Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Seconda - Decisione n. 3 del 15/01/2025
Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale di Appello FIGC, Sezioni Unite, n. 0044/CFA- 2023-2024 del 9 ottobre 2023, comunicata, quanto al dispositivo, il 3 ottobre 2023 (Registro procedimenti n. 0036/CFA/2022-2023), con cui è stato respinto il reclamo promosso dal suddetto ricorrente e, per l’effetto, confermata la decisione del Tribunale Federale Nazionale FIGC, Sezione Disciplinare, n. 0051/TFNSD-2023-2024 del 15 settembre 2023, che aveva irrogato, a carico del sig. [omissis], la sanzione della squalifica per due mesi, a decorrere dall’inizio del campionato di competenza.
Impugnazione Istanza: OMISSIS / Federazione Italiana Giuoco Calcio / Procura Federale della FIGC / Procura Generale dello Sport presso il CONI
Massima: Rigettato il ricorso avverso la squalifica per mesi 2 inflitta dalla CFA a decorrere dall’inizio del campionato di competenza, per «violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di giustizia sportiva in relazione all’art. 38 del CGS per avere lo stesso, in occasione della gara Campodarsego – Cjarlins Muzane, valevole per il Campionato di Serie D, Girone C, disputatasi in data 19 marzo 2023, tenuto un comportamento ripetutamente violento nei confronti del Sig. [omissis], calciatore della squadra avversaria, dapprima colpendolo volontariamente al viso con il gomito sinistro al 29’ del primo tempo, successivamente, colpendolo ancora una volta volontariamente al viso con il gomito del braccio destro al 43’ del secondo tempo, causando allo stesso un “trauma cranio-facciale con frattura ossa nasali” con prognosi di giorni 30»…. Non coglie, infatti, nel segno la deduzione di parte secondo cui “il Tribunale … [e] la Corte non hanno operato alcuna preliminare valutazione circa l’attendibilità e la provenienza dei video posti … alla base delle decisioni adottate”, essendo peraltro “del tutto infondato, altresì, il richiamo ad una presunta confessione da parte del reclamante, che non emerge dagli atti di causa”. Giacché, all’opposto, l’affermazione di responsabilità del sig. [omissis], per come operata dal Tribunale e confermata dalla Corte, emerge (non già esclusivamente dalla contestata prova televisiva, bensì) anche – non tanto dalla opinabile “confessione” del sig. [omissis], che effettivamente è stata assai renitente e perciò ben poco conferente, quanto piuttosto – dalle testimonianze assunte nell’istruttoria svolta dalla Procura Federale e puntualmente richiamate nella decisione di primo grado: e in particolare dalla deposizione arbitrale, che ha apertamente dato conto di non aver visto le due gomitate in faccia e di cosa avrebbe fatto se le avesse viste; nonché dall’integrazione di essa con le ulteriori testimonianze assunte, non esclusa quella della vittima (che in sede disciplinare sportiva, così come anche in sede penale, non è avvinta dall’inammissibilità che inficia la testimonianza della parte nel processo civile). Si legge, in effetti, nella motivazione della squalifica inflitta in prime cure (e poi confermata in appello) che “è pacifico dagli atti di causa, in quanto confermato dai vari testimoni sentiti … che il Sig. [omissis] …”; e che, “del resto, lo stesso direttore della gara …, sentito dalla Procura, … ha espressamente affermato”: “se avessi visto il gesto” … (l’arbitro ha detto che in tal caso lo avrebbe espulso, con distinto riferimento a ciascuno degli episodi contestati). Sicché, nel caso di specie, non potrebbe certamente dubitarsi che la “piena garanzia tecnica e documentale” delle immagini, che è richiesta dall’art. 61.5 CGS, sia stata adeguatamente verificata – diversamente da quanto si vorrebbe assumere con il motivo di ricorso in trattazione, per quanto esso possa essere considerato ammissibile – mediante il riscontro (e l’incrocio) di tali immagini con le ulteriori risultanze istruttorie costituite dalle varie deposizioni testimoniali assunte dalla Procura Federale nel corso dell’ampia indagine svolta.
Decisione C.F.A. – Sezione I : Decisione pubblicata sul CU n. 0082/CFA del 22 Gennaio 2025 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale regionale presso il C.R. Toscana, di cui al Com. Uff. n. 42 del 12.12.2024
Impugnazione – istanza: – PFI/A.S.D. Barberino Tavarnelle-Sig. N.M.
Massima: Accolto il reclamo della Procura Federale e, per l’effetto, in riforma della decisione impugnata che aveva dichiarato improcedibile il deferimento, irrogata la squalifica di 10 giornate di gara al calciatore per la violazione degli artt. 4, comma 1, e dell’art. 28, comma 1, CGS per aver al termine dell’incontro apostrofato un calciatore della squadra avversaria con un insulto di stampo apertamente razzistico e l’ammenda di € 1.000,00 alla società a titolo di responsabilità oggettiva…In proposito, si rileva in diritto che, come precisato dalla Corte di Cassazione, la dichiarazione di un solo teste ben può̀ essere posta a base di una sentenza di condanna se scrupolosamente vagliata sotto ogni profilo. E tanto vale finanche nell'ipotesi in cui l'accusa provenga da chi è portatore di un chiaro interesse contrastante con lo stesso accusato, precisando la Suprema Corte: "In tema di valutazione della prova testimoniale, a base del libero convincimento del giudice possono essere poste le dichiarazioni della parte offesa, la cui deposizione, pur se non può̀ essere equiparata a quella del testimone estraneo, può̀ tuttavia essere assunta anche da sola come fonte di prova, ove sia sottoposta a un attento controllo di credibilità̀ oggettiva e soggettiva (cfr. CFA, Sez. I, n. 52/20222023). Nel caso all’esame le dichiarazioni rese dal giocatore sono appunto credibili in primo luogo perché la frase razzistica da lui attribuita all’avversario n. 10 coincide perfettamente con quella udita dall’arbitro. Inoltre l’insulto si inserisce in modo purtroppo logico nella dinamica concitata dell’alterco come rappresentata dall’arbitro, dal F.M. e dagli altri testimoni, laddove invece la differente versione proposta dal … (il quale afferma di aver soltanto detto: “E’ stato il ragazzo nero”) appare del tutto incongrua rispetto al contesto e alla sequenza cronologica degli eventi. Infine, come risulta dalla deposizione dello stesso F.M. nonché da altre testimonianze raccolte dalla Procura, a seguito dell’intervento dei Carabinieri della locale stazione il sig. … – posto a confronto informale con F.M. – si è scusato per quanto detto in precedenza, ponendo così in essere un comportamento concludente in senso confessorio. Non si comprende infatti perché l’incolpato dovesse di sua spontanea volontà scusarsi pubblicamente e in presenza dei Carabinieri ove avesse veramente proferito una frase del tutto generica e innocua quale quella sopra riportata. Tanto chiarito in fatto, si rammenta in diritto che il valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare sportivo si deve attestare ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio o alla certezza assoluta della commissione dell’illecito. Come è stato infatti chiarito “Le affinità tra il giudizio disciplinare sportivo e quello penale non possono spingersi fino a costruire un meccanismo probatorio così rigoroso, nel primo caso, da dover concludere, nel dubbio, in favore del reo, ovverosia del soggetto nei cui confronti è richiesta l’applicazione di misure di carattere disciplinare. La diversa connotazione dell’ordinamento sportivo consente margini più ampi alla valutazione dei mezzi di prova e al libero convincimento del giudice, nei limiti, per quest’ultimo, della coerenza e ragionevolezza argomentative e dell’adeguata aderenza ai fatti. Se ne desume che possono essere fatti valere, nel processo sportivo, elementi specifici a fini probatori, assimilabili alla logica – fatta propria dal processo civile e da quello amministrativo – del “più probabile che non”, rispetto a cui il giudizio può essere integrato da dati di comune esperienza» (cfr. per tutte CFA, Sez. Unite, n. 14/2023-2024). Sulla scorta delle considerazioni che precedono, il reclamo va quindi accolto con riforma della decisione impugnata e irrogazione al sig. Niccolò Marini della sanzione minima prevista dall’art. 28, comma 2, CGS a carico dei calciatori che si rendono effettivamente colpevoli di comportamenti razzistici o discriminatori.
Decisione C.F.A. – Sezione I : Decisione pubblicata sul CU n. 0075/CFA del 27 Dicembre 2024 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Veneto, pubblicata con il Comunicato Ufficiale n. 49 del 20 novembre 2024
Impugnazione – istanza: P.G.S. Concordia-Sig.ra C.L. -PFI
Massima: Accolto il reclamo della Procura Federale avverso la decisione del TFT che aveva prosciolto la calciatrice dalla violazione dell’art. 4, comma 1, e dell’art. 28, comma 1, del Codice di giustizia sportiva per avere la stessa, negli ultimi minuti del terzo tempo regolamentare della gara proferito all’indirizzo della calciatrice avversaria la seguente testuale espressione: “stai zitta negra di merda” perché “le dichiarazioni della persona offesa, non completamente sovrapponibili a quelle dell’unica presunta teste diretta, sig.ra …., non permettono di affermare con ragionevole certezza la responsabilità della calciatrice sig.ra …, che si è sempre dichiarata estranea ai fatti, considerato inoltre che tutte le altre prove richiamate dalla Procura federale sono al più relative a dichiarazioni de relato, compresa quella del Direttore di gara” e per l’effetto inflitta alla calciatrice la squalifica di 10 giornate effettive di gara ed alla società, l’ammenda di € 1.000,00 a titolo di responsabilità oggettiva…Il Collegio, ai fini del decidere – in via preliminare - ritiene opportuno richiamare i criteri ai quali intende attenersi per dichiarare la responsabilità del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva, e in particolare enunciare lo standard probatorio elaborato dalla giurisprudenza di questa Corte federale d’appello secondo cui – com’è noto - il valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare si deve attestare a un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (come invece è previsto nel processo penale), nel senso che è necessario e sufficiente acquisire - sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti - una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (tra le più recenti CFA, SS.UU. n. 2/2023-2024; Sez. I, n. 24/2022-203; Sez. IV, n. 18/2022-2023; CFA, Sez. I, n. 87/2021-2022; CFA, Sez. I, n. 81/2021-2022; CFA, sez. I, n. 76/2021- 2022; CFA, Sez. III, n. 68/2021-2022; CFA, SS.UU., n. 35/2021-2022; dettagliatamente, CFA, SS. UU., n. 105/2020-2021 e CFA, Sez. I, n. 87/2023-2024). Applicando questi criteri di giudizio, il Collegio ritiene che il complesso di elementi fattuali e logici che integrano il quadro probatorio acquisito in atti, deponga contro il giudizio assolutorio della calciatrice … così come motivato dal giudice di prime cure. Innanzitutto, le dichiarazioni della calciatrice destinataria dell’episodio oggetto di accertamento, come sostiene la Procura, danno conto con chiarezza e dovizia di particolari dell’espressione a sfondo razziale pronunciata al suo indirizzo, nonché dell’autrice del gesto e delle circostanze di tempo e di luogo in cui l’evento si è verificato. Inoltre, la ricostruzione dell’episodio ha trovato puntuale riscontro nelle dichiarazioni della calciatrice ….., all’epoca dei fatti tesserata per la società A.S.D. Pro Venezia che, in sede di propria audizione da parte della Procura federale dell’11.7.2024, ha confermato “di aver udito personalmente la frase proferita dalla calciatrice avversaria sig.ra …. all’indirizzo della propria compagna di squadra, in quanto si trovava nelle immediate vicinanze della stessa e, al termine della partita, di aver riferito quanto accaduto all’arbitro””. Le dichiarazioni rese dalle due calciatrici, pertanto, sono univoche e perfettamente sovrapponibili sia in ordine all’individuazione temporale del momento nel quale si è verificato l’episodio oggetto di accertamento (“verso la fine della gara”), precisamente negli ultimi minuti del secondo tempo regolamentare della gara Pro Venezia – Concordia del 26.5.2024, sia circa l’identità di colei che ha pronunciato l’espressione disciplinarmente rilevante, identificata nella calciatrice n. 17 schierata nelle fila della squadra ospite. Non solo, ma ci sono ulteriori testimonianze de relato che sono state acquisite in atti dalla Procura e che, quantunque non riportino precisamente il tenore dell’ingiuria, appaiono attendibili, soprattutto perché provengono anche dai dirigenti della squadra della calciatrice offesa che, proprio per aver reagito in maniera aggressiva e verbalmente violenta, sono stati sanzionati dagli organi sportivi. I disordini che si sono verificati a fine partita sono infatti presumibilmente ricollegabili al pessimo episodio di gara denunciato dalla calciatrice offesa e non è logicamente pensabile che quest’ultima potesse artatamente simulare, nel contesto di un battibecco intervenuto per un banale episodio di gioco, di essere vittima di una grave offesa a sfondo razziale e di aver reagito prontamente, unicamente per un fine emulativo preordinato. Anche la circostanza che l’arbitro non abbia registrato l’episodio segnalatole da una calciatrice, appare ininfluente, sia perché se l’arbitro fosse stato presente avrebbe certamente rilevato e sanzionato la calciatrice responsabile della grave offesa a sfondo razziale, sia perché è intuibile che questo genere di comportamenti per quanto istintivi non si realizzano in circostanza facilmente rilevabili. In ogni caso - com’è noto - secondo la giurisprudenza di questa Corte federale d’appello (ex multis, da ultimo, CFA, Sez. I, n. 61/2024-2025) il rapporto del direttore di gara, pur facendo “piena prova” di quanto si attesta essere avvenuto, non può assurgere a prova legale anche del quod non, cosicché il solo fatto che un evento non sia documentato nella relazione dell’arbitro o negli altri atti provenienti dai suoi collaboratori non implica di necessità che l’evento non si sia verificato e che la sua prova non possa essere desunta aliunde, in particolare dagli atti di indagine della Procura federale. E d’altra parte la decisione assolutoria emessa in prime cure non ha esaminato la vicenda sportiva sotto tutti i profili, sia di carattere accusatorio che di carattere defensoriale qui trattati, ma piuttosto nella forma essenziale e anodina rappresentata da un unico argomento logico fattuale, vale a dire quello della non completa sovrapponibilità delle due principali dichiarazioni accusatorie e da un mero e generico cenno alla dubbia valenza delle dichiarazioni rese de relato. Sotto tale profilo occorre sottolineare nuovamente (CFA, SS.UU., n. 16/2024-2025) che la decisione del giudice sportivo deve essere motivata ai sensi dell’art. 44, comma 3, del Codice di giustizia sportiva, dell’art. 2, comma 4, del CGS CONI e, in via generale dell’art. 111 della Costituzione. L’indispensabilità della motivazione è stata ribadita dalle Sezioni Unite del Collegio di garanzia dello sport (Sezioni Unite, n. 17/2019) che hanno evidenziato che tale obbligo – sancito dalla Costituzione all’art. 111 e riconosciuto altresì a livello sovranazionale, dovendosi ritenere ricompreso nei principi enunciati dall’art. 6 CEDU – deriva dalla funzione che la motivazione tipicamente svolge nel processo, quale strumento di controllo della decisione nelle fasi di impugnazione a garanzia del diritto di difesa delle parti, nonché́ quale strumento che consente al giudice dell’impugnazione di sindacare compiutamente il provvedimento giurisdizionale oggetto di gravame. L’obbligo di motivazione ha quindi funzione di garanzia e di trasparenza della giustizia sportiva dinanzi ai cittadini, siano essi tesserati, affiliati ovvero istituzioni; in tal senso la motivazione dei provvedimenti giurisdizionali è espressione della coerenza dell’ordinamento della giustizia sportiva con i principi generali dello Stato di diritto. E la decisione gravata deroga vistosamente a tali principi, compendiandosi in due brevi periodi di motivazione radicalmente inidonei a svolgere le funzioni sopra dette. Il Collegio ritiene in conclusione, che in forza di tutti gli elementi sopra evidenziati, il quadro accusatorio nei confronti della calciatrice … sia concreto, attendibile e univoco per stabilire che nella specie sussistono tutti i presupposti per riformare la decisione appellata e per l’applicazione alla suddetta calciatrice delle conseguenti sanzioni.