CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONI UNITE CIVILI, Ordinanza del 01/02/2022 n. 3057

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Presidente TIRELLI FRANCESCO

Relatore SCARPA ANTONIO

– OMISSIS –

ORDINANZA

sul ricorso 12887-2021 proposto da:

- OMISSIS -, rappresentato e difeso dall'avvocato VINCENZO CITO;

- ricorrente –

contro

FITET FEDERAZIONE ITALIANA TENNISTAVOLO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C. FERRERO DI CAMBIANO, 82, presso lo studio dell'avvocato GIANCARLO GUARINO, che la rappresenta e difende;

- controricorrente –

per regolamento preventivo di giurisdizione in relazione al giudizio pendente davanti al Tribunale ordinario di Lecce, iscritto al RG N. 8924/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell'11/01/2022 dal Consigliere Antonio Scarpa;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratore Generale Rita Sanlorenzo, che ha chiesto di rigettare il ricorso, spettando la giurisdizione del giudice amministrativo; letta la memoria ex art. 380-ter, comma 2, c.p.c. presentata dal ricorrente.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. - OMISSIS -, atleta agonista di nazionalità ungherese, tesserato con l'Associazione Sportiva Dilettantistica Tennistavolo Salento, affiliata alla Federazione Italiana Tennistavolo (FITeT), ha proposto ricorso "ex art. 702 bis c.p.c. con contestuale istanza cautelare ex art. 700 c.p.c." davanti al Tribunale di Lecce per sentir ordinare alla FITeT l'eliminazione di ogni limite regolamentare all'utilizzo di atleti di provenienza intracomunitaria, nonché di trattare il ricorrente alla stregua di un cittadino italiano anche in relazione alla tassa federale da versare; e poi per sentir accertare, nel merito, il carattere discriminatorio dei regolamenti FITeT relativi alla stagione agonistica 2020-2021, che impongono un limite massimo all'utilizzo di atleti di provenienza intracomunitaria, ordinando alla Federazione convenuta di adottare ogni conseguente provvedimento e di equiparare la Tabella Tasse Federali per gli atleti italiani e stranieri, con condanna al risarcimento dei danni e pubblicazione dell'ordinanza.

2. La FITeT, nel costituirsi dinanzi al Tribunale, ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice statale, ovvero, in subordine, del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo competente (TAR del Lazio).

3. Il Tribunale di Lecce, con ordinanza del 20 maggio 2021, "escluso che l'azione sia stata proposta ex art. 44 d.lgs. 286/1998 - art. 28 d.lgs. 150/2011 (alla quale è fatto cenno nelle note depositate il 29.3.2021), ha rigettato il ricorso "ex art. 700 c.p.c.", esulando la domanda formulata dalla giurisdizione ordinaria.

4. Il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione proposto con ricorso notificato il 5 maggio 2021 da - OMISSIS - assume, nel paragrafo A, la applicabilità, in forza dei criteri di specialità e cronologico, della tutela giurisdizionale finalizzata alla rimozione delle condotte discriminatorie, ex artt. 44 del d.lgs. n. 286 del 1998 e 28 del d.lgs. n. 150 del 2011, rispetto alla disciplina posta a tutela dell'autonomia dell'ordinamento sportivo, di cui al d.l. n. 220 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla I. n. 280 del 2003, con particolare riguardo alla prevista giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il paragrafo B del ricorso esclude che la controversia in esame possa rientrare nell'ambito di autonomia dell'ordinamento sportivo. Il paragrafo C delinea l'ambito di autonomia dell'ordinamento sportivo, negando che nel caso in esame rilevino l'osservanza e l'applicazione di norme regolamentari sullo svolgimento delle competizioni. Il paragrafo D ravvisa la giurisdizione del giudice ordinario, venendo in rilievo un rapporto di natura patrimoniale.

4.1.La controricorrente FITeT eccepisce in via pregiudiziale la inammissibilità del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, avendo il Tribunale di Lecce, con esplicita statuizione, escluso che l'azione sia stata proposta ex art. 44 d.lgs. 286/1998- art. 28 d.lgs. 150/2011, e non essendo stato avanzato sul punto reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c.

5. La verifica di ammissibilità del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione proposto da - OMISSIS -è correlata alla qualificazione della domanda proposta davanti al Tribunale di Lecce, dovendosi accertare se si trattasse unicamente di domanda cautelare ex art. 700 c.p.c., come affermato dallo stesso Tribunale nell'ordinanza reiettiva del 20 maggio 2021, o anche di domanda di merito proposta ai sensi dell'art. 28 del d.lgs. n. 150 del 2011. 6. L'art. 28 del decreto legislativo 10settembre 2011, n. 150, ha stabilito che "[I]e controversie in materia di discriminazione di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, quelle di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, quelle di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, quelle di cui all'articolo 3 della legge 1° marzo 2006, n. 67, e quelle di cui all'articolo 55-quinquies del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo". Per effetto dell'art. 38 dello stesso d.lgs. n. 150 del 2011, è da intendersi abrogata la disciplina precedentemente prevista dai diversi provvedimenti legislativi indicati dall'art. 28 citato, risultando, nel dettaglio, riformulata quella regolata dall'art. 44 del T.U. sull'immigrazione (d.lgs. n. 286 del 1998), il quale prevedeva un procedimento cautelare al quale si ritenevano applicabili, in forza dell'art. 669-quaterdecies c.p.c. ed in quanto compatibili, le norme sul procedimento cautelare uniforme regolato dal Capo III del Titolo I del Libro IV c.p.c., restando comunque inammissibile con riguardo ad esso la proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione in mancanza della pendenza del giudizio di merito (Cass. Sezioni Unite, 7 marzo 2008, n. 6172). Pur avendo l'art. 28 del d.lgs. n. 150 del 2011 ritenuto di applicare il rito sommario di cognizione, nelle forme di cui all'art. 3 del medesmo d.lgs., alle richiamate controversie civili contro le discriminazioni, già la relazione di accompagnamento al decreto (trovando sul punto il conforto della dottrina) sosteneva che la parte, che si assuma lesa dal comportamento discriminatorio, ove "lamenti che il proprio diritto è suscettibile di subire un pregiudizio imminente e irreparabile nelle more della definizione del giudizio di merito, nonostante la forma semplificata e accelerata del rito sommario di cognizione", può sempre "agire in via cautelare ai sensi dell'articolo 700 del codice di procedura civile". La tutela ex art. 700 c.p.c. sarebbe in tal senso ammissibile sia "ante causam", sia nel corso della causa di merito trattato secondo il rito sommario di cognizione.

7. Nel caso in esame, come visto, il Tribunale di Lecce ha espressamente escluso, con ordinanza del 20 maggio 2021, che la domanda proposta da - OMISSIS -avesse introdotto una causa di merito ai sensi dell'art. 28 del decreto legislativo 10 settembre 2011, n. 150, qualificando la stessa come domanda di provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c.

7.1. Ora, il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione proposto a seguito della declaratoria di difetto di giurisdizione resa dal giudice designato contro un provvedimenti urgente emesso "ante causam" ai sensi dell'art. 700 c.p.c. è inammissibile finché l'istante non abbia iniziato il giudizio di merito per il quale sorge l'oggetto del unitamente all'interesse concreto e attuale giudice dinanzi al quale lo stesso deve proseguire; né l'istanza può convertirsi straordinario per cassazione, non avendo il carattere decisorio né definitivo, neppure giurisdizione (Cass. Sezioni Unite, 28 febbraio procedimento, a conoscere il eventualmente in un ricorso provvedimento in ordine alla 2019, n. 6039; Cass. Sezioni Unite, 7 luglio 2009, n. 15854; Cass. Sezioni Unite, 28 dicembre 2007, n. 27187).

7.2. Viceversa, ove in una causa di merito proposta ai sensi dell'art. 28 del decreto legislativo 10settembre 2011, n. 150, sia pronunciata una ordinanza declinatoria della giurisdizione, la stessa deve essere impugnata con l'appello ed esclude la proponibilità del regolamento preventivo di giurisdizione, integrando una "decisione" ostativa agli effetti dell'art. 41 c.p.c. Queste Sezioni Unite hanno già affermato, invero, che il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione non può essere proposto avverso l'ordinanza conclusiva del giudizio sommario di cognizione emessa dal giudice di primo grado, anche se tale ordinanza si limita a declinare la giurisdizione, né può essere convertito in ricorso ordinario per cassazione, atteso che la relativa decisione è appellabile (Cass. Sezioni Unite, 26 ottobre 2021, n. 30111; Cass. Sezioni Unite, 3 novembre 2017, n. 26154).

8. Nel caso in esame, è tuttavia da affermare che, con il ricorso datato 30 novembre 2020, - OMISSIS - aveva proposto con unico atto domanda cautelare ex art. 700 c.p.c. e domanda di merito ai sensi dell'art. 28 del d.lgs. n. 150 del 2011, sicché l'ordinanza del Tribunale di Lecce resa il 20 maggio 2021 va intesa come provvedimento d'urgenza emesso in pendenza della causa di merito, con conseguente ammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione.

9. La decisione sulla giurisdizione deve rimanere determinata dall'oggetto della domanda.

9.1. - OMISSIS -, atleta agonista di nazionalità ungherese, convenendo la Federazione Italiana Tennistavolo (FITeT), ha domandato di: "accertare e dichiarare il carattere discriminatorio delle disposizioni adottate dalla FITET, Federazione Italiana Tennistavolo ... riportate nei 'Regolamenti dell'attività a squadre e dei relativi campionati - Parte specifica - Stagione agonistica 2020/2021", che impongono un limite massimo all'utilizzo di atleti di provenienza intracomunitaria"; "per l'effetto, ordinare alla FITET, Federazione Italiana Tennistavolo, in persona del legale rappresentante pro tempore, la modifica dei predetti regolamenti, attraverso l'eliminazione di ogni limite all'utilizzo di atleti di provenienza intracomunitaria, ovvero adottare ogni altro provvedimento ritenuto idoneo a rimuovere tali limitazioni per consentire il libero godimento di ogni diritto e facoltà alle stesse condizioni dei cittadini italiani"; "ordinare alla FITET, Federazione Italiana Tennistavolo, in persona del legale rappresentante pro tempore, di equiparare le tasse federali richieste agli atleti stranieri a quelle richieste agli atleti italiani, e dunque modificare la 'Tabella Tasse Federali' nella parte in cui prevede distinzioni tra atleti italiani e stranieri, ovvero adottare ogni altro provvedimento ritenuto idoneo a rimuovere tali disparità"; "condannare la FITET medesima ... al pagamento in favore del ricorrente della somma di euro 15.000,00, o della diversa somma che sarà ritenuta di giustizia, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, da determinarsi anche equitativamente per la parte relativa al danno non patrimoniale, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dì del dovuto e fino all’effettivo soddisfo".

 9.2. E' noto che l'art. 3 del d.l. 19 agosto 2003, n. 220, convertito, con modificazioni, in legge 17 ottobre 2003, n. 280, recante disposizioni in materia di giustizia sportiva, come poi modificato dal d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, "ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti", stabilisce che "ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è disciplinata dal codice del processo amministrativo". Vi si aggiunge che "[s]ono in ogni caso riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ed alla competenza funzionale inderogabile del tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche". Dello stesso tenore, quanto alla devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, è l'art. 133, comma 1, lett. z-septies, del codice del processo amministrativo.

9.3. La sentenza n. 49 del 2011 della Corte Costituzionale ha spiegato che dal citato articolo 3 del d.l. n. 220 del 2003, si desume una "triplice forma di tutela giustiziale": una prima forma, "limitata ai rapporti di carattere patrimoniale tra società sportive, associazioni sportive, atleti (e tesserati), è demandata alla cognizione del giudice ordinario"; una seconda, "relativa ad alcune delle questioni aventi ad oggetto le materie di cui all'art. 2, nella quale, in linea di principio, la tutela, stante la irrilevanza per l'ordinamento generale delle situazioni in ipotesi violate e dei rapporti che da esse possano sorgere, non è apprestata da organi dello Stato ma da organismi interni all'ordinamento stesso in cui le norme in questione sono state poste (e nel cui solo ambito esse, infatti, godono di pacifica rilevanza)"; una terza forma di tutela, "di carattere residuale e rimessa al giudice amministrativo". La più recente sentenza n. 160 del 2019 della Corte Costituzionale, richiamando i principi affermati nella sentenza n. 49 del 2011, ha riconosciuto la natura, per taluni profili originaria e autonoma, dell'ordinamento giuridico sportivo, la cui regolamentazione da parte dello Stato "deve dunque mantenersi nei limiti di quanto risulta necessario al bilanciamento dell'autonomia del suo ordinamento con il rispetto delle altre garanzie costituzionali che possono venire in rilievo, fra le quali vi sono (...) il diritto di difesa e il principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale presidiati dagli artt. 24, 103 e 113 Cost.".

9.4. Più volte queste Sezioni Unite hanno tracciato i confini della giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alle controversie aventi ad oggetto l'impugnativa di atti delle Federazioni sportive nazionali, che si configurano come decisioni amministrative aventi rilevanza per l'ordinamento statale (da ultimo, Cass. Sezioni Unite, 29 ottobre 2021, n. 30714; Cass. Sezioni Unite, 7 maggio 2021, n. 12149), nonché specificato l'ambito della cosiddetta giurisdizione sportiva (da ultimo, Cass. Sezioni Unite, 23 febbraio 2021, n. 4850; Cass. Sez. Unite, 28 dicembre 2020, n. 29654; Cass. Sez. Unite, 27 dicembre 2018, n. 33536).

9.5. L'oggetto della domanda di merito di - OMISSIS -involge prima facie una questione amministrativa di diritto sportivo, giacché relativa al tesseramento degli atleti, e dunque all'esplicazione del potere istituzionale organizzativo da parte della Federazione convenuta ed alla instaurazione del cosiddetto "rapporto associativo".

9.5.1. Va sottolineato come l'art. 2 del d.l. 19 agosto 2003, n. 220, nel testo originario, aveva riservato alla giustizia sportiva, tra l'altro, anche la disciplina delle questioni aventi ad oggetto "l'ammissione e l'affiliazione alle federazioni di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati", soluzione poi superata dalla legge di conversione 17 ottobre 2003, n. 280, che ha affidato al giudice statale le questioni inerenti a tesseramenti ed affiliazioni. La sentenza n. 49 del 2011 della Corte Costituzionale, anche alla luce dei lavori preparatori della legge di conversione n. 280 del 2003, ricava la considerazione che "la possibilità, o meno, di essere affiliati ad una Federazione sportiva o tesserati presso di essa nonché la possibilità, o meno, di essere ammessi a svolgere attività agonistica disputando le gare ed i campionati organizzati dalle Federazioni sportive facenti capo al CONI (...) non è situazione che possa dirsi irrilevante per l'ordinamento giuridico generale e, come tale, non meritevole di tutela da parte di questo. Ciò in quanto è attraverso siffatta possibilità che trovano attuazione sia fondamentali diritti di libertà - fra tutti, sia quello di svolgimento della propria personalità, sia quello di associazione - che non meno significativi diritti connessi ai rapporti patrimoniali - ove si tenga conto della rilevanza economica che ha assunto il fenomeno sportivo, spesso praticato a livello professionistico ed organizzato su base imprenditoriale -, tutti oggetto di considerazione anche a livello costituzionale. L'intervento del legislatore della conversione è, quindi, apparso coerente con quanto disposto all'art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 220 del 2003, là dove, in fine, viene espressamente precisato che l'autonomia dell'ordinamento sportivo recede allorché siano coinvolte situazioni giuridiche soggettive che, sebbene connesse con quello, siano rilevanti per l'ordinamento giuridico della Repubblica".

9.6. Una risalente pronuncia di queste Sezioni Unite, proprio in ordine ad una fattispecie di rifiuto opposto da una federazione sportiva al tesseramento di un atleta straniero, in applicazione delle proprie norme regolamentari, riconobbe all'interessato la tutela giurisdizionale erogabile dal giudice amministrativo per la declaratoria di illegittimità di quegli atti, atteso che le suddette norme regolamentari configurano atti amministrativi, espressione di potestà pubblicistica, a fronte dei quali la posizione dell'atleta escluso ha natura di interesse legittimo (Cass. Sezioni Unite 9 maggio 1986, n. 3091). Un coevo precedente affermò, per identiche ragioni, la giurisdizione del giudice amministrativo con riguardo alla domanda con la quale una donna era insorta avverso il rifiuto della Federazione Italiana Gioco Calcio di iscrizione nei ruoli arbitrali effettivi (Cass. Sezioni Unite 9 maggio 1986, n. 3092).

9.7. Assai diffuso, negli ultimi decenni, è stato tuttavia lo specifico contenzioso che ha investito dapprima la Corte di Giustizia dell'Unione Europea (può citarsi la ben nota sentenza 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman) e poi i giudici statali, avente ad oggetto l'illegittimità delle norme dei regolamenti federali che prevedono limiti al tesseramento ed all'utilizzazione di un certo numero di atleti comunitari, in rapporto ai principi in tema di libera circolazione dei lavoratori e di liberalizzazione dell'attività professionale all'interno dell'Unione europea. I rapporti tra il diritto dell'Unione europea e le regole dell'ordinamento sportivo devono tener conto altresì all'art. 165 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, che riconosce l'azione dell'Unione intesa a "sviluppare la dimensione europea dello sport, promuovendo l'equità e l'apertura nelle competizioni sportive e la cooperazione tra gli organismi responsabili dello sport".

9.8. Il dibattito dottrinale specialistico ha dato risalto altresì alle frequenti azioni civili contro le discriminazioni, proposte ai sensi dell'art. 44 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ed intentate da atleti stranieri per domandare la rimozione delle discriminazioni nel tesseramento per motivi di cittadinanza poste dai regolamenti dell'ordinamento sportivo al fine di promuovere la competitività delle squadre nazionali e di salvaguardare il patrimonio sportivo nazionale.

10. Queste Sezioni Unite hanno altresì avuto già modo di affermare che la speciale azione disciplinata dall'art. 44 del d.lgs. n. 286 del 1998, attualmente regolata nelle forme di cui all'art. 28 del d.lgs. n. 150 del 2011, appresta uno strumento di natura processuale, finalizzato a consentire una più efficace attuazione concreta del divieto sostanziale di discriminazione per motivi razziali, etnici, linguistici, nazionali, di provenienza geografica o religiosi, derivante dal "comportamento di un privato o della pubblica amministrazione". L'azione civile contro la discriminazione va attribuita alla giurisdizione ordinaria, avendo il legislatore, mediante essa, "inteso configurare, a tutela del soggetto potenziale vittima delle discriminazioni, una specifica posizione di diritto soggettivo, e specificamente un diritto qualificabile come «diritto assoluto», in quanto posto a presidio di una area di libertà e potenzialità del soggetto, rispetto a qualsiasi tipo di violazione della stessa" (Cass. Sezioni Unite, 30 marzo 2011, n. 7186, e prima ancora Cass. Sezioni Unite, 15 febbraio 2011, n. 3670; si veda poi anche Cass. Sezioni Unite, 8 ottobre 2019, n. 25101).

10.1. Una lettura dottrinale avversa tale interpretazione giurisprudenziale che nega la giurisdizione amministrativa sull'azione contro le discriminazioni, contestando la ravvisabilità di un diritto soggettivo assoluto ed indegradabile all'antidiscriminazione, obiettando che il principio di uguaglianza e la pretesa antidiscriminatoria possono valere anche come interessi legittimi ed evidenziando come il dato letterale dell'art. 44 del d.lgs. n. 286 del 1998 si riferisce ai soli «comportamenti» della pubblica amministrazione, con ciò escludendo i provvedimenti amministrativi, i quali, dunque, se lesivi della parità di trattamento, reterebbero sottoposti alla cognizione del giudice amministrativo. La considerazione fondata sull'elemento testuale dell'art. 44 del d.lgs. n. 286 del 1998, il quale affida all'autorità giudiziaria ordinaria il "comportamento" della pubblica amministrazione causa di discriminazione (nozione che andrebbe perciò ristretta alle sole condotte materiali della stessa P.A. non riconducibili, neppure mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere), può essere resistita già dalla definizione che il precedente art. 43 dà dell'atto discriminatorio, indicandosi come tale, alla lettera a) del comma 2, anche l'atto, compiuto o omesso, da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni.

10.2. Deve dunque riaffermarsi che la tutela antidiscriminatoria erogata dal giudice civile opera anche per le discriminazioni attuate nell'ambito di procedimenti amministrativi e con riguardo ad atti espressione di potestà pubblicistica (cfr. Cass. Sezioni Unite, 20 aprile 2016, n. 7951, che ha ritenuto esperibile dinanzi al giudice ordinario l'azione ex art. 44 del d.lgs. n. 286 del 1998 per impugnare un bando discriminatorio per la selezione di volontari da impiegare in progetti di servizio civile nazionale). Di ciò si trae conferma dal riferimento che il citato art. 44 fa al comportamento discriminatorio "della pubblica amministrazione", riconducibile agli atti definiti dal precedente art. 43, concedendo all'autorità giudiziaria ordinaria di disporre la cessazione della condotta pregiudizievole e la rimozione degli effetti della discriminazione. Ancor più esplicito è il quinto comma dell'art. 28 del d.lgs. n. 150 del 2011, il quale, ponendosi nel solco dell'interpretazione già accolta dalla richiamata giurisprudenza di questa Corte in relazione al previgente modello processuale, dispone che "[c]on l'ordinanza che definisce il giudizio il giudice può condannare il convenuto al risarcimento del danno anche non patrimoniale e ordinare la cessazione del comportamento, della condotta o dell'atto discriminatorio pregiudizievole, adottando, anche nei confronti della pubblica amministrazione, ogni altro provvedimento idoneo a rimuoverne gli effetti".

10.3. Alla luce delle difese delle parti, che prospettano l'esistenza di un'antinomia da risolvere nel rapporto tra l'art. 44 del d.lgs. n. 286 del 1998 (nonché art. 28 del d.lgs. n. 150 del 2011) e l'art. 3 del d.l. n. 220 del 2003, convertito in legge n. 280 del 2003, ed essendo la decisione sulla giurisdizione determinata dall'oggetto della domanda, e cioè dalla qualificazione del rapporto dedotto in giudizio, il contrasto tra le due norme attributive della giurisdizione delinea come norma speciale, e perciò comunque prevalente indipendentemente dalla relazione cronologica, quella che regola la tutela contro la discriminazione, ancorché abbia ad oggetto atti emanati da una Federazione sportiva. D'altro canto, tra le due disposizioni non ricorre alcuna contraddizione tale da renderne impossibile la loro contemporanea applicazione, né la legge più recente regola l'intera materia disciplinata da quella anteriore, agli effetti di quanto previsto dall'art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale.

11. In definitiva, deve affermarsi che è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell'art. 44 del d.lgs. n. 286 del 1998 e dell'art. 28 del d.lgs. n. 150 del 2011, esulando dalla giurisdizione amministrativa ex art. 3 del d.l. n. 220 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla I. n. 280 del 2003, l'azione promossa contro un atto di una Federazione sportiva che produce una discriminazione per motivi di nazionalità in relazione al tesseramento degli atleti. 12. Va pertanto dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, cui si rimette altresì la liquidazione delle spese del giudizio di regolamento.

P.Q.M.

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, al quale rimette la liquidazione delle spese del regolamento preventivo di giurisdizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, 1'11 gennaio 2022.

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