T.A.R. LAZIO SEDE DI ROMA – SEZIONE PRIMA – SENTENZA DEL 07/03/2024 N. 4644

 

T.A.R. LAZIO SEDE DI ROMA - SEZIONE PRIMA – SENTENZA DEL 07/03/2024 N.  4644

Pubblicato il 07/03/2024

N. 04644/2024 REG.PROV.COLL.

N. 05536/2023 REG.RIC.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5536 del 2023, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Mario Militerni, Gianluca Calistri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gianluca Calistri in Roma, viale Bruno Buozzi, 109;

contro

Federazione Italiana Rugby, rappresentata e difesa dall'avvocato Guido Valori, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Milizie 106, costituita in giudizio;

nei confronti

Comitato Olimpico Nazionale Italiano - C.O.N.I., rappresentato e difeso dagli avvocati Massimiliano Brugnoletti, Santi Dario Tomaselli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Masimiliano Brugnoletti in Roma, via A. Bertolini 26/B, costituito in giudizio;

per l'annullamento

- del provvedimento emesso dalla Commissione Federale di Garanzia in data 28 febbraio 2023, con il quale l'odierno ricorrente è stato dichiarato responsabile di alcune violazioni e nei confronti del quale è stata applicata la sanzione della sospensione nella misura di anni cinque;

- di ogni altro provvedimento o atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso, anche di estremi e contenuto ignoti.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Federazione Italiana Rugby e del Comitato Olimpico Nazionale Italiano - C.O.N.I.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2024 il dott. Giovanni Mercone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il giudizio trae origine dalla decisione pubblicata il 28 febbraio del 2023 con cui la Commissione Federale di Garanzia della Federazione Italiana Rugby (d’ora in poi FIR) ha disposto la “sanzione della sospensione nella misura di anni cinque” a carico dell’Avv. -OMISSIS- per i fatti a lui contestati nella qualità di Procuratore Federale.

2. Il ricorrente ha impugnato la decisione dell’organo federale direttamente innanzi a codesto TAR chiedendo l’annullamento dell’anzidetto provvedimento e la condanna della FIR al risarcimento del danno.

3. Si costituivano in giudizio il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) e la FIR, eccependo, in via preliminare, un parziale difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e l’inammissibilità del ricorso per il mancato rispetto della c.d. “pregiudiziale sportiva”, oltre che l’infondatezza nel merito delle censure dedotte.

4. Alla pubblica udienza del 13.2.2024 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

5. In via preliminare deve essere analizzata la questione relativa al parziale difetto di giurisdizione del TAR Lazio nella parte in cui il ricorso è volto “all’annullamento” del provvedimento emesso dalla Commissione Federale di Garanzia.

La questione, si evidenzi, risulta essere stata trattata anche da parte ricorrente e dipende dalla “natura” da riconoscere all’atto impugnato, ossia nel ricorso si esclude che si possa qualificare come sanzione “disciplinare” quella irrogata nei riguardi dell’Avv. -OMISSIS-, con la conseguenza che non troverebbe applicazione l’art. 2 lett. b) D.L. 220/2003, al quale, invece, si fa riferimento per sostenere il citato difetto di giurisdizione.

5.1 Per affermare che non si tratti di una sanzione “disciplinare”, parte ricorrente fa leva sul seguente argomento: l’art. 20 co. 1 del Regolamento di Giustizia della FIR collega il potere punitivo di natura disciplinare alla “violazione dei principi di lealtà e probità sportiva”, che rappresentano gli obblighi generali a cui tutti i tesserati sono assoggettati, questo al fine di garantire l’ordinario svolgimento dell’attività sportiva; ebbene, proprio tale scopo, non si ritiene valga allorché si discute di condotte tenute da organi giurisdizionali interni alla federazione, che non svolgono alcuna attività sportiva e non sono assoggettati ai canoni di lealtà e probità sportiva, ma sono chiamati ad applicare il più complesso sistema normativo domestico, a tutela degli interessi sistemici della Federazione; detto altrimenti, il paradigma normativo valido per gli organi giurisdizionali interni alla federazione non sarebbe costituito dall’endiadi “lealtà e probità”, ma dal più appropriato nonché consono criterio dell’autonomia e dell’indipendenza.

5.2 Contraria la posizione sull’argomento delle parti resistenti, che hanno rappresentato come la tesi di cui sopra non sarebbe in linea con il quadro ordinamentale.

Innanzitutto, perché l’art. 12 dello Statuto FIR annovera tra i “tesserati” anche i “membri di organi e commissioni federali” (comma 1, lett. b) disponendo altresì che sono tenuti ad “osservare le norme comportamentali previste da Codice di Comportamento sportivo emanato dal C.O.N.I. e dai regolamenti federali” (comma 5).

Sicché, già in base allo Statuto federale, il ragionamento per cui gli organi di giustizia sportiva non sarebbero passibili di sanzione disciplinare (nell’accezione datane dal ricorrente) risulterebbe smentito per tabulas.

Inoltre, conferma di quanto sopra si trarrebbe anche dallo stesso provvedimento impugnato che ha sanzionato il ricorrente proprio per la “violazione dei principi di lealtà e correttezza propri della carica ricoperta e dello status di tesserato”, dunque per la violazione dell’art. 20 co. 1 Regolamento di Giustizia della FIR, che costituiva una delle norme indicate tra quelle non rispettate dal ricorrente (cfr. decisione CFG del 28.2.2023, pag. 5 ultimo capoverso, nonché p. 9 dell’atto di deferimento del 9.12.2022).

Si aggiunga, ancora, che ai sensi dell’art. 1 comma 1 dei “Principi di Giustizia Sportiva” (approvati con delibera del Consiglio Nazione C.O.N.I. n. 1616 del 26.10.2018) “Gli Statuti e i regolamenti federali, in particolare, devono assicurare la corretta organizzazione e gestione delle attività sportive, il rispetto del fair play, la decisa opposizione a ogni forma di illecito sportivo, frode sportiva, all’uso di sostanze e metodi vietati, alla violenza sia fisica che verbale e alla corruzione”. Ergo, interesse giuridico centrale della “Giustizia Sportiva” è la “corretta organizzazione e gestione dell’attività sportiva” latamente intesa. Il successivo comma 3 stabilisce che “a tal fine”, cioè al fine di garantire i citati interessi, tra cui, in primis, la “corretta organizzazione e gestione dell’attività sportiva”, “devono essere istituiti specifici organi e regolati appositi procedimenti di giustizia sportiva, secondo le modalità definite dal Codice della giustizia sportiva emanato dal Consiglio nazionale del Coni”.

Il successivo art. 4 annovera tra gli “specifici organi” anche la “Commissione di garanzia” cui è assegnato il potere di “adottare sanzioni” nei confronti dei componenti degli “Organi di Giustizia e della Procura Federale” nel caso di “violazione dei doveri di indipendenza e riservatezza, nel caso di negligenza nell’espletamento delle funzioni, ovvero nel caso in cui altre gravi ragioni lo rendano comunque indispensabile” (comma 2, lett. b).

Pertanto, sarebbe errato affermare che quelle applicate dalla Commissione non siano sanzioni “disciplinari” in quanto le stesse sono espressamente codificate come tali dalle fonti della giustizia sportiva.

5.3 Tanto premesso, si ritiene l’eccezione fondata.

Al riguardo, giova riportare, innanzitutto, le conclusioni cui è giunta la Commissione Federale di Garanzia nell’atto impugnato, anticipate a pagina 5 del provvedimento gravato: “ciò posto, ritiene la Commissione che i capi di incolpazione di cui ai numeri 9, 10, 11, 13, 14 e 15 facciano emergere un quadro certo di un comportamento dell’avv. -OMISSIS-, nella sua veste di Procuratore federale dell’epoca, lesivo dei principi di lealtà e correttezza propri della sua carica e del suo status di tesserato”.

Quindi, come indicato dalle parti resistenti, è stato ritenuto che il ricorrente ha, soprattutto, violato l’art. 20 del Regolamento di Giustizia della FIR (norma indicata, tra le altre, nell’atto di deferimento innanzi alla Commissione), che detta i “doveri generali” e stabilisce al comma 1 che “i tesserati devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto riferibile all’attività sportiva o comunque federale”. In effetti, la disposizione, sotto il profilo “soggettivo”, è riferita ai “tesserati” (categoria in cui rientrano anche gli organi federali ai sensi dell’art. 12 Statuto FIR), e, sotto il profilo “oggettivo”, impone l’obbligo di rispettare i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto riferibile non solo all’attività sportiva ma pure a quella federale (“o comunque federale”).

Fatta questa precisazione, risulta evidente che la natura giuridica della sanzione irrogata nei confronti dell’avv. -OMISSIS- dipende dalla natura che si riconosce alla sanzione che deriva dalla violazione dell’art. 20 menzionato.

Sul punto, per dipanare la questione, risulta dirimente quanto previsto dal capo I Regolamento di Giustizia della FIR, rubricato “disposizioni disciplinari”.

In particolare all’art. 1 comma 1 del predetto capo I è stabilito: “costituisce infrazione ogni violazione dei precetti disciplinari, sanzionati a norma di quanto stabilito dal capo VI, parte I del presente regolamento”. Dunque, la norma, nel circoscrivere il novero delle sanzioni “disciplinari”, rimanda a quanto previsto dal capo VI, parte I del medesimo regolamento.

Ebbene, per quanto di interesse in questa sede e alla luce della violazione ritenuta dimostrata da parte della Commissione Federale di Garanzia, l’art. 20 del Regolamento di Giustizia della FIR introduce proprio il capo VI (quello menzionato dall’art. 1 cit. allorché fa riferimento alle sanzioni di natura disciplinare).

Ne deriva, quindi, non essendo in dubbio che anche gli organi federali siano da collocare tra i “tesserati” ai sensi dell’art. 12 dello Statuto FIR, che la sanzione irrogata dalla Commissione Federale di Garanzia, alla luce del predetto quadro normativo e dei motivi del provvedimento impugnato, è da qualificare come “disciplinare”, perché, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, la stessa è stata irrogata ai sensi dell’art. 20 co. 1 cit., norma che non deve essere circoscritta solo all’attività sportiva ma attiene anche all’attività federale laddove, come nel caso in esame, siano stati violati i doveri di lealtà e probità.

5.4 Alla luce di quanto sin qui ritenuto, la domanda di “annullamento” della sanzione disciplinare proposta in questa sede dal ricorrente va dichiarata inammissibile.

È noto, infatti, che la materia è regolata dal D.L. n. 220/2003 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva) e che l’art. 2, comma 1, del citato Decreto Legge riserva all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto, tra le altre “b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive” di modo che, nelle controversie aventi ad oggetto le sanzioni disciplinari innanzi al giudice statale, è preclusa la tutela annullatoria ed ammessa solo quella risarcitoria.

Peraltro, il sistema che riserva alla giustizia sportiva l’impugnativa delle sanzioni disciplinari è stato ritenuto costituzionalmente legittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza n. -OMISSIS-, che ha dichiarato non fondata la questione relativa alla legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lett. b), del D.L. n. 220 del 2003, sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina del 2003.

Nello stesso senso la Consulta si è espressa anche nel 2019.

Al Giudice Amministrativo è, quindi, preclusa la tutela impugnatoria nei confronti dei provvedimenti disciplinari sportivi, con la conseguenza che deve essere dichiarato il parziale difetto di giurisdizione come chiesto dalle parti resistenti.

Né, si osservi, per completezza, conclusione diversa può trarsi dalla decisione del Collegio di garanzia dello Sport, sezioni unite, n. -OMISSIS-, poiché in tale sede ci si è solo limitati a dichiarare il ricorso inammissibile e tardivo, espressamente indicando al “punto 9” di non poter analizzare nel merito le questioni in punto di giurisdizione.

6. Il ricorso è, altresì, inammissibile, quanto alla domanda risarcitoria, per mancato esaurimento dei gradi di giustizia sportiva.

6.1 Il ricorrente afferma il contrario asserendo che la Commissione Federale di Garanzia non sarebbe organo di “giustizia sportiva”, interno alla FIR, e, quindi, non vi sarebbe stato alcun obbligo per questi di esaurire i gradi della giustizia sportiva, adendo il Collegio di Garanzia dello Sport del CONI (cfr. art. 45 CGS del CONI).

In particolare, la tesi si fonda sul dettato dell’art. 3 del Codice di Giustizia Sportiva del C.O.N.I. (disciplinante gli “Organi di giustizia e altri soggetti dei procedimenti”) e dell’art. 33 Regolamento di Giustizia F.I.R. (“Organi di Giustizia”), che escluderebbero la natura di organo di giustizia della Commissione di Garanzia.

In forza di tale ricostruzione, a dire del ricorrente, non risulterebbe applicabile l’art. 54 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI a mente del quale “avverso tutte le decisioni, non altrimenti impugnabili nell’ambito dell’ordinamento federale ed emesse dai relativi organi di giustizia, ad esclusione di quelle in materia di doping e di quelle che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico-sportive e di durata inferiore a novanta giorni o pecuniarie fino a -OMISSIS- euro, è proponibile ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, di cui all'art. 12 bis dello Statuto del Coni” (v. ricorso, pag. 8-9).

6.2 Quanto sopra, tuttavia, non è condivisibile.

In primo luogo, c’è da considerare che la Commissione Federale di Garanzia è collocata all’interno del Codice di Giustizia Sportiva del CONI proprio tra gli “organi di giustizia”, poiché l’art. 5, che la disciplina, è collocato all’interno del “Capo II” rubricato appunto “Organi di giustizia” (cfr. CGS del CONI). Orbene, già tale profilo di ordine sistematico appare dirimente alla luce del problema in esame.

Allo stesso modo anche il Regolamento di Giustizia Federale disciplina la Commissione all’art. 35 e, pur non menzionandola all’art. 33, le attribuisce compiti di chiara natura giustiziale ed interni all’ordinamento sportivo (cfr. co. 1 e 2 lett. a, b e c, volti a garantire “l’imparzialità” e “l’autonomia” dei membri della Commissione Federale di Garanzia, che sono i due caratteri indispensabili per ogni organo “giudicante”, come più volte ritenuto, in una dimensione “sostanziale” e non esclusivamente formale, anche dalla Corte Costituzionale, ad esempio nella sentenza n. 223/2013, allorché si è interrogata sulla legittimazione attiva a proporre ricorso incidentale), oltre che di natura consultiva (cfr. co. 2 lett. d).

Quindi, la tesi sostenuta da parte ricorrente non risulta in linea con il dettato ordinamentale, con la conseguenza che il ricorso difetta della “pregiudiziale sportiva”, cioè della condizione di procedibilità del ricorso giurisdizionale amministrativo sancita dall’art. 3, comma 1, del citato D.L. n. 220/2003, che dispone “Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’art. 2, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo”.

Come di recente ribadito da Codesta Sezione, la norma individua quale condizione di procedibilità dell’azione il “definitivo esaurimento di tutti i gradi della giustizia sportiva”, precludendo “l’accesso diretto alla giurisdizione amministrativa senza il previo esaurimento dei rimedi giustiziali sportivi e la sua violazione comporta l’inammissibilità del ricorso” (cfr. TAR Lazio, Sez. I-Ter, 19 gennaio 2022, n. 591).

In sintesi, la mancata proposizione del ricorso al Collegio di Garanzia rappresenta una violazione manifesta del c.d. “vincolo di pregiudizialità sportiva” che, come tale, determina la inammissibilità del ricorso quanto all’azione risarcitoria.

7. La peculiarità delle questioni trattate consente di compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- dichiara il difetto di giurisdizione sulla domanda di annullamento dell’atto impugnato;

- dichiara inammissibile il ricorso con riferimento alle richieste risarcitorie.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Arzillo, Presidente

Giovanni Mercone, Referendario, Estensore

Silvia Simone, Referendario

 

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