “organizzazione di manifestazioni e gare con equidi”.

6) Difetto di istruttoria e di motivazione; violazione art. 102 TFUE, violazione artt. 3 e 14, L. 287/1990; violazione art. 11 d.P.R. 217/1998; violazione art. 2 Reg. CE 1/2003; violazione d.lgs. 242/1992; violazione dell’autonomia dell’ordinamento sportivo; eccesso di potere per contraddittorietà rispetto al provvedimento di accoglimento degli impegni e alla relativa presa d’atto; violazione legittimo affidamento; violazione principi del giusto procedimento; violazione art. 6 CEDU.

Il provvedimento sarebbe contraddittorio in quanto sebbene l’Autorità affermi, al §184 che “esula dall’oggetto del procedimento istruttorio qualsiasi volontà di definire cosa debba essere ricompreso o meno nell’attività agonistica delle diverse discipline equestri, dal momento che il compito di definire gli ambiti dell’attività agonistica spetta al sistema federale”, poi in realtà fonderebbe la contestazione proprio sull’assunto che FISE avrebbe indebitamente ampliato i limiti dell’agonismo fissati nel 2012, al fine di appropriarsi di quote di mercato che spetterebbero ai propri concorrenti nell’attività non agonistica (amatoriale).

7) Indebito sindacato sull’ordinamento sportivo; insussistenza del potere antitrust; illogicità manifesta; difetto di istruttoria e di motivazione; violazione art. 102 TFUE, violazione artt. 3 e 14, L. 287/1990.

L’AGCM non potrebbe intervenire su condotte regolate dall’ordinamento sportivo.

I comportamenti di FISE sanzionati dall’Autorità sarebbero volti esclusivamente a far rispettare la normativa federale ai soggetti che di quell’ordinamento e del proprio circuito fanno parte; FISE infatti non negherebbe a soggetti terzi la possibilità di organizzare gare agonistiche nei loro circuiti, ma escluderebbe che detti soggetti possano organizzare gare agonistiche all’interno di strutture affiliate alla FISE.

8) Difetto di istruttoria e di motivazione; illogicità e irragionevolezza manifeste; violazione degli artt. 3 e 14, L. 287/1990 e dell’art. 102 TFUE; eccesso di potere per contraddittorietà dell’azione amministrativa; violazione del legittimo affidamento e del diritto di difesa; sviamento.

In ogni caso gli impegni del 2011 non sarebbero stati violati.

L’Autorità, innanzitutto, avrebbe fatto confusione tra il Regolamento Tecnico del 2012 e i Regolamenti Nazionali di disciplina per le competizioni sotto egida FISE.

Inoltre l’Autorità avrebbe censurato come condotte abusive di FISE l’invio di atti di diffida e di contestazione ai propri circoli affiliati e tesserati, volti a impedire l’organizzazione di gare “amatoriali”, senza svolgere alcuna istruttoria sul fatto che quelle gare fossero in effetti non agonistiche.

Erroneo sarebbe aver ritenuto violazione degli impegni la mancata stipula di convenzioni con gli EPS trattandosi di attività estranea al perimetro degli impegni.

Il provvedimento sarebbe sul punto anche contraddittorio avendo l’AGCM affermato di “condividere” la ricostruzione di FISE in ordine all’estraneità della stipula delle convenzioni con gli EPS rispetto agli impegni assunti nel 2011.

9) Violazione art. 102 TFUE e art. 14 L. 287/1990; difetto di istruttoria e di motivazione; violazione diritto di difesa; contraddittorietà intrinseca ed estrinseca e sviamento.

Il provvedimento si fonderebbe su una istruttoria carente non avendo l’Autorità dimostrato né che i Regolamenti di settore siano idonei a restringere la concorrenza, né che l’eventuale restrizione non sarebbe proporzionata rispetto al perseguimento del legittimo obiettivo, né, infine, che i comportamenti contestati sarebbero idonei a restringere il mercato.

10) Violazione art. 14 ter, commi 2 e 3, lett. b) L. 287/90 e dell’art. 8, L. 689/81.

La ricorrente lamenta che l’Autorità l’abbia sanzionata sia per la violazione dell’articolo 14 ter della legge n. 287/90, sia per la violazione dell’articolo 102 TFUE, pur trattandosi di un’unica condotta.

11) Violazione art. 102 TFUE, artt. 3 e 14 L. 287/1990; violazione linee guida AGCM; violazione art. 8 L. 689/1981; difetto di motivazione; arbitrarietà.

La quantificazione della sanzione sarebbe errata sia in punto di determinazione della gravità della condotta sia con riferimento al valore della produzione FISE relativo alle manifestazioni e gare direttamente organizzate dalla stessa.

12) Violazione artt. 3, 14 e 14 ter, L. 287/1990; violazione art. 102 TFUE e art. 9 Reg. 1/2003; difetto di motivazione e di istruttoria; violazione legittimo affidamento e giusto procedimento; violazione art. 6 CEDU e 47 CDFUE.

Sarebbe illegittima la ritenuta inammissibilità degli impegni sull’assunto che, trattandosi di procedimento volto all’accertamento della violazione di impegni pregressi, la normativa non consentirebbe la presentazione di ulteriori impegni.

C. Si sono costituiti in giudizio sia l’AGCM, la quale ha difeso la legittimità del provvedimento impugnato, sia le controinteressate Sport e Formazione S.S.D. a r.l. e Associazioni Sportive e Sociali Italiane - A.S.I., le quali hanno insistito per il rigetto del ricorso.

SEF Italia S.s.d. a r.l. – Sport Educazione e Formazione ha spiegato intervento ad opponendum instando per la reiezione del ricorso.

Con ordinanza n. 8339 del 19 dicembre 2019 è stata respinta l’istanza cautelare.

In vista della trattazione del merito le parti hanno depositato memorie conclusive; la ricorrente ha replicato con memoria del 28 maggio 2021.

All’udienza del 9 giugno 2021, sentiti i difensori presenti in collegamento da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con i primi tre motivi la ricorrente formula censure di tipo procedurale che non possono trovare accoglimento.

1.1. In relazione alla asserita prescrizione trattandosi di condotte poste in essere a distanza di oltre sei anni dal provvedimento che ha accettato e reso obbligatori gli impegni, data dalla quale sarebbe iniziato a decorrere nuovamente il termine prescrizionale delle condotte inizialmente contestate con l’avvio del procedimento del 2007 (A378), il Collegio ricorda che, nell'approvare i c.d. "impegni", l'Autorità non definisce la questione della anticoncorrenzialità della condotta al suo esame, come confermato dallo stesso coacervo dei commi 2 e 3 dell'art. 14 ter L. 287/90, per cui da tale approvazione non consegue alcuna limitazione dei poteri dell'Autorità sull'ulteriore valutazione di condotta anticoncorrenziale. In merito è stato infatti chiarito dalla giurisprudenza che l'istituto della chiusura del procedimento anticoncorrenziale mediante accettazione di impegni proposti dalle imprese coinvolte si configura come una modalità alternativa e atipica di chiusura del procedimento sanzionatorio, con cui l'Autorità può limitarsi ad "accettare" gli impegni proposti dalle imprese, lasciando però irrisolta la questione della anticoncorrenzialità, o meno, della condotta al suo esame, per cui tale istituto non può dirsi che limiti, in alcun modo, i poteri dell'Autorità o li riduca ad una funzione meramente "notarile", comprimendo i poteri di accertamento e di sanzione (Cons. Stato, Sez. VI, 19 novembre 2009, n. 7307).

Né può essere seguita la ricorrente laddove afferma che gli “impegni di FISE consistevano in adempimenti istantanei – modifiche statutarie e regolamentari, approvazione di convenzione-tipo – immediatamente ottemperati e di cui l’Autorità ha preso atto in data 26.3.2012” (così a pag. 5 del ricorso) dal momento che, come illustrato nella parte in fatto, gli impegni prevedevano non solo l’adozione di atti regolamentari ma anche condotte da mantenere inalterate nel tempo, quali: a) riconoscere come legittimo lo svolgimento in forma non agonistica delle discipline CIO/FEI anche da parte di enti diversi da FISE; d) riconoscere come legittimo lo svolgimento di tutte le altre discipline non CIO/FEI anche da parte di enti diversi dalla stessa; e) riconoscere come legittima l’iscrizione dei propri tesserati a enti diversi dalla stessa, non svolgenti attività agonistica nelle discipline CIO/FEI; f) consentire ai circoli affiliati a FISE di stipulare accordi con altri enti o associazioni per l’organizzazione di manifestazioni e gare equestri, anche nell’ambito delle discipline CIO/FEI, laddove svolte in forma non agonistica.

1.2. Quanto alla asserita prescrizione si osserva che allorquando l'Autorità applica gli articoli 101 e/o 102 del TFUE ai procedimenti antitrust nazionali deve applicarsi la medesima disciplina della prescrizione prevista dal regolamento del Consiglio richiamato e, segnatamente, dell'art. 25 (Prescrizione in materia di imposizione di sanzioni), comma 3, per il quale la prescrizione si interrompe con qualsiasi atto dell'autorità garante della concorrenza di uno Stato membro destinato all'accertamento o alla repressione dell'infrazione.

Nel caso di specie l'effetto interruttivo della prescrizione deve farsi risalire al primo atto di avvio del procedimento risalente all’anno 2007.

1.3. Anche la decadenza dal potere sanzionatorio ex art. 14, comma 2, l. 689/1981, per il quale gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati entro il termine di novanta giorni, è infondato atteso che, come è stato chiarito, "l'arco di tempo entro il quale l'Autorità garante concorrenza e mercato deve provvedere alla notifica della contestazione, ai sensi dell'art. 14 L. n. 689 del 1981 è collegato non già alla data di commissione della violazione, ma al tempo di accertamento dell'infrazione, da intendersi in una prospettiva teleologicamente orientata e quindi non già alla notizia del fatto sanzionabile nella sua materialità, ma all'acquisizione della piena conoscenza della condotta illecita, implicante il riscontro dell'esistenza e della consistenza della infrazione e dei suoi effetti; pertanto, il fatto che l'Autorità Antitrust deliberi l'avvio dell'istruttoria a distanza di vari mesi dalla segnalazione della possibile infrazione non può in alcun modo essere considerato come una violazione dei diritti delle imprese coinvolte, né un superamento dei termini procedimentali, in quanto la stessa valutazione dell'esigenza di avviare o meno l'istruttoria può presentarsi complessa; di conseguenza, il termine di novanta giorni previsto dal comma 2 dell'articolo 14 della legge n. 689 del 1981 inizia a decorrere solo dal momento in cui è compiuta - o si sarebbe dovuta ragionevolmente compiere, anche in relazione alla complessità della fattispecie - l'attività amministrativa intesa a verificare l'esistenza dell'infrazione, comprensiva delle indagini intese a riscontrare la sussistenza di tutti gli elementi soggettivi e oggettivi dell'infrazione stessa"

(Cons. Stato, Sez. VI, 1 giugno 2016, n. 2328; id. 22 luglio 2014, n. 3896).

1.4. Quanto alla durata della fase preistruttoria, né nell’art. 14 L. 287/1990 né nel Regolamento dell’Autorità in materia di procedure istruttorie viene individuato un termine massimo per la sua durata.

La Sezione, tuttavia, ha già affermato che la non applicabilità diretta del termine di cui all’art. 14 cit. non può giustificare il compimento di una attività preistruttoria che si prolunghi entro un lasso di tempo totalmente libero da qualsiasi vincolo e ingiustificatamente prolungato, poiché un simile modus operandi sarebbe in aperto contrasto con i principi positivizzati nella legge 241/90 e, più in generale, con l’esigenza di efficienza dell’agire amministrativo e di certezza del professionista sottoposto al procedimento (cfr., tra le tante, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 24 novembre 2020 n. 12532).

In proposito, è opportuno ricordare, quali riferimenti interpretativi, anche i principi generali di cui all’art. 6 CEDU e all’art. 41 della Carta Fondamentale dei diritti UE, che costituiscono parametri imprescindibili, dalla lettura dei quali non può che desumersi l’obbligo per l’Autorità competente di accertare una violazione del diritto antitrust e di applicare le relative sanzioni, procedendo all’avvio della fase istruttoria entro un termine ragionevolmente congruo, in relazione alla complessità della fattispecie sottoposta, a pena di violazione dei principi di legalità e buon andamento che devono sempre comunque contraddistinguerne l’operato (in termini, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 12 giugno 2018, n. 6525, conf. da Cons. Stato, Sez. VI, 21 gennaio 2020, n. 512).

Resta fermo, come più volte rammentato dalla giurisprudenza di questa Sezione, che, ai fini della valutazione della congruità del tempo di accertamento dell’infrazione, ciò che rileva, quale termine iniziale, non è la notizia del fatto ipoteticamente sanzionabile nella sua materialità, ma l'acquisizione della piena conoscenza della condotta illecita; conoscenza a sua volta implicante il riscontro, anche ai fini di una corretta formulazione della contestazione, dell'esistenza e della consistenza dell'infrazione e dei suoi effetti. Ne discende la non computabilità del tempo ragionevolmente occorso, in relazione alla complessità delle singole fattispecie, ai fini dell’acquisizione e della delibazione degli elementi necessari allo scopo di una matura e legittima formulazione della contestazione.

Pertanto, in linea generale si può convenire sulla legittimità della condotta dell’Autorità antitrust che deliberi l’avvio dell'istruttoria a distanza di vari mesi – ma non di vari anni - dalla segnalazione della possibile infrazione, a condizione che la stessa valutazione dell'esigenza di avviare o meno l'istruttoria si presenti complessa (Cons. Stato n. 512/2020 cit.).

Nel caso di specie è la stessa ricorrente a sostenere che “l’avvio del procedimento avrebbe dunque dovuto essere notificato entro il successivo 24 maggio 2018, mentre esso è stato deliberato solo in data 29 maggio 2018 e notificato solo in data 4 giugno 2018 (doc. 5), con conseguente tardività dell’esercizio dell’azione”: in sintesi la ricorrente lamenta un “ritardo” di soli 5/10 giorni, rispetto ad un termine come già visto non applicabile, il che connota di assoluta ragionevolezza il tempo impiegato per la riapertura del procedimento e depone, dunque, per l’infondatezza della censura.

Quanto, infine, alla asserita lesione del diritto di difesa per non aver l’AGCM consentito di controinterrogare i segnalanti, si può convenire con la difesa erariale laddove afferma trattarsi di istituto del tutto estraneo alla normativa vigente in materia di istruttoria antitrust di cui al d.P.R. 217/98.

Invero nel procedimento antitrust il preteso confronto diretto con il segnalante non è ammissibile in quanto l’AGCM non svolge il ruolo di arbitro di una contesa ma si configura quale Autorità preposta, a tutela dell’interesse pubblico, alla verifica anche officiosa (dunque indipendentemente dalla esistenza di una o più segnalazioni), che un dato mercato mantenga il corretto assetto concorrenziale.

Tanto chiarito, neanche può ritenersi altrimenti violato il diritto di difesa di FISE la quale ha avuto ampia possibilità di difendersi in sede procedimentale anche con riferimento alle dichiarazioni rese dai denuncianti.

2. Con il decimo motivo la ricorrente lamenta che con un unico procedimento l’AGCM abbia contestato due diverse infrazioni.

E’ opportuno riportare il testo dell'art. 14 ter, L. 287/90, a tenore del quale:

"Entro tre mesi dalla notifica dell'apertura di un'istruttoria per l'accertamento della violazione degli articoli 2 o 3 della presente legge o degli articoli 81 o 82 del Trattato CE, le imprese possono presentare impegni tali da far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell'istruttoria. L'Autorità, valutata l'idoneità di tali impegni, può, nei limiti previsti dall'ordinamento comunitario, renderli obbligatori per le imprese e chiudere il procedimento senza accertare l'infrazione.

2. L'Autorità in caso di mancato rispetto degli impegni resi obbligatori ai sensi del comma 1 può irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10 per cento del fatturato.

3. L'Autorità può d'ufficio riaprire il procedimento se:

a) si modifica la situazione di fatto rispetto ad un elemento su cui si fonda la decisione;

b) le imprese interessate contravvengono agli impegni assunti;

c) la decisione si fonda su informazioni trasmesse dalle parti che sono incomplete inesatte o fuorvianti".

La norma innanzi riportata richiama una facoltà dell'Autorità, tanto nell'irrogare una sanzione tanto nel "riaprire" il procedimento (riferito al comma 1, quindi per violazione degli artt. 2-3 L. 287/90 o 81-83 Trattato CE, ora 101 TFUE).

Come già chiarito l'istituto della chiusura del procedimento anticoncorrenziale mediante accettazione di impegni proposti dalle imprese coinvolte si configura come una modalità alternativa e atipica di chiusura del procedimento sanzionatorio, con cui l'Autorità può limitarsi ad "accettare" gli impegni proposti dalle imprese, lasciando però irrisolta la questione della anticoncorrenzialità, o meno, della condotta al suo esame; in tale logica appare coerente con la riportata norma la riapertura del procedimento di cui alla lett. b) del comma 3 con contestuale attività istruttoria finalizzata all’irrogazione di sanzione di cui al comma 2, in quanto sussiste un solo presupposto comune alle due fattispecie, dato dalla sostenuta violazione degli impegni, che potrebbe portare tanto alla sola irrogazione di sanzione, se la violazione dell'impegno fosse ritenuta "puntuale" e non riflettentesi sull'originaria condotta ritenuta anticoncorrenziale, quanto alla irrogazione di sanzione unita alla verifica della perpetuazione della condotta in questione, come si evince anche dall'espressione letterale "riaprire" e non "aprire" usata dal legislatore.

La violazione degli impegni, quindi, può costituire un illecito autonomo solo se tale violazione non si pone in modo sostanziale di continuità con la precedente condotta, per la verifica della quale - come detto - l'accettazione e obbligatorietà degli impegni lascia irrisolta la questione di anticoncorrenzialità” (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 4 novembre 2015, n. 12421 conf. Cons. Stato, Sez. VI, 31 agosto 2016, n. 3769).

Nel caso di specie, il provvedimento impugnato illustra a sufficienza che il presupposto di violazione degli impegni non è stato considerato da un punto di vista meramente formale o puntuale bensì sostanziale e continuo, per cui, anche per ragioni di economia ed efficacia procedimentale, legittimamente l'AGCM ha contestualmente dato l'avvio e concluso in un unico procedimento ai sensi dei commi 2 e 3 citt., che ricalcano, d'altro canto, quanto previsto anche a livello dell'Unione europea dagli artt. 9, comma 2, e 23, comma 2, lett. c), del Reg. CE n. 1/2003.

Il motivo è, pertanto, infondato.

3. Con i motivi VI e VII la ricorrente lamenta un’indebita interferenza dell’AGCM in settori regolati dall’Ordinamento sportivo e sostiene che la sua condotta non sarebbe censurabile in quanto diretta a far rispettare la normativa federale ai soggetti che di quell’ordinamento e del proprio circuito fanno parte.

Le censure sono nel complesso infondate.

Come ricorda l’AGCM, secondo giurisprudenza europea e nazionale, l’ordinamento sportivo è senza dubbio soggetto, nonostante le sue peculiarità, alla disciplina della tutela della concorrenza.

Invero, "la circostanza che un'attività economica sia attinente allo sport non osta all'applicazione delle regole del Trattato, tra cui quelle che disciplinano il diritto della concorrenza"' (Corte di Giustizia 1° luglio 2008, C-49/07, MOTOE; Commissione 8 dicembre 2017, International Skating Union).

Laddove la regolamentazione non concerna “né le peculiarità del mondo dello sport, né la libertà di organizzazione interna delle associazioni sportive”, la sua compatibilità con il diritto comunitario va verificata nei limiti in cui collide con le regole di concorrenza (Tribunale di primo grado, 26 gennaio 2005, causa T-193/02, Piau, richiamata da T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 4 giugno 2019, n. 7177).

Le restrizioni eventualmente derivanti dalla regolamentazione sportiva devono quindi essere valutate in base al contesto nel quale sono state introdotte e agli obiettivi perseguiti e, in ogni caso, non possono eccedere quanto strettamente necessario e proporzionato a garantirne il coordinamento con le attività sportive cui sono connesse, al solo fine di preservare il buon andamento di queste ultime (Corte di Giustizia UE, 18 luglio 2006, Meca Medina, causa C-519/04P, richiamata dalla decisione della Commissione dell’8 dicembre 2017, Caso IV.40208 – International Skating Union).

Nel caso di specie le condotte di FISE esaminate e sanzionate dall’AGCM non investono aspetti tecnici dell’attività sportiva ma riguardano la perimetrazione dell’esclusiva di FISE nell’organizzare e gestire le gare. Ne discende che legittimamente l’Autorità ha esercitato il potere di valutare se la disciplina federale e la condotta temuta da FISE su detta tematica limiti l’assetto concorrenziale.

4. I motivi quarto e quinto sono diretti a censurare, per difetto di istruttoria e di motivazione, l’individuazione del mercato rilevante e l’accertamento relativo alla dominanza di FISE.

E’ opportuno tratteggiare la giurisprudenza formatasi in subjecta materia.

E’ stato chiarito che, nell’ipotesi di abuso posizione dominante, a differenza di quella di intesa restrittiva, la delimitazione del mercato di riferimento inerisce ai presupposti del giudizio sul comportamento che potrebbe essere anticoncorrenziale e che, in tal caso, occorre preventivamente accertare l'esistenza di una dominanza nel mercato stesso (Cons. Stato, Sez. VI, 3 giugno 2014, n. 2837). Inoltre, la definizione medesima di “mercato rilevante” non è connotata in senso meramente geografico o spaziale ma è relativa anche e soprattutto all'ambito nel quale l'intento anticoncorrenziale ha, o avrebbe, capacità di incidere e attitudine allo stravolgimento della corretta dinamica concorrenziale (Cons. Stato, Sez. VI, 26 gennaio 2015, n. 334).

In particolare il "mercato rilevante" deve essere individuato in quella zona geograficamente circoscritta, connotata da condizioni di concorrenza sufficientemente omogenee, nella quale, dato un prodotto o una gamma di prodotti considerati tra di loro intercambiabili o sostituibili in ragione delle loro caratteristiche, dei loro prezzi e dell'uso al quale sono destinati, le imprese che forniscono quel prodotto o servizio si pongono tra di loro in rapporto di concorrenza, con utilizzo di regole scientifiche per lo più tratte dalla scienza economica oltre che da regole di comune esperienza (Cons. Stato, Sez. VI, 13 settembre 2012, n. 4873).

In sostanza, l'individuazione del mercato rilevante implica un accertamento di fatto che non di rado presenta margini di opinabilità, sui quali il giudice amministrativo non può intervenire, sostituendosi alle valutazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, a meno che queste non risultino viziate sotto il profilo del travisamento dei fatti, della violazione di legge e della irragionevolezza (Cons. Stato, Sez. VI, 8 aprile 2014, n. 1673).

In generale, anche questa Sezione ha ribadito (T.A.R. Lazio, Roma Sez. I, 25 febbraio 2015, n. 3341) il principio espresso dalla Corte di cassazione, secondo cui “Il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sui provvedimenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e si estende anche ai profili tecnici, il cui esame sia necessario per giudicare della legittimità di tale provvedimento; ma quando in siffatti profili tecnici siano coinvolti valutazioni ed apprezzamenti che presentano un oggettivo margine di opinabilità - come nel caso della definizione di mercato rilevante nell'accertamento di intese restrittive della concorrenza - detto sindacato, oltre che in un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, è limitato alla verifica che quel medesimo provvedimento non abbia esorbitato dai margini di opinabilità sopra richiamati, non potendo il giudice sostituire il proprio apprezzamento a quello dell'Autorità garante ove questa si sia mantenuta entro i suddetti margini" (Cass. civ., SS.UU., 20 gennaio 2014 n. 1013).

Ne discende che devono ritenersi sostanzialmente inammissibili le censure volte a contestare nel merito apprezzamenti e valutazioni di carattere tecnico-discrezionale rimessi all'Autorità, che trovano un limite nel solo rispetto dei generali principi di logicità, ragionevolezza e proporzionalità, oltre che del vincolo di coerenza comunitario (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 10 febbraio 2016, n. 1934; Cons. Stato, Sez. VI, 8 agosto 2014, n. 4228).

In sostanza, il giudice amministrativo, nello specifico contenzioso, non può sostituirsi all’Autorità di settore (AGCM) nell'individuazione del mercato rilevante se questa risulti attendibile secondo la scienza economica, nonché immune da vizi logici e di violazione di legge (Cons. Stato, Sez. VI, 12 aprile 2013, n. 2002).

Quanto poi allo specifico profilo dell’abuso di posizione dominante, l’art. 102 sul Trattato di funzionamento dell’Unione Europea stabilisce che “È incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo. Tali pratiche abusive possono consistere in particolare: a) nell'imporre direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque; b) nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori; c) nell'applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza; d) nel subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi”.

La norma, come pure l’art. 3 L. 287/1990, vieta l’abuso di posizione dominante, ma non fornisce una definizione dello stesso, rimettendo, in tal modo, all’interprete la specificazione dei concetti generali presenti nella disposizione nonché l’individuazione delle fattispecie delle condotte meritevoli di sanzione, stante la chiara non esaustività dell’elencazione dei comportamenti ivi descritti (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 1 dicembre 2020, n. 12840).

In proposito si è, in primo luogo, osservato come “la posizione dominante è una posizione di potenza economica grazie alla quale l’impresa che la detiene è in grado di ostacolare la persistenza di una concorrenza effettiva su un determinato mercato e ha la possibilità di tenere comportamenti in linea di massima indipendenti nei confronti dei concorrenti, dei clienti e, in ultima analisi, dei consumatori” (Corte di Giustizia, 14 febbraio 1978, C - 27/76 United Brands).

L’analisi effettuale, di conseguenza, assume un valore determinante, atteso che “l’esistenza di una posizione dominante deriva in generale dalla concomitanza di più fattori che, presi isolatamente, non sarebbero stati necessariamente decisivi” (Corte di Giustizia, 14 febbraio 1978, cit.).

La norma, dunque, delinea una fattispecie “aperta”, con la conseguenza che per aversi posizione dominante non è necessario che un’impresa si trovi in una posizione di monopolio o di quasi monopolio su un dato mercato, atteso che ciò che rileva è la possibilità per l’impresa di essere in grado (se non di decidere, quantomeno) di influire notevolmente sul modo in cui si svolgerà detta concorrenza (Corte di giustizia CE 14 febbraio 1978, C-27/76, e 13 febbraio 1979, C-85/76, Hoffmann/La Roche).

Ciò posto, l’esistenza di una posizione dominante non è di per sé incompatibile con le norme in materia di concorrenza, atteso che è possibile che l’impresa competa lecitamente sul mercato con gli altri concorrenti; si è quindi inferito che la “dominanza” genera nell’impresa una “speciale responsabilità” di non compromettere, con il suo comportamento, lo svolgimento di una concorrenza effettiva e non falsata in mercati in cui, proprio per il fatto che vi opera un’impresa dominante, il grado di concorrenza è già ridotto (Corte di giustizia CE, 14 novembre 1996, n. 333/94).

Ne deriva, anche alla luce della già rilevata portata proteiforme della nozione di abuso, derivante dalla non esaustività dell’elenco contenuto nell’art. 102 del Trattato, che l’applicazione della suddetta disposizione implica “un’attività di «contestualizzazione», frutto di una valutazione complessa, che rapporta fattispecie giuridiche che, per il loro riferimento alla varia e mutevole realtà economica, sono di loro necessariamente indeterminate, come quelle di mercato rilevante e di abuso di posizione dominante, al caso specifico” (Cons. Stato, Sez. VI, 8 aprile 2014, n. 1673).

Fermo restando detto ineliminabile “margine di opinabilità”, l’interprete dovrà identificare, pur nella varietà e eterogeneità delle situazioni di fatto, la sussistenza di un rapporto effettivo tra l'interesse generale protetto dalle previsioni a tutela della concorrenza e del mercato e la situazione considerata dal provvedimento (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 4 giugno 2019, n. 7175).

4.1. L’Autorità ha individuato il mercato rilevante come quello che “riguarda l'organizzazione di manifestazioni e gare con equidi (cd. eventi), aventi natura agonistica, amatoriale o ludica” (par. 205).

Ciò ha fatto ricostruendo il settore di operatività della FISE, ossia quello dell’organizzazione di manifestazioni e gare con equidi e rappresentando la peculiare posizione che la stessa ricopre, in quanto unica Federazione riconosciuta dal CONI per attività equestre in Italia, nonché l’unica appresentante degli sport equestri a livello olimpico in Italia riconosciuta da FEI (Federazione Equestre Internazionale).

Ha osservato che le manifestazioni e gare con equidi, che avvengono al di fuori del circuito istituzionale, non sono finalizzate al raggiungimento del primato olimpico o internazionale bensì al perseguimento della vittoria nella gara singola ovvero nel trofeo specifico: quindi non sono soggetti al regime esclusivo di FISE.

Quindi ha spiegato che la natura agonistica dell'evento non è collegata alla natura del soggetto che lo organizza (affiliato o aggregato FISE ovvero privo di collegamento con FISE), alla difficoltà tecnica della competizione, allo stesso carattere competitivo della gara, il quale è insito anche nell'attività amatoriale bensì allo svolgimento della stessa nell'ambito del circuito istituzionale CIO/FEI — CONI — FISE e alla tipologia dei titoli conseguibili con la stessa che consentono la partecipazione alle gare internazionali/olimpiche.

Gli organizzatori delle manifestazioni e gare con equidi agonistiche o meno, possono essere tanto FISE quanto gli enti di promozione sportiva, i centri equestri (solitamente associazioni sportive dilettantistiche) affiliati o aggregati a FISE, i centri equestri non collegati a nessun titolo a FISE: l'attività organizzativa di tali eventi richiede la disponibilità di un campo che ospita l'evento, la partecipazione dei cavalieri, degli operatori del settore (tecnici, istruttori, proprietari, etc.) e dei cavalli o pony.

Lo sfruttamento economico degli eventi può derivare dalla vendita di biglietti d'ingresso, dalla vendita dei diritti sulle riprese televisive, dalle sponsorizzazioni pubbliche o private, dalle diverse pubblicità presenti nel luogo o reclamizzate dagli stessi atleti, nonché dalle fee richieste ai partecipanti per l'iscrizione alla gara.

La ricorrente contesta che il settore delle gare con equidi possa essere unificato in un unico mercato, sostenendo che ogni specialità equestre (Salto ad Ostacoli, Attacchi) costituirebbe un mercato rilevante distinto, rispetto al quale andrebbe valutata la posizione dominante della Federazione.

L’AGCM ha valutato tale obiezione, già formulata dalla ricorrente in sede procedimentale, e l’ha ritenuta non condivisibile osservando che, anche a prescindere dalla circostanza fattuale per cui una segmentazione del mercato non sarebbe suscettibile di modificare la valutazione della posizione dominante della Federazione, secondo prassi nazionale e comunitaria i comportamenti delle Federazioni sportive sono normalmente valutati con riferimento a tutte le discipline che vi afferiscono che si ritengono rientrare nel medesimo mercato rilevante dal punto di vista merceologico; ciò sarebbe coerente con il fatto che il CONI riconosce una singola Federazione per ogni disciplina sportiva (ad es. equestre, nuoto ecc.) indipendentemente dalle specialità di cui si compone.

Quanto alla dimensione geografica, l’Autorità ne ha indicato la dimensione nazionale in considerazione del fatto che FISE è attiva, in virtù dei poteri regolamentari e di coordinamento, su tutto il territorio italiano.

4.2. In merito al posizionamento di FISE sul mercato rilevante l’Autorità ha evidenziato che la stessa opera in diretta concorrenza con gli EPS, le Associazioni e le Società sportive nell'organizzazione e gestione di manifestazioni ed eventi sportivi e che, essendo l’unica riconosciuta dal CONI detiene una posizione dominante sul mercato dell'organizzazione di eventi sportivi con equidi in quanto soggetto che "vanta diritti speciali e esclusivi che le consentono di determinare se e a quali condizioni altre imprese possano accedere al mercato e svolgervi le loro attività" (v. sentenza MOTOE cit.).

La ricorrente contesta la sua pretesa dominanza sia perché sarebbe, a suo dire, esiguo il numero di eventi organizzati sia perché, sempre a suo dire, la dominanza andrebbe stabilita sulla base del fatturato.

Si tratta di obiezioni che non colgono nel segno.

L’Autorità ha condivisibilmente osservato che FISE, in quanto ente esponenziale, opera anche attraverso il circuito dei propri associati e organizza eventi anche attraverso i propri Comitati Regionali.

Dopo aver ribadito che la posizione dominante di FISE trae origine dalle sue prerogative regolatorie che incidono sulla possibilità di operare dei concorrenti, l’Autorità ha posto in evidenza come, diversamente da quanto affermato dalla Federazione nelle proprie difese, sono decine i campionati e i concorsi organizzati sul territorio nazionale, inseriti annualmente nei calendari nazionali FISE (pubblicati sul sito), relativi sia al Salto ad Ostacoli sia agli Attacchi.

Sul punto l’AGCM ha anche sottolineato l’irrilevanza del fatto che l'evento possa essere organizzato non direttamente da FISE, ma da centri, società o associazioni sportive ad essa affiliate o aggregate, in quanto si tratta di eventi comunque svolti sotto l'egida FISE in relazione ai quali FISE impone il rispetto dei propri regolamenti.

L’Autorità ha quindi concluso che FISE, in forza del suo ruolo istituzionale, che si traduce nell'esercizio di poteri di regolamentazione e coordinamento dell'attività equestre su tutto il territorio nazionale, risulta detenere una posizione dominante nel mercato rilevante dell'organizzazione delle manifestazioni equestri come sopra definito, da ciò facendo discendere la sindacabilità dei comportamenti di FISE ai sensi dell'articolo 102 del TFUE.

Osserva il Collegio che le conclusioni cui è pervenuta l’Autorità sul punto appaiono pienamente coerenti e adeguatamente motivate, alla stregua dei principi innanzi declinati.

Né coglie nel segno la tesi della ricorrente secondo cui la dominanza andrebbe determinata esclusivamente sulla base del fatturato.

Com’è noto, la “posizione dominante” è una posizione di potenza economica grazie alla quale l’impresa che la detiene è in grado di ostacolare la persistenza di una concorrenza effettiva su un determinato mercato e ha la possibilità di tenere comportamenti in linea di massima indipendenti nei confronti dei concorrenti, dei clienti e, in ultima analisi, dei consumatori. L’esistenza di una situazione di tal genere (determinata dalla concomitanza di più fattori che, presi isolatamente, non sarebbero necessariamente decisivi) non è esclusa, a differenza di una situazione di monopolio o di quasi monopolio, dal fatto che sul mercato sia in qualche modo consentita l’esplicazione, sia pure entro certi limiti, del gioco concorrenziale: l’impresa che la detiene è, infatti, pur sempre in grado (se non di decidere, almeno) di influire notevolmente sul modo in cui si svolgerà detta concorrenza, e comunque, di comportarsi senza doverne tenere conto e senza che, per questo, simile condotta le arrechi pregiudizio (cfr. Corte giust. CE 14 febbraio 1978, C-27/76, United Brands, e Corte giust. CE 13 febbraio 1979, C-85/76, Hoffmann/La Roche).

Per accertare la sussistenza di questa particolare configurazione del mercato è necessaria un’indagine di tipo “multifattoriale”, competendo all’Autorità antitrust l’effettuazione di una valutazione giuridica complessa, connotata da profili tecnico-discrezionali che ne permettono la sindacabilità soltanto se risulti immotivata, manifestamente irragionevole ovvero palesemente erronea per travisamento dei fatti” (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 30 marzo 2007, n. 2798).

Invero l’accertamento della dominanza è la risultante di “una combinazione di numerosi fattori che, presi separatamente” possono anche non essere necessariamente determinanti (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 26 luglio 2017, n. 8945, che, a sua volta, richiama Corte UE, 14 febbraio 1978, caso 27/76 United Brands).

In definitiva l’istruttoria condotta dall’Autorità sul punto, contrariamente a quanto opina la ricorrente, è stata accurata sia con riferimento al mercato rilevante, sia con riferimento alla posizione dominante in esso ricoperta da FISE.

5. Con i motivi ottavo e nono la ricorrente denuncia il difetto di istruttoria che affliggerebbe il provvedimento.

5.1. In particolare sostiene che l’Autorità avrebbe confuso il Regolamento Tecnico del 2012 (adottato da FISE in esecuzione degli impegni del 2011 e sottoposto all’AGCM), che in ottemperanza di quegli impegni individua la soglia dell’attività agonistica nelle discipline CIO/FEI, con i Regolamenti Nazionali di disciplina per le competizioni sotto egida FISE (es. Regolamento Nazionale Salto a Ostacoli e Regolamento disciplina Attacchi di febbraio 2018), che a quegli impegni sarebbero estranei e si sarebbe spinta a riesaminare il Regolamento del 2012, così ledendo il legittimo affidamento di FISE.

La censura è suggestiva ma infondata.

Invero, emerge dal provvedimento che l’AGCM non ha rivalutato il Regolamento Tecnico del gennaio 2012, oggetto di presa d’atto in sede di monitoraggio dell’ottemperanza, ma ha esaminato e valutato le condotte poste in essere da FISE successivamente all’adozione di detto Regolamento, per verificarne la conformità allo stesso.

Nel fare tale verifica è emerso (par. 232) che FISE ha modificato la regolamentazione del settore, restringendo in maniera significativa gli ambiti di svolgimento dell’attività amatoriale, mediante ampliamento dell’ambito dell’agonismo nella specialità Attacchi, rispetto a quanto stabilito nel Regolamento Tecnico del 2012 e, nella specialità Salto ad Ostacoli, eliminando totalmente la categoria amatoriale: quindi la violazione degli impegni è avvenuta non già (direttamente) con la modifica del Regolamento del 2012, bensì (indirettamente) intervenendo restrittivamente sulla regolamentazione.

Con un primo “Regolamento tecnico disciplina attacchi” (denominato Regolamento Tecnico attacchi 2018) di gennaio 2018, FISE ha qualificato “attività sportiva non agonistica” quella svolta secondo parametri tecnici diversi da quelli individuati nel Regolamento Tecnico del gennaio 2012, relegando l’attività non agonistica a mere “manifestazioni di attacchi di tradizione ed eleganza, sfilate e raduni, manifestazioni con attacchi singoli non a tempo, e in particolare dressage senza passi indietro, trotto riunito, galoppo – percorsi coni o similari senza ostacoli multipli, fissi o similari o passaggi fra porte”. Il regolamento infatti definisce “attività sportiva agonistica equestre … qualsiasi prova eseguita con attacchi multipli. Per attacchi singoli: qualsiasi prova a tempo, qualsiasi prova di dressage che preveda passi indietro e/o andature riunite e/o galoppo; qualsiasi percorso ancorché a punti con ostacoli mobili, coni o similari, fissi o similari che comprendano ostacoli multipli o con più passaggi fra porte obbligatorie”.

In sostanza in tal modo è stato escluso un perimetro di attività amatoriale competitiva non agonistica.

Tali regole restrittive sono giustificate, nella Relazione introduttiva al Regolamento, da motivi di sicurezza delle “gare ludico amatoriali”, in ragione delle criticità che rendono la disciplina degli attacchi tra le più pericolose in ambito equestre: tuttavia, così facendo, l’ambito di svolgimento di tali competizioni è risultato estremamente ridotto e consentito solo con modalità semplificate.

Nel provvedimento si dà conto di come la stessa FISE abbia rivelato nella memoria finale la reale funzione del Regolamento Tecnico Attacchi di gennaio 2018 tanto da averlo utilizzato come parametro delle diffide inviate nel 2018 in occasione di gare ritenute agonistiche (par. 234).

FISE ha poi pubblicato nel suo sito un secondo “Regolamento Attacchi”, espressamente “in vigore dal 20 marzo 2018” (denominato Regolamento attacchi 20 marzo 2018), che si aggiunge e integra il Regolamento di gennaio e disciplina, con estremo dettaglio, ulteriori aspetti delle gare con attacchi.

L’art. 3 di quest’ultimo Regolamento prevede che tale “regolamento tecnico FISE Attacchi e il regolamento FEI devono essere osservati: dagli Enti Organizzatori delle manifestazioni, dai proprietari dei cavalli iscritti nei ruoli federali, da chi partecipa o fa partecipare i propri cavalli a manifestazioni, da chi esercita una qualunque funzione avente attinenza con le manifestazioni” (comma 1). Dispone che “Gli Enti e le Persone di cui sopra sono tenute a riconoscere l’autorità della FISE” (comma 2) e stabilisce che “possono indire manifestazioni gli Enti Affiliati o Aggregati alla FISE, oppure Enti o Comitati, Organizzatori o Persone fisiche che diano il necessario affidamento tecnico e finanziario. Il Responsabile della manifestazione deve essere comunque un tesserato FISE, munito di patente Brevetto Attacchi o superiore” (comma 3). Ai sensi dell’articolo 4, “La FISE … avrà il potere di negare il riconoscimento e l’approvazione del programma di una manifestazione se non ha ottenuto nel modo che crederà opportuno le garanzie necessarie ad assicurare, sotto ogni aspetto, il regolare svolgimento della manifestazione stessa […] i Concorsi di Attacchi devono essere approvati dalla FISE” e ciascun organizzatore deve nominare il responsabile della gara che deve essere un tesserato FISE. Inoltre, ai sensi del comma 6, “Sui programmi, sui manifesti e su ogni altra pubblicazione, deve essere indicato che la manifestazione è riconosciuta dalla FISE”.

L’Autorità ha rilevato che la nuova regolamentazione ha sostanzialmente sostituito le indicazioni riportate nel Regolamento Tecnico del gennaio 2012 con altre molto limitative.

Parallelamente, con riferimento al Salto a Ostacoli, l’Autorità si è soffermata sul Regolamento FISE di fine 2017 nel quale veniva del tutto eliminato il riferimento alla categoria amatoriale prevedendo, oltre all’attività agonistica, soltanto quella ludico-addestrativa.

La ricorrente ha sostenuto, già in sede procedimentale, che tali Regolamenti non si applicherebbero alle competizioni organizzate da terzi ma solo a gare sotto l’egida FISE.

L’Autorità ha tuttavia rilevato la contraddizione in cui cade FISE laddove, nella propria memoria finale, ha riconosciuto che le modifiche regolamentari del 2018 avevano “valenza erga omnes” (par. 239).

5.2. La ricorrente, inoltre, sostiene che, nella parte in cui l’Autorità ha contestato che le condotte abusive di FISE in violazione degli impegni si sarebbero estrinsecate anche in atti di diffida ai propri circoli affiliati e tesserati, volti a impedire l’organizzazione di gare di salto a ostacoli “amatoriali” da parte di altri EPS, nonché gare “amatoriali” di attacchi da parte di GIA e FitetrecAnte, il provvedimento poggerebbe su un’istruttoria carente in quanto, a suo dire l’Autorità non avrebbe indagato se quelle gare fossero in effetti non agonistiche.

Anche tale censura è infondata.

Invero da quanto emerso in istruttoria FISE utilizzava le suddette diffide per imporre restrizioni all’ambito di operatività dei terzi concorrenti, facendo leva sulla propria posizione di dominanza.

Osserva il Collegio che se le circostanze di fatto, dettagliate nel provvedimento ai parr. 76 e seguenti, possono ritenersi non contestate, la lamentata apoditticità delle conclusioni AGCM e, quindi, il deficit istruttorio, sulla base delle acquisizioni documentali sembrerebbero invece ascrivibili a FISE. La stessa, infatti, il più delle volte è intervenuta a inibire le manifestazioni a determinati enti senza premurarsi di verificare in concreto, attraverso l’acquisizione dei relativi

Programmi, avendo di mira esclusivamente di bloccarne la realizzazione.

5.3. La ricorrente poi contesta il provvedimento nella parte relativa all’impegno di stipulare convenzioni volte a consentire e regolamentare l’uso degli impianti dei circoli affiliati a FISE ad altri enti o associazioni, per lo svolgimento di manifestazioni organizzate da terzi in detti circoli affiliati, che l’Autorità ha ritenuto violato.

Sostiene che la stipula delle Convenzioni con gli EPS sarebbe estranea al perimetro degli impegni.

La censura è smentita per tabulas dal contenuto degli impegni del 2011 i quali prevedevano espressamente la stipula di convenzioni con gli EPS e le altre società e associazioni sportive al fine di regolare con chiarezza lo svolgimento delle attività non agonistiche.

La ricorrente, negando l’evidenza, obietta che la stipula di eventuali convenzioni con gli EPS non potesse costituire oggetto di impegno in sede Antitrust nel 2011, essendo stato previsto dal CONI solo con il Regolamento EPS del 2014 ed essendo stato adottato il fac-simile di convenzione solo nel 2015.

Osserva il Collegio che una simile obiezione conferma l’illegittimità della condotta tenuta da FISE, come accertata nel provvedimento, in violazione degli impegni.

Invero, FISE, nelle more della stipula delle apposite convenzioni con gli EPS, che oggi tenta di giustificare con la mancata adozione, da parte del CONI, del Regolamento EPS (adottato nel 2014) e relativo fac-simile (diramato nel 2015), ha surrettiziamente esteso – come già visto, mediante l’adozione dei regolamenti di settore - l’ambito di attività agonistica riservato alla stessa, continuando limitare - anzi riducendone ancora di più il perimetro - l’attività degli operatori concorrenti (EPS, le associazioni e le società sportive e i circoli affiliati) nell'organizzazione di manifestazioni competitive a carattere amatoriale, ponendo in essere la violazione dell’art. 102 TFUE.

Ciò è documentato dalla circostanza di fatto, puntualmente rilevata nel provvedimento (par. 83) che solo nei primi mesi del 2018 FISE si determinava finalmente a sottoscrivere solo cinque (su 15 EPS) convenzioni comunque delimitando l’attività degli EPS a quella ludico addestrativa di natura non agonistica, nonché dalla ulteriore circostanza che, solo in data 10 giugno 2019, è stata sottoscritta una convenzione con il Gruppo Italiano Attacchi (GIA), peraltro limitata temporalmente al 30 marzo 2021 (par. 20).

La ricorrente sostiene anche che il provvedimento sarebbe contraddittorio atteso che, da una parte, al par. 245 l’AGCM afferma di “condividere” la ricostruzione di FISE in ordine all’estraneità della stipula delle convenzioni con gli EPS rispetto agli impegni assunti nel 2011 e, dall’altra, al par. 246, afferma che, tuttavia, FISE avrebbe violato gli impegni perché “ha sottoscritto solo cinque convenzioni nel gennaio 2018 solo con alcuni degli EPS attivi nel settore equestre e convocato gli altri EPS nel marzo del corrente anno”.

L’interpretazione del provvedimento data dalla ricorrente è fuorviante e parziale.

Soccorre, in tale senso, la trascrizione letterale del provvedimento, il quale ai parr. 245-252, afferma: “245. Al riguardo si condivide la ricostruzione per cui le convenzioni richiamate negli impegni riguardavano la possibilità per gli EPS e ASD di utilizzare impianti affiliati FISE e che tali convenzioni sono distinte rispetto a quelle previste dal regolamento EPS del 2014, attraverso le quali avrebbe dovuto essere regolamentato lo svolgimento di attività agonistica da parte dei suddetti EPS e ASD.

246. Ciò detto, si ritiene tuttavia che la mancata sottoscrizione delle convenzioni per l'utilizzo degli impianti affiliati FISE abbia costituito una inottemperanza agli impegni del 2011, fino alla sottoscrizione delle stesse, avvenuta nel 2018 e nel 2019 solo per alcuni degli aventi diritto. Sotto tale aspetto non rileva quanto affermato da FISE che sostiene di aver sottoscritto alcune Convenzioni dopo l'accoglimento degli impegni e successivamente anche con tutti gli EPS che svolgono attività equestre. Infatti le convenzioni cui si riferisce FISE attengono prevalentemente a questioni correlate al doping. Quanto agli EPS, FESE ha sottoscritto solo cinque convenzioni nel gennaio 2018 solo con alcuni degli EPS attivi nel settore equestre e convocato gli altri EPS nel marzo del corrente anno per definire i termini delle Convenzioni e dei contenuti del Regolamento Tecnico.

247. Quanto alla circostanza per cui, nelle convenzioni sottoscritte, non siano disciplinate le modalità di svolgimento dell'attività agonistica da parte di EPS e ASD, ovvero che tali convenzioni non siano state stipulate, tale comportamento appare rientrare nella più generale strategia complessiva di ostacolare lo svolgimento dell'attività equestre ai soggetti terzi rispetto alla Federazione; infatti, da una parte è ampliato l'ambito dell'attività definita agonistica e, dall'altro, non sono disciplinate le modalità di svolgimento della stessa da pare di EPS e ASD.

248. A tal riguardo vale rilevare che le diverse convenzioni con soggetti terzi allegate in atti da FISE in gran parte risalenti al 2017 sono per lo più incentrate sulla gestione dei controlli antidoping nell'ambito dello svolgimento di manifestazioni di Doma Classica e Reining. Quanto alle convenzioni con gli EPS, quelle sottoscritte - come già detto solo nel 2018 - hanno riguardato diversamente da quanto dichiarato da FISE solo una parte degli EPS che svolgono attività equestre. Oltre ad ASI, non hanno sottoscritto la convenzione altri Enti attivi nell'attività equestre quali ad es. ACSI, Libertas e PGS Polisportive Giovanili.

249. Rileva il fatto che FISE appare pienamente consapevole della propria condotta inottemperante agli impegni: "tali impegni non hanno mai trovato concreta attuazione ma credo sia opportuno tenerne conto nell'ambito della convenzione FISE-EPS" [NDR. si tratta di una email dell’Ufficio legale FISE]; "da parte nostra ci sono stati diversi inadempimenti [...] (assenza di convenzione tipo, assenza di regolamento tecnico che distingua agonismo e attività ludica, polo arbitrariamente introdotto tra discipline di competenza esclusiva). Non vorrei ci facessero di nuovo segnalazioni all'Antitrust" [NDR: email da Ufficio legale FISE a Segretario generale FISE].

250. FISE dubita altresì della "legittimità del regolamento tecnico [...] che potrebbe essere ritenuto "troppo restrittivo dell'autonomia degli altri ENTI a svolgere l'attività non agonistica" [NDR. email Ufficio legale FISE del 4 gennaio 2018]; "per gennaio sarebbe cosa buona pensare già a quali modifiche del regolamento tecnico siamo disposti ad accettare" [NDR. email Ufficio legale FISE]

251. Parimenti chiaro è l'intento di eliminare la concorrenza degli EPS come emerge dalla documentazione in atti: "esiste oggi una prateria di attività sportive che vengono organizzate al di fuori del sistema sportivo italiano senza il coinvolgimento delle federazioni [...] occupare questo spazio grazie ad una nuova visione strategica deve essere l'obiettivo del sistema sportivo italiano"[ NDR. doc. 29]; e ancora: "dobbiamo offrire alternative alla promozione e non affidarci a terzi soggetti che fanno i padroni a casa nostra" [NDR. doc. 191].

252. Occorre infine evidenziare come da ultimo FISE abbia posto in essere una modifica sostanziale dei comportamenti censurati con riferimento alla specialità attacchi. In questo contesto rilevano: l'annullamento Regolamento Attacchi del 2018; l'approvazione del Regolamento del Concorso di Sviluppo della Disciplina Attacchi (con delibera del 10 giugno 2019) volto a regolamentare lo svolgimento delle competizioni amatoriali attacchi; la stipula della convenzione tra FISE e GIA per l'organizzazione di gare amatoriali Attacchi nei circuiti affiliati (sottoscritta I' l l giugno 2019 con validità fino al 30 marzo 2021)”.

Come è agevole rilevare dalle argomentazioni innanzi riportate, nessuna contraddittorietà è ravvisabile nel provvedimento con riferimento alla portata delle convenzioni atteso che l’Autorità, pur dando conto di quale sarebbe dovuto essere l’oggetto delle convenzioni alla stregua degli impegni, ha osservato come la mancata stipula delle convenzioni sia apparsa rientrare nella più generale strategia complessiva di ostacolare lo svolgimento dell'attività equestre ai soggetti terzi rispetto alla Federazione, avendo FISE, da una parte ampliato l'ambito dell'attività definita agonistica e, dall'altro, non disciplinato le modalità di svolgimento della stessa da pare di EPS e ASD: il tutto nella piena e dimostrata consapevolezza che gli impegni non venivano ottemperati.

Inoltre la ricorrente, come già fatto in sede procedimentale, tenta di giustificare la sua condotta invocando la necessità di dover garantire la “sicurezza” delle gare.

L’AGCM ha tuttavia evidenziato come tale argomentazione sia stata strumentalmente utilizzata da FISE per perseguire la propria strategia abusiva tenuto conto che nei regolamenti degli EPS erano già previste stringenti regole sulla sicurezza (parr. 98-102).

6. Con l’undicesimo motivo la ricorrente contesta la quantificazione della sanzione in quanto, a suo dire, eccessiva e sproporzionata rispetto all’entità della condotta, che ritiene unica (e non duplice) e comunque non grave.

Il motivo è nel complesso infondato.

6.1. L’Autorità ha considerato in primis la natura dell’abuso, consistito nell’uso distorto dei poteri regolamentari al fine di impedire alle organizzazioni concorrenti di esercitare la propria attività di organizzazione e gestione di manifestazioni e gare con equidi. L’Autorità ha osservato che, così facendo, FISE ha anche violato gli impegni del 2011.

Entrambe le violazioni sono state ritenute “gravi”.

La violazione dell’art. 102 TFUE, che ha interessato l'intero territorio nazionale, è risultata grave in quanto posta in essere da FISE nella sua qualità di unica organizzazione nazionale riconosciuta da CONI al fine di promuovere e disciplinare l’attività equestre in Italia e, quindi, mediante abuso da parte di FISE dei propri poteri regolamentari (par. 269). Inoltre, la portata restrittiva delle condotte poste in essere da FISE ha riguardato numerosi eventi sportivi con equidi, atteso che, con le diffide e le condotte ostruzionistiche poste in essere a valle degli interventi regolamentari, FISE ha ostacolato o del tutto impedito lo svolgimento di manifestazioni e gare amatoriali organizzate da numerosi EPS (come ASI, GIA SEF e ACSI).

L’AGCM ha evidenziato che la gravità dell'abuso è ravvisabile anche nella piena consapevolezza, da parte di FISE, della illiceità delle condotte poste in essere, anche perché palesemente in contrasto con gli impegni assunti.

Sono stati valutati anche gli effetti della condotta, restrittivi della concorrenza nella misura in cui hanno impedito agli enti concorrenti di organizzare gare amatoriali (par. 270).

Nel valutare la gravità dell’infrazione consistita nell’inottemperanza agli impegni l’Autorità ha evidenziato che la ratio dell’istituto degli impegni ex art. 14 ter L. 287/90, di consentire la chiusura del procedimento istruttorio senza accertamento di infrazione, risulterebbe vanificata laddove si consentisse alla parte, avvantaggiatasi di tale esito, di contravvenirvi.

Quanto alla durata, dalle risultanze istruttorie è emerso che entrambe hanno riguardato un arco temporale che risale almeno a luglio 2017 - data di invio da parte di FISE di una prima diffida allo svolgimento di una gara asseritamente agonistica – e non risultavano ancora cessate al momento di adozione del provvedimento impugnato tenuto conto che non risultavano ancora sottoscritte le rimanenti convenzioni con gli EPS.

Il Collegio ritiene che la gravità delle due condotte, diversamente da quanto opina la ricorrente, sia stata correttamente valutata e argomentata.

6.2. Infondata è anche l’ulteriore censura riguardante l’accertamento di due infrazioni.

L’Autorità ha applicato, ai sensi dell’art. 8 L. 689/1981 (richiamato dall’art. 31 della L. 287/1990 e dal punto 27 delle Linee Guida del 22 ottobre 2014) il c.d. cumulo giuridico delle sanzioni.

Poiché nel caso di specie entrambe le violazioni hanno il medesimo limite edittale (fino al 10% del fatturato) e si connotano per lo stesso coefficiente di gravità e per identica durata, il cumulo giuridico è stato per semplicità applicato quantificando la sanzione relativa ad una sola delle due violazioni e incrementando la stessa entro il limite del triplo.

La ricorrente contesta anche il fatturato preso in considerazione dall’Autorità.

Il provvedimento ha assunto come "valore delle vendite", sul quale calcolare l’importo base della sanzione, il complessivo valore della produzione, comprensivo dei contributi associativi versati dai soci per l'anno 2018 (ultimo anno intero di partecipazione all'infrazione), con specifico riferimento alle specialità Attacchi e Salto a Ostacoli: fatturato che, come evidenziato nel provvedimento al par. 279, è di gran lunga inferiore al fatturato complessivamente realizzato in Italia da FISE nel 2018.

Dunque la quantificazione è stata correttamente commisurata al dato del fatturato, che costituisce il parametro adeguato per garantire l'efficacia deterrente della sanzione (cfr., T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 14 novembre 2018, n. 10967).

Peraltro l’Autorità ha tenuto conto anche della circostanza che, con specifico riguardo alla specialità attacchi, FISE ha da ultimo modificato i propri comportamenti, stipulando una convenzione con GIA e approvando un nuovo regolamento per la suddetta specialità che, sostituendo il precedente del 2018, di fatto consente lo svolgimento effettivo dell'attività amatoriale, da parte di soggetti esterni alla Federazione.

Quindi ha valorizzato tale circostanza e, in linea con quanto previsto al punto 23 delle Linee Guida, ha riconosciuto a FISE, a titolo di circostanza attenuante, una riduzione dell'importo base della sanzione pari al 10%.

Osserva il Collegio che, nella quantificazione della sanzione, l'Autorità si è attenuta ai parametri di riferimento individuati dall'art. 11 L. 689/81, in virtù del richiamo previsto all'articolo 27, comma 13, D.Lgs. 206/05, tenendo conto della gravità della violazione, dell'opera svolta dall'impresa per eliminare o attenuare l'infrazione, della personalità dell'agente e delle condizioni economiche dell'impresa stessa.

In tale quadro di riferimento, di particolare rilievo è la valutazione della dimensione economica e dell'importanza del professionista che risponde a due diverse finalità in quanto, da un lato, è volta a garantire l'effettiva efficacia deterrente della sanzione pecuniaria, dall'altro, concorre a delineare la gravità della condotta.

In definitiva il Collegio ritiene che la quantificazione della sanzione vada esente dalle censure di parte ricorrente. In punto di fatto, peraltro, va ricordato che l’Autorità ha concesso a FISE la rateizzazione del pagamento dell’ammenda così calcolata, con provvedimento del 28 gennaio 2020, nel numero massimo possibile delle rate ex art. 26 L. 689/81.

In ogni caso, come affermato dalla giurisprudenza, la sanzione non ha funzione puramente reintegratoria dello status quo ante, e non segue, pertanto, la logica di attuare una matematica corrispondenza con gli effetti pratici della condotta o il vantaggio economico conseguito dal professionista, essendo la stessa finalizzata a garantire un'effettiva efficacia deterrente, generale e speciale, alla luce di tutti i parametri sopra richiamati (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 4 gennaio 2019, n. 61).

7. Con l’ultimo motivo la ricorrente censura il provvedimento con cui l’Autorità ha rigettato gli impegni presentati da FISE in data 4 settembre 2018.

Anche tale motivo è infondato.

7.1. L’Autorità, invero, a sostegno del provvedimento di rigetto, ha speso una duplice motivazione.

La prima, di tipo logico-procedurale, avendo ritenuto non suscettibile di definizione mediante impegni un procedimento attivato ai sensi degli artt. 14 e 14 ter, commi 2 e 3, L. 287/1990, di accertamento di inottemperanza a precedenti impegni già assunti.

Si tratta di una conclusione che non appare né illogica né irragionevole.

In proposito deve ricordarsi che “la valutazione negativa da parte dell'AGCM degli impegni rientra nel margine di discrezionale apprezzamento rimesso all'Autorità garante, non apprezzabile nel merito in sede giurisdizionale se non in determinati limiti. È vero che tra il provvedimento finale e il rigetto degli impegni non sussiste un rapporto di consequenzialità necessaria, ma solo di connessione e che in assoluto il rigetto degli impegni è anch’esso sottoposto al sindacato limitato del giudice amministrativo, ma non in modo talmente intenso e profondo da poter riguardare profili di opportunità per così dire di discrezionalità economica” (Cons. Stato, Sez. VI, 1 aprile 2021, n. 2727 che cita Cons. Stato, Sez. VI, 15 maggio 2015, n. 2479 e id. 22 settembre 2014, n. 4773).

Ne deriva che il provvedimento di diniego della proposta di impegni, in quanto avente natura di atto endoprocedimentale non immediatamente lesivo, risulta impugnabile unitamente al provvedimento finale assunto a conclusione del procedimento antitrust, al fine di denunciare il difetto o l'inadeguatezza della motivazione sottesa alla decisione amministrativa; il sindacato giurisdizionale, tuttavia, non può assumere natura sostitutiva delle valutazioni svolte dall'Autorità, dovendo limitarsi ad accertare il carattere ingiustificato dell'atto di rifiuto assunto in sede procedimentale” (Cons. Stato, Sez. VI, 4 giugno 2020, n. 3503; id. 16 marzo 2020, n. 1839).

7.2. Ciò posto, nel caso di specie, nel provvedimento di rigetto (nota dell’Autorità assunta nell’adunanza del 25 settembre 2018) sono state illustrate anche le ragioni natura sostanziale per le quali gli impegni proposti da FISE non risultavano idonei a rimuovere i profili di criticità oggetto del procedimento antitrust.

Infatti nella delibera di reiezione degli impegni si legge:

“VISTA la comunicazione del 4 settembre 2018, con la quale FISE ha presentato impegni ai sensi dell'articolo 14-ter della legge n. 287/90;

CONSIDERATO che con la citata comunicazione la Parte si impegna in sintesi a: i) implementare gli impegni assunti nel 2011, con riferimento alla propria competenza esclusiva nell'ambito delle discipline CIO/FEI soltanto per la regolamentazione dell'attività agonistica, eliminando qualsiasi riferimento a esclusive che esulino da tale contesto; ii) riconoscere come legittimo lo svolgimento in forma "ludico-amatoriale" delle discipline CIO/FEI e di tutte le altre discipline anche da parte di enti diversi, con l'attribuzione di classifiche e premi, anche con tesserati Fise; iii) predisporre un Regolamento Tecnico Unico per le discipline CIO/FEI distinguendo, per ogni singola disciplina, la linea di demarcazione tra attività agonistica e attività ludico-amatoriale; iv) regolamentare con apposite convenzioni i rapporti tra i circoli affiliati a FISE e altri enti o associazioni, anche per le manifestazioni agonistiche in ambito CIO/FEI; v) consentire lo svolgimento di gare ludico-amatoriali nelle discipline degli Attacchi e del Salto ad Ostacoli nel rispetto di stringenti limiti e condizioni di svolgimento a carattere vincolante;

RITENUTO che in ragione della natura e delle caratteristiche della fattispecie contestata in sede di avvio di istruttoria, gli impegni presentati sono inammissibili, in quanto, come già precisato nella decisione assunta in data 1° agosto 2018, comunicata alla Parte 1'8 agosto 2018, trattandosi di un procedimento avviato ai sensi dell'art. 14-ter, commi 2 e 3, della legge n. 287/90, non si versa in un'ipotesi suscettibile di essere nuovamente definita con gli impegni;

CONSIDERATO inoltre che sussiste l'interesse dell'Autorità a procedere all'accertamento dell'infrazione;

RITENUTO, altresì, che gli impegni risultano, complessivamente considerati, manifestamente inidonei a rimuovere i profili di anticoncorrenzialità evidenziati nel provvedimento di avvio, in quanto le misure proposte, anche avuto riguardo alla perimetrazione dell'attività agonistica rispetto a quella amatoriale, appaiono generiche, astratte, non suscettibili di attuazione piena e tempestiva, nonché di non agevole verificabilità;”.

Le riportate motivazioni, a parere del Collegio, sono da sole idonee a sorreggere il provvedimento di diniego avendo l’Autorità rappresentato l’inadeguatezza delle misure mitigative proposte a fronte delle condotte messe in campo da FISE, soggetto in evidente posizione di dominanza.

In conclusione, anche l’ultimo motivo deve essere respinto.

8. Le spese del giudizio, nei confronti dell’AGCM, seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo; possono, viceversa, compensarsi con la parte controinteressata e la parte interveniente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore dell’AGCM, che liquida in € 3.000,00 (tremila) oltre oneri di legge, se dovuti.

Compensa integralmente le spese con la parte controinteressata e la parte interveniente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2021, in collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 4 D.L. 28/2020, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 L. 25 giugno 2020, n. 70, cui rinvia l’art. 25 D.L. 137/2020, con l'intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Laura Marzano, Consigliere, Estensore

Lucia Maria Brancatelli, Primo Referendario

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