T.A.R. LAZIO SEDE DI ROMA – SEZIONE PRIMA – SENTENZA DEL 24/05/2024 N. 10546

T.A.R. LAZIO SEDE DI ROMA - SEZIONE PRIMA – SENTENZA DEL 24/05/2024 N.  10546

Pubblicato il 24/05/2024

N. 10546/2024 REG.PROV.COLL.

N. 07110/2020 REG.RIC.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7110 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Andreina Degli Esposti, Pietro Negri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Andreina Degli Esposti in Roma, via Giulio Caccini, n. 1;

contro

C.O.N.I., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Angeletti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alberto Angeletti in Roma, Via Giuseppe Pisanelli, n. 2;

per la condanna del CONI al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali,

subiti da -OMISSIS-(l'”Atleta”) a causa dell'illegittimità della sanzione disciplinare della squalifica di 4 anni irrogata al medesimo in primo grado con Decisione n. -OMISSIS- del Tribunale Nazionale Antidoping Prima Sezione, in secondo con Decisione n. -OMISSIS-del Tribunale Nazionale Anti Doping Seconda Sezione e annullata con Lodo del Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna (il “TAS”), emesso in data 27 febbraio 2020 nel procedimento arbitrale -OMISSIS-(il “Lodo”).

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del C.O.N.I.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 aprile 2024 la dott.ssa Silvia Simone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe -OMISSIS- (di seguito anche “l’Atleta”) ha agito per la condanna del CONI al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, conseguenti alla sanzione disciplinare della squalifica di 4 anni irrogatagli in primo grado con Decisione n. -OMISSIS- del Tribunale Nazionale Antidoping Prima Sezione, in secondo grado con Decisione n. -OMISSIS-del Tribunale Nazionale Anti Doping Seconda Sezione e poi annullata con Lodo del Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna (il “TAS”), emesso in data 27 febbraio 2020 nel procedimento arbitrale -OMISSIS-(il “Lodo”).

Si riportano, di seguito ed in estrema sintesi, le tappe della vicenda da cui prende causa l’odierno giudizio.

Il 5 giugno 2018, la Procura Nazionale Antidoping (“PNA”) ha deferito l’Atleta al giudizio dinanzi al Tribunale Nazionale Anti-Doping — Prima Sezione ("TNA I") per la violazione dell'Articolo 2.2, dell'Articolo 2.8 e dell'Articolo 2.9 delle Norme Sportive Antidoping (“NSA”), con richiesta al TNA I di irrogargli la sanzione disciplinare della squalifica per un periodo di 8 anni, ai sensi dell'Articolo 4.2 e dell'Articolo 4.3.2 delle NSA, nonché di adottare le dovute sanzioni economiche accessorie. L’atto di deferimento è stato disposto sulla base della documentazione consegnata dal NAS dei Carabinieri di -OMISSIS-in relazione al procedimento penale avviato nei confronti del Dr. -OMISSIS- (all’epoca medico presso il centro fisioterapico “-OMISSIS-”) e del Sig. -OMISSIS-in relazione ad un importante traffico di sostanze dopanti che sarebbero state cedute a sportivi di livello nazionale e internazionale, tra cui il sig. -OMISSIS-.

Con decisione del 6 novembre 2018, il TNA I ha riconosciuto la responsabilità di quest’ultimo limitatamente alla violazione dell’art. 2.2 delle NSA per “Uso o tentato uso di una sostanza vietata o di un metodo proibito da parte di un Atleta” (la disposizione prevede che: “2.2.1 Spetta ad ogni Atleta accertarsi personalmente di non assumere alcuna sostanza vietata o di non utilizzare alcun metodo proibito. Ai fini dell’accertamento della violazione delle NSA, non sarà necessario dimostrare che vi sia dolo, colpa, negligenza o l’uso consapevole da parte dell’Atleta. 2.2.2 Il successo o il fallimento dell'uso o del tentato uso di una sostanza vietata o di un metodo proibito non costituiscono un elemento essenziale. È sufficiente, infatti, che la sostanza vietata o il metodo proibito siano stati usati o si sia tentato di usarli per integrare una violazione delle NSA”); sono state invece escluse le violazioni di cui agli artt. 2.8 e 2.9. Conseguentemente, all’Atleta è stata inflitta, ex art. 4.2.1. delle NSA, la sanzione della squalifica per anni 4 (quattro), a decorrere dal 6 novembre 2018 e con scadenza al 5 novembre 2022.

Il 20 febbraio 2019 l'Atleta ha presentato ricorso per l’annullamento della decisione adottata dal TNA I dinanzi al Tribunale Nazionale Anti-Doping Seconda Sezione ("TNA II").

Con decisione del 2 maggio 2019 il TNA II ha confermato la responsabilità dell'Atleta per tentato utilizzo di sostanze vietate.

Il 19 giugno 2019 l'Atleta ha impugnato la sanzione dinanzi al Tribunale arbitrale dello Sport (“TAS”), con sede a Losanna.

Con Lodo del 27 febbraio 2020 il TAS ha accolto il ricorso dell’Atleta e ha annullato sia la decisione del TNA Prima Sezione, sia la decisione del TNA Seconda Sezione, per l’effetto annullando la squalifica di quattro anni irrogata al ricorrente.

In particolare, il TAS ha ritenuto che il quadro probatorio posto a fondamento della sanzione adottata dal TNA non fosse sufficiente a raggiungere il “confortevole convincimento” in merito alla sussistenza della violazione antidoping ascritta all’Atleta (art. 2.2. NSA “uso o tentato uso di una sostanza vietata o di un metodo proibito”).

Tanto premesso, l’annullamento da parte del TAS della sanzione disciplinare inflitta dimostrerebbe, secondo il ricorrente, il comportamento colposo non scusabile del TNA che avrebbe ignorato i precedenti in materia di doping: da esso discenderebbe la responsabilità da fatto illecito del CONI, dovendosi le decisioni degli organi della giustizia sportiva considerarsi alla stregua di provvedimenti amministrativi ogni qual volta vengano ad incidere su posizioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento statale e, in quanto tali, riconducibili al paradigma della responsabilità aquiliana.

Dalla sanzione poi annullata, secondo la prospettazione del ricorrente, sarebbe derivato un danno allo sviluppo della carriera sportiva e all’immagine che il ricorrente quantifica con riferimento a) alle spese legali sostenute, al pregiudizio conseguente alla rinuncia al ruolo di testimonial del CONI e al non aver potuto rientrare nelle competizioni in tempo per i Giochi Olimpici di Tokyo 2020 (determinato in € -OMISSIS-, così suddiviso € -OMISSIS- a titolo di rimborso spese legali e € -OMISSIS- a titolo di risarcimento per la perdita del Contratto con il CONI), b) al danno non patrimoniale sofferto per le conseguenze alla propria reputazione e all’immagine (da liquidarsi in via equitativa sulla base dei criteri di cui in narrativa; c) al danno alla salute, di natura psicofisica e relazionale, attestato dalla relazione medica depositata agli atti (da liquidarsi nella somma di € -OMISSIS-, o nella diversa misura in cui il TA.R. riterrà secondo giustizia sulla base dei criteri di cui in narrativa), oltre rivalutazione monetaria e interessi nella misura legale, configurandosi le somme dovute a titolo di risarcimento danni come debito di valore.

Il 29 settembre 2020 si è costituito in giudizio il CONI, chiedendo la reiezione del ricorso.

Con memoria depositata l’11 maggio 2023, il CONI ha eccepito preliminarmente l’irricevibilità del ricorso per tardività dell’azione risarcitoria, nonché l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, per carenza di legittimazione passiva del CONI rispetto alla domanda risarcitoria proposta nel giudizio de quo e per violazione dell’art. 839 c.p.c..

Quanto al difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sostiene il CONI che le controversie in materia di doping sfuggono alla competenza degli Organi Federali della Giustizia Sportiva e a quella del Collegio di Garanzia dello Sport (art. 54 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI), rientrando la materia nell’ambito di un complesso sistema governato da specifiche norme internazionali recepite dallo Stato Italiano con la legge n. 230/2007, al cui vertice è posta la -OMISSIS-, dalla quale derivano funzionalmente le Organizzazioni Nazionali Antidoping istituite dagli Stati aderenti alla Convenzione Internazionale contro il Doping adottata a Parigi il 19.10.05 dalla Conferenza Generale dell’UNESCO, ivi inclusa NADO-Italia Antidoping. Quest’ultima, come recita la premessa delle NSA, è l’Organizzazione Nazionale Antidoping istituita con la legge n. 230/2007, la cui attività operativa è svolta in condizione di indipendenza ed è sottoposta alla vigilanza e alla verifica da parte della -OMISSIS-.

In ogni caso, sussisterebbe il difetto di legittimazione passiva del CONI, non potendo essere imputati al Comitato Olimpico eventuali danni cagionati dall’attività di NADO e del TNA, soggetti da esso totalmente autonomi e giuridicamente distinti.

Quanto alla richiesta di risarcimento danni avanzata dal sig. -OMISSIS-, secondo il CONI difetterebbe l’elemento soggettivo dell’illecito, atteso che la condanna del TNA nei confronti dell’atleta poggerebbe su un’approfondita disamina di un vastissimo materiale probatorio e su un’accurata istruttoria. Sarebbe semmai il Lodo del TAS ad essere carente sotto il profilo motivazionale. Il CONI ha contestato poi le singole voci di danno di cui si chiede il risarcimento, eccependone l’inconsistenza e, in subordine, l’erronea quantificazione.

Secondo il CONI, poi, nel proporre il ricorso dinanzi al TAS, il ricorrente avrebbe potuto presentare domanda di misure cautelari con richiesta di sospensione dell’esecuzione della sentenza del TNA II (come previsto dall’art. R37 del Codice CAS cfr. doc. 11 e 12), al fine di limitare i pretesi danni.

Con memorie e repliche del 12 maggio, del 23 maggio e del 27 ottobre 2023 il ricorrente ha controdedotto sull’eccezione di tardività dell’azione risarcitoria, sostenendone la tempestività in ragione degli artt. 84 del D.L. n. 18/2020 e 36 del D.L. 23/2020, coi quali - a causa dell’emergenza sanitaria da COVID 19 - è stata disposta la sospensione dei termini processuali dall'8 marzo al 3 maggio 2020. Il ricorrente insiste poi per la legittimazione attiva del CONI, sulla scorta di una serie di indici - e in particolare di disposizioni statutarie del CONI (tra cui, in particolare, l’art. 13) - che dimostrerebbero la riconducibilità del TNA nell’ambito CONI.

Ne consegue - secondo il ricorrente - anche la giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che la legge n. 230/2007 e le norme internazionali ivi recepite non si porrebbero in relazione di specialità rispetto al D.L. n. 220/2003 e all’art. 133, co. 1, lett. z, c.p.a.

Quanto all’asserita giurisdizione del TAS, il ricorrente non avrebbe richiesto la revisione del Lodo del TAS, quanto piuttosto il risarcimento dei danni conseguente alla sanzione disciplinare annullata dal Tribunale arbitrale svizzero, domanda per la quale è prevista la giurisdizione del giudice amministrativo italiano ex artt. 3 del D.L. n. 220/2003 e 133, co. 1, lett. z, c.p.a.. Né si sarebbe potuto rivolgere direttamente al TAS, atteso che l’art. R 27 del Codice CAS, citato dalla controparte, riconosce il diritto di adire il Tribunale arbitrale questioni risarcitorie esclusivamente qualora sia espressamente previsto nella clausola arbitrale, cosa che non è nel caso di specie. Peraltro, ai sensi dell’art. 33.1 Codice Nado del 2018 e dell’art. R 47 Codice CAS, nei giudizi di appello davanti al TAS non si possono presentare domande nuove e risarcitorie diverse rispetto a quelle introdotte davanti al giudice nazionale.

Sulla presunta inammissibilità/improcedibilità per la mancata proposizione del ricorso ex art. 839 c.p.c. il ricorrente controdeduce che la fattispecie in questione non rientra nell’ambito di applicazione della disposizione, atteso che con la domanda risarcitoria non si è inteso porre in esecuzione il Lodo del TAS, al quale è stata data spontanea esecuzione, neppure con riferimento al pagamento delle spese legali: piuttosto, la domanda azionata in questa sede è semplicemente volta a far valere la responsabilità del CONI per l’ingiusta squalifica.

A ciò si aggiunga che il CONI ha comunque dato spontanea esecuzione al Lodo del TAS – così di fatto riconoscendolo – tramite l’annullamento della squalifica di quattro anni comminata all’Atleta.

Sulla domanda risarcitoria, si insiste nel dire che, come rilevato dal TAS, la sanzione è stata inflitta all’Atleta in mancanza di prove idonee a raggiungere il “confortevole convincimento”, cui consegue la sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa in capo al CONI.

Con memoria depositata il 23 maggio 2023 il CONI ha ribadito la propria posizione.

Con memoria depositata il 7 novembre 2023 l’Atleta ha ribadito che, al fine di escludere la legittimazione passiva, il CONI avrebbe dovuto modificare il proprio Statuto eliminando le disposizioni che disciplinano e qualificano il TNA come un organo riconducibile all’organizzazione del Comitato Olimpico (circostanza, tuttavia, non verificatisi).

Con memoria depositata il 27 marzo 2024, il CONI ha ribadito la propria estraneità alla NADO e la propria carenza di legittimazione passiva nel presente giudizio.

Con memoria depositata il 29 marzo 2024 il ricorrente ha argomentato che con l’ultimo Statuto, deliberato dal Consiglio Nazionale del CONI in data 21 novembre 2023 e approvato con d.p.c.m. del 20 dicembre 2023, è stata eliminata la disposizione del Titolo II che disciplinava il TNA all’interno dell’organizzazione centrale del CONI medesimo; il che confermerebbe la riconducibilità di NADO e del TNA in ambito CONI. Detta modifica statutaria non potrebbe avare applicazione retroattiva, tale per cui nel presente giudizio trovano applicazione le versioni precedenti che inquadrano il TNA nell’organizzazione del CONI.

In vista dell’udienza di merito, le parti si sono scambiate memorie di replica.

All’udienza pubblica del 30 aprile 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

Il Collegio è chiamato in via preliminare a scrutinare l’eccezione sollevata dal CONI, con cui il medesimo sostiene il proprio difetto di legittimazione passiva nel giudizio in esame.

Ritiene il Collegio che l’eccezione di rito sollevata del CONI sia fondata.

Conseguentemente, al CONI, nei confronti del quale è stata azionata la pretesa risarcitoria in esame, non risultano imputabili i danni patrimoniali e no di cui il ricorrente chiede il risarcimento in questa sede.

E ciò in ragione della presenza di plurimi indici dai quali il Collegio, in relazione alla domanda attorea, ritiene di poter ricavare la non imputabilità della condotta del TNA – articolazione di NADO Italia – al CONI.

Come è noto, il problema della selezione, nell’ordinamento giuridico, dei soggetti idonei ad essere autonomamente titolari di situazioni e rapporti giuridici non sempre è agevole ed è spesso fonte di ricostruzioni non uniformi.

Con riguardo al caso all’esame del Collegio, giova ricordare preliminarmente che l’organizzazione per la lotta al doping è caratterizzata da un complesso sistema governato da specifiche norme internazionali recepite dallo Stato italiano con la legge n. 230/2007. Al vertice di tale sistema è posta la -OMISSIS-, acronimo di World Anti-Doping Agency, dalla quale derivano funzionalmente le Organizzazioni Nazionali Antidoping istituite dagli Stati aderenti alla Convenzione Internazionale contro il Doping, adottata a Parigi il 19.10.05 dalla Conferenza Generale dell’UNESCO, cui l’Italia ha aderito, con la citata L. n. 230/07.

Ai sensi degli artt. 3 e ss. della Convenzione Internazionale contro il Doping, lo Stato italiano si è impegnato ad adottare misure adeguate a livello nazionale e internazionale conformi ai principi sanciti dal Codice Mondiale Antidoping adottato dalla -OMISSIS-, nonché a garantire l’applicazione della Convenzione e ad adempiere ai propri obblighi mediante apposite organizzazioni Antidoping.

In esecuzione della predetta Convenzione è stata istituita, con la citata legge n. 230/2007 NADO-Italia, ovvero l’Organizzazione Nazionale Antidoping, derivazione funzionale della Agenzia Mondiale Antidoping/-OMISSIS-. Ai sensi del Codice Sportivo Antidoping adottato dalla stessa Nado Italia, “L’attività di NADO Italia, svolta in condizioni di piena autonomia e indipendenza, è sottoposta a puntuale vigilanza e verifica da parte della -OMISSIS-”.

Il Codice Sportivo Antidoping è stato adottato da NADO Italia in applicazione del Codice Mondiale Antidoping (Codice -OMISSIS-).

Nell’articolazione di NADO Italia rientrano, tra l’altro, la PNA, cui competono la gestione dei risultati e l’accertamento delle responsabilità di coloro che abbiano posto in essere un comportamento in violazione delle norme sportive antidoping, e il TNA, competente a giudicare in primo grado per tutte le violazioni delle citate norme.

Tanto premesso, in relazione alla domanda attorea, posto quanto eccepito dal CONI, ritiene il Collegio che, ai fini dell’individuazione del soggetto dotato di legittimazione passiva rispetto alla richiesta risarcitoria oggetto del presente giudizio, sia necessario considerare diversi indici, dai quali appare ragionevole ritenere che effettivamente i danni patrimoniali e non patrimoniali dedotti dall’Atleta quale conseguenza diretta della sanzione disciplinare irrogatagli dal TNA I e confermata dal TNA II, annullata poi dal TAS, non siano imputabili sul piano risarcitorio al CONI.

In tal senso, vengono in evidenza, in particolare: i) la previsione di cui al Disciplinare dell’organizzazione e del funzionamento della NADO-ITALIA (in atti), secondo cui “NADO Italia è l’organizzazione nazionale antidoping (NADO), articolazione funzionale della Agenzia Mondiale Antidoping (World Anti-Doping Agency -OMISSIS-), costituita in virtù della Legge 26 novembre 2007 n. 230 di ratifica della Convenzione Internazionale contro il doping nello sport adottata nella Conferenza generale dell’UNESCO ed in applicazione del Codice Mondiale Antidoping (Codice -OMISSIS-) del quale NADO Italia è parte firmataria” e che (pag. 13) i componenti del TNA (inclusi Presidente e Vice-Presidente) siano tutti nominati dal Presidente di NADO Italia; ii) la circostanza che sul piano patrimoniale, NADO è collocata nell’ambito della società Sport e Salute S.p.A., tanto da mutuarne il medesimo numero di partita IVA; iii) il fatto che il Codice Mondiale Antidoping distingua espressamente ruoli e responsabilità dei singoli Comitati Olimpici Nazionali (art. 20.4) da ruoli e responsabilità delle Organizzazioni Antidoping Nazionali (art. 20.5); iv) il fatto che al CONI non competono compiti riguardanti la dotazione di uffici e personale del TNA e più in generale di NADO Italia. Come peraltro riconosciuto dallo stesso ricorrente, il Regolamento di funzionamento di NADO dispone che le sezioni del TNA sono coadiuvate da personale di Sport e Salute S.p.A., società avente autonoma personalità giuridica rispetto al CONI, che viene poi assegnato a NADO Italia; v) la circostanza che le decisioni del TNA siano appellabili, nei casi consentiti, dinanzi al TAS con sede in Losanna sottoposto alla legge elvetica e non dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport – questo sì riconducibile all’ambito CONI – non disponendo il Collegio di Garanzia di competenze in materia di doping (art. 54 codice giustizia sportiva).

Non depone in senso contrario la circostanza che il Presidente di NADO Italia è nominato con delibera della Giunta Nazionale su proposta del Presidente del CONI, sentita l’Autorità Vigilante ed il Ministro della Salute: i profili attinenti alle nomine, in generale, sono compatibili in linea di principio con diversi gradi di soggettività e autonomia patrimoniale e non rivestono carattere dirimente ai fini che qui interessano.

Da quanto sopra, appare ragionevole ritenere che i danni che il ricorrente riconduce alla sanzione disciplinare irrogatagli dal TNA, essendo quest’ultimo Tribunale incardinato all’interno di Nado Italia, di cui il primo costituisce un’articolazione, non sono imputabili al CONI, attesa l’autonomia – per quanto non perfetta – di cui NADO Italia dispone rispetto al CONI; Nado Italia appare piuttosto riconducibile, per i profili di causa, alla società Sport e Salute S.p.A., nei confronti della quale tuttavia non risulta che il ricorrente abbia intentato azione giurisdizionale.

In conclusione, il ricorso va quindi dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione passiva del CONI.

L’assoluta novità della questione giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente e le altre persone fisiche citate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 aprile 2024, con l'intervento dei magistrati:

Francesco Arzillo, Presidente

Silvia Simone, Referendario, Estensore

Francesco Vergine, Referendario

 

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