T.A.R. LAZIO SEDE DI ROMA – SEZIONE PRIMA – SENTENZA DEL 15/07/2024 N. 14316
T.A.R. LAZIO SEDE DI ROMA - SEZIONE PRIMA – SENTENZA DEL 15/07/2024 N. 14316
Pubblicato il 15/07/2024
N. 14316/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01890/2024 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1890 del 2024, proposto da -OMISSIS- rappresentato e difeso dall'avvocato Stefano Monti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno e Questura di Roma, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per l'annullamento
della determinazione della Questura di Roma n. -OMISSIS-, datata -OMISSIS-, a mezzo della quale si è comminato al ricorrente il divieto, valevole per anni uno, di accedere nei locali pubblici o esercizi analoghi, nonché di stazionare nelle immediate vicinanze degli stessi, ubicati nell''area urbana di Roma, all''interno del perimetro circoscritto dalle vie: Via Tiburtina, Via di Porta Labicana, Via dei Marsi, Via dei Sardi, Via degli Enotri, Via dei Reti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Roma;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2024 la dott.ssa Silvia Simone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il sig. -OMISSIS--OMISSIS- ha agito per l’annullamento, previa sospensione in via cautelare, della determinazione della Questura di Roma n. -OMISSIS-, datata -OMISSIS-, notificata il 20 dicembre 2023, con la quale è stato comminato al ricorrente il divieto, valevole per anni uno, nella fascia oraria 21:00-6:00, di accedere nei locali pubblici o esercizi analoghi, nonché di stazionare nelle immediate vicinanze degli stessi, ubicati nell’area urbana di Roma, all’interno del perimetro circoscritto dalle vie: Via Tiburtina, Via di Porta Labicana, Via dei Marsi, Via dei Sardi, Via degli Enotri, Via dei Reti, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, conosciuto e non, comunque connesso.
Avverso detto provvedimento il ricorrente ha dedotto i seguenti vizi di illegittimità: Eccesso di potere per difetto e genericità della motivazione. Difetto di istruttoria, eccesso di potere per travisamento dei fatti. Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 bis della legge n. 48/2017, come modificata dalla legge n. 159/2023. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 l. n. 241/90 - Violazione del principio di gradualità della sanzione, irragionevolezza manifesta.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Questura di Roma, chiedendo la reiezione del ricorso perché infondato. Hanno eccepito, in particolare, che, in forza dell’art. 13 bis della legge n. 48/2017, il divieto di accesso impugnato trova fondamento sufficiente sulla sola denuncia per il porto abusivo di armi od oggetti atti ad offendere, commesso nel triennio precedente: “Allo stato, quindi, il provvedimento impugnato risulta legittimato dalla pendenza di un procedimento penale per uno dei fatti previsti dall’art. 13 bis citato”.
Con ordinanza n.-OMISSIS- del 28 marzo 2024 questa Sezione ha respinto l’istanza di misure cautelari presentata dal ricorrente, per insussistenza del periculum in mora.
All’udienza pubblica del 9 luglio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è fondato e merita di essere accolto, riscontrandosi la carenza dei presupposti per l'irrogazione della misura amministrativa, con specifico riferimento al difetto di istruttoria e di motivazione in ordine alla pericolosità per la sicurezza della condotta del ricorrente.
6.1 Al riguardo, l'art. 13 bis, comma 1, del D.L. n. 14/2017 (convertito in legge n. 42/2017, nel testo sostituito ad opera dell'art. 11, co. 1, lett. b), n. 1, d.l. n. 130/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 173/2020), dispone che “fuori dei casi di cui all'articolo 13, nei confronti delle persone denunciate, negli ultimi tre anni, per reati commessi in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi o in locali di pubblico trattenimento ovvero nelle immediate vicinanze degli stessi, o per delitti non colposi contro la persona o il patrimonio ovvero aggravati ai sensi dell'articolo 604-ter del codice penale, qualora dalla condotta possa derivare un pericolo per la sicurezza, il Questore può disporre il divieto di accesso a pubblici esercizi o locali di pubblico trattenimento specificamente individuati in ragione dei luoghi in cui sono stati commessi i predetti reati ovvero delle persone con le quali l'interessato si associa, specificamente indicati. Il Questore può altresì disporre, per motivi di sicurezza, la misura di cui al presente comma anche nei confronti dei soggetti condannati, anche con sentenza non definitiva, per taluno dei predetti reati”.
6.2 La disposizione – come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Tar Campania, sez V, sentenza n. 5612/2023) pone quindi due condizioni per l'adozione della misura:
a) la denuncia del destinatario, “negli ultimi tre anni, per reati commessi in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi o in locali di pubblico trattenimento ovvero nelle immediate vicinanze degli stessi, o per delitti non colposi contro la persona o il patrimonio ovvero aggravati ai sensi dell'articolo 604-ter del codice penale”; il rapporto tra le figure delittuose isolate dalla norma è di alternatività, assumendo rilievo tanto una qualsiasi fattispecie criminosa che risulti però commessa “in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi o in locali di pubblico trattenimento ovvero nelle immediate vicinanze degli stessi” quanto i reati specificamente individuati in relazione al bene giuridico tutelato (contro la persona o il patrimonio) ovvero in considerazione della contestazione dell'aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso ex art. 604-ter c.p., purché in relazione a questa seconda categoria si tratti di delitti non colposi; è stato pertanto statuito che “Il divieto di accesso impugnato trova fondamento sufficiente sulla sola denuncia per disordini in aree limitrofe a locali pubblici situati in aree urbane” ed altresì che "il provvedimento impugnato risulta legittimato dal presupposto della pendenza di un procedimento penale per uno dei fatti previsti dall'art. 13 bis citato (T.A.R. Lazio, Roma, 21 ottobre 2021, n. 5755);
b) la valutazione che “dalla condotta possa derivare un pericolo per la sicurezza”.
6.3 Il primo requisito ha natura oggettiva in quanto si limita a rilevare il fatto storico della "denuncia", negli ultimi tre anni, per uno dei reati indicati.
6.4 Il secondo presupposto invece afferisce a “una valutazione dinamica” di natura prognostica, risultando subordinata l'adozione della misura, integrante una speciale forma di Daspo, al rischio che “dalla condotta possa derivare un pericolo per la sicurezza. È il tenore letterale dell'inciso a rendere manifesta la volontà legislativa di ancorare l'adozione del provvedimento, incidente sulla libertà di circolazione, alla sussistenza di un pericolo necessariamente ‘attuale' - in coerenza d'altro canto con le finalità precauzionali e preventive della misura - posto che, ove al contrario la condizione si fosse voluta collegare temporalmente ai soli accadimenti, la formulazione della norma sarebbe stata evidentemente diversa, declinandosi la relazione con i fatti al tempo passato (... qualora dalla condotta sia derivato un pericolo per la sicurezza...), con ascrizione all'istituto di una funzione tipicamente sanzionatoria, da ritenersi invece del tutto estranea” (T.A.R Calabria, Reggio Calabria, n. 21/2022).
6.5 In applicazione del tracciato ordito normativo ritiene il Collegio che, pur ravvisandosi il primo elemento oggettivo (denuncia, negli ultimi tre anni, per uno dei reati indicati dalla norma, nella fattispecie per il delitto di cui all’art. 4 della legge n. 110/1975), nel caso di specie difetti il secondo presupposto dinamico costituito dalla pericolosità per la sicurezza che potrebbe derivare dalla condotta ascritta al ricorrente.
Dall'esame del provvedimento gravato si evince, infatti, che l’elemento della “evidente minaccia per la sicurezza pubblica” e della pericolosità della condotta è stata desunta dalla Questura dalla circostanza ex se che il ricorrente, all’atto di un controllo da parte dei Carabinieri sia stato trovato in possesso di un coltellino.
A ben vedere, tuttavia, il giudizio di pericolosità per la sicurezza è stato effettuato in assenza dell’elemento pur richiesto dall’art. 13 bis della “occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi o in locali di pubblico trattenimento ovvero nelle immediate vicinanze degli stessi” e senza alcuna specifica motivazione in ordine alla pericolosità per la sicurezza pubblica della condotta del ricorrente, la quale si è collocata peraltro in un orario (14:35) in cui la maggior parte dei locali commerciali è chiusa. Va, inoltre, considerato che il ricorrente è un soggetto incensurato, studente universitario.
Né la legittimità del provvedimento gravato appare inferibile, di per sé, dalla pendenza del procedimento penale, attesa la nota autonomia delle valutazioni svolte in sede penale rispetto a quelle ascrivibili alla sfera amministrativa.
Tanto considerato, ritiene il Collegio, che il ricorso sia, nei sensi poc’anzi esplicitati, fondato e che il provvedimento gravato debba pertanto essere annullato.
Attesa la peculiarità della vicenda, si ritiene che sussistano ragioni sufficienti per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente e i luoghi indicati.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2024, con l'intervento dei magistrati:
Francesco Arzillo, Presidente
Giovanni Mercone, Referendario
Silvia Simone, Referendario, Estensore