CONSIGLIO DI STATO – SEZIONE QUINTA – SENTENZA DEL 21/08/2023 N. 7875
CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE QUINTA – SENTENZA DEL 21/08/2023 N. 7875
Pubblicato il 21/08/2023
N. 07875/2023REG.PROV.COLL.
N. 09023/2022 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 9023 del 2022, proposto da Juventus Football Club S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Chiappero, Evelina Porcelli e Alfredo Di Mauro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Letizia Mazzarelli, Luigi Medugno e Giancarlo Viglione, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giancarlo Viglione in Roma, Lungotevere dei Mellini 17; F.C. Internazionale Milano S.p.A.., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Adriano Raffaelli, Luisa Torchia, Francesco Giovanni Albisinni e Angelo Capellini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Luisa Torchia in Roma, viale Bruno Buozzi N 47; C.O.N.I., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Angeletti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima), 28 ottobre 2022, n. 13943, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Federazione Italiana Giuoco Calcio, della F.C. Internazionale Milano S.p.A. e del C.O.N.I.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2023 il Cons. Giorgio Manca e uditi per le parti gli avvocati Di Mauro, Medugno, Viglione, Angeletti, Torchia e Albissini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’appello in esame, la società Juventus F.C. S.p.a. chiede la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. I, 28 ottobre 2022, n. 13943, che – dopo averli riuniti – ha dichiarato inammissibili, per difetto assoluto di giurisdizione, i ricorsi R.G. n. 8897/2019 e n. 1867/2020.
2. Con il primo di detti ricorsi, la società sportiva aveva chiesto l’annullamento della decisione del Collegio di Garanzia dello Sport del C.O.N.I., n. 39 del 27 maggio 2019, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso avverso il lodo del 15 novembre 2011 emesso dal Collegio arbitrale del TNAS che aveva a sua volta declinato la propria competenza a decidere sul rigetto del luglio 2011 da parte del Consiglio federale della FIGC dell’istanza di revoca in autotutela del provvedimento adottato dal Commissario Straordinario nel luglio 2006 con cui, in particolare, era stato assegnato alla F.C. Internazionale Milano il titolo di campione d’Italia per la stagione 2005/2006, dopo la revoca del titolo stesso alla Juventus F.C.
3. Con il secondo ricorso (R.G. n. 1867/2020) la Juventus F.C. aveva chiesto l’annullamento della decisione del 7 gennaio 2020, con cui il Collegio di Garanzia dello Sport del C.O.N.I., a sezioni unite, dichiarava inammissibile il ricorso proposto dalla stessa società innanzi al Tribunale federale nazionale avverso il lodo del 15 novembre 2011 (con cui, come ricordato, il Collegio arbitrale del TNAS aveva declinato la propria competenza a decidere).
4. Come anticipato, il Tribunale amministrativo, riuniti i ricorsi, li ha dichiarati inammissibili per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto – pur se attraverso la richiesta di revoca in autotutela del provvedimento del Commissario Straordinario, di assegnazione del titolo di campione d’Italia per la stagione 2005/2006 alla F.C. Internazionale Milano – la Juventus sollecitava la FIGC a esercitare un potere di natura sanzionatoria e disciplinare, sul presupposto che l’Internazionale Milano avesse posto in essere condotte illecite di rilievo disciplinare. Da ciò il conseguente difetto assoluto di giurisdizione ai sensi degli articoli 1 e 2 del decreto-legge n. 220 del 2003, convertito dalla legge n. 280 del 2003, trattandosi di controversie riguardanti sanzioni disciplinari sportive,
5. La Juventus F.C., rimasta soccombente, ha proposto appello riproponendo essenzialmente i motivi dei ricorsi di primo grado, in chiave critica della sentenza di cui chiede la riforma.
6. Resistono in giudizio la Federazione Italiana Giuoco Calcio, la F.C. Internazionale Milano S.p.A. e il C.O.N.I., chiedendo che l’appello sia respinto e sia confermata la sentenza.
7. All’udienza del 4 maggio 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Con il primo motivo (pp. 12-15 dell’atto di appello), l’appellante censura la sentenza per aver dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione.
Secondo l’appellante, la tesi affermata dalla sentenza, e dalle decisioni del Collegio di Garanzia dello Sport, sarebbe incentrata sull’esclusione sia della giurisdizione statale, sia della giustizia sportiva, finendo col degradare la posizione sostanziale dedotta in giudizio in un quid astratto, privo di valenza giuridica sostanziale, attestando la “non giustiziabilità” della posizione giuridica della Juventus F.C., la cui situazione soggettiva dedotta in giudizio non rivestirebbe natura giuridica né di diritto soggettivo né di interesse legittimo, ridotta a interesse di mero fatto, privo, in assoluto, di tutela giurisdizionale statale e giustiziale sportiva. La sentenza erroneamente non avrebbe rilevato come le Sezioni unite della Corte di cassazione (con la invocata pronuncia del 13 dicembre 2018, n. 32358) hanno dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione senza tuttavia affermare la non tutelabilità della posizione giuridica sostanziale, motivando il difetto assoluto di giurisdizione statale a cagione della riconosciuta ed affermata competenza della giustizia sportiva. Il T.a.r., erroneamente intrepretando l’arresto della Cassazione, hanno ritenuto che la fattispecie dedotta in giudizio non fosse sindacabile né dalla giurisdizione dello Stato né dagli organi di giustizia sportiva. Il che costituirebbe, altresì, affermazione di un non liquet, in contrasto con i principi generali dell’ordinamento giuridico italiano, basato sul diritto alla tutela delle posizioni soggettive, consacrato nell’art. 24, comma 2, della Costituzione.
8.1. Il motivo è infondato.
Come ha bene evidenziato il primo giudice, le domande proposte dalla Juventus F.C. innanzi agli organi di giustizia sportiva, e definitivamente decise (per l’ordinamento sportivo) con le decisioni del Collegio di Garanzia dello Sport n. 39/2019 e n. 1/2020, avevano per oggetto la richiesta rivolta alla FIGC di revocare in autotutela l’assegnazione del titolo di campione d’Italia per la stagione 2005/2006 alla F.C. Internazionale Milano; richiesta motivata sulla scorta degli illeciti sportivi imputabili alla società milanese. In sostanza, l’esercizio del potere di autotutela veniva sollecitato per ragioni attinenti la violazione dei precetti dell’ordinamento sportivo alle quali sono ricollegate sanzioni (sportive) di carattere meramente disciplinare.
In tale contesto, va confermato il difetto assoluto di giurisdizione, dovendo trovare applicazione la norma di cui all’art. 2 del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), secondo cui «è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto:
a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive;
b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive; […]».
8.2. Le Sezioni unite della Corte di cassazione, con un orientamento ormai consolidato, ha da tempo posto in rilievo come le norme di cui agli articoli 1 e 2 del decreto-legge citato assicurano l'autonomia dell'ordinamento sportivo, in conformità ai principi costituzionali («deve sottolinearsi che l’autonomia dell’ordinamento sportivo trova ampia tutela negli artt. 2 e 18 della Costituzione, dato che non può porsi in dubbio che le associazioni sportive siano tra le più diffuse «formazioni sociali dove [l’uomo] svolge la sua personalità» e che debba essere riconosciuto a tutti il diritto di associarsi liberamente per finalità sportive»: Corte costituzionale, sentenza n. 49 del 2011, punto 4.1. del diritto), e garantiscono la tutela giurisdizionale solo a quelle posizioni giuridiche soggettive che, pur legate con l'ordinamento sportivo, siano rilevanti per l'ordinamento statale in quanto si configurino quali situazioni giuridiche di diritto soggettivo o di interesse legittimo; in particolare, l'art. 2 cit. riserva all'ordinamento sportivo l'osservanza delle disposizioni regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni, nonché le condotte di rilievo disciplinare e l'irrogazione e applicazione delle relative sanzioni sportive, trattandosi del c.d. "vincolo sportivo", in base al quale le società, le associazioni, gli affiliati e i tesserati hanno l'onere di adire, secondo statuti e regolamenti del C.O.N.I. e delle federazioni, gli organismi di giustizia dell'ordinamento settoriale (oltre alla citata sentenza Cass., SS.UU. civili, n. 33526 del 1018, si veda anche la più recente pronuncia SS.UU. civili, n. 4850 del 2021, che confermando l’indirizzo sopra ricordato, trae ulteriori indicazioni in tal senso anche dalla successiva sentenza della Corte costituzionale n. 160 del 2019, che ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, lett. b), del decreto-legge n. 220 del 2003, sotto altri profili non esaminati nella precedente sentenza costituzionale n. 49 del 2011).
8.3. È noto, inoltre, che l’art. 2 del decreto-legge n. 220 del 2003, nella parte in cui riserva al solo giudice sportivo la competenza a decidere le controversie aventi ad oggetto l’applicazione di sanzioni disciplinari inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società sportive, escludendo, in particolare, la tutela in forma specifica costituita – davanti al giudice amministrativo – dall’annullamento dell’atto, ha superato il vaglio di costituzionalità sull’assunto che «qualora la situazione soggettiva abbia consistenza tale da assumere nell’ordinamento statale la configurazione di diritto soggettivo o di interesse legittimo […] è riconosciuta la tutela risarcitoria. In tali fattispecie deve, quindi, ritenersi che la esplicita esclusione della diretta giurisdizione sugli atti attraverso i quali sono state irrogate le sanzioni disciplinari – posta a tutela dell’autonomia dell’ordinamento sportivo – non consente che sia altresì esclusa la possibilità, per chi lamenti la lesione di una situazione soggettiva giuridicamente rilevante, di agire in giudizio per ottenere il conseguente risarcimento del danno» (Corte costituzionale, n. 49 del 2011, punto 4.5. del diritto).
8.4. Né vale osservare che, nel caso di specie, la società Juventus F.C. contesta non direttamente l’atto di applicazione di sanzioni disciplinari sportive, ma l’omesso esercizio, ritenuto illegittimo, del potere di riesame del provvedimento di primo grado con il quale era stato assegnato (illegittimamente, in tesi) il titolo di Campioni d’Italia per il campionato 2005/2006.
La controversia, infatti, posto che la rimozione dell’atto illegittimo ha come fondamento la valutazione di condotte rilevanti sotto il profilo disciplinare sportivo e l’applicazione, quale conseguente sanzione, della revoca del titolo, è chiaramente incentrata su questioni sottratte alla giurisdizione statale e riservate (quantomeno per la tutela di annullamento) agli organi di giustizia sportiva.
9. In conclusione, l’appello va respinto.
10. Considerata la peculiarità della vicenda esaminata, si giustifica la compensazione tra le parti delle spese giudiziali per il grado di appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata.
Compensa tra le parti le spese giudiziali per il grado di appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Presidente
Valerio Perotti, Consigliere
Elena Quadri, Consigliere
Giorgio Manca, Consigliere, Estensore
Massimo Santini, Consigliere