T.A.R. LAZIO SEDE DI ROMA – SEZIONE PRIMA – SENTENZA DEL 21/06/2022 N. 8284
Pubblicato il 21/06/2022
N. 08284/2022 REG.PROV.COLL.
N. 02335/2019 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2335 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Stefano Turchetto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Federazione Italiana Bocce, rappresentata e difesa dall'avvocato Pierluigi Matera, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Comitato Olimpico Nazionale Italiano – C.O.N.I., rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Clarizia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde n. 2;
per l'annullamento
della-OMISSIS-presso il CONI, comunicata alle parti in data 18/01/2019, nella parte in cui dispone il rinvio alla Corte federale d'appello della FIB, e di ogni altro atto presupposto, connesso, collegato e/o consequenziale, in particolare la decisione della Corte federale d’appello della Federazione Italiana Bocce, resa nel -OMISSIS-, depositata il 15 ottobre 2018 e comunicata nella stessa data, nonché la decisione del Tribunale federale della Federazione Italiana Bocce depositata il 06/08/2018;
per la condanna
della Federazione Italiana Bocce e il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in solido tra loro o ciascuno per il proprio titolo, al risarcimento in favore del sig. -OMISSIS- dei danni patrimoniali e non patrimoniali causati dai provvedimenti degli Organi di giustizia della FIB e del Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI, in misura pari a Euro 50.000,00 o comunque nella diversa misura ritenuta equa e di giustizia.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Federazione Italiana Bocce e del Comitato Olimpico Nazionale Italiano – C.O.N.I.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2022 il cons. Anna Maria Verlengia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso, notificato il 18 febbraio 2019 e depositato il successivo 22 febbraio, il sig. -OMISSIS- (d’ora in poi FIB) e, all’epoca dei fatti, -OMISSIS-(d’ora in poi C.B.I.), ha impugnato la decisione n. 4/2019 prot. n. 00053/2019, depositata il 18.01.2019, con cui il Collegio di Garanzia dello Sport del C.O.N.I., in parziale accoglimento del ricorso proposto dal ricorrente, ha disposto il rinvio alla Corte Federale d’Appello affinché rinnovi il proprio giudizio.
Premette il ricorrente di essere stato altresì -OMISSIS-”, federazione mondiale riconosciuta dal CIO - Comitato Olimpico Internazionale - dal 2016 al 2018.
Afferma che da quando è stato eletto il nuovo Presidente della FIB, nella persona del sig. -OMISSIS-, il ricorrente sarebbe stato perseguitato attraverso vari procedimenti disciplinari attivati dal sig. -OMISSIS-per asseriti motivi di rivalsa personale.
Rappresenta che quest’ultimo nel 2015 gli avrebbe offerto una somma di denaro in cambio del ritiro della sua candidatura a Presidente e che avrebbe registrato la conversazione sul proprio telefono cellulare. La suddetta registrazione sarebbe poi stata trafugata da ignoti che l’avrebbero diffusa ad organi di stampa e siti web.
Denunciato il furto della registrazione, la Procura Generale del CONI deferiva il ricorrente e -OMISSIS-al Tribunale federale della FIB, il primo per avere registrato la conversazione ed il secondo per avere offerto un compenso a -OMISSIS- per farlo ritirare dalla competizione elettorale.
Il -OMISSIS-patteggiava una sanzione di 45 giorni di sospensione, mentre -OMISSIS- veniva condannato a 3 mesi di sospensione dal ricoprire cariche federali, condanna confermata dalla CFA.
Con un secondo procedimento il ricorrente veniva deferito per l’affidamento avvenuto nel 2011 di un’area all’interno del Centro tecnico federale su denuncia del -OMISSIS-.
Il Tribunale federale riconosceva il ricorrente ed il-OMISSIS--, responsabili delle condotte loro ascritte, applicando ad entrambi “la sanzione pari a 6 (sei) mesi di squalifica con conseguente sospensione per pari tempo da ogni qualifica federale ricoperta” come meglio indicato in dispositivo, letto all’udienza del 20.02.2018.
Proposto appello, la CFA squalificava il --OMISSIS-.
Per tale vicenda pende procedimento avanti al Tar avverso la decisione del Collegio di Garanzia iscritto con -OMISSIS-.
In data 11.05.2018, la Procura deferiva -OMISSIS- avanti il Tribunale FIB per avere inviato agli organi internazionali due lettere che avrebbero diffamato il -OMISSIS-.
Il -OMISSIS- veniva quindi condannato a 6 mesi di squalifica con conseguente sospensione dal ricoprire qualsiasi incarico dirigenziale per mesi 15 dal tribunale.
La CFA riduceva la sanzione a 4 mesi e 15 giorni di squalifica, con conseguente sospensione dal ricoprire qualsiasi incarico dirigenziale per mesi 13.
Ad avviso del ricorrente queste vicende sarebbero caratterizzate dall’utilizzo di un doppio standard per le condotte di -OMISSIS-rispetto a quelle che si imputano al -OMISSIS- e dall’immobilismo della Procura rispetto alle denunce di diffamazione presentate dal -OMISSIS- nei confronti di -OMISSIS-in tutte le sedi.
Definito il procedimento davanti al Collegio di Garanzia con la decisione che qui si impugna il ricorrente articola i seguenti motivi di doglianza:
1) estrema contraddittorietà tra dispositivo e motivazioni della decisione impugnata, nullità della decisione completa dei motivi per avere accolto il ricorso senza specificare il principio di diritto al quale il giudice del rinvio si sarebbe dovuto attenere;
2) insussistenza della condotta diffamatoria e violazione del diritto di critica ex art. 21 Cost., contraddizione della decisione, in quanto il Collegio, dopo avere ritenuto che le dichiarazioni del -OMISSIS- non avrebbero contenuto diffamatorio ha dichiarato di non poterlo affermare per effetto dei limiti del giudizio di legittimità dell’organo;
3) contraddittorietà e illogicità della decisione nella parte in cui ha respinto il secondo motivo di ricorso, pur sostenendo l’assenza dell’illecito.
Oltre all’annullamento della decisione impugnata il ricorrente chiede il risarcimento del danno derivante dai provvedimenti endofederali e del CONI che si quantifica in misura pari almeno a 50.000,00 euro.
Il 25 febbraio 2019 si è costituito il CONI.
Il 5 marzo 2019 si è costituita la FIB, la quale il 22 marzo 2019 ha depositato anche una memoria con cui eccepisce l’inammissibilità del gravame per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e per violazione della pregiudiziale sportiva, non risultando esauriti tutti i gradi della giustizia sportiva. La FIB eccepisce, altresì, l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, in quanto l’atto impugnato sarebbe privo di lesività e resiste poi nel merito.
In pari data deposita una memoria anche il Coni con cui formula le stesse eccezioni di rito proposte dalla FIB e resiste nel merito. Con riguardo alla domanda risarcitoria il Coni eccepisce l’inammissibilità di detta domanda anche per genericità, non essendo stati specificati gli elementi della responsabilità aquiliana.
Con ordinanza n. 1866 del 27 marzo 2019 il Tribunale ha respinto la richiesta misura cautelare.
Con successive memorie, depositate in data 29 aprile 2022 e 6 maggio 2022, il Coni insiste nelle proprie richieste.
Anche la FIB deposita memoria il 30 aprile 2022 ed il 6 maggio 2022, con cui reitera le proprie eccezioni e difese.
Alla pubblica udienza del 19 maggio 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
La domanda caducatoria è inammissibile per difetto di giurisdizione del Tribunale adito.
Il d.l. 19 agosto 2003, n. 220 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), convertito dalla l. 17 ottobre 2003, n. 280, all’art. 1 (Principi generali), comma 1, afferma che “La Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale”.
Il successivo comma 2 precisa che “I rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”.
L’art. 2, comma 1 dello stesso d.l. n. 220 del 2003 riserva all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: “a) l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive” e al comma 2 stabilisce che “Nelle materie di cui al comma 1, le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati hanno l’onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui gli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo”.
Il successivo art. 3, titolato “Norme sulla giurisdizione e disciplina transitoria”, dispone poi che “Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’articolo 2, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui all’articolo 2, comma 2, nonché quelle inserite nei contratti di cui all’articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91”.
Correlativamente, l’art. 133, comma 1, lett. z), cod. proc. amm. prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie aventi ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservate agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ed escluse quelle inerenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti”.
Sulla base della normativa sopra richiamata ed in particolare dell’art. 2 del d.l. 220 del 2003 le controversie relative alle sanzioni disciplinari devono ritenersi sottratte alla giurisdizione del giudice statale.
Sulla legittimità della norma de qua, come ricordato anche negli atti delle parti costituite, è intervenuta la Corte Costituzionale che, con sentenza n. 49 del 2011, ha fatto salva la norma sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa del 2003 tale per cui, nelle controversie aventi ad oggetto le sanzioni disciplinari, ad essere preclusa, innanzi al giudice statale, sarebbe la sola tutela annullatoria, ma non anche quella risarcitoria.
In senso conforme alla sentenza n. 49 del 2011 si è pronunciata più di recente la Corte Costituzionale, risollecitata con l’ordinanza 10171/2017 (vedi sentenza n. 160/2019).
Secondo la Corte, il giudice amministrativo è competente a conoscere le questioni attinenti all’irrogazione di sanzioni disciplinari sportive solo in via incidentale e indiretta, al fine esclusivo di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione.
La domanda demolitoria va, quindi, dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione.
Del pari inammissibile, per motivi diversi, è la domanda risarcitoria.
Non può procedersi allo scrutinio della domanda risarcitoria atteso che non risulta esaurito il procedimento avanti agli organi della giustizia sportiva, come impone l’art. 3 comma 1, del d.l. n. 220/2003, per potere accedere alla giurisdizione amministrativa.
La norma menzionata preclude l’accesso diretto alla giurisdizione amministrativa senza il previo esaurimento dei rimedi giustiziali sportivi e la sua violazione comporta l’inammissibilità del ricorso anche sotto il più limitato profilo della cognizione incidentale ai soli fini risarcitori (cfr. Cons. Stato, I, Parere 29.10.2018 n. 2455; Cons. Stato, V, 22.12.2014 n. 6244; Cons. St., VI, 31.05.2013, n. 3002; TAR Lazio, Roma, I ter, 2.11.2021 n. 11162; 5.07.2021 n. 7937; 20.06.2019 n. 8034 e, da ultimo, Tar Lazio, I ter, 19/01/2022 n. 591).
La decisione del Collegio di Garanzia, infatti, in parziale accoglimento del ricorso, ha annullato la decisione della Corte Federale d’Appello, con rinvio a quest’ultima affinché proceda ad un nuovo esame del merito.
L’esaurimento del procedimento avanti agli organi della giustizia sportiva rileva in questo caso anche ai fini dello scrutinio della domanda risarcitoria, non potendosi dire consolidato alcun danno nel suo preciso ammontare, fintantoché sia ancora sub judice la sanzione da irrogarsi al ricorrente.
La natura della pronuncia e le questioni trattate giustificano la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile nei sensi e nei termini di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità delle parti private.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2022 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Arzillo, Presidente
Anna Maria Verlengia, Consigliere, Estensore
Luigi Furno, Referendario