T.A.R. LAZIO SEDE DI ROMA – SEZIONE PRIMA – SENTENZA DEL 09/04/2024 N. 6875

T.A.R. LAZIO SEDE DI ROMA - SEZIONE PRIMA – SENTENZA DEL 09/04/2024 N.  6875

Pubblicato il 09/04/2024

N. 06875/2024 REG.PROV.COLL.

N. 07844/2023 REG.RIC.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7844 del 2023, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Vittorio Largajolli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Nicolò Tartaglia n. 3;

contro

Ministero dell'Interno e Questura di Roma, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domiciliano ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per l'annullamento

del provvedimento del Questore di Roma n.-OMISSIS- (c.d. DASPO) e di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorché allo stato non cognito e comunque lesivo delle posizioni dell’odierno ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 marzo 2024 la dott.ssa Silvia Simone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe l’istante ha impugnato per l’annullamento, previa adozione di misure cautelari, il provvedimento emesso dal Questore di Roma il 24.03.2023 (n.-OMISSIS-), con cui gli è stato fatto divieto, per cinque anni a far data dalla notifica del provvedimento, di accedere all'interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello, agonistico od amichevole, calendarizzati e pubblicizzati. Tale divieto è esteso anche agli incontri di calcio disputati all'estero dalle squadre italiane e dalla Nazionale italiana di calcio.

Il provvedimento è stato adottato in occasione dell’incontro di calcio -OMISSIS-, valevole per il campionato di Seria A stagione 2022/2023, disputatosi presso lo stadio Olimpico di Roma in data-OMISSIS-alle ore 18:00. In particolare, a quanto si legge nel provvedimento, il ricorrente, nel corso di detto incontro sportivo, “all’interno degli spalti della -OMISSIS- lato sud, esponeva un pezzo di stoffa nero sul quale erano raffigurati dietro -OMISSIS-. La predetta immagine veniva alcuni giorni dopo pubblicata da una testa giornalistica”, “che la bandiera esposta ha un valore simbolico e chiaramente antisemita, che rimanda all’ideologia nazista e a valori politici di discriminazione e di intolleranza, offensiva per il contenuto ed in grado di incitare all’odio razziale, specie nell’ambito di una manifestazione sportiva già fortemente condizionata dai ripetuti cori antisemiti scanditi dalla curva, nonché dalla presenza di un tifoso laziale in -OMISSIS- che indossava una maglia con su scritto “-OMISSIS-”, che ha destato risalto mediatico e unanimi sentimenti di condanna”.

Avverso il suddetto DASPO il ricorrente ha articolato le seguenti censure:

I. violazione di legge – (violazione degli artt. 1 e 3 della l. n. 241 del 1990 e ss.mi. in combinato con la normativa in materia di d.a.spo.) - illogicità della motivazione; eccesso di potere (per illogicità manifesta; carenza di motivazione anche per difetto di approfondita istruttoria). Eccepisce in proposito parte ricorrente che: i) nello striscione in questione non vi è alcun riferimento all’antisemitismo, nessuna ideologia nazista sottesa, nessuna attribuzione politica o discriminatoria, alcun incitamento all’odio razziale e che, sulle divise dei soldati raffigurate nel vessillo, la PA non ha svolto alcun tipo di istruttoria; ii) che lo striscione è esibito da 20 anni durante le principali partite nazionali ed europee senza destare scalpore né alcun provvedimento inibitorio; iii) esso raffigura due soldati italiani ed è stato ideato e pensato dall’odierno ricorrente per identificare sé medesimo ed il di lui nonno, -OMISSIS-, soldato italiano durante la seconda guerra mondiale, nonché grande tifoso della AS. Roma. Il provvedimento impugnato, inoltre, non terrebbe conto del profilo soggettivo del ricorrente che è: soggetto incensurato, svolge l’attività di noleggio con conducente, per passione è allenatore patentato di calcio, padre di due figli che giocano al calcio, da sempre tifoso della AS. Roma, squadra che segue durante le partite in casa ed in trasferta, senza aver mai fatto parto di gruppi politici, gruppi ultras o essersi mai trovato in situazioni di disordini e/o problematiche di sicurezza pubblica.

II. violazione di legge – (violazione degli artt. 7 e 8 l. n. 241 del 1990 e ss. mi.) - mancata comunicazione di avvio del procedimento amministrativo; eccesso di potere per illogicità manifesta sotto ulteriore profilo; eccesso di potere per contraddittorietà nella condotta della p.a., atteso che nel caso che ci attiene la mancata comunicazione di avvio del procedimento non sia in alcun modo giustificata dall'urgenza di intervenire, posto tra l’altro che il vessillo veniva esposto durante le partite di calcio nazionali e no da oltre vent’anni.

In data 6 giugno 2023 si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, contestando il gravame ed instando per la reiezione del medesimo. Ha rappresentato, tra l’altro, al riguardo che il provvedimento impugnato è stato emesso dal Questore di Roma sulla base degli atti d’ufficio che sono confluiti nella comunicazione di notizia di reato redatta il 24 marzo 2023 dalla DIGOS della Questura di Roma; che a compimento dell’attività istruttoria svolta, il ricorrente è stato deferito all’AG competente per la violazione dell’art. 2, comma 1, della legge Mancino, ed il procedimento penale che ne è scaturito è pendente presso il Tribunale di Roma; che il vessillo in questione è stato esposto senza preventiva richiesta di autorizzazione alle autorità competenti.

Con ordinanza collegiale n. -OMISSIS-, pubblicata il 15 giugno 2023, il Collegio ha accolto l’istanza cautelare del ricorrente.

In vista dell’udienza di merito il ricorrente ha ribadito la propria posizione con apposita memoria.

All’udienza del 26 marzo 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è fondato nei limiti di seguito esposti.

8.1 Deve essere prioritariamente esaminato e respinto il secondo profilo di censura, la cui attinenza a questioni esclusivamente procedimentali impone di anticiparne lo scrutinio.

In proposito, va ricordato che – secondo un costante insegnamento giurisprudenziale, cui il Collegio intende aderire e dare continuità – il DASPO non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, in considerazione delle esigenze di celerità intrinseche alla stessa natura preventiva del provvedimento, che sono dirette a scongiurare ogni ulteriore turbativa per l'ordine e la sicurezza pubblica. Si tratta, infatti, di una “misura connotata dalla necessità e dall'urgenza di porre rimedio al succedersi delle manifestazioni sportive calendarizzate e all'esigenza di garantire l'ordine pubblico, evitando la possibilità di scontri e violenze sulle persone e sulle cose” (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. IV, 31 luglio 2023, n. 2401). Pertanto, “la mancata comunicazione di avvio del procedimento sfociato nell'emanazione del Daspo non produce un vizio insanabile di quest'ultimo, poiché la particolare tipologia di atto gravato, quale è il divieto di accesso agli impianti sportivi, ha carattere cautelare e si caratterizza per la necessità e l'urgenza di evitare che il succedersi delle manifestazioni sportive calendarizzate nel campionato diventi occasione di scontro fra opposte tifoserie” (T.A.R. Toscana, Sez. II, 25 ottobre 2022, n. 1203).

8.2 E’ invece fondata la prima censura sotto il profilo del difetto di motivazione e, come anticipato in sede cautelare, della violazione del principio di proporzionalità, tenuto conto dell’estensione temporale e del perimetro oggettivo del divieto ingiunto al ricorrente col provvedimento impugnato.

In proposito, ci si richiama alla giurisprudenza costante la quale evidenzia che il DASPO costituisce una misura di prevenzione atipica applicabile a categorie di persone che versino in situazioni sintomatiche della loro pericolosità per l'ordine e la sicurezza pubblica, non in generale, ma con riferimento ai luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive, desunte dalle circostanze di tempo e di luogo inerenti i fatti e gli eventi posti a base della misura, dalla condotta tenuta dall'interessato nella circostanza, e da altri elementi oggettivi.

Il DASPO può dunque essere disposto nei confronti di chi, sulla base di elementi oggettivi, risulti aver tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva a episodi tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse, e non solo nel caso di accertata lesione, in ottica di repressione, ma anche in caso di pericolo di lesione dell'ordine pubblico, in evidente ottica di prevenzione, come appunto nel caso di condotte che comportino o agevolino situazioni di "allarme" o di "pericolo" (cfr TAR Lombardia, sez. staccata di Brescia, 18 settembre 2017, n. 1128).

Ed invero, l’art. 6, comma 1, della legge n. 401 del 1989 attribuisce al Questore un potere interdittivo, esercitabile nei riguardi di coloro che, in occasione o a causa di manifestazioni sportive, tengano una condotta violenta, o comunque tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica.

Detto potere è connotato da un’elevata discrezionalità, in considerazione delle finalità di pubblica sicurezza cui è diretto, in vista della tutela dell’ordine pubblico, non soltanto in caso di accertata lesione, ma – come detto - anche in via preventiva ed in caso di pericolo anche soltanto potenziale di lesione.

Il fine è, infatti, la tutela dell’ordine pubblico, non solo nel caso di accertata lesione, ma pure di pericolo di lesione, sicché si tratta di un potere attribuito anche con fini di prevenzione della commissione di illeciti, tenuto conto della diffusività del fenomeno relativo alle violenze negli stadi di calcio e della necessità di approntare, anche sul piano normativo, rimedi efficaci, con il corollario che la misura del divieto di accesso ad impianti sportivi può essere disposta pure in caso di pericolo di lesione dell’ordine pubblico, magari ascrivibile a semplici condotte che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. I, 5 dicembre 2011, n. 9547).

Tuttavia, proprio perché la misura del divieto di accesso agli impianti sportivi ha funzione di prevenzione e di precauzione per fini di polizia (la cui valutazione, quanto all’inaffidabilità del soggetto, spetta all'Autorità amministrativa, la quale è chiamata a un apprezzamento discrezionale nel bilanciamento, tra il prevalente interesse pubblico alla tutela dell'ordine e della sicurezza dei cittadini e l'interesse privato ad accedere liberamente negli stadi), è necessario che tale giudizio si basi su comportamenti concreti ed attuali del destinatario, dai quali possano desumersi talune delle ipotesi previste dalla legge come indice di pericolosità per la sicurezza e la moralità pubblica (T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 13 luglio 2015, n. 1938; T.A.R. Toscana, sez. II, 6 giugno 2013, n. 955).

Il carattere discrezionale del potere esercitato dall’Amministrazione, peraltro, non significa che il DASPO, in quanto species del più ampio genus dei provvedimenti amministrativi, non possa formare oggetto di un vaglio di legittimità che comporta, tra l'altro, la verifica della sua conformità al criterio di proporzionalità che impinge la comparazione fra il fatto come in concreto verificatosi e l'afflittività della misura per il soggetto (T.A.R. Perugia, sez. I, 19/02/2016, n. 103).

La condotta che gli è stata ascritta col provvedimento interdittivo in esame si riferisce all’esibizione, durante il -OMISSIS- presso lo stadio Olimpico di Roma in data-OMISSIS-alle ore 18:00, all’interno degli spalti della -OMISSIS- lato sud, di uno striscione nero sul quale erano raffigurati dietro -OMISSIS-; striscione il quale – secondo le valutazioni della Questura –avrebbe avuto una forza evocativa, atteso il notevole “valore simbolico e chiaramente antisemita, che rimanda all’ideologia nazista e a valori politici di discriminazione e di intolleranza, offensiva per il contenuto ed in grado di incitare all’odio razziale, specie nell’ambito di una manifestazione sportiva già fortemente condizionata dai ripetuti cori antisemiti scanditi dalla curva, nonché dalla presenza di un tifoso laziale in -OMISSIS- che indossava una maglia con su scritto “-OMISSIS-”, che ha destato risalto mediatico e unanimi sentimenti di condanna”.

Col provvedimento gravato è stato, quindi, fatto divieto al ricorrente, per anni cinque, di accedere all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello, non solo agonistico, ma anche “amichevole”, calendarizzati e pubblicizzati, oltre alle zone di rispetto dei menzionati luoghi, divieto esteso anche “agli incontri disputati all’estero dalle squadre italiane e dalla Nazionale Italiana di calcio”. Il provvedimento si estende, secondo quanto previsto nel provvedimento de quo, “da quattro ore prima e sino a due ore dopo la conclusione delle manifestazioni sportive, a tutte le aree di rispetto dei menzionati luoghi, di volta in volta individuate ed evidenziate, con transenne o altro, a cura del responsabile del servizio di ordine pubblico ed a tutti gli altri luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che assistono o partecipano alle suddette manifestazioni sportive siano essi indicati da apposita segnaletica e dalle forze dell’ordine o siano essi facilmente individuabili da prassi comune o consuetudine, così specificamente indicati: entro il raggio di 1000 metri dal perimetro dei luoghi in cui si svolgono le manifestazioni sportive, dai relativi luoghi destinati alla sosta degli automezzi, dalle stazioni ferroviarie ed aree di servizio autostradali ed autogrill, nonché le altre aree di sosta autostradali, extraurbane ed urbane destinate alla sosta, trasporto o transito delle tifoserie dirette alle manifestazioni sportive”.

Ritiene in proposito il Collegio che - a prescindere dalle caratteristiche intrinseche del manufatto, il quale peraltro, secondo quanto dedotto nel ricorso, troverebbe accesso e viene esposto negli stadi (nazionali e no) da circa 20 anni, senza mai aver subito alcun genere di menda da parte delle autorità competenti, mentre sul punto l’Amministrazione resistente eccepisce che lo stesso sia stato affisso senza richiesta di preventiva autorizzazione - possano essere confermate le valutazioni anticipate in sede cautelare in relazione al carattere non proporzionato dell’ordine inibitorio adottato col provvedimento gravato, tenuto conto dell’estensione temporale e del perimetro oggettivo del divieto ivi previsto.

Ferma restando la discrezionalità dell’Amministrazione nella valutazione delle circostanze oggettive documentate ai fini della determinazione della misura interdittiva, si ritiene infatti che vada rivalutata la durata temporale del divieto imposto, attualmente fissata in cinque anni, tenuto conto della eccessiva afflittività della misura, considerando la combinazione di durata temporale e della estensione territoriale del divieto stesso.

13.1 Quanto al primo profilo (quello temporale), si osserva che l’art. 6, comma 5, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, stabilisce che “Il divieto di cui al comma 1 e l'ulteriore prescrizione di cui al comma 2 non possono avere durata inferiore a un anno e superiore a cinque anni e sono revocati o modificati qualora, anche per effetto di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, siano venute meno o siano mutate le condizioni che ne hanno giustificato l'emissione. In caso di condotta di gruppo di cui al comma 1, la durata non può essere inferiore a tre anni nei confronti di coloro che ne assumono la direzione. Nei confronti della persona già destinataria del divieto di cui al primo periodo è sempre disposta la prescrizione di cui al comma 2 e la durata del nuovo divieto e della prescrizione non può essere inferiore a cinque anni e superiore a dieci anni. La prescrizione di cui al comma 2 è comunque applicata quando risulta, anche sulla base di documentazione videofotografica o di altri elementi oggettivi, che l'interessato ha violato il divieto di cui al comma 1. Nel caso di violazione del divieto di cui al periodo precedente, la durata dello stesso può essere aumentata fino a otto anni”.

13.2 Appare dunque evidente che la richiamata graduazione temporale prevista per l’ipotesi “base”, ove superi il minimo (1 anno), deve trovare un riscontro motivazionale che si giustifichi in termini di proporzionalità alla condotta che ha determinato l’esercizio discrezionale preventivo tipico del provvedimento in esame. Di detta valutazione non si trova riscontro nel provvedimento gravato.

13.3 Quanto all’estensione territoriale della restrizione imposta, in un’ottica di bilanciamento tra l’interesse pubblico sotteso all’adozione della misura interdittiva e l’incidenza dello stesso sulla sfera del destinatario del provvedimento, si ritiene che quest’ultimo ecceda in termini di ampiezza il principio di adeguatezza e proporzionalità, nella misura in cui vieta al ricorrente di accedere all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio anche a carattere “amichevole”, impedendo in ipotesi al ricorrente di poter assistere persino alle partite di calcio dei figli oltre che di svolgere l’attività di allenatore di calcio, e tenuto conto che il sig,-OMISSIS- esercita come attività professionale l’autista di NCC.

Sulla base delle suesposte valutazioni, consegue l’accoglimento del ricorso.

In conclusione, il ricorso merita di essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio, attesa la peculiarità della vicenda.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2024, con l'intervento dei magistrati:

Francesco Arzillo, Presidente

Giovanni Mercone, Referendario

Silvia Simone, Referendario, Estensore

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