CONSIGLIO DI STATO – SEZIONE QUINTA – SENTENZA DEL 22/09/2023 N. 8487
CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE QUINTA – SENTENZA DEL 22/09/2023 N. 8487
Pubblicato il 22/09/2023
N. 08487/2023REG.PROV.COLL.
N. 07163/2023 REG.RIC.
N. 07164/2023 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 218 d.l. n. 34/2020, 5-quaterdecies, d.l. n. 162/2022, 74 c.p.a.; (1) sul ricorso numero di registro generale 7163 del 2023, proposto da Calcio Foggia 1920 s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fabrizio Lofoco, Giacomo Sgobba, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Federazione Italiana Giuoco Calcio, rappresentato e difeso dall'avvocato Giancarlo Viglione, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere dei Mellini, 17;
nei confronti
C.O.N.I. - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, A.C. Perugia Calcio s.r.l., Calcio Lecco 1912 s.r.l., Lega Italiana Calcio Professionistico (Lega Pro), Società Ascoli Calcio 1898 F.C. S.P.A, Società Sportiva Bari Calcio s.p.a., Società Us Catanzaro 1929 s.r.l., Società A.S. Cittadella s.r.l. Unipersonale, Società Como 1907 s.r.l., Società Cosenza Calcio s.r.l., Società U.S. Cremonese s.p.a., Società Feralpisalò s.r.l., Società Modena F.C. 2018 s.r.l., Società Palermo Football Club s.p.a., Società Parma Calcio 1913 s.r.l., Società Pisa Sporting Club s.r.l., Società A.C. Reggiana 1919 s.r.l., Società U.C. Sampdoria s.p.a., Società Spezia Calcio s.r.l., Società Fussball Club Sùdtirol s.r.i., Società Ternana Calcio s.p.a., Società Venezia Fc s.p.a., Centro di Coordinamento dei Perugia Clubs, Michele Nannarone, Antonio Bartolini, Comune di Perugia, non costituiti in giudizio; Provincia di Foggia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Vincenzo De Michele, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Lega Nazionale Serie B, rappresentato e difeso dall'avvocato Paola Pezzali, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
(2) sul ricorso numero di registro generale 7164 del 2023, proposto da Calcio Foggia 1920 s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fabrizio Lofoco, Giacomo Sgobba, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Federazione Italiana Giuoco Calcio, rappresentato e difeso dall'avvocato Giancarlo Viglione, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giancarlo Viglione in Roma, Lungotevere dei Mellini,17;
nei confronti
C.O.N.I. - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, A.C. Perugia Calcio s.r.l., Calcio Lecco 1912 s.r.l., Lega Italiana Calcio Professionistico (Lega Pro), Società Ascoli Calcio 1898 F.C. s.p.a., Società Sportiva Bari Calcio s.p.a., Società Us Catanzaro 1929 s.r.l., Società A.S. Cittadella s.r.l. Unipersonale, Società Como 1907 s.r.l., Società Cosenza Calcio s.r.l., Società U.S. Cremonese s.p.a., Società Feralpisalò s.r.l., Società Modena F.C. 2018 s.r.l., Società Palermo Football Club s.p.a., Società Parma Calcio 1913 s.r.l., Società Pisa Sporting Club s.r.l., Società A.C. Reggiana 1919 s.r.l., Società U.C. Sampdoria s.p.a., Società Spezia Calcio s.r.l., Società Fussball Club Sùdtirol s.r.i.., Società Ternana Calcio s.p.a., Società Venezia Fc s.p.a., Centro di Coordinamento dei Perugia Clubs, Michele Nannarone, Antonio Bartolini, Comune di Perugia, non costituiti in giudizio; Provincia di Foggia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Vincenzo De Michele, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Lega Nazionale Serie B, rappresentato e difeso dall'avvocato Paola Pezzali, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la revocazione
quanto al ricorso n. 7163 del 2023:
della sentenza del Consiglio di Stato - Sez. V n. 8076/2023, resa tra le parti, in materia di ammissione del Lecco Calcio al Campionato di serie B.
quanto al ricorso n. 7164 del 2023:
della sentenza del Consiglio di Stato - Sez. V n. 8075/2023, resa tra le parti, in materia di ammissione del Lecco Calcio al Campionato di serie B.
Visti i ricorsi per revocazione e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione della Federazione Italiana Giuoco Calcio e della Lega Nazionale Serie B in entrambi i ricorsi;
visto l’atto di intervento ad adiuvandum della Provincia di Foggia in entrambi i ricorsi;
visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 settembre 2023 il pres. Rosanna De Nictolis e uditi per le parti gli avvocati Lofoco, Sgobba, Viglione e Pezzali
visti gli artt. 218 d.l. n. 34/2020, 5-quaterdecies d.l. n. 162/2022, 129 c.p.a.;
visti i decreti presidenziali: 2.9.2023 nn. 3707 e 3708; 3.9.2023 nn. 3709 e 3710; 8.9.2023 n. 3731 e 3732; 13.9.2023 nn. 3752 e 3753;
considerato e ritenuto quanto segue.
1. Il Calcio Foggia 1920 s.r.l. (d’ora innanzi: Calcio Foggia), propone due distinti ricorsi per revocazione avverso le sentenze Cons. St., V, 30.8.2023 n. 8076 e Cons. St., V, 30.8.2023 n. 8075, affidandoli a quattro identici motivi di censura, di cui il quarto articolato in due sub-motivi (4.a e 4.b).
2. Preliminarmente va disposta la riunione dei due ricorsi per revocazione, perché afferiscono alla stessa vicenda procedimentale.
2.1. La vicenda trae origine dal provvedimento della FIGC n. 10/A del 7.7.2023, che, in accoglimento del ricorso del Calcio Leccio 1920 s.r.l. (d’ora innanzi: Calcio Lecco), ha ammesso tale squadra al campionato di calcio di serie B per la stagione 2023-2024.
2.2. Tale provvedimento è stato annullato, su ricorso del Perugia Calcio s.r.l., dalla decisione n. 66/2023 del 17-20 luglio 2023, resa dal Collegio di garanzia dello sport presso il CONI, (d’ora innanzi: Perugia Calcio).
2.3. La decisione n. 66/2023 del Collegio di garanzia dello sport presso il CONI ha formato oggetto di due separati ricorsi, del Calcio Lecco e della FIGC, rivolti al Tar Lazio – Roma.
2.4. Ne sono conseguite due separate sentenze del Tar Lazio- Roma, rispettivamente 2.8.2023 n. 13162 e 2.8.2023 n. 13163.
2.5. Esse sono state impugnate, tra gli altri, dal Calcio Foggia, con due separati appelli, decisi con due separate sentenze, Cons. St., V, 30.8.2023 n. 8076 e Cons. St., V, 30.8.2023 n. 8075.
2.6. Dalla narrazione di cui sopra è evidente che unico è l’originario provvedimento della FIGC e unica è la decisione del Collegio di garanzia dello sport presso il CONI, anche se hanno dato luogo a distinti ricorsi e distinte decisioni giurisdizionali. Sicché, i due ricorsi per revocazione, che peraltro hanno identico contenuto, vanno riuniti, per ragioni di economia processuale.
3. Nel corso della discussione orale alla pubblica udienza del 21.9.2023, la parte ricorrente ha insistito nella istanza di rinvio già formulata con memoria del 18.9.2023, mentre le controparti non hanno chiesto termini a difesa.
3.1. Con ordinanza raccolta nel verbale di udienza e letta alle parti, il Collegio ha respinto l’istanza di rinvio, così statuendo:
“Il Collegio respinge l’istanza di rinvio per ragioni che saranno meglio sviluppate nella decisione di merito e che sono qui sintetizzate a verbale:
- il rito speciale sportivo è soggetto a tutte le regole del rito ordinario in quanto non espressamente derogate, ivi compresa l’abbreviazione dei termini;
- la fissazione dell’udienza il 21.9.2023 anziché dal 22.9.2023 in poi non può essere lamentata dalla parte ricorrente dopo aver reiteratamente chiesto l’abbreviazione dei termini, così dimostrando di volere una decisione a partire dal dodicesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza;
- per converso le parti avverse non hanno chiesto termini a difesa;
- le asserite ragioni di opportunità che militerebbero per la modifica integrale del collegio giudicante sono inammissibili perché prive di base normativa”.
3.2. Il Collegio ribadisce che l’istanza di rinvio è infondata e va respinta.
3.3. L’istanza si fonda sul triplice rilievo che:
(a) l’istituto della abbreviazione dei termini non si applicherebbe al rito speciale sportivo che regola il caso di specie;
(b) non applicandosi l’abbreviazione dei termini, la prima data utile per fissare l’udienza sarebbe stata il 22.9.2023 e non il 21.9.2023;
(c) la causa andrebbe rinviata al 28.9.2023, anche per ragioni di opportunità, per consentire la trattazione di essa da parte di un collegio completamente diverso da quello che ha reso le sentenze revocande.
3.4. Salvo quanto si dirà in prosieguo circa l’applicabilità del rito speciale sportivo al caso in esame, il Collegio rileva che il presente contenzioso sportivo è soggetto, oltre che al rito speciale, anche a tutte le disposizioni dettate dal c.p.a. per il rito ordinario, in quanto non espressamente derogate dal rito speciale, e per tutto quanto quest’ultimo non contempla. Si applica pertanto anche l’istituto dell’abbreviazione dei termini. Appare peraltro contraddittoria la condotta processuale di parte ricorrente, che dopo aver reiteratamente chiesto, nel presente giudizio, l’abbreviazione dei termini, afferma ora che essa non sarebbe applicabile.
3.5. La parte ricorrente si duole che alla data del 21.9.2023 non ci sarebbero i termini a difesa pieni, e l’udienza avrebbe dovuto essere calendarizzata dal 22.9.2023 in poi. La obiezione è inammissibile per difetto di un effettivo interesse, perché la parte ricorrente ha reiteratamente chiesto l’abbreviazione dei termini per la trattazione delle presenti cause, così dimostrando di avere, invece, interesse a una decisione a partire dal dodicesimo giorno successivo alla pubblicazione delle sentenze impugnate e di essere in grado di difendersi entro tale termine ridotto. In definitiva, la riduzione del termine intero di un giorno non reca alcun nocumento alla parte ricorrente, che ha avuto ampia possibilità di sottoporre difese scritte e orali. La violazione del termine a difesa sarebbe stata deducibile solo dalle controparti del ricorrente, ma le controparti nulla hanno obiettato, accettando espressamente il contraddittorio, con dichiarazione resa nel verbale di udienza.
3.6. Quanto, infine, alle prospettate ragioni di opportunità che giustificherebbero il rinvio, il Collegio osserva che la parte non indica alcuna fonte normativa delle invocate “regole di opportunità”. Una siffatta fonte normativa è inesistente. Nessuna regola processuale impone la sostituzione dell’intero collegio che ha reso la sentenza revocanda, e, anzi, al di fuori del caso del dolo del giudice, il collegio del giudizio di revocazione può anche legittimamente coincidere con il collegio della sentenza revocanda, ivi compreso il relatore-estensore (art. 398 c. 1 c.p.c.; Cons. St., ad. plen., 24.1.2014 nn. 4 e 5). Di norma, nei collegi dei giudizi di revocazione non viene inserito il relatore-estensore della sentenza revocanda, e, ove le esigenze organizzative dell’ufficio giudiziario lo consentono, nemmeno il presidente del collegio che ha reso la sentenza revocanda. Tale modus operandi trova un appiglio normativo, sia pur vago, nell’art. 51 ult. co. c.p.c., relativo all’astensione facoltativa del giudice “per gravi ragioni di convenienza”, ma si tratta in ogni caso di valutazioni rimesse all’apprezzamento insindacabile del capo dell’ufficio giudiziario (qui il presidente della sezione), su cui non è consentita l’interlocuzione delle parti e nemmeno del magistrato che voglia astenersi in via facoltativa, ove il capo dell’ufficio ritenga di respingerne l’istanza. È sempre salva, in diritto, la piena legittimità della soluzione di non modificare il collegio giudicante del giudizio di revocazione rispetto a quello che ha reso la sentenza revocanda, nei limiti sopra illustrati. Una diversa soluzione caso per caso, finalizzata alla sostituzione dell’intero collegio, sarebbe priva di giustificazione ragionevole, sarebbe fonte di un serio vulnus organizzativo a causa delle difficoltà di formazione dei collegi, e potrebbe anche porsi in contrasto con il principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge.
Nel caso di specie il collegio decidente risulta composto da tre magistrati estranei ai collegi che hanno reso le sentenze revocande, e due magistrati che sono stati componenti di tali collegi senza esserne stati né presidenti né relatori. In definitiva, risultano diversi il presidente/relatore/estensore, nonché altri due componenti del Collegio. Sicché, le allegate ragioni di opportunità risultano essere già state tenute in debito conto, pur non essendovi alcun dovere processuale in tal senso. In definitiva la “opportunità” invocata da parte ricorrente non solo è priva di base normativa certa, ma soprattutto deve confrontarsi con ben più pregnanti principi del processo di parti e della organizzazione del processo, quali la precostituzione del giudice, la economia processuale, la ragionevolezza, proporzionalità e sostenibilità delle soluzioni processuali ed organizzative. Principi che militano tutti nella direzione della irragionevolezza e insostenibilità della pretesa di sostituzione dell’intero collegio.
3.7. In conclusione, l’istanza di rinvio è respinta.
4. Va pregiudizialmente risolta la questione, rimessa in sede monocratica alla valutazione del Collegio (v. decreti 3.9.2023 nn. 3709 e 3710 e decreti 8.9.2023 nn. 3731 e 3732), se il rito speciale che risulta dal combinato disposto dell’art. 218 d.l. n. 34/2020 e dell’art. 5-quaterdecies d.l. n. 162/2022, - che nel caso di specie ha trovato applicazione ai giudizi di primo grado e di appello - , sia applicabile solo al giudizio di primo grado e al giudizio di appello, o anche agli altri giudizi di impugnazione – segnatamente revocazione e opposizione di terzo – avverso sentenze rese in primo grado e/o in appello seguendo tale rito speciale.
4.1. L’art. 218 d.l. n. 34/2020 e l’art. 5-quaterdecies d.l. n. 162/2022 tacciono su tale questione, in quanto, da un lato, disciplinano il giudizio di primo grado, e, dall’altro lato, estendono espressamente l’applicazione delle relative regole al solo giudizio di appello, non menzionando le altre impugnazioni (revocazione, opposizione di terzo).
4.2. Diversamente, il c.p.a., quando disciplina i riti speciali, ordinariamente si premura di estendere espressamente le relative disposizioni a tutti i giudizi di impugnazione, e non al solo giudizio di appello (v. artt. 114, c. 8, 116, c. 5, 117, c. 6-bis, 119, c. 7, 120, c. 12, rispettivamente per i riti relativi a ottemperanza, accesso, silenzio, per il rito abbreviato comune a determinate materie, per il rito appalti).
4.3. Solo per i due riti elettorali, il c.p.a. estende espressamente le relative disposizioni al solo giudizio di appello, tacendo sulle altre impugnazioni (v. artt. 129, c. 9, e 131, c. 1 c.p.a.).
4.4. Con riferimento alla questione se i riti elettorali trovino applicazione anche alle impugnazioni diverse dall’appello - segnatamente revocazione e opposizione di terzo - pur con i dubbi ingenerati dal silenzio normativo, la più condivisibile giurisprudenza ha seguito la tesi dell’estensione del rito speciale, per identità di ratio, anche alle impugnazioni diverse dall’appello (v. Cons. St., V, 9.5.2011 n. 2727 con riferimento al rito dell’art. 129 c.p.a.; CGARS, 21.12.2021 n. 1064, con riferimento al rito dell’art. 130 c.p.a., sia pure in via di obiter dictum).
4.5. Anche la Corte di cassazione, con riferimento al rito del lavoro, ha osservato che, pur nell'assenza di una particolare previsione nella l. n. 533/1973, il rito speciale del lavoro è applicabile al giudizio di revocazione relativo a sentenza pronunciate nelle controversie in materia di lavoro e previdenza ed assistenza obbligatorie, osservandosi davanti al giudice adìto, ai sensi della disciplina generale di tale mezzo d'impugnazione, le norme stabilite per il procedimento davanti a lui, in quanto non derogate da quelle dettate in tema di revocazione (art. 400 c.p.c.) (Cass., III, 9.6.2010 n. 13834; Id., sez. lav., 23.6.2016 n. 13063).
4.6. Il principio è stato esteso al ricorso per revocazione di sentenze rese con il c.d. rito Fornero (Cass. sez. lav., 22.8.2019 n. 21627).
4.7. Il Collegio ritiene di fare proprio il suddetto orientamento espresso sia dal Consiglio di Stato che dalla Corte di cassazione, e di estenderlo al rito speciale qui in esame. Da un lato, l’art. 400 c.p.c. secondo cui in sede di revocazione si osserva il rito stabilito per il processo a quo, trova applicazione anche nel processo amministrativo in virtù del rinvio esterno di cui all’art. 39 c. 1 c.p.a. Dall’altro lato, appare ragionevole applicare il rito speciale sportivo a tutti i giudizi di impugnazione e non al solo appello, avverso sentenze rese con applicazione del rito speciale medesimo. Invero, in tutti i giudizi di impugnazione vi sono le medesime esigenze di celerità che costituiscono la ratio della previsione di un rito speciale connotato da un giudizio “immediato”. A tale risultato ermeneutico si perviene sulla scorta della premessa che il contenzioso sportivo di cui al citato art. 218, - se non è soggetto all’art. 119 c.p.a., che contempla a sua volta un rito speciale e non è mai richiamato nelle disposizioni qui in commento (che invece richiamano l’art. 129 c.p.a., che a sua volta contempla un rito speciale)- resta tuttavia soggetto alle disposizioni che il c.p.a. detta per il rito ordinario, in quanto non espressamente derogate dalle norme che regolano il rito speciale, ivi comprese, per quel che qui interessa, l’art. 39 c. 1 c.p.a., e, in virtù del rinvio esterno ivi contenuto, l’art. 400 c.p.c.
4.8. In conclusione, i presenti ricorsi per revocazione sono regolati dal rito speciale di cui agli artt. 218, d.l. n. 34/2020 e 5-quaterdecies, d.l. n. 162/2022.
5. Ciò stabilito, ne consegue che, in applicazione dell’art. 218, c. 3, d.l. n. 34/2020, la sentenza è “redatta in forma semplificata” e “La motivazione della sentenza può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie”.
5.1. Il riferimento alla sentenza “in forma semplificata” comporta un implicito rinvio, da parte della disposizione speciale, all’art. 74 c.p.a., contenente l’archetipo della sentenza in forma semplificata, a tenore del quale “La motivazione della sentenza può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo, ovvero, se del caso, ad un precedente conforme”.
5.2. È opinione condivisa che nella redazione della sentenza in forma semplificata può essere omessa la narrazione dello svolgimento del processo e la riproduzione e/o sintesi dei motivi di ricorso.
5.3. In ossequio ai criteri che governano la tecnica di redazione di tale tipologia di sentenza, nella presente decisione il Collegio dà per letti e conosciuti tutti i fatti di causa, tutti i motivi di ricorso, tutte le questioni sottoposti dall’interventore ad adiuvandum, e tutti gli argomenti delle controparti. Pertanto essi non vengono qui analiticamente riprodotti né riassunti.
6. Ancora in rito, il Collegio rileva che nei presenti giudizi ha proposto intervento ad adiuvandum la Provincia di Foggia, che anche nel pregresso grado di appello aveva la stessa posizione.
6.1. L’interventore ad adiuvandum non può ampliare la materia del contendere, vale a dire che non può proporre nuove domande in rito o in merito, come si desume dall’art. 28 c. 2 e dall’art. 50 c. 1 c.p.a.
6.2. Pertanto tutti gli argomenti sottoposti dalla Provincia di Foggia per denunciare vizi revocatori delle sentenze revocande, diversi da quelli prospettati dalla parte ricorrente, sono inammissibili. Né rileva che la Provincia di Foggia abbia espletato il proprio intervento mediante memoria notificata alle altre parti. La circostanza che la memoria sia stata notificata non trasforma l’atto in un autonomo ricorso per revocazione, non solo perché la Provincia ha qualificato la propria azione come “intervento” e perché in base al c.p.a. l’atto di intervento deve essere notificato alle altre parti (art. 50 c. 2 c.p.a.), ma anche perché la Provincia di Foggia, in quanto interventore ad adiuvandum anche nel precedente giudizio, non ha una legittimazione processuale autonoma a contestare le sentenze revocande, a meno che non deduca questioni relative al proprio intervento, circostanza che qui non ricorre.
6.3. La posizione di interventore ad adiuvandum comporta anche che la Provincia di Foggia non può sottoporre al Collegio istanze processuali autonome e diverse da quelle del ricorrente in revocazione in ordine allo svolgimento del giudizio. A ciò osta l’art. 28 c.p.a. secondo cui l’interventore accetta lo stato e grado in cui il giudizio si trova (Cons. St., ad. plen., 3.7.1973 n. 7). Pertanto sono inammissibili le istanze processuali dell’interventore relative allo spostamento della udienza, formulate sotto forma di istanza di differimento dell’udienza al 28.9.2023 e di anticipazione al 14.9.2023, e le istanze inerenti la composizione del Collegio giudicante, sottoposte in data anteriore alle istanze analoghe di parte ricorrente, come già osservato con i decreti presidenziali 13.9.2023 nn. 3752 e 3753.
7. Sempre in via pregiudiziale, va esaminata la questione dei limiti di ammissibilità dei due ricorsi, avuto riguardo al superamento dei prescritti limiti dimensionali, riservata al Collegio dai d.p. 3.9.2023 nn. 3709 e 3710.
7.1. Trovando applicazione il rito di cui all’art. 218, d.l. n. 34/2020, ai sensi del suo c. 3, “Si applicano i limiti dimensionali degli atti processuali previsti per il rito elettorale, di cui all'articolo 129 del codice del processo amministrativo (…)”.
Il d.PC.S. n. 167/2016, emanato sulla base dell’art. 13-ter disp. att. c.p.a., stabilisce, per gli atti processuali di parte nel rito elettorale di cui all’art. 129 c.p.a., il limite dimensionale di 30.000 caratteri, spazi esclusi, calcolati al netto delle parti di atto che non si computano (epigrafe, sintesi dei motivi, petitum, etc.). Anche per i ricorsi ex art. 218 d.l. n. 34/2020, pertanto, il limite dimensionale per gli atti di parte è di 30.000 caratteri, spazi esclusi, al netto delle parti di atto che non si computano.
Sempre il citato d.P.C.S. consente deroghe ai limiti dimensionali, subordinate alla richiesta di una autorizzazione “preventiva”, ossia anteriore alla notificazione del ricorso (art. 6 d.P.C.S.), autorizzazione che può essere espressa ovvero formarsi per silentium decorso un brevissimo lasso temporale dalla richiesta (tre giorni). È eccezionalmente consentita una autorizzazione “successiva” -ossia dopo la notifica del ricorso- per gravi e giustificati motivi (art. 7 d.P.C.S.).
L’art. 13-ter disp. att. c.p.a. dispone che il giudice è tenuto ad esaminare tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti nei limiti massimi, mentre l’omesso esame delle questioni contenute nelle pagine successive non è motivo di impugnazione; secondo la più corretta esegesi, tale previsione non lascia al giudice la facoltà di esaminare o meno le questioni trattate nelle pagine successive al limite massimo, ma, invece, in ossequio ai principi di terzietà e imparzialità, obbliga il giudice a non esaminare le questioni che si trovano oltre il limite massimo di pagine, con l’effetto, ad es., di non poter pronunciare su domande di misure cautelari monocratiche collocate dopo il numero massimo consentito di pagine (CGARS, 4.4.2023 n. 104, decr.).
7.2. Nel caso di specie, ciascun ricorso per revocazione consta, al lordo, di circa 85.800 caratteri, spazi esclusi. Al netto delle parti di atto che non rilevano ai fini dei limiti dimensionali, ciascun ricorso consta di circa 77.000 caratteri, spazi esclusi.
Non è stata chiesta autorizzazione preventiva alla deroga al limite dimensionale, ma solo successiva, e solo dopo che con decreto presidenziale (v. decreti 2.9.2023 nn. 3707 e 3708) è stato rilevato d’ufficio il superamento dei limiti dimensionali.
7.3. Contrariamente all’assunto di parte ricorrente, il superamento dei limiti dimensionali è questione di rito afferente all’ordine pubblico processuale, stabilito in funzione dell’interesse pubblico all’ordinato, efficiente e celere svolgimento dei giudizi, ed è rilevabile d’ufficio a prescindere da eccezioni di parte. Il rigoroso rispetto dei limiti dimensionali costituisce attuazione del fondamentale principio di sinteticità (art. 3 c.p.a.), a sua volta ispirato ai canoni di economia processuale e celerità. Soprattutto nei riti – come il presente - connotati da immediatezza della decisione di merito (che va resa entro pochissimi giorni dal deposito del ricorso), le regole del gioco processuale assicurano che la risposta di giustizia sia veloce a condizione che la domanda di giustizia sia sintetica e contenuta nei limiti dimensionali più restrittivi rispetto ad altri riti. Tale assetto costituisce un equo bilanciamento di tutti gli interessi: a taluni contenziosi viene garantita una corsia privilegiata e più celere rispetto ad altri, a condizione che gli scritti processuali siano più sintetici.
7.4. Il Collegio non ritiene di poter autorizzare postumamente il superamento dei limiti dimensionali, perché presupposto imprescindibile per l’adozione dell’autorizzazione postuma è la prova della oggettiva impossibilità o estrema difficoltà di chiedere e conseguire l’autorizzazione preventiva (CGARS, 11.2.2022 n. 17, decr.), oltre che la prova, già richiesta per l’autorizzazione preventiva, di non poter osservare il limite dimensionale ordinariamente prescritto. Nel caso di specie, non è rilevante accertare se la parte abbia fornito o meno ragioni convincenti a giustificare la deroga ai limiti dimensionali. Invero, è dirimente la considerazione che non sono state indicate convincenti ragioni che hanno reso oggettivamente impossibile la richiesta di autorizzazione preventiva in deroga, tanto più che, come già rimarcato, alla richiesta di autorizzazione preventiva deve essere data dall’ufficio giudiziario una risposta tempestiva, in difetto della quale l’autorizzazione si forma per silentium decorsi tre giorni dal deposito della richiesta. Nel caso di specie, alla data di notifica del ricorso (1.9.2023) la parte ben avrebbe potuto chiedere l’autorizzazione preventiva, che si sarebbe formata non più tardi del 4.9.2023, quando la parte era ancora ampiamente in termini per proporre ricorso senza subire alcun pregiudizio irreparabile. Il fatto che una deroga ai limiti dimensionali sia in astratto ammissibile, non fa venire meno la necessità che sia essere chiesta autorizzazione preventiva alla deroga, e non rende perciò solo concedibile una autorizzazione postuma, che resta ammissibile solo in presenza di comprovati ostacoli a chiedere l’autorizzazione preventiva. In conclusione, difettando plausibili ragioni che hanno impedito di chiedere la deroga in via preventiva, la deroga postuma non è autorizzabile.
7.5. Né la parte si è premurata, come pure era sua facoltà, di indicare i motivi di ricorso o comunque le parti di atto a cui intendesse rinunciare (art. 7 d.P.C.S. citato). Non rileva a tal fine l’istanza cautelare autonoma notificata e depositata in data 6.9.2023, che risulta formulata solo al fine della tutela cautelare ma non del merito.
7.6. Neppure la parte, dopo la adozione dei decreti 2.9.2023 n. 3707 e 3708 che hanno rilevato il superamento dei limiti dimensionali, si è premurata di notificare e depositare nuovi ricorsi rispettosi dei limiti dimensionali, o muniti di autorizzazione preventiva, come pure avrebbe potuto, senza incorrere nella consumazione della impugnazione, che non si verifica quando la sostituzione dell’atto processuale è finalizzata a porre rimedio a un vizio dell’atto originario, purché notifica e deposito avvengano nei termini di rito (Cons. St., ad. plen., 21.4.2022 n. 6 e soprattutto CGARS, 11.4.2023 n. 105, decr., che ha ritenuto non violato il principio di consumazione dell’impugnazione in caso di notifica e deposito, nei termini di rito, di un nuovo ricorso “ridimensionato” dopo uno precedente dichiarato inammissibile nella parte eccedente i limiti dimensionali).
7.7. Avuto riguardo alle circostanze fattuali evocate sub 7.5. e 7.6., non spetta al Collegio invitare la parte alla sintesi, con assegnazione di un termine per depositare un ricorso ridimensionato, in quanto la parte aveva facoltà di provvedervi autonomamente, e in quanto l’esigenza di celere definizione del contenzioso non può essere ostacolata dall’inerzia di parte. Né si pone un problema di decisione “a sorpresa” in quanto la questione del superamento dei limiti dimensionali è stata sottoposta già con decreti monocratici al contraddittorio della parte (v. d.p. 2.9.2023 nn. 3707 e 3708, nonché d.p. 3.9.2023 nn. 3709 e 3710), la quale ha potuto difendersi sul punto sia per iscritto che oralmente.
7.8. Ne consegue che, in applicazione dell’art. 13-ter disp. att. c.p.a. come sopra interpretato, il Collegio non può (recte: non deve) esaminare le parti di atto che si collocano dopo i 30.000 caratteri calcolati come sopra indicato. Nella strutturazione del ricorso, i 30.000 caratteri coprono la parte in fatto e il primo motivo di ciascun ricorso per revocazione. Senonché il primo motivo di ciascun ricorso per revocazione riguarda le statuizioni di merito delle identiche sentenze revocande, ma non scalfisce quelle in rito, da sole sufficienti a determinare l’esito sfavorevole al Calcio Foggia dei giudizi di appello.
Ne deriva già per ciò solo l’inammissibilità dei ricorsi per revocazione.
8. Tuttavia, per completezza, il Collegio rileva che i due ricorsi per revocazione sono, in ogni caso, inammissibili anche sotto altri profili.
8.1. Le due identiche sentenze si fondano su plurimi capi, in rito e in merito, in quanto ciascuna di esse:
(i) ritiene l’appello del Calcio Foggia inammissibile per difetto di interesse;
(ii) ritiene l’appello inammissibile per difetto di legittimazione a proporre appello;
(iii) ritiene l’appello infondato nel merito sulla base di plurimi argomenti.
8.2. Ciascuna di queste statuizioni è autonoma e da sola sufficiente a fondare una pronuncia sfavorevole al Calcio Foggia. Pertanto, i ricorsi per revocazione, per trovare ingresso in fase rescindente e consentire il passaggio alla fase rescissoria, dovrebbero dimostrare che tutti i capi di sentenza in rito e in merito, ciascuno autosufficiente a fondare la reiezione dell’appello, siano affetti da errore di fatto revocatorio o altro vizio revocatorio. E ove anche taluno dei capi di sentenza fosse affetto da vizio revocatorio, se anche un solo capo autonomo e autosufficiente fosse immune da vizio revocatorio, tanto basterebbe a rendere i ricorsi inammissibili.
8.3. I ricorsi per revocazione tentano – senza successo - di dimostrare che sono affette da vizio revocatorio tutte le statuizioni, in rito e in merito, delle sentenze impugnate.
9. Nell’ordine logico delle questioni, ha carattere prioritario la questione di rito circa la sussistenza o meno della legittimazione del Calcio Foggia, nella sua qualità di interventore nel giudizio di primo grado, a proporre autonomamente appello, e pertanto ha carattere prioritario l’esame dei motivi revocatori che attaccano il capo di sentenza che affronta la questione della legittimazione all’appello.
9.1. Il Calcio Foggia ritiene che tale capo delle due sentenze sia affetto da errore di fatto revocatorio (motivo 4.b) dei ricorsi per revocazione). Parte ricorrente, da un lato, sembra sostenere l’esistenza di un vizio revocatorio per omesso esame di una richiesta di parte, in particolare una richiesta di accertamento incidentale in ordine all’esegesi dell’art. 49 delle Norme Organizzative Interne Federali (d’ora innanzi N.O.I.F.), dall’altro lato insiste che era parte necessaria nel giudizio di primo grado e pertanto legittimata a proporre appello.
9.2. Il mezzo è inammissibile.
9.3. Ciascuna sentenza revocanda, facendo applicazione di consolidati principi giurisprudenziali, ha affermato che il Calcio Foggia, in quanto interventore nel giudizio di primo grado, ma non parte necessaria di esso, non aveva una legittimazione autonoma ad appellare la sentenza.
9.4. In particolare, le sentenze revocande così si esprimono.
9.4.(i) Esse riportano gli argomenti delle controparti circa il difetto di legittimazione del Calcio Foggia come segue: “(…) sia la FIGC sia la Lega Nazionale Professionisti Serie B sia la Calcio Lecco 1912 S.r.l. hanno eccepito l’inammissibilità dell’appello proposto dalla Società Calcio Foggia 1920 s.r.l. Ugualmente ha eccepito l’inammissibilità dell’appello AC Perugia Calcio s.r.l., pur condividendolo nel merito, poiché “tale squadra non avrebbe comunque titolo a prendere il posto del Lecco nella Serie B 2023/2024” (memoria di costituzione depositata il giorno 8 agosto 2023). 38. La FIGC sostiene che l’appello sia inammissibile poiché il suo accoglimento non comporterebbe per il Foggia alcun vantaggio. Tanto sul presupposto che, ove anche il ricorso fosse accolto, non vi sarebbe l’automatico subentro dell’appellante in Serie B. 38.1. Così si esprimeva il Collegio di Garanzia CONI relativamente alla impugnazione da parte del Foggia della delibera di ammissione del Lecco in Serie B adottata dalla F.I.G.C.: “A nulla vale, da parte della ricorrente Foggia Calcio, il richiamo del Comunicato Ufficiale n. 202/A, recante i requisiti per il c.d. “ripescaggio”. 8. Detto Comunicato, sin dalle premesse, stabilisce infatti che la sua disciplina si esaurisce nel dettare i criteri e le procedure per l’integrazione delle vacanze di organico che eventualmente permanessero all’esito della procedura di riammissione, necessitando quindi del c.d. ripescaggio. Che l’iter per l’integrazione dell’organico in caso di vacanza si compia dapprima attraverso la riammissione ed eventualmente – e solo dopo – attraverso il ripescaggio, viene ripetuto anche nell’incipit della delibera che precede l’elencazione dei criteri. Di ciò, del resto, è consapevole la stessa Foggia Calcio, la quale, nella memoria di replica presentata in vista dell’udienza, ha spontaneamente ammesso di avere un interesse al (solo) ripescaggio che farà seguito alla riammissione. Se ne ricava dunque che il provvedimento impugnato è solo indirettamente lesivo dell’interesse del Foggia, giacché il suo eventuale annullamento in nessun caso porterebbe all’automatico subentro dello stesso in Serie B. Solo una volta effettuata la procedura di riammissione (alla quale risultano poter aspirare almeno quattro società), e in caso di ulteriore vacanza di organico, si darà infatti corso all’eventuale “ripescaggio” (Decisione del Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, Sezione Controversie di Ammissione ed Esclusione dalle Competizioni Professionistiche, n. 65/2023). 38.2. Di tanto, afferma la FIGC, è consapevole lo stesso Foggia, il quale riconnette il proprio interesse nel presente giudizio all’accoglimento del ricorso al TAR, avverso la richiamata decisione del Collegio di Garanzia n. 65/2023. 39. La Lega Nazionale Professionisti Serie B sostiene che l’appello sia inammissibile poiché il Foggia sarebbe sprovvisto di qualsivoglia interesse concreto ed attuale. 39.1. Con CU 49/A del 30 gennaio 2019, il Consiglio Federale ha apportato modifiche all’art. 49 NOIF. Il Consiglio Federale ha: a) fissato al comma 5 il principio per cui in caso di vacanza di organico, si attiva la procedura di c.d. “riammissione” (che già semanticamente conduce ad individuare la ricollocazione di soggetto che ha perduto lo status precedente, e non la collocazione di soggetto che non deteneva in precedenza lo status in parola -nel caso di specie di partecipante al Campionato di Serie B), per cui “In caso di vacanza di organico nei campionati professionistici rispetto al numero che ogni lega ha individuato in conformità al comma 4 determinatasi all'esito delle procedure di rilascio delle Licenze Nazionali o determinatasi per revoca o decadenza dalla affiliazione o mancanza di requisiti per la partecipazione al Campionato, gli organici si integreranno attraverso la procedura di riammissione delle migliori classificate tra le società retrocesse della stessa Lega (…)”; b) fissato al comma 6 il principio per cui in caso di ulteriore vacanza di organico dopo l’esaurimento della procedura di c.d. “riammissione”, si attiva la procedura di c.d. “ripescaggio”, per cui “Solo nel caso in cui non vi sia ai sensi del comma 5 un numero di squadre da riammettere sufficiente a colmare le vacanze di organico, l'organico così come deliberato dalla Lega di competenza ai sensi del comma 4, verrà integrato attraverso la procedura di ripescaggio secondo i criteri deliberati dal Consiglio Federale”; c) fissato con norma transitoria che per la stagione sportiva immediatamente successiva (s.s. 2019/2020), “in ragione dell'attuale composizione del Campionato di Serie B, pari a 19 squadre, l’integrazione dell’organico è effettuata attraverso la promozione dal Campionato Serie C di una quinta società”. 39.2. In attuazione di tale cornice normativa, il Consiglio Federale ha poi disposto termini, procedure e criteri di riammissione ripescaggio con i CC.UU. 191/A e 192/A del 1° giugno 2023, 202/A e 203/A del 5 giugno 2023: dalla lettura dei richiamati documenti si dovrebbe concludere come il Foggia non risulti in alcuna maniera titolare di alcuna condizione di nemmeno potenziale possibilità di accesso al Campionato di Serie B 2023/2024 in caso di vacanza di organico a quest’ultimo riferita. 39.3. Non avrebbe rilievo il riferimento all’art. 49 comma 1 lett. b) NOIF: la norma richiamata disciplina i c.d. “collegamenti” tra Campionati, ovvero i meccanismi di promozione e retrocessione, che si sono naturalmente e ordinariamente concretati nel caso di specie, e rispetto ai quali l’oggetto dell’odierno contendere afferisce ad un momento successivo e differente, ovvero alle modalità di integrazione degli organici in caso di esito negativo del percorso ammissivo. La fattispecie qui esaminata non può, quindi, ritenersi regolata dal comma 1 lett. b), bensì dall’impianto normativo a ciò preposto, ovvero i richiamati commi 5 e 6 dello stesso art. 49 NOIF.39.4. Il Foggia, conclude la Lega Nazionale Professionisti Serie B, sarebbe dunque sfornito di ogni legittimazione attiva ed interesse a ricorrere, non potendo in alcun modo ambire, anche in ipotesi di effettiva carenza in capo al Lecco dei requisiti prescritti dal Sistema Licenze Nazionali, alla collocazione nell’organico del Campionato di Serie B 2023/2024”.
9.4.(ii) Riportati gli argomenti delle controparti del Calcio Foggia, le due sentenze motivano in diritto per relationem a tali argomenti, come consentito nella tecnica di redazione della sentenza nel rito dell’art. 218 d.l. n. 34/2020. Si legge in particolare nelle sentenze revocande:
“44. Sulla questione preliminare, vale a dire l’eccepita inammissibilità dell’appello, il Collegio non può che condividere le tesi, seppur argomentate con differenti sfumature, della FIGC, della Lega nazionale professionisti serie B e della società Calcio Lecco 1912 s.r.l.
45. L’appello del Calcio Foggia 1920 è inammissibile.
45.1. Come noto, la legittimazione e l'interesse al ricorso trovano giustificazione nella natura soggettiva della giurisdizione amministrativa, che non è preordinata ad assicurare la generale legittimità dell'operato pubblico, bensì a tutelare la posizione soggettiva del ricorrente, correlata ad un bene della vita coinvolto nell'esercizio dell'azione autoritativa oggetto di censura.
(…)
45.5. E, d’altronde, è noto che la legittimazione a proporre appello spetta solo alle parti necessarie del giudizio di primo grado, intendendosi per tali quelle che, pur se non formalmente contemplate nel provvedimento impugnato, devono necessariamente essere vocate in giudizio in quanto derivano dal provvedimento stesso vantaggi diretti e immediati; pertanto, ai fini dell'appello, non può assumere rilevanza la partecipazione al giudizio di primo grado nella veste di interventore, neppure ad opponendum, potendo quest'ultimo appellare la sentenza di primo grado solo nei capi che direttamente lo riguardano, e cioè nelle parti relative all'ammissibilità dell'intervento e delle spese. In definitiva, nell'ambito del processo amministrativo deve essere negata l'ammissibilità dell'appello proposto da chi sia stato interventore ad opponendum nel giudizio amministrativo di primo grado, senza essere stato litisconsorte necessario in quel giudizio (Consiglio di Stato sez. II, 18 novembre 2019, n. 7855).
45.6. Anche la posizione espressa della difesa della Lega nazionale professionisti serie B, preceduta dalla ricostruzione del quadro normativo di riferimento, è del tutto condivisibile.
45.7. Lo stesso è a dirsi per la lineare ricostruzione della difesa della società Calcio Lecco 1912 S.r.l. (pagina 3 della memoria depositata il 25 agosto 2023).
46. In definitiva, l’appello della Società Calcio Foggia 1920 S.r.l. è inammissibile per le plurime ragioni sopra esposte.”
9.5. Ai sensi dell’art. 395 n. 4 c.p.c. l’errore revocatorio ricorre quando “la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”. Pertanto, l’errore di fatto revocatorio deve ricadere su fatti non contestati ed essere frutto di mera svista materiale. Tale evenienza non ricorre in radice nel caso di specie, in cui la questione controversa era proprio la posizione processuale del Calcio Foggia, di talché la statuizione di ciascuna sentenza, in parte qua, può non essere condivisa in diritto dal Calcio Foggia, ma non contiene alcun errore di fatto revocatorio.
9.6. È anzitutto infondato l’assunto di parte ricorrente secondo cui il giudice di appello sarebbe incorso nel vizio revocatorio di omesso esame di una domanda o di un motivo.
9.7. L’omesso esame di una domanda o di un motivo costituisce vizio revocatorio, e non errore di diritto, a condizione che (i) derivi da una errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, (ii) sia accertabile e riscontrabile con immediatezza, (iii) attenga ad un punto non controverso, e sul quale la decisione non abbia, come che sia, espressamente motivato, e (iv) costituisca elemento decisivo della decisione revocanda (Cons. St., V, 11.9.2023 n. 8265).
9.8. Ciò premesso in diritto, nel caso di specie non si configura in radice un vizio di omessa pronuncia.
9.9. Invero, non consta che il Calcio Foggia abbia chiesto al giudice di appello un accertamento incidentale in ordine all’esegesi dell’art. 49 N.O.I.F. Tale richiesta non vi è negli atti di appello, in cui la questione di come si interpreti l’art. 49 N.O.I.F. viene sollevata solo al fine di sostenere l’interesse cautelare, e quindi al fine della pronuncia cautelare del giudice di appello, non al fine della pronuncia di merito. Inoltre, nelle memorie depositate nei giudizi di appello in data 18.8.2023, il Calcio Foggia replica alla eccezione sollevata dalle altre parti di difetto di legittimazione a proporre appello, ma neppure in tale memoria sembra chiedere un accertamento incidentale. In ogni caso, il vizio revocatorio dell’errore fattuale per omesso esame di atti processuali, riguarda l’omesso esame di domande e motivi, che devono essere contenuti in atti notificati alle controparti, e non l’omesso esame di qualunque argomento delle parti.
9.10. Ma anche a volere ritenere, per amor di ragionamento ipotetico e astratto, che il Calcio Foggia abbia inteso chiedere al giudice di appello un accertamento incidentale sull’esegesi dell’art. 49 N.O.I.F., è infondato l’assunto che il giudice di appello non abbia risposto. Come già sopra rilevato, il giudice di appello ha seguito – legittimamente - la tecnica di redazione di cui all’art. 218 d.l. n. 34/2020 (“La motivazione della sentenza può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie”), facendo propri gli argomenti delle controparti del Calcio Foggia (parr. 44, 45.6 e 45.7. delle sentenze revocande), le quali a loro volta hanno indicato quale fosse, a loro avviso, la corretta esegesi dell’art. 49 N.O.I.F. La FIGC, in particolare, ha richiamato la decisione del Collegio di garanzia dello sport n. 65 del 17-20 luglio 2023, che ha dichiarato inammissibile il ricorso del Calcio Foggia, proprio sulla base di una esegesi dell’art. 49 N.O.I.F. diversa da quella sostenuta dal Calcio Foggia.
9.11. È pertanto sulla scorta della esegesi dell’art. 49 N.O.I.F. sostenuta dal Collegio di garanzia dello sport nella decisione n. 65/2023 e dalla FIGC nelle proprie memorie, che il giudice di appello è giunto alla consequenziale conclusione, corretta ancorché sintetica, che il Calcio Foggia non fosse parte necessaria del giudizio di primo grado e pertanto non fosse legittimato a proporre appello autonomamente. Si tratta di una conclusione in diritto, fondata sul richiamo di precedenti giurisprudenziali, che non è affetta da alcun errore di fatto.
9.12. Giova qui fare ulteriori considerazioni.
9.12.(a) Nei presenti ricorsi per revocazione viene riproposta la questione della corretta esegesi dell’art. 49 N.O.I.F., ma continua a non essere chiaro se la parte chieda o meno a questo giudice un accertamento incidentale, che risulta formulato sempre e solo ai fini della domanda cautelare, sia nell’originario ricorso, sia nella reiterata richiesta di misure cautelari depositata il 6.9.2023.
Anche a volere ritenere che vi sia siffatta richiesta, il Collegio rileva quanto segue.
(i) È dubbia la stessa ammissibilità di un sindacato incidentale sulla esegesi dell’art. 49 N.O.I.F., che implica la previa soluzione di una questione di rito relativa alla stessa ammissibilità del ricorso al giudice amministrativo avuto riguardo alla esistenza della c.d. pregiudiziale sportiva (art. 3 d.l. n. 220/2003). Invero, non è in atti la prova della previa impugnazione da parte del Calcio Foggia, davanti al giudice sportivo, dei comunicati ufficiali n. 191/A e 192/A del 30.5.-1.6.2023 e 202/A e 203/A del 5.6.2023, che si fondano sulla contestata esegesi dell’art. 49 N.O.I.F. (c.d. pregiudiziale sportiva) (Cons. St., V, 10.8.2023 n. 7726, §33.2.; Id., V, 5.12.2022 n. 10606, § 8.9.; Id., V, 22.12.2014 n. 6244, § 3). La c.d. pregiudiziale sportiva preclude non solo un accertamento giudiziale in via principale, ma anche un accertamento giudiziale in via incidentale, perché, diversamente opinando, con l’escamotage dell’accertamento incidentale la regola della pregiudiziale sportiva verrebbe elusa e vanificata nella sua essenza, perché il giudice amministrativo si pronuncerebbe prima e non dopo gli organi della giustizia sportiva.
(ii) Un sindacato incidentale pare inopportuno nell’attuale situazione processuale in cui l’accertamento in via principale è sub iudice davanti al Tar Lazio (r.g. n. 10853/2023), che ha sospeso il relativo giudizio (Tar Lazio – Roma, I ter, 5.9.2023 n. 13603, ord.).
(iii) Soprattutto, è dirimente la considerazione che il richiesto sindacato incidentale non è affatto necessario ai fini del decidere, perché ciò che rileva al fine di stabilire se il Calcio Foggia potesse o meno essere considerato una parte necessaria del giudizio di primo grado promosso dal Calcio Lecco, non è quale fosse la corretta esegesi e applicazione dell’art. 49 N.O.I.F. in astratto, ma quale fossero la sua esegesi e applicazione in concreto vigenti e efficaci alla data di proposizione dei ricorsi al Tar del Calcio Lecco e della FIGC e durante lo svolgimento dei relativi giudizi di primo grado. Ciò in quanto il Calcio Lecco e la FIGC, nell’indentificare i controinteressati cui notificare il proprio ricorso al Tar, potevano e dovevano fare affidamento sul quadro ordinamentale e provvedimentale sportivo efficace e vigente ratione temporis, ossia erano tenuti a individuare i controinteressati individuati e individuabili allo stato degli atti e non sulla base di possibili future modifiche degli atti.
9.12.(b) Al fine di stabilire se il Calcio Foggia fosse o meno una parte necessaria del giudizio di primo grado, giova ancora una volta ricordare che il contenzioso origina da un iniziale provvedimento della FIGC di rigetto della domanda del Calcio Lecco di partecipare al campionato di serie B, che il Calcio Lecco ha impugnato innanzi alla FIGC con esito favorevole. Il provvedimento della FIGC favorevole al Calcio Lecco è stato impugnato separatamente dal Perugia Calcio e dal Calcio Foggia davanti al Collegio di garanzia dello sport presso il CONI; quest’ultimo ha reso due separate pronunce, accogliendo il ricorso del Perugia Calcio (decisione n. 66/2023) e dichiarando inammissibile il ricorso del Calcio Foggia (decisione n. 65/2023). Il Calcio Foggia ha proposto un autonomo ricorso al Tar Lazio, e ha spiegato intervento ad adiuvandum del Perugia Calcio nei ricorsi al Tar Lazio promossi dal Calcio Lecco e dalla FIGC contro la decisione del Collegio di garanzia dello sport di accoglimento del ricorso del Perugia Calcio.
9.12.(c) Nei ricorsi contro i provvedimenti di esclusione da procedure concorsuali, secondo un consolidato principio giurisprudenziale, non vi sono controinteressati, almeno fintanto che non vi sia una graduatoria in cui sono individuati i vincitori della procedura.
9.12.(d) Nel caso di specie, nel momento in cui il Calcio Lecco e la FIGC hanno promosso il ricorso al Tar Lazio (contro un atto che determina l’esclusione del Calcio Lecco dal campionato di serie B, e originato da un originario provvedimento di esclusione emesso dalla FIGC), il Calcio Foggia non risultava inserito nella graduatoria delle squadre ammesse al campionato di serie B, né vi era alcuna prevedibile certezza che avesse titolo ad esservi inserito. Infatti, sulla base dell’art. 49 c. 4 e 5 N.O.I.F., i comunicati ufficiali n. 191/A e 192/A del 30.5.-1.6.2023 e 202/A e 203/A del 5.6.2023, avevano stabilito i criteri di ammissione al campionato di serie B seguendo una esegesi del citato art. 49 diversa da quella propugnata dal Calcio Foggia (quest’ultimo fa leva sull’art. “49, c. 1, lett. I”, verosimilmente intendendo 49, c. 1, lett. b-I), invece che sull’art. 49 c. 4 e 5 N.O.I.F.). I comunicati, “visto l’art. 49, comma 4 delle N.O.I.F., ravvisata la necessità di stabilire, laddove si verifichino le situazioni di cui alla citata norma” individuavano “i criteri per la riammissione, al Campionato di Serie B 2023/2024, delle società retrocesse dal medesimo campionato nella stagione sportiva 2022/2023”. Inoltre, la esegesi propugnata dal Calcio Foggia era stata disattesa dal Collegio di garanzia dello sport presso il CONI con decisione 17-20 luglio 2023 n. 65, che era pienamente efficace, perché mai sospesa, alla data di proposizione del ricorso al Tar da parte del Calcio Lecco e della FIGC. Sicché, in base all’assetto vigente ed efficace pro tempore, l’unico soggetto che avrebbe beneficiato dell’esclusione del Calcio Lecco dal campionato di serie B era il Perugia Calcio, che era pertanto l’unico controinteressato individuato e individuabile.
9.12.(e) Il Calcio Foggia omette di considerare che il suo subentro al posto del Calcio Lecco non presupponeva unicamente l’esclusione del Calcio Lecco dal campionato – il che avrebbe reso il Calcio Foggia controinteressato e parte necessaria del giudizio – ma l’ulteriore passaggio dell’annullamento dei sopra citati comunicati ufficiali e dell’affermazione di una regola diversa da quella in essi contenuta, circa i criteri di individuazione dell’avente titolo a partecipare al campionato di serie B in caso di definitiva esclusione del Calcio Lecco. In definitiva, il Calcio Foggia non ha dimostrato con univoca certezza che spettasse ad essa in automatico l’inserimento nel campionato di serie B, in caso di esclusione del Calcio Lecco, avendo argomentato sulla scorta di una esegesi dell’art. 49 N.O.I.F. non solo diversa dall’esegesi seguita dalla FIGC e dal Collegio di garanzia dello sport presso il CONI, ma anche del tutto inattuale e ipotetica allo stato degli atti, ancora alla data odierna. Né giova alla parte ricorrente l’argomento, che pure sembra adombrato negli scritti difensivi, secondo cui il giudizio davanti al Tar Lazio relativo alla impugnazione della decisione del Collegio di garanzia dello sport presso il CONI n. 65/2023, promosso dal Calcio Foggia, avrebbe dovuto essere riunito o comunque trattato insieme ai giudizi davanti al Tar Lazio promossi dal Calcio Lecco e dalla FIGC contro la coeva decisione del Collegio di garanzia dello sport presso il CONI n. 66/2023, previo rinvio di questi ultimi, e il Tar Lazio, omettendo il richiesto rinvio e la riunione, avrebbe leso il diritto di difesa del Calcio Foggia. Invero, dalla disamina dei tre ricorsi di primo grado, i due del Calcio Lecco e della FIGC, e quello del Calcio Foggia, emerge che il Tar Lazio è stato nella impossibilità giuridica di accogliere l’istanza presentata dal Calcio Foggia in data 31.7.2023, di rinvio dei due giudizi per riunione. Invero, nel rito speciale di cui all’art. 218 d.l. n. 34/2020, l’udienza va calendarizzata alla prima data utile decorsi 22 giorni dalla data di adozione del provvedimento impugnato, ridotti a 11 in caso di istanza di abbreviazione dei termini, e l’udienza non può essere rinviata, se non in caso di ricorso incidentale o motivi aggiunti, e comunque di non oltre 7 giorni. Nel caso di specie, a fronte del provvedimento del Collegio di garanzia dello sport presso il CONI emesso il 20.7.2023, ed essendovi istanza di abbreviazione dei termini, il Tar Lazio ha correttamente calendarizzato l’udienza il 2.8.2023 sui ricorsi del Calcio Lecco e della FIGC. L’istanza del Calcio Foggia presentata quale interventore in tale due ricorsi, datata 31.7.2023, e richiedente rinvio al 26.9.2023, data dell’udienza sul ricorso del Calcio Foggia, non poteva trovare accoglimento da parte del Tar Lazio. Tanto, sia perché l’interventore ad adiuvandum non è legittimato a chiedere termini a difesa (art. 28 c. 2, c.p.a.), sia perché in ogni caso il rinvio, ove accordato, avrebbe potuto consentire al massimo un differimento dell’udienza dal 2 al 9.8.2023 (non oltre sette giorni). Ma alla data del 9.8.2023 il ricorso del Calcio Foggia non poteva essere trattato, perché il Calcio Foggia non aveva presentato istanza di abbreviazione dei termini, sicché la prima data utile per calendarizzare l’udienza cadeva dopo l’11.8.2023.
9.12.(f) I controinteressati, nel processo amministrativo, devono essere individuati o facilmente individuabili in base ai provvedimenti amministrativi di cui si disputa, e tanto allo stato degli atti, e non sulla base di mere ipotesi speculative circa l’esito di possibili contestazioni ancora in itinere di detti provvedimenti amministrativi.
Laddove, nella specie, sia i provvedimenti della FIGC, il primo di esclusione e il secondo di ammissione del Calcio Lecco al campionato di serie B, sia il provvedimento del Collegio di Garanzia dello sport presso il CONI n. 66/2023, che aveva determinato l’esclusione del Calcio Lecco dal campionato di serie B, non contemplavano e non avevano come destinatario immediato e diretto il Calcio Foggia.
Pertanto il Calcio Lecco e la FIGC non erano tenuti a notificare il proprio ricorso contro il Perugia Calcio anche al Calcio Foggia, con l’ulteriore corollario che il Calcio Foggia non era parte necessaria del giudizio di primo grado.
Unica parte necessaria, oltre ai ricorrenti e all’autore del provvedimento impugnato, era il Perugia Calcio nella sua qualità di parte del giudizio sportivo davanti al Collegio di garanzia dello sport presso il CONI, e nella sua qualità di controinteressato individuato o facilmente individuabile nel procedimento amministrativo di formazione dell’elenco delle squadre ammesse al campionato di serie B sulla base della esegesi dell’art. 49 N.O.I.F. efficace allo stato.
9.12.(g) La circostanza che il Calcio Foggia abbia espletato nei giudizi davanti al Tar Lazio un intervento da essa qualificato “ad opponendum” nei ricorsi promossi dal Calcio Lecco e dalla FIGC contro il Perugia Calcio, non implica, per le ragioni suddette, che il suo intervento possa essere qualificato come intervento del contraddittore necessario pretermesso. Al di là della prospettazione di parte, siffatto intervento non può essere qualificato come intervento autonomo ad excludendum nei confronti di tutte le parti processuali, ma come intervento adesivo dipendente rispetto alla posizione del Perugia Calcio. E, invero, il Perugia Calcio nei giudizi di primo grado non si è opposto all’intervento del Calcio Foggia, come avrebbe fatto ove l’intervento fosse stato rivolto anche contro il Perugia Calcio, ma ha anzi enfatizzato la diligente condotta del Calcio Foggia rispetto alla asserita negligente condotta del Calcio Lecco.
9.12.(h) Già nel vigore della disciplina processuale anteriore al c.p.a., si è negata la legittimazione all’appello all’interventore qualora non fosse titolare di una posizione sostanziale, ma solo di mero interesse di fatto, ad eccezione dei capi della sentenza concernenti la propria legittimazione e il regolamento delle spese di lite (cfr. ex multis, Cons. St., IV, 2.4.2004 n. 1826 sulla scia di quanto affermato da Cons. St., ad. plen., nn. 2/1996, 15/1997 e 2/2007; conformemente, del resto, all’indirizzo che pacificamente non ammette, coi limiti anzi detti, l’appello dell’interventore ad adiuvandum in primo grado essendo strutturalmente titolare di un interesse dipendente da quello dell’originario ricorrente, cfr. fra le tante Cons. St., V, 21.3.2011 n. 1737; VI, 5.10.2010 n. 7293). Questo principio trova ora consacrazione espressa nell’art. 102, c. 2, c.p.a. (Cons. St., IV, 12.12.2016 n. 5198; III, 8.6.2016, n. 2451; IV, 5.3.2015 n. 1116).
9.12.(i) In conclusione, il Calcio Foggia non aveva una autonoma legittimazione a proporre appello, sicché il capo di sentenza che nega la legittimazione all’appello non è afflitto da alcun errore di fatto revocatorio (né da alcun errore di diritto).
10. Essendo il capo di sentenza che ha dichiarato il difetto di legittimazione ad appellare sufficiente a sorreggere una decisione sfavorevole al Calcio Foggia, ne consegue la inammissibilità del ricorso per revocazione e la inutilità dell’esame delle altre censure revocatorie.
11. In ogni caso, nessuno degli altri dedotti “errori di fatto” sussiste ed è idoneo a scalfire la ratio decidendi delle sentenze impugnate.
12. Quanto al capo di sentenza che afferma il difetto di interesse all’appello, che il Calcio Foggia attacca con il motivo 4.a) dei ricorsi per revocazione, tale capo di sentenza si fonda su una concezione giuridica dell’interesse strumentale e ipotetico, che può non essere condivisa in diritto dalla parte soccombente, ma che non è affetta da errori di fatto. Il Collegio peraltro condivide l’assunto delle sentenze di appello, perché l’interesse azionato dal Calcio Foggia non era un interesse “strumentale” secondo la concezione di derivazione eurounitaria, ma un interesse ipotetico e del tutto inattuale. Esiste una differenza tra “interesse strumentale”, che è comunque un interesse concreto, attuale, e già esistente, e “interesse ipotetico”, che può in astratto insorgere a seguito di esito vittorioso di un diverso giudizio avverso un diverso provvedimento. Nei giudizi di appello l’oggetto del contendere era la decisione del Collegio di garanzia dello sport presso il CONI n. 66/2023. L’interesse del Calcio Foggia per essere attuale presupponeva l’esito vittorioso della contestazione del C.U. n. 191 del 30.5.-1.6.2023.
13. Il ricorrente attacca con i motivi 1), 2), e 3) dei ricorsi per revocazione i capi di sentenza sul merito.
13.1. In parte qua, i ricorsi sono un inammissibile tentativo di ricercare un terzo grado di merito, rimettendo in discussione una decisione i cui argomenti giuridici sono sgraditi alla parte, e a cui la parte tenta ancora una volta di contrapporre la propria tesi giuridica, già ritenuta inaccettabile con ampia mole di argomenti in due gradi di giudizio di merito.
13.2. Eventuali singole inesattezze o imprecisioni delle decisioni revocande, non sono comunque idonee a determinare un esito differente nel merito, atteso che il punto centrale della controversia era la questione di puro diritto se i termini perentori del 15.6.2023 e del 20.6.2023 potessero e dovessero o meno subire una deroga in favore del Calcio Lecco. Ciascuna sentenza revocanda ha ritenuto detti termini derogabili in favore del Calcio Lecco, sulla scorta di argomenti giuridici che non sono aggredibili con il ricorso per revocazione. Sono dirimenti e conclusivi, idonei di per sé a sorreggere le sentenze di appello, i seguenti tre argomenti, giuridici, e non fattuali:
(a) un termine perentorio non è un termine inderogabile in senso assoluto;
(b) nel caso di specie il termine del 15.6.2023 era scaduto prima che il Calcio Lecco avesse acquisito il titolo sportivo, in data 18.6.2023, che lo legittimava a chiedere di partecipare al campionato di serie B, e tanto di per sé giustifica la rimessione in termini, per ragioni di par condicio con gli altri candidati alla serie B;
(c) “neppure era ragionevolmente esigibile che la società Calcio Lecco fosse pronta con la documentazione relativa ai criteri infrastrutturali prima della finale di play off o nei due giorni successivi ad essa, in quanto non costituisce comportamento economicamente razionale e ragionevolmente esigibile che una società calcistica affronti gravosi oneri burocratici e ingenti costi economici in una situazione di incertezza circa il conseguimento del titolo sportivo”.
13.3. Nessuno di questi argomenti appare frutto di un ragionamento travisato da una erronea percezione di fatti non controversi. In sintesi, è inconfigurabile qualsivoglia abbaglio dei sensi rilevante ai fini revocatori, in quanto tutte le doglianze si appuntano su questioni oggetto di specifica contestazione davanti al giudice di appello, ossia questioni controverse.
14. In particolare, con il primo motivo dei ricorsi in revocazione, si attacca l’argomento delle sentenze fondato sulla inesigibilità dell’osservanza dei termini del 15.6.2023 e del 20.6.2023.
14.1. Il Collegio rileva che gli argomenti volti a contestare la inesigibilità non evidenziano errori di fatto.
14.2. La parte ricorrente aggiunge anche che la sentenza sarebbe frutto del dolo di una parte (art. 395 n. 1 c.p.c.), segnatamente il Calcio Lecco, che avrebbe depositato una parte di documentazione già entro il 15.6.2023, adducendo false circostanze in ordine alla idoneità del proprio stadio. Siffatto dolo avrebbe determinato una erronea rappresentazione dei fatti su cui si sarebbe formato il convincimento del giudice di appello.
14.3. L’argomento fondato su un asserito dolo del Calcio Lecco è inammissibile perché non ricade nella cornice del dolo revocatorio ai sensi dell’art. 395 n. 1 c.p.c., a tenore del quale la sentenza è revocabile se è “l’effetto del dolo di una parte in danno dell’altra”. Il dolo della parte deve avere una efficacia eziologica sulla motivazione della sentenza e sull’esito del giudizio. Il dolo processuale di una parte come motivo di revocazione della sentenza consiste in un raggiro soggettivamente diretto e oggettivamente idoneo a paralizzare la difesa dell’avversario e ad impedire al giudice l’accertamento della verità, ed è rilevante solo se la sentenza sia l’effetto necessario di esso (Cons. St., V, 28.12.2001 n. 6436). I requisiti di fattispecie sono, pertanto, due: dolo di una parte e efficacia causale spiegata da quest’ultimo rispetto alla prima (CGARS, 3.6.2020 n. 401). Si richiede un’attività deliberatamente fraudolenta, concretatasi in artifici e raggiri tali da paralizzare o sviare la difesa avversaria ed impedire al giudice l’accertamento della verità, facendo apparire una situazione diversa da quella reale; pertanto, non è idonea a realizzare la fattispecie di cui all’art. 395, n. 1, c.p.c. la semplice allegazione di fatti non veritieri favorevoli alla propria tesi (Cons. St., IV, 16.11.2017 n. 5298; CGARS, 1.7.2019 n. 607). Nel caso di specie non vi è prova di una attività deliberatamente fraudolenta, ma soprattutto non esiste alcuna efficacia eziologica dell’attività di parte, quale che sia, sul convincimento del collegio. La questione di un ipotetico “dolo” è rimasta inacclarata, per difetto di rilevanza. La inesigibilità del rispetto del termine da parte del Calcio Lecco è univocamente e autonomamente argomentata dal giudice di appello, come sopra visto. La circostanza fattuale che il Calcio Lecco abbia comunque depositato taluni documenti entro il 15.6.2023, quale che ne fosse il contenuto, non significa né che il Calcio Lecco fosse legittimato a siffatto deposito prima del conseguimento del titolo sportivo, né che l’osservanza di tale termine fosse esigibile e che il Calcio Lecco non avesse diritto a una proroga, e altresì diritto a rettificare una produzione documentale eventualmente inesatta, fermo che non esiste allo stato alcun accertamento giudiziale di un eventuale dolo della parte. La questione di se e quali documenti avesse depositato il Calcio Lecco, e se fossero o meno veritieri, è rimasta legittimamente fuori dalla materia del contendere e dal percorso motivazionale del giudice di appello, per una “pregiudizialità” per così dire, della questione della prorogabilità del termine di deposito dei documenti, rispetto alla questione del contenuto dei documenti depositati entro il termine originario.
15. Con il secondo motivo dei ricorsi per revocazione si lamenta un errore di fatto commesso da ciascuna sentenza laddove esse affermano che il Calcio Lecco, non avrebbe potuto accedere al Portale della FIGC prima del 18.6.2023, in quanto, in tesi di parte ricorrente, il Calcio Lecco avrebbe potuto inviare la documentazione prima del 18.6.2023 a mezzo PEC.
15.1. Il Collegio osserva che tale eventuale errore di fatto sui mezzi di inoltro della domanda di partecipazione al campionato è del tutto ininfluente, non avendo efficacia eziologica sul ragionamento del giudice, e costituendo piuttosto un argomento ulteriore e rafforzativo di una tesi già in sé compiuta e sostenuta da altri argomenti. Se anche il Calcio Lecco avesse potuto inviare a mezzo PEC la documentazione prima del 18.6.2023, tuttavia, nel ragionamento del giudice di appello, non era esigibile che lo facesse, vale a dire che non era tenuta a farlo, non avendo prima del 18.6.2023 il titolo sportivo legittimante la partecipazione al campionato di serie B. E come già detto, se anche il Calcio Lecco abbia in fatto inviato una parte di documentazione entro il 15.6.2023, questo non significa che avesse titolo a farlo e non toglie che avesse diritto a una congrua proroga.
16. Con il terzo motivo dei ricorsi per revocazione, il Calcio Foggia attacca le sentenze di appello per aver ritenuto derogabile un termine perentorio.
16.1. La parte ricorrente osserva quanto segue:
“Qui l’errore del Giudice è davvero madornale con riferimento alla INSUPERABILE ED INSOPPRIMIBILE perentorietà dei termini (…”)
“Il Collegio si è quindi “lanciato” in una delibazione che vìola un canone ermeneutico ed istituzionale insuperabile (….)”
“La sentenza tenta di dimostrare che il principio di perentorietà sia valicabile, senza avvedersi delle esiziali conseguenze di siffatta interpretazione”
“La perentorietà “affievolita” di un termine … non esiste né può esistere nel nostro ordinamento, ed ove trovasse ingresso in via pretoria provocherebbe un vero e proprio sconquasso giuridico, perché farebbe saltare ogni plausibile affidamento sugli effetti decadenziali previsti dalla legge e -in questo caso- dal sistema delle licenze(…)”.
16.2. Il Collegio rileva che la parte non lamenta alcun errore di fatto, ma un preteso errore di diritto, nella individuazione delle conseguenze della natura perentoria del termine. L’errore di diritto non può essere denunciato con il ricorso per revocazione.
16.3. In ogni caso il lamentato errore di diritto non sussiste, perché, come condivisibilmente affermano le sentenze revocande, l’ordinamento giuridico statale, ai cui principi generali si conforma (si deve conformare) l’ordinamento sportivo, consente eccezionali deroghe ai termini perentori, che possono essere consentite dall’Autorità che fissa il termine (v. le proroghe di termini previste con legge) o da una Autorità a ciò delegata (v. la rimessione in termini per errore scusabile, che il giudice amministrativo può acconsentire a fronte di termini processuali perentori). Nel caso di specie, l’Autorità che ha acconsentito alla deroga al termine perentorio era la stessa Autorità che tale termine aveva fissato, la FIGC. L’affermazione giudiziale della possibilità di deroga non è arbitraria, né eccentrica, né abnorme rispetto ai principi generali dell’ordinamento, come sembra adombrare parte ricorrente con le espressioni sopra virgolettate, in quanto si è trattato di una deroga ha posto rimedio ad un errore proprio della FIGC, e non ad un errore, colpevole o incolpevole, della parte interessata. Il Calcio Lecco, giova ribadirlo, non ha commesso alcun errore, è stata semplicemente nella impossibilità giuridica oggettiva di rispettare un termine che scadeva prima che essa acquisisse il titolo sportivo per partecipare al campionato di serie B.
17. In conclusione, i ricorsi sono inammissibili. Le spese seguono la soccombenza, sono poste in solido a carico della parte ricorrente e dell’interventore e sono liquidate in dispositivo sulla base degli artt. 4, c. 1, e 5 c. 6, d.m. n. 55/2014 e della ivi annessa tabella 22.
18. La Lega Nazionale professionisti di serie B ha chiesto la condanna della parte ricorrente ai sensi dell’art. 26, c. 1 c.p.a.
18.1. Dispone l’art. 26, c. 1 c.p.a. che il giudice, anche d’ufficio, può condannare la parte soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata, comunque non superiore al doppio delle spese liquidate, in presenza di motivi manifestamente infondati. Siffatta previsione replica, con maggiore precisione quanto a presupposti e quantificazione, l’analoga disposizione contenuta nell’art. 96 c. 3 c.p.c. In relazione all’art. 96 c. 3 c.p.c., la Corte costituzionale ha ritenuto che la norma prevede una sanzione per abuso del processo, connotata anche da una funzione indennitaria in favore della controparte, ossia una fattispecie diversa del risarcimento del danno per lite temeraria di cui all’art. 96 c. 1, c.p.c. (Corte cost., 6.6.2019 n. 139).
Presupposto della condanna ai sensi dell’art. 26 c. 1 c.p.a. è che la parte soccombente abbia sottoposto al Collegio domande o difese la cui infondatezza o inammissibilità siano “manifeste”. Il Collegio reputa che per connotare la infondatezza o inammissibilità come “manifeste” debba seguirsi il parametro proprio degli illeciti soggetti a sanzione pubblicistica, ossia quello dell’assenza di ogni ragionevole dubbio.
18.2. Nel caso di specie, sebbene i ricorsi siano indubbiamente inammissibili in tutti i loro profili, il Collegio esclude che essi sconfinino nel terreno della inammissibilità “manifesta” nella connotazione sopra vista, idonea a integrare un abuso del processo. Tanto, in ragione della novità del rito processuale e della complessità delle questioni.
Pertanto la domanda di condanna ai sensi dell’art. 26 c. 1 c.p.a. è respinta.
19. Considerata, inoltre, la natura di ente pubblico dell’interventore Provincia di Foggia, la presente decisione va trasmessa al Procuratore regionale della Corte dei conti per la Regione Puglia per le valutazioni di competenza, unitamente all’atto di intervento ad adiuvandum, agli altri scritti difensivi della Provincia di Foggia, alla delibera di costituzione in giudizio e di conferimento di incarico, alla procura alle liti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sui due ricorsi per revocazione in epigrafe, decide come segue.
(a) Riunisce i ricorsi.
(b) Dichiara inammissibili i ricorsi.
(c) Dichiara parzialmente inammissibile l’intervento ad adiuvandum della Provincia di Foggia in entrambi i giudizi riuniti.
(d) Condanna in solido la parte ricorrente e l’interventore alle spese di lite che si liquidano, complessivamente per i due ricorsi riuniti, in euro 8.500 in favore della FIGC, e in euro 8.500 in favore della Lega Nazionale professionisti di serie B, oltre accessori di legge.
(e) Respinge la domanda della Lega Nazionale professionisti di serie B di condanna del ricorrente ai sensi dell’art. 26, c. 1, c.p.a.
(f) Dispone, a cura della Segreteria della Sezione, la trasmissione degli atti elencati al § 19 della motivazione al Procuratore regionale della Corte dei conti per la Regione Puglia, nei confronti della Provincia di Foggia.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 settembre 2023 con l'intervento dei magistrati:
Rosanna De Nictolis, Presidente, Estensore
Valerio Perotti, Consigliere
Stefano Fantini, Consigliere
Giorgio Manca, Consigliere
Diana Caminiti, Consigliere