T.A.R. LAZIO SEDE DI ROMA – SEZIONE PRIMA – SENTENZA DEL 30/03/2022 N. 3596
Pubblicato il 30/03/2022
N. 03596/2022 REG.PROV.COLL.
N. 09619/2019 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9619 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Gianluca Ciotti, Leonardo Guidi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Federazione Italiana Giuoco Calcio-F.I.G.C. e Associazione Italiana Arbitri-Aia, rappresentati e difesi dagli avvocati Letizia Mazzarelli, Luigi Medugno, Giancarlo Viglione, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Medugno in Roma, via Po n. 9; C.O.N.I., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Angeletti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’accertamento dell’illegittimità
della decisione del Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI prot. n. 220/2019 n. 25, depositata in data 2 aprile 2019, avente ad oggetto il sostanziale rigetto del ricorso proposto dal sig. -OMISSIS- in sede di giustizia sportiva avverso la declaratoria di dismissione dall’organico degli arbitri appartenenti alla CAN “A”, a partire dalla stagione sportiva 2018/2019, e
per l’accertamento dell’illegittimità
di tutti gli atti presupposti, inerenti, conseguenti e/o connessi tra cui, in particolare: la delibera del Comitato Nazionale AIA pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 1 del 30.6.2018, il presupposto verbale del Comitato Nazionale del 24.3.2018, la proposta dell’Organo Tecnico della CAN “A” per la formazione dell’organico 2018/2019, i criteri utilizzati per la formazione dell’elenco dei nominativi trasmessi al Comitato Nazionale, le decisioni del Tribunale Federale Nazionale della FIGC di cui al C.U. n. 13/TFN del 7.8.2018, di cui al C.U. n. 37/TFN del 29.11.2018, in parte qua della decisione della Corte di Appello Federale di cui al C.U. n. 67/CFA del 23.1.2019 e
per la conseguente condanna
delle Associazioni e delle Amministrazioni intimate, ciascuno per la rispettiva competenza, al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi in conseguenza dell’illegittimità degli atti che hanno determinato la dismissione del sig. -OMISSIS- dall’organico della CAN “A”;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Federazione Italiana Giuoco Calcio - F.I.G.C., della Associazione Italiana Arbitri-Aia e del C.O.N.I.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 marzo 2022 il cons. Anna Maria Verlengia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso, notificato l’8 luglio 2019 e depositato il successivo 23 luglio, il sig. -OMISSIS-, già appartenente all’organico della Commissione Arbitri Nazionale “A” (CAN “A”), chiede al Tar accertarsi, in via incidentale, l’illegittimità della decisione del Collegio di Garanzia, del 2 aprile 2019, con cui si è definito il procedimento avanti al giudice sportivo con il rigetto del ricorso dal medesimo proposto avverso la propria dismissione dall’organico degli arbitri appartenenti alla CAN “A”, a partire dalla stagione sportiva 2018/2019, con delibera del 20 giugno 2018, ed il risarcimento del danno conseguenziale.
Il ricorrente formula i seguenti motivi di censura avverso gli atti meglio descritti in epigrafe:
avverso il verbale del comitato nazionale del 24.3.2018:
violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e ss. del D.L 19 agosto 2003 n. 220, convertito con modificazioni nella legge 17 ottobre 2003 n. 280 e ss.mm.ii, in relazione alla violazione dell’art. 15, commi 1 e 2, delle Norme di Funzionamento degli Organi tecnici dell’AIA e dell’art. 1, comma 2, del Regolamento AIA; violazione dell’art. 3 della Legge 7 agosto 1990 n. 241, dei principi di trasparenza ed imparzialità, di par condicio e di concorrenza; eccesso di potere per difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione.
Secondo il ricorrente il verbale del comitato nazionale del 24.3.2018, con cui l’AIA ha determinato il numero delle dismissioni dalla CAN A in quattro dismissioni, tra le quali quella del ricorrente “per motivate valutazioni tecniche”, non risulterebbe essere stato approvato.
In quella occasione si sarebbe illegittimamente derogato alla regola delle dismissioni dall’organico di serie A per limite di permanenza in ruolo in prossimità della fine della stagione sportiva su di una graduatoria definitiva, senza motivare detta deroga con argomenti attendibili, ad avviso del ricorrente.
Erroneamente i Tribunali sportivi avrebbero dichiarato tardiva l’impugnazione del verbale, in quanto mai confluito in un comunicato ufficiale, tanto più che il ricorrente afferma di essere rimasto sempre all’oscuro del proprio rendimento tecnico come della propria posizione in graduatoria;
2) avverso l’atto di dismissione:
violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e ss. del D.L 19 agosto 2003 n. 220, convertito con modificazioni in Legge 17 ottobre 2003 n. 280 e ss.mm.ii, in relazione alla violazione degli artt. 6, comma 10 e 21, comma 1, delle Norme di Funzionamento degli Organi tecnici dell’AIA e dell’art. 1, comma 2, del Regolamento AIA; violazione dell’art. 3 della Legge 7 agosto 1990 n. 241 e dei principi di trasparenza, imparzialità, non discriminazione e parità di accesso all’attività arbitrale; eccesso di potere per difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione.
La dismissione, motivata sulla scorta della posizione in graduatoria del ricorrente, atteso il valore meramente indicativo della graduatoria, non integrerebbe una adeguata motivazione, atteso che ai sensi dell’art. 6, comma 10, delle NFOT “la posizione nella graduatoria finale non determina automaticamente le proposte di promozione ed avvicendamento”. L’art. 21, comma 1, delle NFOT prevede poi che “la CAN A avvicenderà dall’attività gli A.E.: a) per motivate valutazioni tecniche (…)”;
3) violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e ss. del D.L 19 agosto 2003 n. 220, convertito con modificazioni in Legge 17 ottobre 2003 n. 280 e ss.mm.ii, in relazione alla violazione degli artt. 6, comma 10 e 21, comma 1, delle Norme di Funzionamento degli Organi tecnici dell’AIA, dell’art. 1, comma 2, del Regolamento AIA e dell’art. 2 del Codice di comportamento sportivo del CONI; violazione dell’art. 3 della Legge 7 agosto 1990 n. 241 e dei principi di trasparenza, non discriminazione e parità di accesso all’attività arbitrale; violazione dell’art. 97 Cost.; eccesso di potere per difetto di presupposti, di istruttoria, di motivazione e per illogicità ed irrazionalità manifeste.
Attesa la natura pubblicistica dell’attività arbitrale la stessa sarebbe soggetta ai principi di pubblicità, trasparenza, imparzialità propri dell’attività amministrativa, che secondo il ricorrente i giudici sportivi non avrebbero applicato.
Il ricorrente si duole della sua dismissione avvenuta senza previa conoscibilità dei criteri utilizzati per determinare promozioni e dismissioni.
4) violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e ss. del d.l. 19 agosto 2003 n. 220, convertito con modificazioni in Legge 17 ottobre 2003 n. 280 e ss.mm.ii, in relazione alla violazione dell’art. 6, comma 10 delle Norme di Funzionamento degli Organi tecnici dell’AIA e dell’art. 25 del Regolamento AIA; violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241; violazione dei principi di trasparenza, non discriminazione e parità di accesso all’attività arbitrale; violazione dell’art. 97 Cost.; eccesso di potere per difetto di presupposti, di istruttoria, di motivazione.
La dismissione del ricorrente sarebbe avvenuta in violazione dell’art. 25, comma 1, lett. e) del Regolamento AIA, secondo la quale gli Organi Tecnici sono tenuti “ad assolvere l’obbligo di informativa sulle risultanze tecniche degli arbitri appartenenti al ruolo in forma scritta o per via telematica almeno due volte nel corso della stagione sportiva sia nei confronti degli stessi che dei rispettivi Presidenti di sezione, ad eccezione della CAN A e della CAN B che sono tenute alla sola informativa agli arbitri ed al Presidente dell’AIA, al quale possono rivolgersi i Presidenti di sezione”.
5) violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e ss. del d.l.19 agosto 2003 n. 220, convertito con modificazioni in Legge 17 ottobre 2003 n. 280 e ss.mm.ii, in relazione alla violazione dell’art. 1, comma 2 del Regolamento AIA e dell’art. 33 dello Statuto del CONI; violazione dei principi di imparzialità e terzietà; eccesso di potere per difetto di presupposti, di istruttoria, di motivazione.
Con questo motivo il ricorrente dubita della idoneità dei componenti degli Organi tecnici sotto il profilo della indipendenza degli stessi in quanto nessuno dei requisiti loro richiesti per ricoprire detto incarico consente di comprovarne l’indipendenza o la terzietà.
In ordine alla istanza risarcitoria il ricorrente premette che ha svolto le mansioni di arbitro, senza soluzione di continuità, dal 2011 al 2 luglio 2018 ed in via esclusiva, e che, in mancanza della contestata dismissione, avrebbe potuto continuare a svolgere la predetta attività per almeno altri cinque anni e, in esito alla dismissione, avrebbe potuto accedere al ruolo VAR per ulteriori 4 anni.
In virtù di detta prospettazione chiede quantificarsi il danno per perdita dei suddetti introiti nell’importo minimo di 1.000.000,00 di euro a cui vanno aggiunti euro 750,000,00 a titolo di danno esistenziale e di immagine.
Il 24 luglio 2019 si è costituita la Federazione Italiana Gioco con memoria formale.
Il 29 agosto 2019 si è costituito il CONI.
Il 18 febbraio 2022 la FIGC ha depositato gli atti del procedimento svoltosi presso gli organi della giustizia sportiva su ricorso dell’odierno ricorrente.
Il 28 febbraio 2022 la FIGC ha depositato ulteriori documenti ai quali si riferiscono le difese delle resistenti.
In pari dati produce documenti anche parte ricorrente, tra cui gli atti della procura federale relativi ad accertamenti in merito alla alterazione degli atti di gara e della graduatoria di merito che avrebbero visti coinvolti associati AIA della CAN B.
Il 3 marzo 2022 il CONI ha depositato memoria con cui eccepisce il difetto assoluto di giurisdizione del Tribunale, trattandosi di controversia relativa ad atti mediante i quali l’Associazione Italiana Arbitri, esercitando le proprie prerogative tecnico/organizzative, ha disposto il ridimensionamento dell’organico arbitrale al quale ha fatto seguito la dismissione del ricorrente.
Il CONI eccepisce anche il difetto del contraddittorio, essendo mancata la notifica del ricorso ad almeno un controinteressato, e l’inammissibilità di alcune censure sulle quali, non essendo esse state riproposte al Collegio di Garanzia, si sarebbe formato il giudicato.
Secondo il CONI l’unica censura che il ricorrente avrebbe potuto riproporre in questa sede è quella relativa alla mancata predeterminazione dei criteri che presiedono alla scelta delle dismissioni.
Il CONI, inoltre, resiste nel merito.
Il 4 marzo 2022 ha depositato memoria la FIGC con cui ha eccepito il difetto di giurisdizione, il difetto del contraddittorio oltre a resistere nel merito.
Con memoria, depositata il 10 marzo 2022, il ricorrente replica alle avversarie memorie.
Con successive memorie replicano la FIGC e il CONI.
Alla pubblica udienza del 22 marzo 2022 il ricorso, sentiti i difensori presenti, è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Oggetto della domanda giudiziale è l’accertamento e il conseguente risarcimento del danno derivante dalla dismissione del ricorrente dall’organico degli arbitri e non l’annullamento degli atti che hanno disposto tale dismissione.
La domanda, tuttavia, comporta l’esame pregiudiziale della giurisdizione, trattandosi di domanda di risarcimento conseguente all’adozione di atti basati su giudizi tecnici espressione dell’applicazione di norme regolamentari e organizzative al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive.
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 49/2011, con riguardo a controversie che rientrano tra quelle riservate all’ordinamento sportivo, in quanto hanno ad oggetto l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive (così art. 2 d.l. n. 220/2003, conv. in l. n. 280/2003), ha affermato che tali questioni «non hanno rilevanza nell'ordinamento giuridico generale e le decisioni adottate in base alle regole promananti dall'associazionismo sportivo sono collocate in un'area di non rilevanza per l'ordinamento statale, senza che possano essere considerate come espressione di potestà pubbliche ed essere considerate alla stregua di decisioni amministrative. La generale irrilevanza per l'ordinamento statuale di tali norme e della loro violazione conduce all'assenza della tutela giurisdizionale statale».
Anche la domanda risarcitoria, ove collegata alla violazione delle regole tecniche, esula dalla giurisdizione amministrativa in quanto afferente la lesione di posizioni soggettive non qualificabili come diritto soggettivo o interesse legittimo e che quindi non presentano una rilevanza per l’ordinamento generale (cfr. CdS III 8607/2009).
Come affermato dal giudice d’appello (v. CdS III 2333/2009), un effetto negativo per gli interessi personali di chi lo patisce, intrinseco a tutti i provvedimenti contemplati nell’art. 2 del d.l. citato non vale, peraltro, a renderli, per ciò solo, rilevanti per l’ordinamento della Repubblica e, quindi, a fondare la giurisdizione statuale.
Più di recente questo Tribunale, con la sentenza n. 1251/2022, ha confermato detto orientamento richiamando i diversi precedenti del giudice amministrativo che hanno ribadito la natura di questioni interne alla giustizia sportiva quelle che attengono all’inserimento nei ruoli degli arbitri, in dipendenza di un giudizio tecnico e senza la perdita dello stato di tesserato.
In particolare, la nota del 16 ottobre 2017, con cui la FIGC prende atto dell’inserimento del ricorrente quale arbitro nei ruoli della Commissione Arbitri per il campionato di Serie A, contiene un dettaglio della disciplina delle funzioni da cui si evince chiaramente che nessun rapporto di lavoro intercorre con l’arbitro e che nessuna retribuzione mensile è configurabile, essendo solo previsto un “gettone partita” qualificato solo ai fini fiscali come provento derivante da collaborazione coordinata e continuativa.
Atteso che nessun rapporto di lavoro lega quindi l’arbitro alla FIGC - come è reso evidente, tra l’altro, anche dalla qualificazione in termini di mera indennità del compenso che egli riceve per le prestazioni rese, nonché dal fatto che la dismissione dall’organico non comporta la cancellazione del tesseramento e dalla considerazione che nessuna altra conseguenza giuridicamente apprezzabile, avente ricaduta all’esterno dell’ordinamento sportivo, viene in evidenza come effetto dei provvedimenti impugnati - non sono ravvisabili conseguenze rilevanti per l’ordinamento generale e, conseguentemente, non sussistono i presupposti neanche per la giurisdizione in materia risarcitoria.
Per quanto osservato, il ricorso va dichiarato inammissibile per difetto assoluto di giurisdizione.
Le spese di lite possono essere compensate, attesa la natura della pronuncia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2022 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Arzillo, Presidente
Anna Maria Verlengia, Consigliere, Estensore
Raffaello Scarpato, Referendario