CORTE DI GIUSTIZIA – SENTENZA DEL 15/12/1995 – causa C-415/93 – Bosman

 

SENTENZA  DELLA  CORTE

15 dicembre 1995 *

 

 

 

 

Nel procedimento C-415/93,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla  Corte,  a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, dalla Cour d'appel di  Liegi  (Belgio)  nelle cause dinanzi ad essa pendenti  tra

 

Union royale beige des sociétés de football association ASBL

e

Jean-Marc Bosman,

tra

Royal club liégeois SA

e

 

Jean-Marc Bosman,      

SA d'économie mixte sportive de l'union sportive du littoral de Dunkerque

 

 

Union royal beige des sociétés de football association ASBL, 

 

 

Union des associations européennes  de football (UEFA), 

 

fra 

 

Union  des associations européennes  de football (UEFA), 

 

e

 

 

 

 

Jean-Marc Bosman,

 

 

domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 48, 85 e 86 del Trattato CEE,

 

 

 

LA CORTE,

 

 

 

composta  dai  signori  G. C.  Rodrfguez   Iglesias,  presidente,   C. N.  Kakouris, D. A. O. Edward, G. Hirsch, presidenti di sezione, G. F. Mancini (relatore), J. C. Moitinho de Almeida, P. J. G. Kapteyn, C. Gulmann, J. L. Murray, P. Jann e H. Ragnemalm,  giudici, avvocato generale: C. O. Lenz cancelliere: R. Grass, cancelliere, e signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale

 

viste le osservazioni scritte presentate:

  • per l'Union royale beige des sociétés de football association ASBL, dagli avv. ti

G. Vandersanden  e J.-P. Hordies, del foro di Bruxelles, e dagli avv. ti R. Rasir e

F. Mo1ses, del foro di Liegi;

  • per l'Union des associations européennes de football (UEFA), dall'avv. L S. Forrester, QC;
  • per il signor Bosman, dagli avv. ti L. Misson, J.-L. Dupont, M.-A. Lucas e M. Franchimont, del foro di Liegi;
  • per il governo francese, dalle signore H. Duchène, segretario degli affari esteri presso la direzione affari giuridici del ministero degli Affari esteri, e C. de Salins, vicedirettore presso la stessa direzione;
  • per il governo italiano, dal professar L. Ferrari Bravo, capo del servizio del contenzioso diplomatico del ministero degli Affari esteri, assistito dal signor D. Del  Gaizo, avvocato dello Stato;
  • per la Commissione delle Comunità europee, dai signori F. E. Gonzalez Dfaz, membro del servizio giuridico, e G. de Bergues, funzionario nazionale messo a disposizione del servizio giuridico, e dall'avv. Th. Margellos, del foro di Atene,

    vista la relazione  d'udienza, 

     

    sentite le osservazioni orali dell'Union royale beige des sociétés de football asso­ ciation ASBL, rappresentata dagli avv. ti F. Mo'ises, J.-P. Hordies e G. Vandersan­ den, dell'Union des associations européennes de football (UEFA), rappresentata dall'avv.  L  S. Forrester,  e dall'avv.  E. Jakhian,  del  foro  di  Bruxelles,  del  signor Bosman, rappresentato dagli avv. ti L. Misson e J.-L. Dupont, del governo danese, rappresentato dal signor P. Biering, kontorchef  presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, del governo tedesco, rappresentato dal signor E. Roder, Ministerialrat presso il ministero federale dell'Economia, del governo francese, rap­ presentato dalla signora C. de Salins e dal signor P. Martinet, segretario degli affari esteri presso la direzione affari giuridici del ministero degli Affari esteri, in qualità di agenti, del governo italiano, rappresentato dal signor D. Del Gaizo, e della Commissione, rappresentata dai signori F. E. Gonzalez Diaz e G. de Bergues e dalla signora M. Wolfcarius, membro del servizio giuridico, all'udienza del 20 giu­ gno 1995,   sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate  all'udienza  del 20 settem­ bre 1995, 

    ha pronunciato la seguente

 

Sentenza 

 

Con sentenza 1o ottobre 1993, pervenuta in cancelleria il successivo 6 ottobre, la Cour d'appel di Liegi ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trat­ tato CEE, talune questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione degli artt. 48, 85 e 86 dello stesso Trattato.

Le dette questioni sono state sollevate nell'ambito di varie controversie, delle quali la prima fra l'Union royale beige des sociétés de football association ASBL (in pro­ sieguo: l'«URBSFA») e il signor Bosman, la seconda fra il Royal club liégeois SA (in prosieguo: il «RCL>>) e il signor Bosman, la SA d'économie mixte sportive de l'union sportive du littoral de Dunkerque (in prosieguo: la «società di  Dunker­ que>>), l'URBSFA e l'Union des associations européennes de football (UEFA) (in prosieguo: l'«UEFA>>),  e la terza fra l'UEFA e il signor Bosman. 

 

L'organizzazione  del gioco del calcio

 

Lo sport di football association -generalmente noto come «giuoco del calcio>> -, professionistico o dilettantistico, viene praticato, nella forma organizzata, nell'am­ bito di società che, in ciascuno degli Stati membri, sono consociate in associazioni nazionali, dette anche federazioni. Solo nel Regno Unito esistono più federazioni nazionali, e precisamente  quattro, rispettivamente competenti per l'Inghilterra, il Galles, la Scozia e l'Irlanda del Nord. L'URBSFA è la federazione nazionale belga. Dalle federazioni nazionali dipendono altre associazioni secondarie o sussidiarie, incaricate dell'organizzazione del gioco del calcio in taluni settori o in talune regioni. Le federazioni organizzano campionati nazionali, ripartiti in più serie secondo il valore sportivo delle società che vi partecipano. 

Le federazioni nazionali aderiscono alla Fédération internationale de football asso­ ciation (in prosieguo: la «FIFA>>), associazione di diritto svizzero che organizza il gioco del calcio a livello mondiale. La FIFA è suddivisa in confederazioni conti­ nentali, i cui regolamenti sono soggetti alla sua approvazione. La confederazione competente per l'Europa è l'UEFA, anch'essa associazione di diritto svizzero. Ne fanno parte circa cinquanta federazioni, fra le quali, segnatamente, le federazioni nazionali degli Stati membri che, conformemente allo statuto dell'UEFA, si sono impegnate a rispettare sia lo statuto sia i regolamenti e le decisioni di quest'ultima.

Ogni partita di calcio organizzata sotto l'egida di una federazione nazionale dev'es­ sere giocata fra due società  appartenenti alla detta federazione oppure da associa­ zioni secondarie o sussidiarie affiliate. La squadra schierata da ciascuna società  è composta di calciatori qualificati dalla federazione per tale società. Ogni calciatore professionista dev'essere iscritto come tale alla propria federazione nazionale  e figura come attuale o ex dipendente di una specifica società.

 

La disciplina dei trasferimenti

 

6           Secondo il regolamento federale dell'URBSFA del  1983, vigente all'epoca  dei fatti di cui alle cause a quibus, si devono distinguere tre rapporti: l'affiliazione, che lega il calciatore alla federazione nazionale, il tesseramento, che lega il calciatore ad una società, e la qualificazione, che costituisce il necessario presupposto della parteci­ pazione del calciatore alle partite ufficiali. Il trasferimento è definito come il pro­ cedimento mediante il quale il calciatore affiliato ottiene una variazione  tempora­ nea di tesseramento. In caso di trasferimento temporaneo  il  calciatore  resta tesserato presso la sua società, ma è qualificato per un'altra  società. 

A norma dello stesso regolamento, tutti i contratti dei calciatori professionisti, la cui durata varia da uno a cinque anni, scadono il 30 giugno. Prima della scadenza del contratto, e non oltre il 26 aprile, la società deve proporre un nuovo contratto al calciatore, il quale, in caso contrario, è considerato dilettante ai fini dei trasferi­ menti con la conseguente applicazione di altre disposizioni del regolamento. Il cal­ ciatore è libero di accettare o di respingere tale proposta. 

 

Nel caso in cui la respinga, egli viene iscritto in un elenco di calciatori che possono essere oggetto, fra il l o e il 31 maggio, di un cosiddetto trasferimento «imposto>>, il quale non richiede il consenso della società cui il calciatore appartiene, ma com­ porta il versamento a quest'ultima, da parte della nuova società, di una cosiddetta indennità «di formazione>>, calcolata moltiplicando il reddito lordo annuo del cal­ ciatore per coefficienti che variano da 14 a 2, secondo la sua età.

           Il l0 giugno ha inizio il periodo dei cosiddetti trasferimenti «liberi», che richiedono  il consenso delle due società e del calciatore, in specie per quanto riguarda l'am­ montare dell'indennità di trasferimento che la nuova società è tenuta a versare a quella di provenienza, a pena di sanzioni che possono arrivare fino alla radiazione della prima per debiti. 

 

  1. Se non ha luogo alcun trasferimento, la società della quale il calciatore fa parte deve offrirgli un nuovo contratto per una stagione, che prevede le stesse condizioni sta­ bilite dal contratto proposto entro il 26 aprile. Se il calciatore lo respinge, la società ha il diritto di adottare, entro illo agosto, un provvedimento di sospensione, in mancanza del quale l'interessato riacquista la qualifica di dilettante. Il calciatore che persiste nel rifiuto di firmare i contratti proposti dalla società di appartenenza può ottenere un trasferimento come dilettante, senza il consenso della società, dopo due stagioni di inattività.

 

  1. I regolamenti dell'UEFA e della FIFA, dal canto loro, non si applicano diretta­ mente nei confronti dei calciatori, ma sono inclusi nei regolamenti delle federazioni nazionali, le sole ad avere il potere di farli applicare e di disciplinare i rapporti fra le società e i calciatori.

 

  1. L'UEFA, l'URBSFA e il RCL hanno sostenuto dinanzi al giudice nazionale che le norme che si applicavano all'epoca dei fatti di causa ai trasferimenti tra società di Stati membri diversi o tra società facenti parte di federazioni nazionali diverse nel­ l'ambito  dello  stesso  Stato  membro  erano  contenute  in  un  documento  intitolato «principi di collaborazione tra le federazioni aderenti all'UEFA e le loro società», approvato dal comitato esecutivo dell'UEFA il 24 maggio 1990 e in vigore dal l luglio  1990.

 

 

  1. Tale documento prevede che, alla scadenza del contratto, il calciatore sia libero di stipulare un nuovo  contratto con la società di sua scelta. Quest'ultima  deve infor­ marne immediatamente la società di provenienza, la quale, a sua volta, ne informa la federazione nazionale, che è tenuta a redigere il certificato internazionale di tra­ sferimento. Tuttavia, la società di provenienza ha il diritto di ricevere dalla nuova società un'indennità di promozione o di formazione, il cui  importo,  in  caso  di disaccordo,  viene  fissato  da  una  commissione  costituita  nell'ambito  dell'UEFA, moltiplicando il reddito lordo del calciatore nella stagione precedente per un coef­ ficiente variabile da 12 a 1, secondo l'età dell'interessato, e con un massimo di 5 000 000 SFR.

  1. Lo stesso documento precisa che i rapporti economici fra le due società per quanto riguarda la fissazione dell'indennità di promozione o di formazione non influi­ scono sull'attività del calciatore, il quale è libero di giocare per la società da lui pre­ scelta. Tuttavia, se quest'ultima non versa immediatamente l'indennità alla società di provenienza, la commissione di controllo e di disciplina dell'UEFA esamina il caso e rende nota la sua decisione alla federazione nazionale interessata, che può a sua volta infliggere sanzioni alla società inadempiente.

 

1s    Il giudice di rinvio ritiene che nella fattispecie oggetto delle cause a quibus l'UR­ BSFA e il RCL non abbiano applicato il regolamento dell'UEFA, ma quello della FIFA. 

 

  1. All'epoca dei fatti quest'ultimo regolamento disponeva, in particolare, che un cal­ ciatore professionista non poteva lasciare la federazione nazionale presso la quale era tesserato fintantoché fosse vincolato dal suo contratto e dai regolamenti della sua società e della federazione nazionale, per quanto rigidi questi potessero essere. Il trasferimento internazionale era subordinato al rilascio, da parte della federa­ zione nazionale di provenienza, di un certificato di trasferimento con il quale essa riconosceva che tutti gli obblighi di carattere finanziario, compresa un'eventuale somma per il trasferimento, erano stati adempiuti.

  1. Successivamente all'epoca suddetta l'UEFA ha intavolato trattative con la Com­ missione delle Comunità europee. In particolare, nell'aprile 1991 essa si è impe­ gnata a far inserire nei contratti dei calciatori professionisti una clausola che con­ sentisse a costoro, alla scadenza del contratto, di stipulare un nuovo contratto con la società di loro scelta e di giocare immediatamente per essa. Disposizioni in tal senso sono state inserite nei «principi di collaborazione tra le federazioni aderenti all'UEFA e le loro società>>, adottati nel dicembre 1991 e in vigore dal 1o luglio 1992.
 

1s         Nell'aprile 1991la FIFA ha anch'essa adottato un nuovo regolamento relativo allo statuto e ai trasferimenti dei calciatori. Tale documento, come modificato nel dicembre 1991 e nel dicembre 1993, dispone che il calciatore può stipulare un con­ tratto con una nuova società se il contratto che lo vincola alla propria società è giunto a scadenza, è stato risolto o scadrà entro sei mesi.

 

 

t9          Norme particolari vigono poi per i calciatori «non dilettanti», definiti come i cal­ ciatori che, per l'attività calcistica o per una qualsiasi attività inerente al calcio, hanno percepito un'indennità superiore all'importo delle spese sostenute nell'eser­ cizio di tale attività, a meno che non abbiano riacquistato lo status di dilettante.

  

 

  1. In caso di trasferimento di un calciatore non dilettante, o che diviene non dilettante entro tre anni dal trasferimento, la società di provenienza ha diritto ad un'inden­nità di promozione o di formazione, il cui ammontare dev'essere convenuto fra le due società interessate. Nell'ipotesi di disaccordo la controversia dev'essere sotto­ posta alla FIFA o alla confederazione competente.

 

  1. Tali norme sono state integrate dal regolamento UEFA «relativo alla fissazione del­ l'indennità di trasferimento», adottato nel giugno 1993 e in vigore dal lo agosto 1993, il quale ha sostituito i «principi di collaborazione tra le federazioni aderenti all'UEFA e le loro società» del 1991. Questo nuovo regolamento ribadisce il prin­cipio secondo cui i rapporti economici fra le due società interessate non influiscono sull'attività sportiva del calciatore, il quale è libero di giocare per la società con cui ha stipulato un nuovo contratto. Esso dispone inoltre che, in caso di disaccordo fra le società interessate, spetta alla competente commissione dell'UEFA determinare l'importo dell'indennità di formazione o di promozione. Per i calciatori non dilet­tanti, il detto importo è calcolato in base al reddito lordo ottenuto dall'interessato nei dodici mesi precedenti, o al reddito fisso annuo garantito nel nuovo contratto, aumentato del 20% per i calciatori che hanno giocato almeno due volte nella prima squadra nazionale rappresentativa del loro paese, e moltiplicato per un coefficiente compreso fra 12 e O a seconda dell'età.

22         Dai documenti presentati alla Corte dall'UEFA risulta che taluni regolamenti in vigore in altri Stati membri contengono anch'essi disposizioni che, in caso di tra­sferimento di un calciatore fra due società della stessa federazione nazionale, obbli­gano la nuova società a pagare alla società di provenienza, alle condizioni fra di esse convenute, un'indennità di trasferimento, di formazione o di promozione.

 

 

 

  1. In Francia l'indennità può essere richiesta solo se la società di provenienza è quella con cui l'interessato ha stipulato il  primo  contratto  da  professionista;  in  Spagna solo se il calciatore trasferito è di età inferiore a 25 anni; in Grecia, anche se la nuova società non è espressamente tenuta a pagare un'indennità, il contratto fra la società e il calciatore può subordinare il trasferimento di  quest'ultimo  al  versa­ mento di un determinato importo che, secondo quanto dichiarato dall'UEFA, è in realtà per lo più posto a carico della nuova società.

 

  1. Le norme che si applicano in materia sono dettate, a seconda dei casi, dalle leggi nazionali, dai regolamenti delle federazioni calcistiche nazionali  oppure  da  con­ tratti  collettivi.

 

Le norme sulla cittadinanza

 

 

2s     A partire dagli anni sessanta numerose federazioni calcistiche nazionali hanno adottato norme che limitavano la possibilità di ingaggiare o di far partecipare alle competizioni calciatori aventi cittadinanza straniera (in prosieguo: le «norme sulla cittadinanza»). Per l'applicazione di tali norme la cittadinanza è definita con rife­ rimento alla possibilità, per il calciatore, di essere qualificato per giocare nella squa­ dra nazionale  o nella squadra rappresentativa  di un paese. 

 

 

  1. Nel 1978 l'UEFA si è impegnata nei confronti del signor Davignon, membro della Commissione  delle Comunità europee, da un lato, ad abolire le limitazioni del numero dei contratti stipulati da ciascuna società con calciatori di altri Stati mem­ bri e, dall'altro, a fissare a due il numero di tali giocatori che possono partecipare a ciascuna partita. Quest'ultima limitazione non è applicabile ai calciatori stabiliti da oltre cinque anni nello Stato membro interessato.

 

 

  1. Nel 1991, a seguito di nuovi incontri con il signor Bangemann, vicepresidente della Commissione, l'UEFA ha adottato la cosiddetta regola del «3+2», che prevede la possibilità, per le federazioni nazionali, di limitare a tre il numero di calciatori stra­ nieri che una società può schierare in una partita di serie A del campionato nazio­ nale, più due calciatori che abbiano giocato nel paese in cui opera la federazione nazionale interessata per un periodo ininterrotto di cinque anni, tre dei quali in squadre giovanili. Tale limitazione vale anche per le partite giocate nell'ambito di tornei per squadre di club organizzati dall'UEFA.

 

  

I fatti all'origine delle cause a quibus

 

 

2s     Il signor Bosman, calciatore professionista di cittadinanza belga, è stato occupato, dal 1988, dal RCL, società belga di serie A, in base ad un contratto valido fino al 30 giu.gno 1990., che prevedeva una retribuzione mensile media di 120 000 BFR, premi compresi.

 

 

 

 

 

29        Il 21 aprile 1990 il RCL ha proposto al signor Bosman un nuovo contratto per la durata di una stagione, in base al quale la sua retribuzione mensile era ridotta a 30 000 BFR, vale a dire al minimo previsto dal regolamento federale dell'URBSFA. Essendosi rifiutato di firmare tale contratto, il signor Bosman è stato iscritto nel­ l'elenco dei calciatori cedibili. L'ammontare dell'indennità di formazione  è stato fissato nel suo caso, ai sensi del detto regolamento, a 11 743 000 BFR.

 

 

 

 

 

Jo     Poiché nessuna società aveva manifestato il proprio interesse ad un trasferimento imposto, il signor Bosman si è messo in contatto con la società calcistica francese


 

di Dunkerque, di serie B, che lo ha poi assunto con una retribuzione mensile di circa 100 000 BFR ed un premio d'ingaggio pari a circa 900 000 BFR.

 

 

 

 

 

3t          Il 27 luglio 1990 è stato del pari stipulato, fra il RCL e la società di Dunkerque, un contratto che prevedeva il trasferimento temporaneo del signor  Bosman  per  un anno, contro il versamento, da parte della detta società al RCL, di un'indennità di l200 000 BFR, esigibile al momento in cui la Fédération française de football (in prosieguo: la «FFF>>) avesse ricevuto il certificato di trasferimento rilasciato dal­ l'URBSFA. Il contratto accordava inoltre alla società di Dunkerque un'opzione irrevocabile per il trasferimento  definitivo del calciatore in cambio della somma di 4 800 000 BFR.

 

 

 

 

 

32         Entrambi i contratti, quello fra la società di Dunkerque e il RCL e quello fra la detta società e il signor Bosman, erano tuttavia sottoposti ad una condizione sospensiva secondo cui il certificato di trasferimento doveva essere inviato dal­ l'URBSFA alla FFF anteriormente alla prima partita della stagione, che doveva aver luogo il 2 agosto 1990.

 

 

 

 

 

33         Dubitando della solvibilità della società di Dunkerque, il RCL non ha chiesto all'URBSFA di trasmettere il detto certificato alla FFF. Di conseguenza, i due con­ tratti sono rimasti inefficaci. Il 31 luglio 1990 il RCL ha inoltre sospeso il signor Bosman, impedendogli così di giocare per l'intera stagione.

 

 

 

 

 

34         L'8 agosto 1990 il signor Bosman ha intentato dinanzi al Tribunal de prernière instance di Liegi un'azione contro il RCL. Contestualmente egli ha proposto una domanda di provvedimenti urgenti diretta, in primo luogo, a far ingiungere al RCL e all'URBSFA di versargli una provvisionale di 100 000 BFR al mese fintantoché egli non avesse trovato un nuovo ingaggio, in secondo luogo, a far inibire ai con­ venuti di ostacolare le sue possibilità di ingaggio, segnatamente mediante la riscos­ sione di una somma di denaro, e, in terzo luogo, a far sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia.


 

  1. Con ordinanza 9 novembre 1990, il giudice dell'urgenza ha ordinato al RCL e all'URBSFA di versare al signor Bosman una provvisionale mensile di 30 000 BFR ed ha ingiunto loro di non ostacolare un suo eventuale ingaggio. Esso ha inoltre sottoposto alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale (causa C-340/90) ver­ tente sull'interpretazione dell'art. 48 del Trattato con riguardo alla normativa che disciplina i trasferimenti dei calciatori professionisti (in prosieguo: le «norme sui trasferimenti>>).

 

 

 

 

  1. Nel frattempo, il signor Bosman era stato ingaggiato nell'ottobre 1990 dalla società francese di serie B di Saint-Quentin, subordinatamente alla condizione sospensiva del successo della sua domanda di provvedimenti urgenti. Tale contratto è stato però risolto alla fine della prima stagione. Nel febbraio 1992 il signor Bosman ha stipulato con la società francese di Saint-Denis de la Réunion un nuovo contratto, che è stato anch'esso risolto. Dopo altre ricerche in Belgio e in Francia, egli è stato infine ingaggiato dall'Olympic di Charleroi, militante nella serie C belga.

 

 

 

 

37         Secondo il giudice a quo, una serie di presunzioni gravi e concordanti autorizzano a ritenere che, malgrado lo status di «libertà>> attribuitogli dai provvedimenti del giudice dell'urgenza, il signor Bosman sia stato vittima di un boicottaggio da parte di tutte le società europee che avrebbero potuto ingaggiarlo.

 

 

 

 

38         Il 28 maggio 1991 la Cour d'appel di Liegi ha riformato l'ordinanza recante prov­ vedimenti provvisori del Tribuna! de première instance di Liegi nella parte in cui sottoponeva una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia. Essa ha confermato però la condanna del RCL a pagare una provvisionale mensile al signor Bosman ed ha ingiungo al RCL e all'URBSFA di mettere il signor Bosman a disposizione di qualsiasi società che intendesse avvalersi delle sue prestazioni, senza esigere da que­ sta un'indennità. Con ordinanza 19 giugno 1991, la causa C-340/90 è stata cancel­ lata dal ruolo della Corte di giustizia.

 

 

 

 

 

39         Nell'ambito del giudizio di merito instaurato dinanzi al Tribuna! de première instance di Liegi, l'URBSFA, che, contrariamente a quanto era avvenuto in sede di procedimento sommario, non era stata convenuta, è intervenuta volontariamente il 3 giugno 1991. 1120 agosto 1991 il signor Bosman ha citato l'UEFA per farla inter­ venire nella causa da lui intentata contro il RCL e l'URBSFA e per esperire diret­ tamente nei suoi confronti un'azione basata sulla sua responsabilità nella redazione dei regolamenti che gli arrecavano pregiudizio. Il 5 dicembre 1991 il RCL ha chia­ mato in causa la società di Dunkerque per essere garantito contro un'eventuale condanna nei suoi confronti. Il 15 ottobre 1991 e, rispettivamente, il 27 dicembre 1991, il sindacato francese di categoria Union nationale des footballeurs profes­ sionnels (in prosieguo: l'«UNFP») e l'associazione di diritto olandese Vereniging van contractspelers (in prosieguo: la «VVCS>>) sono intervenuti volontariamente nella causa.

 

 

 

 

 

 

 

 

40         Con nuove conclusioni depositate il 9 aprile l992, il signor Bosman ha modificato la sua domanda originaria contro il RCL, ha esperito una separata azione preven­ tiva nei confronti dell'URBSFA ed ha sviluppato la domanda proposta contro l'UEFA. Nell'ambito di tali procedimenti egli ha chiesto che le norme sui trasferi­ menti e le norme sulla cittadinanza fossero dichiarate inapplicabili nei suoi con­ fronti e che, a causa del loro comportamento illecito in relazione al suo mancato trasferimento alla società di Dunkerque, il RCL, l'URBSFA e l'UEFA fossero con­ dannati a versargli, da un lato, la somma di 11 368 350 BFR, come risarcimento del danno da lui subito dal lo agosto 1990 sino alla fine della sua carriera, e, dall'altro, la somma di 11 743 000 BFR, corrispondente al lucro cessante subito dall'inizio della sua carriera a causa dell'applicazione delle norme sui trasferimenti. Il signor Bosman ha chiesto inoltre che fosse sottoposta alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale.

 

 

 

 

 

 

 

 

4t          Con sentenza 11 giugno 1992, il Tribuna! de première instance di Liegi si è dichia­ rato competente a conoscere del merito delle cause. Esso, inoltre, ha ritenuto rice­ vibili le domande proposte dal signor Bosman contro il RCL, l'URBSFA e l'UEFA e dirette segnatamente a far dichiarare inapplicabili le norme sui trasferimenti e le norme sulla cittadinanza nonché a far sanzionare il comportamento delle tre orga­ nizzazioni.  Per  contro, il detto Tribunale  ha  respinto  la domanda proposta  dal


 

RCL nei confronti della società di Dunkerque e volta a far ordinare l'intervento in garanzia della società, ritenendo che non fosse stato provato che quest'ultima non avesse adempiuto correttamente le sue obbligazioni. Infine, rilevando che l'esame delle pretese avanzate dal signor Bosman nei confronti dell'UEFA e dell'URBSFA implicava un giudizio sulla compatibilità delle norme sui trasferimenti con il Trat­ tato, esso ha chiesto alla Corte di giustizia di pronunciarsi sull'interpretazione degli artt. 48, 85 e 86 del Trattato (causa C-269/92).

 

 

 

 

42         A seguito dell'appello interposto contro tale provvedimento dall'URBSFA, dal RCL e dall'UEFA, il procedimento dinanzi alla Corte di giustizia è stato sospeso. Con ordinanza 8 dicembre 1993, la causa C-269/92 è stata infine cancellata dal ruolo in conseguenza della nuova sentenza della Cour d'appel di Liegi che ha dato origine al presente procedimento.

  

 

 

 

43         L'UNFP e la VVCS non sono stati citati in appello e si sono astenuti dall'interve­ nire in tale sede.

 

 

 

 

  1. Nella sentenza di rinvio la Cour d'appel di Liegi ha confermato la sentenza impu­ gnata nella parte in cui dichiarava il Tribuna! de première instance di Liegi compe­ tente e le azioni ricevibili e in quanto rilevava che l'esame delle pretese avanzate dal signor Bosman nei confronti dell'UEFA e dell'URBSFA implicava quello della legittimità delle norme sui  trasferimenti.  La  Cour  d'appel  ha  considerato  inoltre che l'esame della legittimità delle norme sulla cittadinanza era necessario, poiché la domanda al riguardo proposta dal signor Bosman era basata sull'art. 18 del Code judiciaire belga, il quale consente le azioni esperite «allo scopo di  prevenire  la lesione di un diritto gravemente minacciato>>. Ora, il signor Bosman  avrebbe pro­ dotto vari elementi obiettivi i quali farebbero presumere che il  danno  da  lui temuto, ossia che le norme sulla cittadinanza ostacolino la sua carriera, si produrrà effettivamente.
  2. Il giudice di rinvio ha considerato segnatamente che l'art. 48 del Trattato, al pari dell'art. 30, può vietare non soltanto le discriminazioni, ma anche gli ostacoli non discriminatori per la libera circolazione dei lavoratori, se non possono essere giu­ stificati da esigenze imperiose.

 

 

 

  1. A proposito dell'art. 85 del Trattato, esso ha osservato che i regolamenti della FIFA, dell'UEFA e dell'URBSFA potrebbero costituire decisioni di associazioni di imprese mediante le quali le società calcistiche limitano la concorrenza che si fanno per acquisire i calciatori. Anzitutto, le indennità di trasferimento avrebbero una funzione dissuasiva e determinerebbero la riduzione delle retribuzioni dei calcia­ tori professionisti. Inoltre, le norme sulla cittadinanza vieterebbero di ottenere i servizi offerti da calciatori stranieri oltre una determinata quota. Infine, il commercio fra Stati membri sarebbe pregiudicato, in particolare dalla limitazione della mobilità dei calciatori.

 

 

  1. La Cour d'appel prospetta poi l'esistenza di una posizione dominante detenuta dall'URBSFA o di una posizione dominante collettiva a vantaggio delle società cal­ cistiche, ai sensi dell'art. 86 del Trattato, mentre le limitazioni della concorrenza rilevate nell'ambito dell'art. 85 possono costituire abusi vietati dal detto art. 86.

 

 

 

  1. La Cour d'appel ha respinto l'istanza dell'UEFA diretta a far chiedere alla Corte di giustizia se la  soluzione della questione sollevata a proposito dei trasferimenti sarebbe diversa nel caso in cui un regolamento consentisse al calciatore di giocare liberamente per la sua nuova società, anche se questa non ha versato l'indennità di trasferimento alla società di provenienza. Essa ha in particolare osservato al riguardo che, a causa della minaccia di rigorose sanzioni a carico delle società che non paghino la detta indennità, la facoltà del calciatore di giocare per la nuova società resta subordinata ai rapporti economici fra le società calcistiche.

 

49         In base a tali considerazioni, la Cour d'appel di Liegi ha deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di giustizia di pronunciarsi, in via pregiudi­ ziale, sulle seguenti questioni: 

 

«Se gli artt. 48, 85 e 86 del Trattato di Roma del 25 marzo 1957 vadano inter­ pretati  nel senso che vietano:

che una società calcistica possa pretendere di percepire il pagamento di una somma di denaro allorché un giocatore già tesserato per la stessa società, dopo la scadenza del contratto con essa stipulato, viene ingaggiato da  una  nuova società calcistica; 

che le associazioni o federazioni sportive, nazionali ed internazionali, possano includere nei rispettivi regolamenti norme che limitano la partecipazione di gio­ catori stranieri, cittadini dei paesi aderenti alla Comunità europea, alle compe­ tizioni che organizzano>>.

 

 

5o     Il 3 giugno 1994 l'URBSFA  ha proposto ricorso per  cassazione contro la sentenza della Cour d'appel, chiedendo che gli effetti della pronuncia fossero estesi al RCL, all'UEFA e alla società di Dunkerque. Con lettera 6 ottobre 1994, il Procuratore generale presso la Cour de cassation del Belgio ha comunicato alla Corte che nel caso di specie il ricorso non ha effetto sospensivo. 

 

5t         Con sentenza 30 marzo 1995, la Cour de cassation ha respinto il ricorso dichia­ rando che il rigetto privava di oggetto le domande relative all'estensione degli effetti della sentenza. La Cour de cassation ha trasmesso copia della sua sentenza alla Corte di giustizia.

Sulle domande di provvedimenti  istruttori 

 

  1. Con lettera pervenuta alla cancelleria della Corte il 16 novembre 1995, l'UEFA ha proposto un'istanza diretta a far disporre un mezzo istruttorio ai sensi dell'art. 60 del regolamento di procedura allo scopo di acquisire informazioni integrative sul ruolo svolto dalle indennità di trasferimento nel finanziamento delle società calci­ stiche di piccole o medie dimensioni, sui sistemi di ripartizione degli introiti nel­ l'ambito delle strutture organizzative del gioco del calcio e sull'esistenza o sulla mancanza di sistemi alternativi per l'ipotesi in cui il sistema delle indennità di tra­ sferimento fosse abolito.

 

  1. Dopo aver nuovamente sentito l'avvocato generale, la Corte ha ritenuto di dover respingere tale istanza, proposta in un momento in cui, ai sensi dell'art. 59, n. 2, del regolamento di procedura, la fase orale del procedimento era chiusa. In effetti, dalla giurisprudenza      della Corte (v. sentenza 16 giugno 1971, causa 77/70, Prelle/Commissione, Racc. pag. 561, punto 7) risulta che un'istanza del genere può essere accolta soltanto se riguarda fatti che possono esercitare un'influenza decisiva e che l'interessato non ha potuto far valere prima della chiusura della fase orale.

 

  1. Nel caso presente basta rilevare che l'UEFA avrebbe potuto proporre la detta istanza prima che la fase orale fosse dichiarata chiusa. Inoltre, la questione se lo scopo di conservare l'equilibrio finanziario e sportivo, e specificamente di garantire il finanziamento delle società di piccole dimensioni, possa essere conseguito con altri mezzi, come la ridistribuzione di una parte degli introiti del gioco del calcio è stata trattata, in particolare, dal signor Bosman nelle sue osservazioni scritte.

Sulla competenza  della Corte a pronunciarsi  sulle questioni pregiudiziali

 

  1. L'URBSFA, l'UEFA, taluni dei governi che hanno presentato osservazioni e, nel corso della fase scritta, la Commissione, hanno contestato, per motivi diversi, la competenza della Corte a pronunciarsi su tutte o su parti delle questioni sollevate dal giudice a quo.

 

 

  1. In primo luogo, l'UEFA e l'URBSFA hanno sostenuto che le cause a quibus costi­ tuiscono un artificio procedurale diretto ad ottenere che la Corte si pronunci in via pregiudiziale su questioni obiettivamente irrilevanti per la decisione delle contro­ versie. A loro dire, infatti, il regolamento dell'UEFA non è stato applicato in occa­ sione del mancato trasferimento del signor Bosman a Dunkerque e peraltro, se fosse stato applicato, il detto trasferimento non sarebbe stato subordinato al ver­ samento di un'indennità di trasferimento e quindi avrebbe potuto aver luogo. Di conseguenza, l'interpretazione del diritto comunitario chiesta dal giudice nazionale non avrebbe alcun rapporto con gli aspetti concreti o con l'oggetto delle cause a quibus e, secondo una costante giurisprudenza, la Corte non sarebbe competente a risolvere le questioni sottopostele.

 

 

  1. In secondo luogo, l'URBSFA, l'UEFA, i governi danese, francese e italiano, così come la Commissione nelle sue osservazioni scritte, hanno sostenuto che le que­ stioni relative alle norme sulla cittadinanza non sono pertinenti alle controversie, che riguardano unicamente l'applicazione delle norme sui trasferimenti. Infatti, gli ostacoli che il signor Bosman ritiene provocati, nello sviluppo della sua carriera, dalle norme sulla cittadinanza sarebbero puramente ipotetici e non costituirebbero un valido motivo perché la Corte si pronunci sull'interpretazione del Trattato sotto tale profilo.

 

  1. In terzo luogo, l'URBSFA e l'UEFA hanno rilevato all'udienza che, secondo la sentenza 30 maggio 1995 della Cour de cassation belga, la Cour d'appel di Liegi non ha ritenuto ricevibili le domande con cui il signor Bosman ha chiesto la decla­ ratoria dell'inapplicabilità, nei suoi confronti, delle norme sulla cittadinanza con­ tenute nel regolamento dell'URBSFA. Le cause a quibus non verterebbero quindi sull'applicazione delle dette norme e la Corte non dovrebbe risolvere le questioni sottopostele a tale proposito. Il governo francese ha aderito a questa conclusione con riserva, però, dell'accertamento della portata della sentenza della Cour de cas­ sation.

 

  1. Si deve rilevare a questo proposito che, nell'ambito della collaborazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall'art. 177 del Trattato, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell'emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle par­ ticolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle que­ stioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dal giu­ dice nazionale vertono sull'interpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (v., in particolare, sentenza 5 ottobre 1995, causa C-125/94, Aprile, Racc. pag. I-2919, punti 16 e 17).

 

  1. Nondimeno la Corte ha considerato che, per verificare la propria competenza, le spettava esaminare le condizioni in cui era adita dal giudice nazionale. Infatti, lo spirito di collaborazione che deve presiedere al funzionamento del rinvio pregiu­ diziale implica che, dal canto suo, il giudice nazionale tenga conto della funzione attribuita alla Corte, che è quella di contribuire all'amministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimere pareri consultivi su questioni generali o ipo­ tetiche (v., in particolare, sentenza 16 luglio 1992, causa C-83/91, Meilicke, Racc. pag. I-4871, punto 25).

 

6t          Proprio in considerazione di tale funzione la Corte ha ritenuto di non poter sta­ tuire su una questione sollevata da un giudice nazionale qualora appaia in modo manifesto che l'interpretazione o il giudizio sulla validità di una norma comunita­ ria chiesti da tale giudice non hanno alcuna relazione con l'effettività o con l'og­ getto delle cause a qua (v., in particolare, sentenza 26 ottobre 1995, causa C-143/94, Furlanis costruzioni generali, Racc. pag. I-3633, punto 12), oppure qualora il pro­ blema sia di natura ipotetica e la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sot­ toposte (v., in particolare, sentenza Meilicke, citata, punto 32).

 

  1. Nella fattispecie si deve osservare anzitutto che le cause a quibus, considerate nel loro insieme, non hanno natura ipotetica e che il giudice nazionale ha esposto con precisione alla Corte il loro ambito fattuale e normativa e le ragioni che l'hanno indotto a ritenere necessaria, per poter emettere la propria sentenza, una pronuncia sulle questioni da esso sollevate.

 

  1. Inoltre, anche ammesso che, come sostengono l'URBSFA e l'UEFA, il regola­ mento di quest'ultima non sia stato applicato in occasione del mancato trasferi­ mento del signor Bosman alla società di Dunkerque, resta sempre il fatto che ad esso si fa riferimento nelle azioni preventive del signor Bosman contro l'URBSFA e l'UEFA (v. sopra, punto 40) e che un'interpretazione della Corte circa la compa­ tibilità con il diritto comunitario del sistema di trasferimento istituito dal regola­ mento dell'UEFA potrebbe essere utile al giudice a quo.

 

  1. Per quanto riguarda in particolare le questioni relative alle norme sulla cittadi nanza, risulta che le domande al riguardo proposte nell'ambito delle cause a quibus sono state giudicate ricevibili in base ad una norma processuale nazionale che con­ sente di esperire un'azione, anche a fini declaratori, per prevenire la lesione di un diritto gravemente minacciato. Come emerge dalla sua sentenza, il giudice a quo ha ritenuto che l'applicazione delle norme sulla cittadinanza potesse effettivamente ostacolare la carriera del signor Bosman, riducendone le possibilità di essere ingag­giato da una società di un altro Stato membro o di giocare per essa. Il detto giudice è giunto quindi alla conclusione che le domande del signor Bosman dirette a far dichiarare inapplicabili nei suoi confronti le norme sulla cittadinanza soddisface vano i presupposti prescritti dalla norma summenzionata.

 

  1. Non compete alla Corte, nell'ambito del presente procedimento,  sindacare tale giu dizio. Anche se le azioni esperite nel caso di specie hanno carattere declaratorio e, mirando a prevenire la lesione di un diritto minacciato, devono necessariamente basarsi su previsioni per loro natura incerte, esse sono nondimeno consentite dal diritto nazionale come interpretato dal giudice a quo. Alla luce di tali considera­ zioni, le questioni sollevate dal giudice nazionale risultano obiettivamente necessa rie per la soluzione delle controversie  con cui esso è ritualmente  adito.

 

 

 

 

 

 

  1. Infine, dalla sentenza 30 marzo 1995 della Cour de cassation non risulta che le norme sulla cittadinanza siano estranee alle cause a quibus. La Cour de cassation ha semplicemente dichiarato che il ricorso proposto dall'URBSFA contro la sen­ tenza del giudice a quo si basava su un'errata interpretazione di quest'ultima. Nel ricorso per cassazione l'URBSFA aveva in effetti sostenuto che il giudice suddetto aveva ritenuto ricevibile una domanda del signor Bosman diretta a far dichiarare le norme sulla cittadinanza contenute nei regolamenti della detta federazione inappli­cabili nei suoi confronti. Orbene, emerge dalla sentenza della Cour de cassation che, secondo la Cour d'appel, la domanda del signor Bosman era diretta a preve­nire ostacoli che sarebbero potuti derivare per la sua carriera dall'applicazione non già delle norme sulla cittadinanza contenute nel regolamento dell'URBSFA, che riguardavano calciatori di cittadinanza diversa dalla belga, ma delle analoghe norme contenute nei regolamenti dell'UEFA e delle altre federazioni nazionali aderenti a tale confederazione, che potevano riguardarlo in quanto calciatore di cittadinanza belga.

 

  1. Da quanto precede risulta che la Corte è competente a pronunciarsi sulle questioni sottopostele dalla Cour d'appel di Liegi.

Sull'interpretazione dell'art. 48 del Trattato con riguardo alle norme sui trasferimenti 

 

  1. Con la prima delle sue questioni il giudice a quo chiede in sostanza se l'art. 48 del Trattato osti all'applicazione delle norme, emanate da associazioni sportive, secondo le quali un calciatore professionista cittadino di uno Stato membro, alla scadenza del contratto che lo vincola a una società, può essere ingaggiato da una società calcistica di un altro Stato membro solo se questa ha versato alla società di provenienza un'indennità di trasferimento, di formazione o di promozione.

 

Sull'applicazione  dell'art. 48 alle norme emanate da associazioni sportive

 

 

  1. Su questo punto, occorre esaminare in limine taluni argomenti presentati relativa­ mente all'applicazione dell'art. 48 alle norme emanate da associazioni sportive.

 

 

?o     L'URBSFA ha sostenuto che soltanto le maggiori società calcistiche europee pos­ sono essere considerate imprese, mentre società come il RCL esercitano un'attività economica trascurabile. Inoltre, la questione del giudice nazionale relativa alle norme sui trasferimenti non riguarda i rapporti di lavoro fra i calciatori e le società, ma i rapporti economici fra le società e le conseguenze della libertà di tesseramento presso una federazione sportiva. Pertanto, l'art. 48 del Trattato non si appliche­rebbe in un caso come quello di specie.

 

 

n       Dal canto suo, l'UEFA ha fatto valere in particolare che le autorità comunitarie hanno  sempre  rispettato  l'autonomia  dell'attività  sportiva,  che  è  difficilissimo distinguere gli aspetti economici del calcio da quelli sportivi e che una pronuncia della Corte sulla situazione degli sportivi professionisti potrebbe rimettere in discussione l'intera organizzazione del gioco del calcio. Di conseguenza, anche se l'art. 48 del Trattato dovesse applicarsi ai calciatori professionisti, sarebbe necessa­ rio attenersi a criteri di elasticità in considerazione della specificità di tale attività sportiva.

 

 

n      Il governo tedesco ha sottolineato anzitutto che nella maggior parte dei casi uno sport come il calcio non ha indole di attività economica. Ha poi rilevato che lo sport in generale presenta analogie con la cultura, ricordando che, ai sensi dell'art. 128, n. 1, del Trattato CE, la Comunità deve rispettare la diversità nazionale e regionale delle culture degli Stati membri. Infine, ha menzionato la libertà di asso­ ciazione e l'autonomia di cui godono, in base al diritto nazionale, le federazioni sportive per concludere che, secondo il principio di sussidiarietà, considerato come principio generale, l'intervento delle autorità pubbliche e, in particolare, della Comunità nella materia considerata dev'essere limitato allo stretto necessario.

 

 

n       A proposito di tali argomenti si deve ricordare che, considerati gli obiettivi della Comunità, l'attività sportiva è disciplinata dal diritto comunitario in quanto sia configurabile come attività economica ai sensi dell'art. 2 del Trattato (v. sentenza 12 dicembre 1974, causa 36/74, Walrave, Racc. pag. 1405, punto 4). È questo il caso dell'attività dei calciatori professionisti o semiprofessionisti che svolgono un lavoro subordinato o effettuano prestazioni di servizi retribuite (v. sentenza 14 luglio 1976, causa 13/76, Donà, Racc. pag. 1333, punto 12).

 

 

74         Si deve del pari osservare che, ai fini dell'applicazione delle norme comunitarie relative alla libera circolazione dei lavoratori, non è comunque necessario che il datore di lavoro abbia la qualità di imprenditore, giacché il solo elemento richiesto è l'esistenza di un rapporto di lavoro o la volontà di instaurare tale rapporto.

 

 

75        L'applicazione dell'art. 48 del Trattato non è neppure esclusa dal fatto che le norme sui trasferimenti disciplinino i rapporti economici fra società calcistiche, anziché i rapporti di lavoro fra società e calciatori. Invero, la circostanza che le società datrici di lavoro siano tenute a versare indennità quando ingaggiano calciatori pro­ venienti da altre società influisce sulla possibilità degli interessati di trovare un ingaggio, nonché sulle condizioni alle quali l'ingaggio è offerto.

 

 

  1. Per quanto riguarda la difficoltà di separare gli aspetti economici del calcio da quelli sportivi, la Corte ha riconosciuto, nella citata sentenza Donà, punti 14 e 15, che le norme comunitarie sulla libera circolazione delle persone e dei servizi non ostano a normative o a prassi giustificate da motivi non economici, inerenti alla natura e al contesto specifici di talune competizioni sportive. La Corte, però, ha sottolineato che tale restrizione delle sfera d'applicazione delle dette norme deve restare entro i limiti del suo oggetto specifico. Pertanto, essa non può essere invo­ cata per escludere un'intera attività sportiva dalla sfera d'applicazione del Trattato.

 

  1. Quanto alle eventuali conseguenze di questa sentenza per l'organizzazione del gioco del calcio nel suo complesso, va rilevato che, secondo una costante giurispru­ denza, benché le conseguenze pratiche di ogni pronuncia giurisdizionale debbano essere vagliate accuratamente, ciò non può indurre a scalfire l'obiettività del diritto ed a compromettere la sua applicazione a motivo delle ripercussioni che tale pro­ nuncia può provocare. Tutt'al più le dette ripercussioni potrebbero essere prese in considerazione per decidere eventualmente, se necessario, di limitare l'efficacia di una sentenza nel tempo (v., in particolare, sentenza 16luglio 1992, causa C-163/90, Legros e a., Racc. pag. I-4625, punto 30).

 

78         Nemmeno può essere accolto l'argomento relativo alle pretese analogie fra sport e cultura, giacché la questione sollevata dal giudice nazionale verte non già sulle con­ dizioni dell'esercizio di competenze comunitarie di rilievo limitato, come quelle basate sull'art. 128, n. l, ma sulla portata della libera circolazione dei lavoratori, garantita dall'art. 48, che costituisce una libertà fondamentale nel sistema della Comunità (v., in particolare, sentenza 31 marzo 1993, causa C-19/92, Kraus, Racc. pag. I-1663, punto 16).

 

  1. Per quanto concerne gli argomenti relativi alla libertà di associazione, occorre rico­ noscere che tale principio, sancito dall'art. 11 della Convenzione europea per la sal­ vaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e scaturente dalle tradi­ zioni costituzionali comuni agli Stati membri, fa parte dei diritti fondamentali che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, peraltro riaffermata dal preambolo dell'Atto unico europeo e dall'art. F, n. 2, del Trattato sull'Unione europea, sono oggetto di tutela nell'ordinamento giuridico comunitario.

  1. Tuttavia, non si può ritenere che le norme emanate da associazioni sportive e men­ zionate dal giudice nazionale siano necessarie per garantire alle dette associazioni, alle società calcistiche o ai calciatori l'esercizio di tale libertà o ne costituiscano una necessana conseguenza.

8t          Infine, il principio di sussidiarietà, come interpretato dal governo tedesco, ossia nel senso che l'intervento delle autorità pubbliche, e segnatamente delle autorità comu­ nitarie, nella materia considerata dev'essere limitato allo stretto necessario, non può avere l'effetto che l'autonomia di cui godono le associazioni private per adottare normative sportive limiti l'esercizio dei diritti conferiti ai privati dal Trattato.

  1. Respinte le obiezioni relative all'applicazione dell'art. 48 del Trattato ad atttvtta sportive come quelle dei calciatori professionisti, occorre ricordare che, come la Corte ha dichiarato nella citata sentenza Walrave, punto 17, il detto articolo non disciplina soltanto gli atti delle autorità pubbliche, ma si applica anche alle norma­ tive  di altra natura  dirette a disciplinare  collettivamente  il lavoro subordinato.

 

 

  1. La Corte, infatti, ha considerato che l'abolizione fra gli Stati membri degli ostacoli alla libera circolazione delle persone sarebbe compromessa se l'eliminazione delle limitazioni stabilite da norme statali potesse essere neutralizzata da ostacoli deri­vanti dall'esercizio dell'autonomia giuridica di associazioni ed enti di natura non pubblicistica  (v. la citata sentenza Walrave, punto  18).

 

 

  1. Inoltre, la Corte ha rilevato che nei vari Stati membri le condizioni di lavoro sono disciplinate talvolta da norme di natura legislativa o regolamentare, talvolta da con­ venzioni e altri atti di natura privatistica. Pertanto, se l'oggetto dell'art. 48 del Trat­ tato fosse limitato agli atti della pubblica autorità, potrebbero verificarsi disparità nella sua applicazione (v. la citata sentenza Walrave, punto 19). Tale rischio è par­ ticolarmente evidente in un caso come quello di specie poiché, come si è sottoli­ neato nel punto 24 di questa sentenza, le norme sui trasferimenti sono state ema­ nate da enti diversi o secondo tecniche differenti  nei vari Stati membri.

 

  1. L'UEFA obietta che questa interpretazione si risolve nel conferire all'art. 48 del Trattato un valore più vincolante per i privati che per gli Stati membri, dato che solo questi ultimi possono avvalersi di limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica.
 
  1. Tale argomento poggia su una premessa errata. Nulla osta, infatti, a che le giusti­ ficazioni attinenti all'ordine pubblico,  alla pubblica  sicurezza  e alla sanità pubblica siano invocate da privati. La natura pubblicistica o privatistica della normativa di cui  trattasi  non  incide  affatto  sulla portata  o sul  contenuto  delle  dette  giustifica­zioni.
 
  1. Si deve pertanto concludere che l'art. 48 del Trattato si applica a norme emanate da associazioni sportive come l'URBSFA, la FIFA, o l'UEFA per stabilire le condi­ zioni alle quali gli sportivi professionisti esercitano un'attività retribuita.

 

Quanto al carattere puramente interno della situazione cui si riferisce il giudice nazionale 

 

 

  1. L'UEFA rileva che le cause pendenti dinanzi al giudice a quo si riferiscono ad una situazione puramente interna allo Stato belga, che esula dalla sfera d'applicazione dell'art. 48 del Trattato. Esse riguarderebbero infatti un calciatore belga il cui tra­ sferimento non ha potuto aver luogo a causa del comportamento di una società belga e di un'associazione belga.

 

 

  1. Certo, risulta da una giurisprudenza costante (v., in particolare, sentenze 28 marzo 1979, causa 175/78, Saunders, Racc. pag. 1129, punto 11; 28 giugno 1984, causa 180/83, Moser, Racc. pag. 2539, punto 15: 28 gennaio 1992, causa C-332/90, Steen, Racc. pag. I-341, punto 9; e Kraus, citata, punto 15) che le disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione dei lavoratori, e segnatamente l'art. 48, non pos­ sono essere applicate a situazioni puramente interne di uno Stato membro, ossia in mancanza di qualsiasi criterio di collegamento ad una qualunque delle situazioni previste  dal  diritto  comunitario.

 

 

9o     Tuttavia, dagli accertamenti di fatto compiuti dal giudice a quo risulta che il signor Bosman aveva stipulato un contratto di lavoro con una società di un altro Stato membro per esercitare un'attività retribuita nel territorio· di tale Stato. Come ha giustamente osservato l'interessato, egli ha, ciò facendo, risposto ad un'offerta di lavoro effettiva ai sensi dell'art. 48, n. 3, lett. a).

 
  1. Poiché la situazione di cui alle cause a quibus non può qualificarsi puramente interna, l'argomento prospettato dall'UEFA dev'essere respinto.

 

 

Sull'esistenza di un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori

 

  1. Occorre quindi accertare se le norme sui trasferimenti costituiscano un ostacolo alla  libera circolazione dei lavoratori, vietato dall'art. 48 del Trattato.

 

  1. Come la Corte ha affermato più volte, la libera circolazione dei lavoratori costitui­ sce  uno dei principi fondamentali della Comunità e le norme del Trattato che garantiscono tale libertà hanno effetto diretto sin dalla fine del periodo transitorio.

 

  1. La Corte ha inoltre considerato che l'insieme delle norme del Trattato relative alla libera circolazione delle persone mira a facilitare ai cittadini comunitari l'esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura nel territorio della Comunità ed asta ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora intendano svolgere un'attività economica nel territorio di un altro Stato membro (v. sentenze 7 luglio 1988, causa 143/87, Stanton, Racc. pag. 3877, punto 13, e 7 luglio 1992, causa C-370/90, Singh, Racc. pag. 1-4265, punto 16).

 

 

  1. In tale contesto i cittadini degli Stati membri dispongono, in particolare, del diritto, conferito loro direttamente dal Trattato, di lasciare il paese d'origine per entrare nel territorio di un altro Stato membro ed ivi soggiornare al fine di eserci­ tare un'attività economica (v., in particolare, sentenze 5 febbraio 1991, causa C-363/89, Roux, Racc. pag. 1-273, punto 9, e Singh, citata, punto 17).
  2. Le disposizioni che impediscano ad un cittadino di uno Stato membro di lasciare il paese d'origine per esercitare il suo diritto di libera circolazione, o che lo dissua­ dano dal farlo, costituiscono quindi ostacoli frapposti a tale libertà anche se si applicano indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati (v., anche sentenza 7 marzo 1991, causa C-10/90, Masgio, Racc. pag. I-1119, punti 18 e 19).

 

  1. D'altro canto, la Corte ha rilevato, nella sentenza 27 settembre 1988, causa 81/87, Daily Mail and Generai Trust (Racc. pag. 5483, punto 16), che, sebbene le norme del Trattato relative alla libertà di stabilimento mirino in particolare a garantire il beneficio del trattamento nazionale nello Stato membro ospitante, esse ostana pari­ menti a che lo Stato d'origine ostacoli lo stabilimento in un altro Stato membro di un suo cittadino o di una società costituita secondo la sua normativa e corrispon­ dente, peraltro, alla definizione dettata dall'art. 58. I diritti garantiti dall'art. 52 e seguenti del Trattato sarebbero vanificati se lo Stato d'origine potesse vietare alle imprese di lasciare il suo territorio per stabilirsi in un altro Stato membro. Le stesse considerazioni valgono, sotto il profilo dell'art. 48 del Trattato, per le norme che ostacolano la libera circolazione dei cittadini di uno Stato membro che inten­ dano svolgere un'attività lavorativa subordinata in un altro Stato membro.

 

  1. Ora, è vero che le norme sui trasferimenti contestate nelle cause a quibus si appli­ cano anche ai  trasferimenti di calciatori  fra società appartenenti a federazioni nazionali diverse nell'ambito dello stesso Stato membro e che norme analoghe disciplinano i trasferimenti fra società appartenenti alla stessa federazione nazio­ nale.

 

 

  1. Tuttavia, come hanno fatto notare il signor Bosman, il governo danese e l'avvocato generale nei paragrafi 209 e 21O delle sue conclusioni, tali norme sono idonee a limitare la libera circolazione dei calciatori che vogliono svolgere la loro attività in un altro Stato membro poiché impediscono loro di lasciare le società cui apparten­ gono, o li dissuadono dal farlo, anche dopo la scadenza dei contratti di lavoro che li legano ad  esse.
  2. In effetti, prevedendo, come fanno, che un calciatore professionista può esercitare la sua attività in una nuova società stabilita in un altro Stato membro solo se que­ st'ultima ha versato alla società di provenienza l'indennità di trasferimento il cui importo è stato convenuto fra di esse o determinato ai sensi dei regolamenti delle federazioni sportive, le dette norme costituiscono un ostacolo alla libera circola­ zione dei lavoratori.

  

  1. Come ha rilevato correttamente il giudice nazionale, tale conclusione non è infi­ ciata dal fatto che norme sui trasferimenti emanate dall'UEFA nel 1990 hanno disposto che i rapporti economici fra le due società non influiscono sull'attività del calciatore, il quale può giocare liberamente per la sua nuova società. Quest'ultima, infatti, resta tenuta a versare l'indennità di cui trattasi, a pena di sanzioni che pos sono giungere fino alla sua radiazione per debiti; e ciò le impedisce con altrettanta efficacia di ingaggiare un calciatore proveniente da una società di un altro Stato membro senza prima pagare la detta indennità.

 

  1. La conclusione dianzi esposta non è infirmata nemmeno dalla giurisprudenza della Corte, invocata dall'URBSFA e dall'UEFA, la quale esclude che l'art. 30 del Trat­ tato si applichi a provvedimenti che limitano o vietano talune modalità di vendita, purché essi valgano per tutti gli operatori interessati che esercitano la loro attività nel territorio nazionale e incidano in uguale misura, in diritto come in fatto, sullo smercio dei prodotti nazionali e dei prodotti provenienti da altri Stati membri (v. sentenza 24 novembre 1993, cause riunite C-267/91 e C-268/91, Keck e Mithouard, Racc. pag. I-6097, punto 16).

 

 

1o3 Basta rilevare, invero, che, sebbene le norme di cui si discute nelle cause a quibus si applichino anche ai trasferimenti fra società facenti parte di federazioni nazionali diverse nell'ambito dello stesso Stato membro e siano analoghe a quelle che disci­ plinano i trasferimenti fra società aderenti alla stessa federazione nazionale, resta pur sempre il fatto che esse condizionano direttamente l'accesso dei calciatori al mercato del lavoro negli altri Stati membri e in tal modo sono idonee ad ostacolare la libera circolazione dei lavoratori. Esse non possono quindi venire assimilate alle normative riguardanti le modalità di vendita delle merci che la sentenza Keck e Mithouard ha ritenuto esulare dalla sfera d'applicazione dell'art. 30 del Trattato (v. anche, in materia di libera prestazione di servizi, sentenza lO maggio 1995, causa C-384/93, Alpine  Investments,  Racc. pag. I-1141, punti  36-38).

 

104 Di conseguenza, le norme sui trasferimenti costituiscono ostacoli alla libera circo­ lazione dei lavoratori vietati, in linea di principio, dall'art. 48 del Trattato. Ad una diversa conclusione si potrebbe giungere solo se le dette norme perseguissero uno scopo legittimo compatibile con il Trattato e fossero giustificate da imperiosi motivi d'interesse pubblico. Anche in tale ipotesi, però, la loro applicazione dovrebbe essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non dovrebbe eccedere quanto necessario per farlo (v., in particolare, sentenza Kraus, citata, punto 32, e sentenza 30 novembre 1995, causa C-55/94, Gebhard, Racc. pag. I-4165, punto 37). 

Sull'esistenza  di giustificazioni

1os   L'URBSFA, l'UEFA e i governi francese e italiano hanno anzitutto sostenuto che le norme sui trasferimenti sono giustificate dall'intento di conservare l'equilibrio finanziario e sportivo fra le società e di sostenere la ricerca di calciatori di talento e la formazione dei giovani calciatori. 

 

1o6 Considerata la notevole importanza sociale dell'attività sportiva e, specialmente, del gioco del calcio nella Comunità, si deve riconoscere la legittimità degli scopi consistenti nel garantire la conservazione di un equilibrio fra le società, preser­ vando una certa parità di possibilità e l'incertezza dei risultati, e nell'incentivare l'ingaggio e la formazione dei giovani calciatori.

 

 

1o7 Per quanto riguarda il primo di questi scopi, il signor Bosman ha giustamente rile­ vato che l'applicazione delle norme sui trasferimenti non costituisce un mezzo ade­guato per garantire la conservazione dell'equilibrio finanziario e sportivo nel mondo del calcio. Tali norme non impediscono alle società economicamente più forti di procurarsi i servigi dei migliori calciatori né impediscono che i mezzi finanziari disponibili costituiscano un elemento decisivo nella competizione sportiva e che l'equilibrio fra le società ne risulti notevolmente alterato.

 

 

 

 

 

1os Quanto al secondo scopo, si deve ammettere che la prospettiva di percepire inden­ nità di trasferimento, di promozione o di formazione è effettivamente idonea ad incoraggiare le società a cercare calciatori di talento e ad assicurare la formazione dei giovani calciatori.

 

 

 

  1. Tuttavia, essendo impossibile prevedere con certezza l'avvenire sportivo dei gio­ vani calciatori e poiché solo pochi di essi si dedicano all'attività professionistica, le dette indennità si caratterizzano per incertezza e aleatorietà e, comunque, non hanno alcun rapporto con le spese effettivamente sostenute dalle società per for­ mare sia i futuri calciatori professionisti sia i giovani che non diventeranno mai tali. Ciò considerato, la prospettiva di ricevere indennità del genere non può svolgere un ruolo determinante nell'incentivare l'ingaggio e la formazione dei giovani cal­ ciatori né costituire un mezzo idoneo per finanziare tali attività, soprattutto nel caso delle società calcistiche di piccole dimensioni.

 

  1. Peraltro, come ha rilevato l'avvocato generale nei paragrafi 226 e seguenti delle sue conclusioni, gli stessi scopi possono essere conseguiti in modo almeno altrettanto efficace con altri mezzi che non intralcino la libera circolazione dei lavoratori.

 

  1. Inoltre è stato sostenuto che le norme sui trasferimenti sono necessarie a salvaguar­dare l'organizzazione mondiale del gioco del calcio.

 

  1. A questo proposito si deve rilevare che il presente procedimento verte sull'appli­cazione delle norme in esame all'interno della Comunità e non riguarda i rapporti tra le federazioni nazionali degli Stati membri e quelle dei paesi terzi. D'altra parte, l'applicazione di norme diverse ai trasferimenti fra società facenti parte delle federazioni nazionali della Comunità e ai trasferimenti fra tali società e quelle aderenti alle federazioni nazionali dei paesi terzi non può creare difficoltà particolari. Infatti, come emerge dai precedenti punti 22 e 23, le norme che a tutt'oggi disci­ plinano i trasferimenti nell'ambito delle federazioni nazionali di alcuni Stati mem­ bri differiscono da quelle che si applicano a livello internazionale.

 

 

m     Infine, l'argomento secondo cui le dette norme sono necessarie per compensare le spese che le società hanno dovuto sostenere per pagare indennità al momento del­ l'ingaggio dei loro calciatori non può essere accolto, giacché tende a giustificare la conservazione di ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori con il semplice fatto che tali ostacoli possono essere esistiti in passato.

 

 

114 Di conseguenza, la prima questione dev'essere risolta nel senso che l'art. 48 del Trattato osta all'applicazione di norme emanate da associazioni sportive secondo le quali un calciatore professionista cittadino di uno Stato membro, alla scadenza del contratto che lo vincola ad una società, può essere ingaggiato da una società di un altro Stato membro solo se questa ha versato alla società di provenienza un'inden­ nità di trasferimento, di formazione o di promozione.

 

Sull'interpretazione dell'art. 48 del Trattato con riguardo alle norme sulla cit­tadinanza 

 

11s Con la seconda questione il giudice nazionale chiede in sostanza se l'art. 48 del Trattato osti all'applicazione di norme emanate da associazioni sportive secondo le quali, nelle partite delle competizioni che esse organizzano, le società calcistiche possono schierare solo un numero limitato di calciatori professionisti cittadini di altri Stati membri.


 

Sull'esistenza di un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori

 

 

 

  1. Come la Corte ha rilevato sopra, nel punto 87, l'art. 48 del Trattato si applica a norme emanate da associazioni sportive che determinano le condizioni alle quali gli sportivi professionisti esercitano un'attività retribuita. Pertanto, occorre accertare se le norme sulla cittadinanza costituiscano un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori, vietata dall'art. 48.

 

  1. L'art. 48, n. 2, dispone espressamente che  la libera circolazione dei lavoratori implica l'abolizione di qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza fra i lavo­ ratori degli Stati membri per quanto riguarda l'occupazione, la retribuzione e le condizioni di lavoro.

 

11s La citata disposizione è stata attuata, in particolare, dall'art. 4 del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità (GU L 257, pag. 2), ai sensi del quale le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che limitano, per impresa, per ramo di attività, per regioni o su scala nazionale, il numero o la per­ centuale degli stranieri occupati non sono applicabili ai cittadini degli altri Stati membri. 

 

119 Lo stesso principio osta a che le norme dei regolamenti delle associazioni sportive limitino il diritto dei cittadini di altri Stati membri di partecipare, come professio­ nisti, ad incontri di calcio (v. sentenza Donà, citata, punto 19).

 

 

120 A questo proposito, il fatto che tali norme non riguardino l'ingaggio dei detti cal­ciatori, che non è limitato, ma la possibilità, per le società cui appartengono, di farli scendere in campo nelle partite ufficiali è irrilevante. Poiché la partecipazione a tali incontri costituisce l'oggetto essenziale dell'attività di un calciatore professionista, è evidente che una norma che limiti detta partecipazione incide anche sulle possi­ bilità d'ingaggio del calciatore interessato.

 

 

 

Sull'esistenza  di giustificazioni

 

 

 

  1. Essendo stata accertata l'esistenza di un ostacolo, occorre verificare se esso possa essere giustificato con riguardo all'art. 48 del Trattato.

 

 

 

  1. L'URBSFA, l'UEFA e i governi tedesco, francese e italiano osservano che le norme sulla cittadinanza sono giustificate da motivi non economici, attinenti unicamente allo sport in sé e per sé.

 

 

  1. Infatti, esse servirebbero, in primo luogo, a  preservare  il legame  tradizionale  fra ogni società calcistica e il proprio paese, che è molto importante per  consentire al pubblico di identificarsi con la squadra preferita e per far sì che le società che par­ tecipano  a  gare internazionali  rappresentino  effettivamente  il proprio  paese.

  1. In secondo luogo, le dette norme sarebbero necessarie per costituire un'adeguata riserva di calciatori nazionali che consenta alle squadre nazionali di mettere in campo calciatori di alto livello in tutti i ruoli.

 

12s In terzo luogo esse contribuirebbero a conservare l'equilibrio  sportivo  fra  le società impedendo a quelle economicamente più forti di ingaggiare i migliori cal­ciatori.

126      Infine, l'UEFA sottolinea  che la  regola  del  <<3+2»  è stata elaborata  di concerto  con la Commissione e  dev'essere  riesaminata  regolarmente  in  funzione  dell'evoluzione della  politica   comunitaria. 

 

 

  1. Va sottolineato al riguardo che nella citata sentenza Donà, punti 14 e 15, la Corte ha  riconosciuto che le norme del Trattato in materia di libera circolazione delle persone  non ostano a normative o prassi che escludano i calciatori  stranieri da determinati  incontri per motivi non economici, attinenti al carattere e all'ambito specifici di tali  partite e che quindi hanno natura prettamente sportiva, come, ad esempio, nel caso  di incontri fra le rappresentative di paesi diversi. La Corte ha sottolineato, però, che tale restrizione della sfera d'applicazione delle norme di cui trattasi deve restare entro i limiti del suo oggetto specifico.

 

 

12s Nella fattispecie le norme sulla cittadinanza non riguardano incontri specifici fra rappresentative nazionali, ma si applicano a tutti gli incontri ufficiali tra società cal­ cistiche e, quindi, alla parte essenziale dell'attività esercitata dai calciatori profes­ sionisti.

 

 

129 Alla luce di quanto precede le norme sulla cittadinanza non possono essere consi­ derate conformi all'art. 48 del Trattato. Questa norma sarebbe altrimenti privata del suo effetto utile e il diritto fondamentale di accedere liberamente a un'occupa­ zione, che essa conferisce individualmente ad ogni lavoratore della Comunità (v., sentenza 15 ottobre 1987, causa 222/86, Heylens, Racc. pag. 4097, punto 14), sarebbe vanificato.

 

 

Bo     Nessuno degli argomenti fatti valere dalle associazioni sportive e dai governi che hanno presentato osservazioni può inficiare tale conclusione.

13t        In primo luogo si deve rilevare che il legame fra una società calcistica e lo Stato membro nel quale essa è stabilita non può considerarsi inerente all'attività sportiva, in ogni caso non più del legame che unisce tale società al suo quartiere, alla sua città o alla sua regione, oppure, come nel caso del Regno Unito, al territorio di competenza di ciascuna delle quattro federazioni. Nei campionati nazionali, infatti, si affrontano società di regioni, di città o di quartieri diversi, ma nessuna norma limita, relativamente a tali partite, il diritto delle società di schierare in campo cal­ ciatori provenienti da altre regioni, da altre città o da altri quartieri. 

 

m     Inoltre, la partecipazione alle gare internazionali è riservata alle società che hanno ottenuto determinati risultati sportivi nel loro rispettivo paese, senza che la citta­ dinanza dei loro calciatori rivesta un ruolo particolare.

 

 

m     In secondo luogo, va osservato che, anche se le squadre nazionali devono essere composte di calciatori cittadini del paese interessato, questi non devono essere necessariamente qualificati per le società di tale paese. Peraltro, ai sensi dei regola­ menti delle associazioni sportive, le società che hanno alle loro dipendenze calcia­ tori stranieri sono tenute a permettere loro  di partecipare  a  determinati  incontri nelle file della nazionale del loro paese. 

 

134 Inoltre, se è vero che la libera circolazione dei lavoratori, rendendo accessibile il mercato del lavoro di uno Stato membro ai cittadini degli altri Stati membri, ha l'effetto di ridurre le possibilità dei lavoratori nazionali di trovare un'occupazione nel territorio dello Stato cui appartengono, è anche vero che essa offre loro in cam­ bio nuove prospettive di occupazione negli altri Stati membri. Manifestamente, tali considerazioni valgono anche per i calciatori professionisti. 

 

m     In terzo luogo, per quanto riguarda l'equilibrio sportivo, occorre rilevare che le norme sulla cittadinanza, che impedirebbero  alle squadre più facoltose di ingaggiare i migliori calciatori stranieri, non sono idonee a conseguire questo scopo giacché nessuna norma limita la loro facoltà di ingaggiare i migliori calciatori nazionali, che compromette in misura non diversa il detto equilibrio.

  

136 Infine, per quanto riguarda l'argomento relativo al fatto che la Commissione ha partecipato all'elaborazione della regola del «3+2>>, si deve ricordare che, al di fuori dei casi in cui tali  competenze  le  sono espressamente  attribuite,  la  Commissione non ha il potere di dare garanzie quanto alla compatibilità  di un determinato com­portamento con il Trattato (v., anche, sentenza 27 maggio  1981,  cause  riunite 142/80 e 143/80, Essevi e Salengo, Racc. pag. 1413, punto 16). Essa, in ogni caso, non  dispone  del potere  di  autorizzare  comportamenti  contrari  al Trattato.

 

m Da quanto precede risulta che l'art. 48 del Trattato osta all'applicazione di norme emanate da associazioni sportive, secondo le quali, nelle partite delle competizioni che esse organizzano, le società calcistiche possono schierare solo un numero limi­ tato di calciatori professionisti cittadini di altri Stati membri.

 

 

Sull'interpretazione degli artt. 85 e 86 del Trattato

 

 

 

m    Poiché i due tipi di norme menzionate nelle questioni pregiudiziali sono in con­ trasto con l'art. 48, non occorre pronunciarsi sull'interpretazione degli artt. 85 e 86 del Trattato.

 

Sugli effetti di questa sentenza nel tempo

 

 

 

139 Nelle loro osservazioni scritte e orali l'UEFA e l'URBSFA hanno attirato l'atten­zione della Corte sulle gravi conseguenze che dalla sua sentenza potrebbero risultare per l'organizzazione del gioco del calcio nel suo complesso, qualora essa giu­ dicasse incompatibili con il Trattato le norme sui trasferimenti e le norme sulla cit­tadinanza.

 

 

 

14o Dal canto suo, il signor Bosman, pur osservando che una soluzione in tal senso non è ineluttabile, ha rilevato che la Corte potrebbe limitare nel tempo gli effetti della sua sentenza per quanto riguarda le norme sui trasferimenti. 

 

  1. Secondo una giurisprudenza costante, l'interpretazione che la Corte dà di una norma di diritto comunitario nell'esercizio della competenza attribuitale dall'art. 177 del Trattato chiarisce e precisa, se necessario, il significato e la portata della norma stessa, come deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore. Ne deriva che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza che statuisce sulla domanda d'interpretazione, purché sussistano i presup­ posti per sottoporre al giudice competente una lite relativa all'applicazione della detta norma (v., in particolare, sentenza 2 febbraio 1988, causa 24/86, Blaizot, Racc. pag. 379, punto 27).

 

 

  1. Solo in via eccezionale la Corte, applicando il principio generale della certezza del diritto inerente all'ordinamento giuridico comunitario, può essere indotta a limi­ tare la possibilità di qualunque interessato di far valere una norma, da essa inter­ pretata, allo scopo di rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Tale limitazione può essere ammessa soltanto dalla Corte nella stessa sentenza che statuisce sull'interpretazione richiesta (v., in particolare, sentenze Blaizot, citata, punto 28, e Legros e a., citata, punto 30).

 

143 Nel caso di specie i peculiari aspetti delle norme emanate dalle associazioni spor­ tive per quanto riguarda i trasferimenti di calciatori fra società di Stati membri diversi, come pure il fatto che le stesse norme, o norme analoghe, si applicavano sia ai trasferimenti fra società aderenti alla stessa federazione nazionale sia ai trasferìmenti fra società facenti parte di federazioni nazionali diverse nell'ambito dello stesso Stato membro, possono aver creato uno stato d'incertezza quanto alla com­ patibilità delle dette norme con il diritto comunitario.

 

 

 

 

 

  1. Pertanto, considerazioni imperative di certezza del diritto ostano a che situazioni giuridiche che hanno esaurito i loro effetti nel passato siano rimesse in discussione. Occorre prevedere, tuttavia, un'eccezione a favore delle persone che abbiano preso tempestivamente iniziative per salvaguardare i loro diritti. Infine, si deve precisare che la limitazione degli effetti della detta interpretazione può essere ammessa solo per le indennità di trasferimento, di formazione o di promozione che, alla data di questa sentenza, siano state già pagate o siano ancora dovute in adempimento di un'obbligazione sorta prima di tale data.

 

 

  1. Di conseguenza, si deve statuire nel senso che l'effetto diretto dell'art. 48 del Trat­ tato non può essere fatto valere a sostegno di rivendicazioni relative a indennità di trasferimento, di formazione o di promozione che, alla data di questa sentenza, siano state già pagate o siano ancora dovute in adempimento di un'obbligazione sorta prima di tale data, fatta eccezione per coloro che, prima della stessa data, abbiano intentato azioni giudiziarie o esperito rimedi equivalenti ai sensi del diritto nazionale vigente in materia.

 

  1. Per quanto riguarda invece le norme sulla  cittadinanza,  la  limitazione  temporale degli effetti di questa sentenza non può essere ammessa. Infatti, alla luce delle citate sentenze Walrave e Donà, nessuno poteva ragionevolmente ritenere che le discri­ minazioni  derivanti  da tali norme fossero compatibili  con l'art. 48  del Trattato.

 

Sulle spese

 

 

147      Le spese sostenute dai governi danese, tedesco, francese e italiano e dalla Commis­sione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nelle cause principali il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazio­ nale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

 

 

 

 

Per questi motivi,

 

 

LA CORTE,

 

 

 

 

pronunciandosi  sulle questioni sottopostele dalla Cour d'appel di Liegi con sen­ tenza 1o  ottobre 1993, dichiara:

 

 

 

  1. L'art. 48 del Trattato CEE osta all'applicazione di norme emanate da asso­ ciazioni sportive secondo le quali un calciatore professionista cittadino di uno Stato membro, alla scadenza del contratto che lo vincola ad una società, può essere ingaggiato da una società di un altro Stato membro solo se questa ha versato alla società di provenienza un'indennità di trasferimento, di for­ mazione o di promozione.

 

 

 

  1. L'art. 48 del Trattato CEE osta all'applicazione di norme emanate da asso­ ciazioni sportive secondo le quali, nelle partite delle competizioni che esse organizzano, le società calcistiche possono schierare solo un numero limitato di calciatori  professionisti  cittadini  di altri Stati membri.

 

 

 

3) L'effetto diretto dell'art. 48 del Trattato CEE non può essere fatto valere a sostegno di rivendicazioni relative a indennità di trasferimento, di forma­ zione o di promozione che, alla data di questa sentenza, siano state già pagate o siano ancora dovute in adempimento di un'obbligazione  sorta prima di tale data, fatta eccezione per coloro che, prima della stessa data, abbiano intentato azioni giudiziarie o esperito rimedi equivalenti ai sensi del diritto nazionale vigente in materia.

 

 

 

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 dicembre 1995.

 

 
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