T.A.R. LAZIO SEDE DI ROMA – SEZIONE PRIMA – SENTENZA DEL 25/11/2022 N. 15820
Pubblicato il 25/11/2022
N. 15820/2022 REG.PROV.COLL.
N. 05107/2019 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5107 del 2019, proposto da -OMISSIS- in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fabrizio Cacace, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 25;
contro
Federazione Italiana Sport Equestri - -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Vincenzo Fortunato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento:
- della delibera del Consiglio Federale della -OMISSIS- Federazione Italiana Sport Equestri-OMISSIS- e dell'elaborato allegato alla delibera stessa denominato -OMISSIS-
-della-OMISSIS-così come approvato dalla delibera di cui sopra;
-di ogni altro atto presupposto, antecedente, consequenziale o comunque connesso con quelli impugnati;
e per la condanna della resistente al risarcimento dei danni in favore della ricorrente nella misura indicata nel ricorso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Federazione Italiana Sport Equestri - -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2022 il dott. Luigi Furno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso regolarmente notificato e depositato la società ricorrente ha impugnato la delibera del Consiglio Federale -OMISSIS-ed il suo allegato denominato -OMISSIS-– Dipartimento Formazione Federazione Italiana Sport Equestri assumendone l’illegittimità sotto più profili, nonché chiesto la condanna della -OMISSIS- al risarcimento dei danni in proprio favore per un importo non inferiore ad Euro -OMISSIS-
Le ragioni di critica dei provvedimenti impugnati vengono, in particolare, affidate a due motivi di ricorso articolati in relazione alla violazione dell’art. 2 del D.lgs. n. 242/1999, dello Statuto del CONI, dello Statuto della -OMISSIS- e del Sistema Nazionale di Qualifiche (SNAQ) del CONI, per eccesso di potere riconducibile all’ illogicità e disparità di trattamento, e degli artt. 101 e 102 TFUE per abuso di posizione dominante.
Prima di esaminare puntualmente i motivi di ricorso, il Collegio ritiene necessario un preliminare, sintetico inquadramento in ordine alla natura giuridica della società ricorrente.
La -OMISSIS-è una associazione affiliata e riconosciuta da-OMISSIS- ovvero quale società abilitata a formare Istruttori di equitazione fino al terzo livello e ad ospitare esami fino al secondo livello.-OMISSIS-
componente la -OMISSIS- con specifico mandato ad occuparsi di formazione e di benessere del cavallo. I titoli rilasciati da -OMISSIS- sono riconosciuti da I-OMISSIS-. L’iter formativo di -OMISSIS- è stato adottato dalla FEI - Federazione Equestre Internazionale per quei Paesi la cui Federazione non è ancora strutturata per formare Istruttori.
-OMISSIS- non effettua corsi di formazione ma solo esami e autorizza professionisti e centri a eseguire formazione ed esami presso strutture certificate e riconosciute.
-OMISSIS- è una struttura sovranazionale finalizzata a facilitare il libero mercato del lavoro in ambito equestre, armonizzare le qualifiche delle Federazioni nazionali dei Paesi aderenti e facilitare la possibilità di completare il proprio percorso formativo nei vari paesi aderenti per gli studenti Istruttori di Equitazione.
-OMISSIS-delega le Federazioni sportive nazionali al rilascio di un passaporto in favore dei cittadini della relativa nazione, che indichi le qualifiche dell’istruttore, in modo da permettere il riconoscimento dei titoli professionali nelle federazioni dei paesi aderenti-OMISSIS-. In Italia la Federazione delegata al rilascio del passaporto -OMISSIS-è la -OMISSIS-.
La -OMISSIS- – Federazione Italiana Sport Equestri è la federazione sportiva per lo sport equestre, riconosciuta dal CONI, come associazione senza fini di lucro e con personalità giuridica di diritto privato. Essa è costituita da società e associazioni che promuovono, organizzano, diffondono e praticano lo sport equestre in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi della F.E.I. (Federazione Equestre Internazionale) e delle altre Federazioni e Organismi internazionali alle quali ha aderito e con le deliberazioni del C.I.O. e del C.O.N.I..
La -OMISSIS-in virtù di un accordo con la -OMISSIS- svolge corsi di formazione in ambito equestre e ippico, approvati e riconosciuti dalla stessa -OMISSIS-, finalizzati all’ottenimento dei diplomi di Istruttore federale e di Stable Manager. I diplomi così ottenuti sono riconosciuti dall’-OMISSIS-e dalla FEI.
Il percorso formativo che porta alla partecipazione agli esami della -OMISSIS- è suddiviso in tanti moduli quanti sono i previsti esami con distinti costi per ciascun corso e per la partecipazione a ciascun relativo esame.
Il percorso formativo che porta al conseguimento del diploma BHASAI (Assistent Instructor) equiparabile all’Istruttore federale -OMISSIS- di I livello dura approssimativamente sei mesi per un costo complessivo di euro 6.800 (2.800,00 per i corsi + 4.000,00 per esami).
La ricorrente, pertanto, svolge corsi di formazione in ambito equestre e ippico finalizzati all’ottenimento dei diplomi di Istruttore Federale e di Stable Manager, approvati da -OMISSIS- – -OMISSIS- organizzazione con sede nel Regno Unito, la quale, a dire della ricorrente, rilascerebbe dei titoli formativi riconosciuti da -OMISSIS-(-OMISSIS-, struttura sovranazionale di cui è membro anche la -OMISSIS-, ed il cui iter formativo, sempre secondo la ricostruzione della ricorrente, sarebbe stato adottato dalla FEI Federazione Equestre Italiana.
I predetti diplomi, dunque, secondo le deduzioni della ricorrente, sarebbero riconosciuti dall’-OMISSIS-e dalla FEI.
Con un primo motivo di ricorso la società ricorrente deduce la sussistenza del vizio di eccesso di potere sotto i profili della illogicità manifesta, irrazionalità, disparità di trattamento, violazione dell’art. 2 del d. lgs. n. 242/1999, dello statuto del Coni, dello statuto -OMISSIS- e del sistema nazionale di qualifiche (SNAQ) del Coni, nonché la violazione dell’art. 3 cost..
Con la delibera impugnata, il Consiglio Federale -OMISSIS- ha deliberato di “autorizzare l’introduzione nel Regolamento Formazione vigente delle modifiche proposte nell’elaborato allegato”.
A sostegno di tale impostazione, la ricorrente rileva che tali prescrizioni risulterebbero del tutto illogiche e discriminatorie.
La manifesta irragionevolezza si ricaverebbe, in particolare, dalla introduzione delle condizioni che illegittimamente limiterebbero il riconoscimento della qualifica -OMISSIS- ai propri corsisti ( in possesso della che avevano la qualifica tecnica rilasciata da -OMISSIS-), in tal modo scoraggiando i suoi potenziali clienti e segnatamente gli aspiranti istruttori di nazionalità italiana ad avvalersi dei servizi offerti dalla ricorrente stessa per il conseguimento della qualifica.
Con maggiore dettaglio, nel documento allegato alla predetta delibera “-OMISSIS- alla Parte terza si dispone che “I tesserati di nazionalità italiana che hanno acquisito qualifiche tecniche a fronte di corsi frequentati all’estero presso federazioni straniere, per ottenere il riconoscimento della qualifica -OMISSIS- corrispondente, dovranno presentare richiesta” corredandola con curricula attestanti piano di studi, monte ore, attestazione di avere sostenuto l’esame con esito positivo, specifiche tecniche dell’esame sostenuto, autorizzazione a montare -OMISSIS-, idoneità rispetto ai requisiti previsti dal regolamento stesso.
“Qualora la Federazione faccia parte dell’-OMISSIS-, si procederà all’equiparazione diretta; diversamente si valuterà l’opportunità di ammettere il candidato all’esame per il conseguimento della qualifica richiesta”.
Per “I cittadini stranieri che sono in possesso di titolo rilasciato da Federazione straniera, se previsto dalla griglia di equiparazione -OMISSIS- (-OMISSIS-), potranno richiedere l’equiparazione al corrispondente livello italiano, inviando ... copia del passaporto internazionale -OMISSIS- dell’Istruttore, rilasciato dalla Federazione di appartenenza”; invece “I cittadini italiani che richiedono l’equiparazione di qualifica tecnica rilasciata da -OMISSIS-, in ossequio a quanto a suo tempo concordato con -OMISSIS- stessa, dovranno sostenere un colloquio relativo ai regolamenti delle discipline olimpiche ed alle regolamentazioni federali, ed essere in possesso minimo di autorizzazione a montare di 1° grado e di attestato di Primo soccorso tipo -OMISSIS-. Inoltre, in aggiunta a quanto sopra, dovranno sostenere una prova di conduzione di una ripresa con allievi in campo. Nota: L’interessato che ha ottenuto un titolo presso una Federazione estera dovrà autocertificare di aver sostenuto l’esame nella lingua della federazione dove ha effettuato l’esame stesso o in altre lingue riconosciute dalla Federazione stessa dove ha effettuato l’esame”.
Sulla base del predetto impianto regolatorio, la ricorrente assume che sarebbero state artatamente create tre categorie: a) I tesserati di nazionalità italiana che hanno acquisito qualifiche tecniche a fronte di corsi frequentati all’estero presso federazioni straniere; b) I cittadini stranieri che sono in possesso di titolo rilasciato da Federazione straniera e infine c) I cittadini italiani che richiedono l’equiparazione di qualifica tecnica rilasciata da -OMISSIS-. Secondo la prospettazione della ricorrente, dal novum regolamentare scaturirebbe la seguente illegittima sperequazione: i cittadini stranieri che sono in possesso di titolo rilasciato da Federazione straniera e i tesserati di nazionalità italiana che hanno acquisito qualifiche tecniche a fronte di corsi frequentati all’estero presso federazioni straniere che facciano parte -OMISSIS- (-OMISSIS-), possono richiedere l’equiparazione al corrispondente livello italiano, semplicemente inviando copia del passaporto internazionale -OMISSIS- dell’Istruttore rilasciato dalla Federazione di appartenenza, se in possesso di autorizzazione a montare valida per l’anno in corso.
Viceversa, i cittadini italiani, che hanno ottenuto la qualifica tecnica rilasciata da -OMISSIS- in -OMISSIS-, devono: a) sostenere un colloquio relativo ai regolamenti delle discipline olimpiche ed alle regolamentazioni federali; b) essere in possesso minimo di autorizzazione a montare di 1° grado; c) essere in possesso di attestato di Primo soccorso tipo -OMISSIS-; d) sostenere una prova di conduzione di una ripresa con allievi in campo; e) avere sostenuto gli esami all’estero nella lingua del Paese ospitante la commissione di esame; f) autocertificare di avere sostenuto l’esame in lingua inglese.
Sfuggirebbe ad ogni plausibile giustificazione, a parere della ricorrente, la pretesa che i cittadini italiani, richiedenti l’equiparazione della qualifica tecnica conseguita in -OMISSIS-, per potere operare e svolgere l’attività di Istruttore di equitazione in Italia debbano avere sostenuto l’esame in -OMISSIS- (o altrove nel mondo) in lingua inglese.
Semmai, argomenta ulteriormente la ricorrente, sarebbe stato più logico chiedere al cittadino straniero, in possesso di titolo rilasciato da Federazione straniera previsto dalla griglia di equiparazione -OMISSIS- (-OMISSIS-), di dimostrare di conoscere la lingua italiana per richiedere l’equiparazione al corrispondente livello italiano e, quindi, potere insegnare in Italia ad allievi italiani. Invero, non si comprenderebbe, nella prospettiva della ricorrente, la ragione per la quale il cittadino italiano che ha ottenuto la qualifica tecnica rilasciata da -OMISSIS- debba sostenere “in aggiunta a quanto sopra” (come recita enfaticamente il Regolamento) una prova di conduzione di una ripresa con allievi in campo, e non debba farlo anche il cittadino straniero o il tesserato di nazionalità italiana che ha acquisito la qualifica all’estero presso Federazioni straniere.
E soprattutto, anche in relazione a siffatta pretesa, non si comprenderebbe il motivo per il quale si richiede che il cittadino italiano sostenga l’esame in lingua inglese laddove la ripresa con allievi italiani in campo va condotta in lingua italiana. I requisiti e le pretese richiesti “in aggiunta” per i cittadini italiani che hanno conseguito la qualifica tecnica rilasciata da -OMISSIS-, del tutto illogicamente ed arbitrariamente, sottintendono che siffatta qualifica costituisca un minus rispetto a quella rilasciata all’esito dei corsi -OMISSIS-. Mentre è vero che i titoli rilasciati da -OMISSIS- sono riconosciuti da -OMISSIS- e l’iter formativo di -OMISSIS- è stato adottato dalla FEI - Federazione Equestre Internazionale.
Ne deriverebbe, secondo tale traiettoria interpretativa, il perseguimento - mediante quest’ultima pretesa - del malcelato e ed illegittimo obiettivo di restringere significativamente l’attività di formazione e qualificazione dei tecnici di equitazione, scoraggiando gli aspiranti istruttori cittadini italiani dal rivolgersi alla -OMISSIS-per il conseguimento della qualifica, nella consapevolezza di dovere possedere l’ulteriore, sebbene inutile e ridondante, requisito della conoscenza della lingua inglese che invece non è richiesta a quelli che frequentino i corsi -OMISSIS- (o ai cittadini stranieri).
Il primo motivo di ricorso è inammissibile e comunque infondato. Prima di affrontare quest’ultima questione, pare utile ricostruire sinteticamente il quadro normativo di riferimento nel quale essa si si colloca.
L’inammissibilità deriva dalla violazione del vincolo della c.d. pregiudiziale sportiva. La materia è, come noto, disciplinata in via generale dal decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), convertito dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280, il quale, all’art. 1 stabilisce che i rapporti tra l'ordinamento sportivo e quello statale sono regolati in base al principio di autonomia, salvo i casi di c.d. rilevanza esterna nell’ordinamento generale della Repubblica:
“1. La Repubblica riconosce e favorisce l'autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale.
2. I rapporti (tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica) sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di (( . . . )) rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo”.
In applicazione di tali principi, il successivo art. 2 riserva all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto:
“(a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento
delle attività sportive));
b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive”;
2. Nelle materie di cui al comma 1, le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati hanno l'onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui gli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo.”.
Per quanto riguarda l’ambito statuale, di competenza del giudice ordinario e del giudice amministrativo, l’art. 3 (Norme sulla giurisdizione e disciplina transitoria) dispone: “Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è disciplinata dal codice del processo amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui all'articolo 2, comma 2, nonché quelle inserite nei contratti di cui all'articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91. Sono in ogni caso riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ed alla competenza funzionale inderogabile del tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche. Per le stesse controversie resta esclusa ogni competenza degli organi di giustizia sportiva, fatta salva la possibilità che lo statuto e i regolamenti del CONI e conseguentemente delle Federazioni sportive di cui gli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, prevedano organi di giustizia dell’ordinamento sportivo che, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del presente decreto decidono tali questioni anche nel merito ed in unico grado e le cui statuizioni, impugnabili ai sensi del precedente periodo, siano rese in via definitiva entro il termine perentorio di trenta giorni dalla pubblicazione dell’atto impugnato. Con lo spirare di tale termine il ricorso all’organo di giustizia sportiva si ha per respinto, l’eventuale decisione sopravvenuta di detto organo è priva di effetto e i soggetti interessati possono proporre, nei successivi trenta giorni, ricorso dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio”.
A tale norma fa da pendant l’articolo 133, comma 1, lett. z-septies ) cod. proc. amm., che a sua volta prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie relative ai provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche”.
E’ largamente condivisa dagli interpreti l’affermazione secondo la quale l’ordinamento sportivo si colloca nell’ambito della più generale tematica della pluralità degli ordinamenti giuridici.
L’impostazione in esame è confortata da più ampie considerazioni di sistema.
Sotto il profilo sistematico, infatti, occorre ricordare che il sistema del diritto sportivo – cui è correlata la relativa funzione giustiziale – riposa, sin dalla sua nascita, sulle solide fondamenta costituite dalla Carta del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) (come detto, l’art. 1 d.-l. n. 203 del 2003 evidenzia che l'ordinamento sportivo nazionale è «articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale»).
Proprio facendo leva su siffatte interrelazioni, autorevole dottrina indica nell’ordinamento sportivo una delle più significative manifestazioni del c.d. diritto amministrativo globale.
Le norme appena riportate, nate con il preciso intento di arginare l’intervento della giustizia statale sull’autonomia dell’ordinamento sportivo, hanno inteso tracciare una linea di confine tra i territori rispettivamente riservati all’ordinamento sportivo e ai suoi organi di giustizia, e quelli nei quali è possibile l’intervento della giurisdizione statale, e del giudice amministrativo in particolare, nel tentativo di conciliare due principi che mostrano diversi momenti di potenziale conflitto: il principio dell’autonomia dell’ordinamento sportivo (che trova il suo fondamento costituzionale negli artt. 2 e 18 della Costituzione) e il principio del diritto di azione e di difesa (espressamente qualificato come inviolabile dall’art. 24 Cost.).
Sotto tale profilo, assumono particolare rilievo le considerazioni svolte dalla Corte costituzionale nella decisione del -OMISSIS- (sulle orme della precedente decisione della Corte Cost., n. -OMISSIS- in cui si legge : “nel quadro della struttura pluralistica della Costituzione, orientata all’apertura dell’ordinamento dello Stato ad altri ordinamenti, anche il sistema dell’organizzazione sportiva, in quanto tale e nelle sue diverse articolazioni organizzative e funzionali, trova protezione nelle previsioni costituzionali che garantiscono i diritti dell’individuo, non solo come singolo, ma anche nelle formazioni sociali in cui si esprime la sua personalità (art.2 Cost.) e che assicurano il diritto di associarsi liberamente per fini che non sono vietati al singolo dalla legge penale (art. 18 Cost.). Con la conseguenza che eventuali collegamenti con l’ordinamento statale, allorchè i due ordinamenti entrino reciprocamente in contatto per intervento del legislatore statale, devono essere disciplinati tenendo conto dell’autonomia di quello sportivo e delle previsioni costituzionali in cui essa trova radice”.
Come è stato autorevolmente sostenuto in dottrina, la c.d. pregiudiziale sportiva va incontro alle esigenze dello sport organizzato, normativizzando, con il conforto della giurisprudenza, quanto non di rado è previsto dagli statuti di associazioni e di società dedite alle più svariate attività, i quali stabiliscono che le deliberazioni degli organi sociali siano previamente sottoposte al riesame di altri organi interni.
Muovendo da siffatta premessa interpretativa, tale dottrina ulteriormente osserva che, anche ove si ritenga che la giustizia sportiva non corrisponda a una giustizia endoassociativa, ma vada iscritta nella categoria dell'autotutela amministrativa contenziosa, non può, infatti, dimenticarsi come sia stato ampiamente segnalato, sia in dottrina sia in giurisprudenza, che - a certe condizioni - ipotesi di giurisdizione condizionata alla proposizione di ricorsi amministrativi sono state ritenute legittime dalla Corte costituzionale.
Ed in effetti, la citata decisione della Corte Cost. n.-OMISSIS- ha affermato chiaramente la legittimità della pregiudiziale sportiva, nel quadro di un’equilibrata attuazione del principio dell’autonomia dell’ordinamento sportivo.
L’assetto descritto ha trovato una definitiva sistemazione nei riferimenti normativi riportati, i quali recepiscono puntualmente i principi individuati, nel tempo, da giurisprudenza e dottrina, in tema di rapporti tra ordinamento sportivo ed ordinamento statuale.
Dalle riportate previsioni normative emerge, invero, che, essendo comunque quello sportivo un ordinamento infra-statuale, le sue peculiarità non possono sacrificare le posizioni soggettive che assumono rilevanza anche per l’ordinamento statuale, perché inviolabili o comunque meritevoli di tutela rafforzata in quanto non disponibili.
Nel delineato quadro sistematico nasce la clausola residuale di salvaguardia in favore della giurisdizione esclusiva amministrativa, cui compete il sindacato sugli aspetti della giustizia sportiva di rilievo anche pubblicistico.
Ma, in concreto, e per quanto più propriamente rileva nella presente sede, ciò potrà avvenire - in base al chiaro tenore del predetto art. 3 - solo una volta «esauriti i gradi della giustizia sportiva» (-OMISSIS-.
Siffatta locuzione normativa dà vita alla c.d. pregiudiziale sportiva , da soddisfare necessariamente prima dell’azione da proporsi innanzi al giudice statale.
Tale pregiudiziale, come è stato autorevolmente rilevato da altra dottrina, va osservata per tutte le materie, rispetto alle quali sorgono posizioni soggettive rilevanti per l’ordinamento generale, da portarsi, pertanto, innanzi al giudice amministrativo (oppure innanzi a quello ordinario per quanto concerne i rapporti patrimoniali tra società).
Secondo la giurisprudenza amministrativa, logico corollario della pregiudiziale sportiva “è il principio del c.d. vincolo dei motivi, in base al quale, atteso che i ricorsi in sede di giustizia sportiva sono necessariamente propedeutici al successivo ricorso in sede giurisdizionale, possono essere presentati innanzi al giudice amministrativo soltanto i motivi di censura già proposti dinnanzi alla giustizia sportiva, mentre risulta invece preclusa la proposizione di motivi nuovi” (cfr.-OMISSIS-).
Alla luce dei richiamati principi, dunque, il ricorso è inammissibile, in quanto formulato dinanzi all’organo di Giustizia Amministrativa in palese violazione della c.d. “pregiudiziale sportiva”, prevista dal richiamato sistema delle norme sulla giurisdizione dell’art. 3 d.-l. n. 220 del 2003, che prevede che si può adire il giudice statale solo dopo che siano stati “esauriti i gradi della giustizia sportiva” (i c.d. rimedi interni).
Quand’anche si potesse prescindere dal rilevato profilo di inammissibilità, il primo motivo di ricorso sarebbe comunque infondato.
Sul punto è utile premettere che, come correttamente osservato dalla difesa della parte resistente, la regolamentazione del settore sportivo in Italia si fonda su un sistema piramidale che, con riguardo al settore sportivo equestre, è formato, a livello internazionale e apicale, dal Comitato Internazionale Olimpico e dalla Federazione Equestre Internazionale (CIO/FEI), a livello nazionale dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) con i suoi compiti di raccordo con gli organismi internazionali e di indirizzo e controllo nazionali, e, quindi, dalla Federazione Nazionale Sport Equestri (-OMISSIS-) che regolamenta lo sport equestre in Italia.
Ai sensi dell’art. 1, comma 2 dello Statuto, -OMISSIS- è “competente a disciplinare l’attività equestre in Italia ini tutte le sue espressioni formative, ludiche e addestrative, con competenza esclusiva per le seguenti attività svolte in forma agonistica: salto a ostacoli, concorso completo, dressage, endurance, attacchi, volteggio, reining, paralimpica, horseball, polo”(discipline olimpiche). Ai sensi del successivo comma 3, -OMISSIS- “è affiliata alla Federazione Equestre Internazionale (F.E.I.) dalla quale è riconosciuta quale unico rappresentante degli sport in Italia” e secondo quanto previsto dal comma 4 la sua attività viene svolta in armonia con “le deliberazioni e gli indirizzi della FEI e con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO e del CONI”.
Dunque, nell’ambito dei propri compiti riconducibili all’assetto statutario così delineato, -OMISSIS- ha legittimamente deliberato il -OMISSIS-coerentemente ai principi normativi e regolamentari vigenti in materia.
Contrariamente a quanto argomentato dalla parte ricorrente, le disposizioni contenute nel richiamato Regolamento oggetto di censura, con riferimento all’equiparazione della qualifica tecnica conseguita tramite -OMISSIS- in -OMISSIS- da cittadini italiani, sono conformi ai canoni della ragionevolezza e logicità, essendo finalizzate a garantire il corretto esercizio delle attività di Istruttore di equitazione in Italia. Più in dettaglio, si evidenzia al riguardo che:
a) l’introduzione del requisito di aver sostenuto l’esame nella lingua parlata nel paese di appartenenza della Federazione presso cui è stato sostenuto l’esame risulta idoneo a dimostrare la regolarità del diploma acquisito, atteso che gli esami presso -OMISSIS- possono essere sostenuti con l’ausilio di un traduttore. La traduzione nel corso dell’esame, infatti, potendo prestarsi ad artifizi e raggiri non offre garanzie sul livello effettivo di preparazione del candidato, che potrebbe essere stato giudicato non in base al proprio reale valore (cfr. le comunicazioni tra -OMISSIS- e -OMISSIS- attestanti l’impiego di traduttori per lo svolgimento delle prove);
b) il colloquio richiesto da -OMISSIS- ai candidati -OMISSIS- relativo ai regolamenti delle discipline olimpiche e alle regolamentazioni federali italiane risulta parimenti necessario atteso che il possesso dell’autorizzazione a montare di primo grado, anch’ essa necessaria, non è sufficiente ad attestare il livello di conoscenza richiesto delle predette regolamentazioni, che nel caso dell’aspirante istruttore deve essere più approfondita e anche orientata all’insegnamento.
Con il secondo motivo di ricorso, la società ricorrente lamenta la violazione dell’ art. 102 del TFUE assumendo l’esistenza di un abuso di posizione. La ricorrente, in particolare, muovendo dal preliminare inquadramento dell’attività di formazione dei tecnici e di rilascio dei relativi titoli, nell’ambito delle attività economiche, come tali sottoposte alle regole eurounitarie del diritto antitrust, ne trae l’ulteriore illazione per cui la -OMISSIS-, in forza del suo ruolo istituzionale risulterebbe detenere una posizione dominante nel mercato della formazione e del rilascio delle qualifiche e dei titoli di istruttore di equitazione, rispetto alla quale, l’adozione della delibera impugnata sarebbe espressione di una illegittima pratica di abuso di posizione dominante in violazione del citato art. 102 del TFUE.
Anche tale motivo di ricorso è inammissibile e comunque infondato. In punto di inammissibilità si richiamano in parte qua le precedenti considerazioni formulate in relazione alla violazione del vincolo della cd. pregiudiziale sportiva. Quanto al merito di quest’ultima censura, il collegio osserva che, con il motivo in esame, la ricorrente tenta, surrettiziamente, ed inammissibilmente, di introdurre nel presente giudizio una sorta di valutazione, per così dire, in prevenzione rispetto a una questione di esclusiva competenza dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Dal complesso delle osservazioni che precedono, sulla base delle quali è stata accertata la legittimità degli atti impugnati, consegue l’assenza di responsabilità da parte delle amministrazioni resistenti. Sul punto invero è sufficiente richiamare la recente decisione della Adunanza Plenaria n. 7/2021 che, nel solco della storica sentenza delle Sezioni Unite numero 500 del 1999, ha ribadito la riconducibilità della responsabilità dell’amministrazione per l’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o per il mancato esercizio di quella doverosa al paradigma della responsabilità da fatto illecito. Secondo i principi ribaditi da quest’ultimo autorevole arresto giurisprudenziale, elemento centrale nella fattispecie di responsabilità da illegittima attività provvedimentale è l’ingiustizia del danno, da dimostrare in giudizio, diversamente da quanto avviene per la responsabilità da inadempimento contrattuale, in cui la valutazione sull’ingiustizia del danno è assorbita dalla violazione della regola contrattuale.Declinata nel settore relativo al «risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi», di cui all’art. 7, comma 4, cod. proc. amm., il requisito dell’ingiustizia del danno implica che il risarcimento potrà essere riconosciuto se l’esercizio illegittimo del potere amministrativo abbia leso un bene della vita del privato, che quest’ultimo avrebbe avuto titolo per mantenere o ottenere, secondo la dicotomia “interessi legittimi oppositivi - pretensivi”. Infatti, diversamente da quanto avviene nel settore della responsabilità contrattuale, il cui aspetto programmatico è costituito dal rapporto giuridico regolato bilateralmente dalle parti mediante l’incontro delle loro volontà concretizzato con la stipula del contratto-fatto storico, il rapporto amministrativo si caratterizza per l’esercizio unilaterale del potere nell’interesse pubblico, idoneo, se difforme dal paradigma legale e in presenza degli altri elementi costitutivi dell’illecito, a ingenerare la responsabilità aquiliana dell’amministrazione.
Alla stregua di tali condivisibili coordinate interpretative, manca - nel caso all’esame del Collegio - il presupposto dell’ingiustizia del danno, non ravvisandosi, per le ragioni indicate, un illegittimo esercizio del potere amministrativo da cui sia conseguita una lesione dell’interesse legittimo della ricorrente correlato al bene della vita agognato. Da ciò logicamente discende l’assorbimento delle questioni attinenti alla colpa della Pubblica Amministrazione e al quantum risarcitorio (in quanto relative alla sfera del c.d. “danno – conseguenza”).
Sulla base delle ragioni che precedono il ricorso principale e i ricorsi per motivi aggiunti devono conclusivamente essere respinti.
Le spese del presente giudizio, in ragione della peculiare complessità e novità della presente controversia, possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi di cui in motivazione.
Compensa integralmente le spese tra le parti della presente controversia.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la società ricorrente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2022 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Arzillo, Presidente
Anna Maria Verlengia, Consigliere
Luigi Furno, Referendario, Estensore