Decisione C.F.A. – Sezione I: Decisione pubblicata sul CU n. 0056/CFA del 4 Dicembre 2025 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Deferiva dinanzi al Tribunale federale territoriale presso il Comitato Regionale Abruzzo il Sig. M.A. e la A.S.D. Val Di Sangro

Impugnazione – istanza: Sig. A.M.

Massima: Confermata la decisione del TFT che ha sanzionato il dirigente con l’inibizione per anni 2  per la violazione dell’art. 4, comma 1, e dell’art. 39, comma 3, del Codice di Giustizia Sportiva per avere lo stesso il giorno 1.2.2025, nel corso della gara in occasione della quale ha svolto il ruolo ed i compiti di assistente di parte, rivolto all’indirizzo dei calciatori della squadra avversaria espressioni minacciose quali: “Vedete dopo cosa vi faccio … due schiaffi non ve li leva nessuno”, “Bambini di merda … vi aspetto fuori” e “Vi spacco pezzi di merda”; nonché per avere lo stesso, al termine della stessa gara, posto in essere le seguenti condotte: (i) aggredito da tergo il calciatore con la maglia n. 4 della squadra dell’A.S.D. Cepagatti, sig. A.C., facendolo cadere al suolo e colpendolo per due volte in viso con la bandierina da assistente; il tutto con violenza tale da procurargli un trauma cranico non commotivo, la frattura del setto nasale e verosimili fratture delle pareti mediali dei seni mascellari; (ii) colpito con uno schiaffo al volto il calciatore con la maglia n. 6 della squadra della A.S.D. Cepagatti, sig. …, procurandogli una contusione al viso;

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0051/CFA del 24 Novembre 2025 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Lazio, pubblicata con il Comunicato Ufficiale n. 92 del 3.10.2025 e notificata il 6.10.2025

Impugnazione – istanza: OMISSIS

Massima: Accolto il reclamo della Procura Federale e previo annullamento dell’ordinanza di sospensione del procedimento emessa dal TFT, inflitta la squalifica di anni 1 ai calciatori per la violazione degli artt. 4, comma 1 e 28, comma 1, del Codice di giustizia sportiva per avere lo stesso, in occasione della gara alla quale hanno assistito tra il pubblico, rivolto le seguenti espressioni nei confronti del calciatore tesserato per la società Tolfa calcio: “negro di mera…..zingaro…puzzi di cipolla…vai a fare il kebab…sporco negro…tornatene in Egitto…kebabbaro di merda…”; nonché la squalifica per 4 giornate di gara al calciatore  per la violazione degli artt. 4 e 38 del Codice di giustizia sportiva per avere lo stesso, in occasione della gara partecipato ad una rissa scambiando pugni con il calciatore avversario, nonché  l’ammenda di € 1.000,00 e l’obbligo di disputare una gara ufficiale a porte chiuse alla società a titolo di responsabilità oggettiva… Quanto alla misura della sanzione, tenuto conto della gravità dei fatti, della loro reiterazione, della intensità dell’elemento soggettivo e della assenza di circostanze attenuanti, si ritiene congruo irrogare, in relazione al disposto di cui all’art. 28, comma 2, CGS, ai sigg.ri … la squalifica per la durata di un anno; al calciatore sig. …. in relazione al disposto di cui all’art. 38 CGS, la squalifica per quattro giornate di gara; alla società Tarquinia calcio a titolo di responsabilità oggettiva, in relazione al disposto di cui all’art. 8, comma 1, lett. b) ed e) del CGS, la sanzione di € 1.000,00 di ammenda  e l’obbligo di disputare una gara ufficiale a porte chiuse.

Decisione C.F.A. – Sezione I : Decisione pubblicata sul CU n. 0045/CFA del 11 Novembre 2025 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Marche, pubblicata con il Comunicato Ufficiale n. 52 TFT del 06/10/2025 e comunicata alla Procura Federale in data 07/10/2025

Impugnazione – istanza: PFI - Sig. T.F.

Massima: Accolto il reclamo della Procura Federale avverso la decisione del TFT che aveva sanzionato il calciatore minore con la squalifica fino al 05 novembre 2025 e per l’effetto irrogata la squalifica fino al 24 novembre 2025 per aver durante il secondo tempo della gara del campionato Under 17 provinciali, a seguito di un contrasto di gioco, colpito con due violente testate in corrispondenza del volto il calciatore della squadra avversaria che riportava la rottura delle ossa del naso, con conseguente fuoriuscita di sostanza ematica….Al riguardo occorre sottolineare come il livello probatorio minimo necessario per addivenire all’affermazione di responsabilità deve essere superiore alla semplice valutazione di probabilità ma inferiore alla esclusione di ogni ragionevole dubbio, alla luce del principio di diritto consolidato negli orientamenti giurisprudenziali endofederali (CFA, SS. UU., n. 105/2020-2021; CFA, SS.UU., n. 35/2021-2022;CFA, Sez. III, n. 68/2021- 2022; CFA, Sez. I, n.76/2021-2022; CFA, SS. UU., n. 2/2023-2024; CFA, SS. UU., n. 14/2023-2024; CFA, SS. UU., n. 15/2023-2024; CFA, SS. UU., n. 34/2024-2025; CFA, Sez. I, n. 2/2025-2026; CFA, SS. UU., n. 7/2025-2026) ed esofederali (Collegio di Garanzia del C.O.N.I., SS.UU., n. 13/2016) secondo cui “se non c’è dubbio che il principio del giusto processo, di cui all’art. 111 della Costituzione, accomuna il processo sportivo al processo penale (v. art. 44 CGS), tuttavia v’è una differenza quanto al grado della prova che deve essere raggiunta per l’applicazione del provvedimento sanzionatorio. Le affinità tra il giudizio disciplinare sportivo e quello penale non possono spingersi fino a costruire un meccanismo probatorio così rigoroso, nel primo caso, da dover concludere, nel dubbio, in favore del reo, ovverosia del soggetto nei cui confronti è richiesta l’applicazione di misure di carattere disciplinare. La diversa connotazione dell’ordinamento sportivo consente margini più ampi alla valutazione dei mezzi di prova e al libero convincimento del giudice, nei limiti, per quest’ultimo, della coerenza e ragionevolezza argomentative e dell’adeguata aderenza ai fatti. Se ne desume che possono essere fatti valere, nel processo sportivo, elementi specifici a fini probatori, assimilabili alla logica – fatta propria dal processo civile e da quello amministrativo – del “più probabile che non”, rispetto a cui il giudizio può essere integrato da dati di comune esperienza. Il valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare sportivo si attesta ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio o alla certezza assoluta della commissione dell’illecito. Tale grado di preponderante certezza (sia pure inferiore rispetto allo standard dell’ambito penale) deve essere pur sempre conseguito sulla base di indizi gravi precisi e concordanti, cioè tali da condurre ad un ragionevole affidamento in ordine alla sussistenza della violazione contestata, e cioè corrispondenti a dati di fatto certi e pertanto non consistenti in mere ipotesi, congetture o giudizi di verosimiglianza.”. Tale livello probatorio deve ritenersi, in effetti, pacificamente raggiunto nel caso in esame alla luce di una pluralità di elementi indiziari e probatori che, in ragione dell’univocità del loro contenuto, consentono di ritenere inequivocabilmente dimostrato lo svolgimento dei fatti così come descritto nell’atto di incolpazione e la conseguente responsabilità del minore …In particolare, seppur con motivazione alquanto succinta, il Tribunale federale territoriale è pervenuto all’affermazione di responsabilità sulla scorta di una pluralità di elementi di prova e di indizi univoci, gravi e concordanti desumibili dagli atti di indagine della Procura federale ed espressamente indicati. Si allude, oltre alle dichiarazioni dello stesso P.Q., a quelle del Presidente dell’A.S.D. La Giovane Offagna sig. … nonché a quelle del minore deferito …(che assumono pieno valore confessorio, avendo lo stesso sostanzialmente ammesso di avere colpito l’avversario), ma soprattutto al filmato della gara somministrato in atti e messo a disposizione dallo stesso sig. … dalla visione del quale si evince inequivocabilmente lo svolgimento dei fatti come descritto nell’atto di incolpazione e riferito nelle dichiarazioni testimoniali.

Massima: sul piano della gravità dei fatti, principale parametro di modulazione della misura delle sanzioni (CFA, Sez. I, n. 7/20222023; CFA, Sez. I, n. 117/2022-2023), la condotta accertata a carico del minore Fiatti risulta già di per sé connotata da un assoluto livello di offensività nonché da un elevato grado di disvalore, essendo consistita in un’aggressione fisica nei riguardi di un avversario, peraltro reiterata atteso che la testata è stata inferta per ben due volte. Tale condotta violenta ha peraltro provocato all’avversario la rottura del setto nasale, come si evince dalla documentazione medica somministrata in atti, a riprova della violenta entità delle testate inferte dall’incolpato. Si configura pertanto una condotta violenta qualificabile “di particolare gravità”, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 38 del Codice di giustizia sportiva, che implica la squalifica per cinque giornate o a tempo determinato. Ciò premesso, non possono non rilevare, ai fini della determinazione della sanzione, i motivi all’origine dell’aggressione e le conseguenze che ne sono derivate. Sotto il primo profilo, si sottolinea come l’aggressione è conseguita ad un semplice contrasto di gioco a seguito del quale il minore …, per sua stessa ammissione, ha aggredito l’avversario siccome frustrato per avere perso il possesso del pallone e perché la sua squadra stava perdendo ma soprattutto per “punirlo” per il suo comportamento a suo dire provocatorio. L’incolpato ha quindi agito per motivi futili e abietti siccome mosso da un impulso interiore ingiustificato e ingiustificabile alla luce della “coscienza collettiva” e privo di qualsiasi collegamento logico con la (sproporzionata) condotta in cui si è tradotto (Cass. pen., 14 maggio 2010, n. 35606) nonché da uno scopo ritorsivo nei riguardi dell’avversario, “reo” soltanto di avergli sottratti il possesso palla con un intervento di gioco deciso ma corretto; pertanto risulta applicabile nei suoi confronti la circostanza aggravante di cui all’art. 14, comma 1, lettera d), del Codice di giustizia sportiva Sotto il secondo profilo, legato alle conseguenze dell’aggressione, assume rilievo aggravante la circostanza che l’avversario abbia riportato lesioni di entità tale da determinare la persistenza di un’eventuale invalidità permanente. L’avere procurato lesioni ad un avversario costituisce infatti un’autonoma aggravante atipica, tanto più quando lo stesso deve essere sostituito, privando così la sua squadra del suo potenziale atletico e del suo contributo (CGF, 20 gennaio 2010, n. 135). Al riguardo è opportuno sottolineare che il minore aggredito, sanguinante e non più in condizione di proseguire la partita, è stato sostituito dal proprio allenatore privando così la squadra del suo apporto. Ferma la necessità di procedere all’applicazione delle circostanze aggravanti appena passate in rassegna, rimane da valutare la possibile sussistenza di eventuali circostanze attenuanti e la loro incidenza in termini di bilanciamento rispetto alle prime. Nessun rilievo, al riguardo, assume - come correttamente rileva la Procura reclamante - la giovane età dell’incolpato, che non può valere quale circostanza attenuante atipica ex art. 13, comma 2, Codice di giustizia sportiva ma, al contrario, potrebbe assumere addirittura una valenza aggravante rappresentando un “disvalore aggiunto” per la implicita negazione dei canoni di lealtà e correttezza sportiva che vi è connessa (CGF, Sez. IV, n. 213/2010-2011). Depongono in tal senso i consolidati orientamenti tanto della giurisprudenza esofederale, secondo cui “la giovane età dei calciatori coinvolti in episodi disciplinarmente rilevanti non è suscettibile di essere apprezzata quale attenuante atipica” (cfr. Collegio di garanzia dello sport CONI, Sez. IV, n. 35/2019), e “in tema di riconoscimento delle circostanze attenuanti, non è applicabile un’attenuazione della sanzione in ragione della giovane età dell’atleta, laddove la condotta lesiva assuma carattere di particolare aggressività e violenza, in quanto una eventuale riduzione della sanzione sarebbe in contrasto con lo spirito della corretta educazione sportiva” (Collegio di Garanzia dello Sport CONI, Sez. II, n. 47/2022), quanto di quella endofederale, riguardo alla quale è sufficiente richiamare una recente pronuncia delle Sezioni Unite di questo Collegio (CFA, SS. UU., n. 121/2024-2025), ove si ribadisce il consolidato indirizzo per cui “la giovane età dei calciatori coinvolti in episodi disciplinarmente rilevanti non è attenuante atipica in quanto la giovane età è, semmai, sintomo della necessità di una profonda riflessione sullo spirito e sui valori che debbono permeare, sempre e comunque, l’attività sportiva e rappresenta, con la sua implicita negazione dei canoni di lealtà e correttezza, un disvalore aggiunto. La pena concretamente inflitta ai giovani calciatori –che deve peraltro rispondere sempre a criteri di ragionevolezza e proporzionalità– svolge una funzione “educatrice”, in quanto essi si affacciano al mondo professionistico e nei loro confronti deve essere inculcato fin dall’inizio il senso del rispetto delle regole sportive di comportamento, secondo principi di lealtà, rispetto e correttezza. Diversamente opinando verrebbe meno non solo la funzione rieducativa della sanzione, ma anche quella di prevenzione speciale e generale, particolarmente rilevante nell’ambito sportivo per i valori di probità, lealtà ed onestà cui esso è improntato e che la pratica sportiva in linea generale deve aiutare a perseguire e conseguire. Se è certamente vero che la giovane età dei colpevoli deve spingere a sottolineare, per quanto possibile, il ruolo educativo della sanzione, detto elemento da solo - e in assenza di qualunque altra motivazione che possa attenuare la gravità dei fatti - non può portare ad un risultato che determini un effetto sostanzialmente contrario al rispetto delle regole o, peggio, ad una sensazione di sostanziale impunità del colpevole” (precedenti conformi, in tal senso, CGF, Sez. II, n. 105/2010-2011; CGF, sez. I, n. 123/2012-2013; CFA. Sez. I, 35/2022-2023; CFA, SS. UU., n. 77/2022-2023; CFA, Sez. I, n. 117/2022-2023; CFA, Sez. I, n. 59/2023-2024; CFA, Sez. I, n. 15/2024-2025; CFA, Sez. I, n. 57/2024-2025 e, di recente, CFA, Sez. I, n. 15/2025-2026). Occorre semmai valutare il rilievo dell’asserita ammissione della propria responsabilità da parte del minore incolpato. Al riguardo, appare del tutto inconferente il riferimento della parte reclamante ad un’asserita violazione e/o falsa applicazione dell’art. 128 del Codice di giustizia sportiva, atteso che non vi è alcun richiamo all’applicazione di tale disposizione nella pronuncia impugnata né alcuna proposta in tal senso da parte della stessa Procura federale. Il riferimento ad un’asserita ammissione di responsabilità da parte dell’incolpato ad opera del Giudice di prime cure, assume quindi piuttosto rilievo ai fini della configurazione della circostanza attenuante tipica di cui all’art. 13, comma 1, lettera e), del Codice di giustizia sportiva. Si tratta di una circostanza attenuante autonoma e distinta rispetto a quella della prestata collaborazione (peraltro del tutto irrilevante nel caso di specie) dalla quale è separata dalla disgiunzione “o”. Sotto questo profilo, purtuttavia, le dichiarazioni sostanzialmente confessorie del minore incolpato in sede di audizione valgono solo in minima parte a configurare l’attenuante in parola riducendone comunque in larga misura l’efficacia. L’asserita ammissione di responsabilità si è infatti limitata all’elemento materiale dell’illecito disciplinare, al riconoscimento della sua effettiva commissione, cui non si è però accompagnata un’analoga ammissione di responsabilità in ordine all’elemento soggettivo dello stesso. Il … infatti, da un lato, ha cercato di addurre delle implausibili giustificazioni a sostegno della propria condotta violenta, quali la frustrazione per il risultato della partita, la risposta a non meglio precisate provocazioni dell’avversario e la volontà di punirlo per il suo comportamento, che in realtà evidenziano la gravità delle motivazioni poste alla base dell’aggressione; dall’altro, non ha manifestato la benché minima resipiscenza neppure in considerazione delle gravi lesioni riportate dall’avversario, limitandosi ad affermare che non avrebbe voluto provocare conseguenze lesive e mostrando in tal modo di non essere neppure in grado di prefigurarsi e percepire con un sufficiente grado di maturità e consapevolezza le conseguenze della propria condotta violenta (ben due testate al volto). Lo stesso incolpato ha peraltro ammesso di non avere successivamente contattato l’avversario per sincerarsi delle sue condizioni di salute e per porgergli le scuse. Peraltro, la già di per sé ridotta portata attenuante di tale parziale ammissione di responsabilità risulta ancor più depotenziata dalla circostanza che lo svolgimento dei fatti, a prescindere dalle dichiarazioni confessorie del ….risultava già ampiamente ed inequivocabilmente comprovato da una molteplicità di ulteriori elementi probatori, tra i quali, in primis, addirittura un filmato video. Fermo tutto quanto sopra, la particolare gravità della condotta violenta tenuta dall’incolpato e la ricorrenza di plurime circostanze aggravanti (motivi futili e abietti; provocazione di lesioni e conseguente sostituzione dell’avversario; maggiore disvalore della condotta a causa della minore età), prevalenti sulla sola circostanza attenuante dell’ammissione di responsabilità, peraltro solo parziale, sono di per sé sufficienti ad evidenziare la sproporzione per difetto e la ridotta dissuasività della sanzione inflitta a suo carico dal Giudice di prime cure (sostanzialmente nella misura edittale minima) e la necessità di procedere alla sua rideterminazione, sub specie di accrescimento. Purtuttavia, non può ricevere accoglimento la richiesta della Procura reclamante di rideterminazione della sanzione nella misura di dieci giornate effettive da scontarsi in gare ufficiali, sostanzialmente corrispondente al doppio della misura edittale prevista dall’art. 38 del Codice di giustizia sportiva. Militano in tal senso ragioni equitative, strettamente connesse al carattere di proporzionalità della sanzione stessa e alla funzione rieducativa che deve assolvere. Occorre al riguardo osservare come questa Corte, in sede di rideterminazione della misura della sanzione, è chiamata a svolgere anche la difficile funzione di giudice di equità (CFA, SS. UU., n. 63/2022-2023, CFA, Sez. I, n. 120/2023-2024; CFA, Sez. I, n. 61/2024-2025). Ebbene sotto questo profilo la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale (ex pluribus, di recente, C. cost., 13 maggio 2024, n. 86; C. cost., 22 maggio 2024, n. 91) rileva come il trattamento sanzionatorio concretamente irrogato, in ossequio ai canoni di necessaria individualizzazione e personalizzazione costituzionalmente imposti, debba non solo risultare proporzionato, secondo un criterio di ragionevolezza, alla “concreta gravità, oggettiva e soggettiva, del singolo fatto di reato”, ma anche essere percepito come tale dal suo destinatario. Sotto quest’ultimo profilo, la minore età dell’incolpato con il ridotto grado di maturità che vi si accompagna, nonché la parziale ammissione di responsabilità, pur non potendo valere - come detto - ad attenuare la misura della sanzione, debbono essere però tenute in considerazione - quantomeno sul piano equitativo - al fine della sua determinazione concreta. Si ritiene pertanto che un aumento della misura della sanzione da parte di questa Corte rispetto a quella irrogata dal Giudice di prime cure risulti già di per sé proporzionata alla gravità del fatto contestato e sufficiente ad assicurare la sua funzione rieducativa. Viceversa, la sua rideterminazione nella misura massima rischierebbe di essere percepita dall’incolpato come sproporzionata ed “ingiusta” e di precludergli l’avvio di un adeguato processo di riflessione e resipiscenza e risulterebbe in tal modo alla fine inidonea ad assolvere la funzione rieducativa cui è costituzionalmente orientata. Si ritiene pertanto di rideterminare la sanzione nella misura media tra quella minima edittale inflitta dal Giudice di prime cure (fino al 5 novembre 2025, sostanzialmente corrispondente a cinque giornate di squalifica) e quella massima di dieci giornate richiesta dalla Procura reclamante (corrispondente al doppio di quella edittale) e quindi fino al 24 novembre 2025.

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite  : Decisione pubblicata sul CU n. 0035/CFA del 22 Ottobre 2025 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Lazio pubblicata sul comunicato ufficiale n. 53 del 12 settembre 2025 e comunicata in data 15 settembre 2025

Impugnazione – istanza: –  PFI / A.S.D. Città di Ostia et alios

Massima: Accolto il reclamo della procura federale e per l’effetto riformata la decisione di proscioglimento di primo grado ed inflitte le sanzioni ai deferiti che a vario titolo hanno manifestato solidarietà al calciatore della propria squadra arrestato e sottoposto a custodia cautelare in carcere per spaccio di stupefacenti, indossando magliette ed esponendo uno striscione di incoraggiamento..In termini generali, conviene rammentare che, per costante giurisprudenza, la specialità dell’ordinamento sportivo e il suo radicamento diretto in criteri di natura valoriale, espressi chiaramente dall’art. 4, comma 2, C.G.S., legittimano il ricorso al prudente apprezzamento degli organi di giustizia sportiva per l’individuazione delle singole fattispecie illecite riconducibili nell’ambito di applicazione della norma generale (per tutte: Corte fed. app., SS. UU., n. 12/2021-2022; Corte fed. app., Sez. I, n. 8/2022-2023; Corte fed. app., SS.UU., n. 92/2024-2025). Tanto premesso, ritiene il Collegio che contrasti i principi e i valori dello sport e, quindi, costituisca illecito disciplinare ai sensi dell’art. 4, comma 1, C.G.S., la condotta dei tesserati che, in occasione di gare ufficiali, con modalità non equivoche esprimano pubblicamente (sia rivolgendosi al pubblico dello stadio, sia attraverso i social media) sostegno ad altro tesserato della medesima società raggiunto, per gravi reati in materia di stupefacenti, da una misura penale cautelare limitativa della libertà personale. E ciò, quando, in relazione alle modalità e al contesto dell’azione, appaia evidente - come nel caso di specie - trattarsi non di una semplice manifestazione di solidarietà umana e sportiva, ma di una rappresentazione identitaria di natura simbolica, volta a esprimere dissenso e contrasto nei confronti dell’operato della Magistratura e delle Forze di polizia. Questa conclusione, peraltro, si pone nel solco di un indirizzo consolidato di questa Corte federale d’appello, alla quale il Collegio reputa doveroso dare continuità. In particolare, in una vicenda molto vicina a quella ora in questione, la Corte ha ritenuto costituire illecito disciplinare, per plateale violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità cui i tesserati sono tenuti ai sensi dell’art. 4, comma 2, C.G.S., il comportamento dei calciatori che, <<recandosi a fine partita presso la curva nord occupata dagli ultras che esponevano lo striscione “diffidati nessuna resa” e partecipando, più o meno attivamente e con le braccia alzate, al coro “onoriamo i diffidati”, accompagnato dal battito delle mani, hanno approvato consapevolmente e manifestamente il comportamento di soggetti diffidati dall’Autorità Pubblica e così preso posizione contro quest’ultima>> (Corte fed. app., Sez. I, n. 93/2019-2020). In tale quadro, appaiono del tutto irrilevanti le questioni della presunzione di innocenza e della sorte del provvedimento restrittivo e del conseguente giudizio, che invece il Tribunale federale territoriale ha ritenuto, ma a torto, di poter valorizzare.

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0030/CFA del 6 Ottobre 2025 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Riforma della decisione n. 2 del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale delle Marche, pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 10 del 25 luglio 2025

Impugnazione – istanza: –  PFI-S.S.D. Grottammare C. 1899 A.R.L. e altri

Massima: Accolto l’appello della procura federale e per l’effetto inflitta la squalifica di 10 giornate (originariamente 7) da scontarsi in gare ufficiali al calciatore…per la violazione dell’art. 4, comma 1, e dell’art. 28, comma 1, del Codice di giustizia sportiva per avere, al termine della gara valevole per il campionato Allievi provinciali, dopo aver imitato il verso della scimmia “hu hu”, proferito all’indirizzo del calciatore avversario sig. O.O.M., schierato nelle fila della squadra della società ospite con la maglia numero 8, la seguente testuale espressione: “questo è il richiamo della Jungla”.. L’art. 28 CGS, rubricato “Comportamenti discriminatori”, dopo aver stabilito al primo comma che “Costituisce comportamento discriminatorio ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporta offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine anche etnica, condizione personale o sociale ovvero configura propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori”, al successivo comma 2 prevede che “il calciatore che commette una violazione di cui al comma 1 è punito con la squalifica per almeno dieci giornate di gara o, nei casi più gravi, con una squalifica a tempo determinato e con la sanzione prevista dall’art. 9, comma 1, lettera g) nonché, per il settore professionistico, con l’ammenda da euro 10.000,00 ad euro 20.000,00”. Se è vero che l’art. 13 CGS, disciplinando le circostanze attenuanti, pur non prevedendo tra quelle tipiche (comma 1) la minore età dell’incolpato, consente tuttavia (comma 2) che “Gli organi di giustizia sportiva possono prendere in considerazione, con adeguata motivazione, ulteriori circostanze che ritengono idonee a giustificare una diminuzione della sanzione”, non vi è ragione per discostarsi dal consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui la minore età non è una circostanza attenuante atipica, costituendo semmai sintomo della necessità di una profonda riflessione sullo spirito e sui valori cui deve essere improntata sempre l’attività sportiva, rappresentando pertanto, con la sua implicita negazione dei canoni di lealtà e correttezza, un vero e proprio disvalore aggiunto. E’ stato anche sottolineato che, in tal senso, la pena irrogata ai giovani calciatori, per quanto debba pur sempre rispondere a criteri di ragionevolezza e proporzionalità, svolge anche una funzione educatrice al rispetto delle regole sportive di comportamento, secondo principi di lealtà, rispetto e correttezza (ex multis, CFA, Sez. I, n. 59/2023–2024; CFA, Sez. I, n. 15/2024-2025; CFA, Sez. I, 57/2024-2025; CFA, SS.UU., 15/2025-2026). 5.1.2. La gravità del fatto addebitato a … esclude – ad avviso di queste Sezioni Unite – che possa tenersi conto della giovane età, non potendo sottacersi che il giudice territoriale non ha neppure fornito ragionevole motivazione circa l’opportunità di tener conto dell’età dell’incolpato. A tanto consegue l’accoglimento del motivo in esame e la riforma in parte qua della decisione reclamata e l’irrogazione al predetto calciatore, sig. … della sanzione sportive di 10 (dieci) giornate di squalifica, così come richiesto dalla Procura federale, trattandosi, nel caso di specie, di una sanzione congrua e proporzionata alla gravità del fatto e comunque coerente con la previsione del ricordato art. 28 CGS.

Massima: Accolto l’appello della procura federale e per l’effetto inflitta la squalifica di 10 giornate (originariamente prosciolto) da scontarsi in gare ufficiali al calciatore per la violazione dell’art. 4, comma 1, e dell’art. 28, comma 1, del Codice di giustizia sportiva per avere in data 3 novembre 2024, in occasione di un contrasto di gioco avvenuto nel corso del secondo tempo della gara valevole per il campionato Allievi provinciali, proferito all’indirizzo del calciatore avversario sig. O.O.M., schierato nelle fila della squadra della società ospite con la maglia numero 8, la seguente testuale espressione: “scimmia”. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte il rapporto del direttore di gara, pur facendo “piena prova” di quanto si attesta essere avvenuto, non può assurgere a prova legale anche del quod non, cosicché il solo fatto che un evento non sia documentato nella relazione dell’arbitro o negli altri atti provenienti dai suoi collaboratori non implica di necessità che l’evento non si sia verificato e che la sua prova non possa essere desunta aliunde, in particolare dagli atti di indagine della Procura federale ( ex multis: CFA, Sez. I, n. 61/2024-2025). D’altro canto le dichiarazioni testimoniali, assunte nel corso del giudizio di primo grado dei signori … e …, rispettivamente allenatore e dirigente accompagnatore nonché assistente di parte della società Grottammare (C. U17), a prescindere da ogni altra considerazione, non escludono affatto che l’episodio si sia verificato, limitandosi a una dichiarazione negativa di non aver udito le parole proferite dal calciatore della loro squadra, di non aver ricevuto notizie sul fatto contestato da altri componenti della squadra e che nulla era stato refertato dall’arbitro. Peraltro, non è dato comprendere quale sia stata la posizione nel campo di gioco dei predetti testi rispetto al luogo in cui si è verificato il contrasto falloso che ha scatenato l’episodio contestato, posizione che, se fosse stata vicina al contrasto falloso, avrebbe potuto escludere che l’epiteto razzista fosse stato effettivamente pronunciato. Non vi è pertanto ragione di dubitare dell’effettività della commissione del fatto, secondo la dichiarazione resa dalla stessa persona offesa che, come si è avuto modo di evidenziare, può dirsi sostanzialmente confermata dalle dichiarazioni del direttore di gara e non risulta affatto smentita dalle dichiarazioni dei testi assunti nel giudizio di primo grado. Giova aggiungere che, secondo un consolidato e convincente indirizzo giurisprudenziale di questa Corte federale d’appello, il fatto contestato ben può essere ritenuto provato anche se il quadro probatorio sia formato dalle sole dichiarazioni della persona offesa, purché sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità di riscontri esterni, a condizione che siano positivamente verificate la credibilità soggettiva del dichiarante e l’attendibilità intrinseca del suo racconto (CFA, Sez. I, n. 99/2024-2025; CFA, Sez. I, n. 22/2024-2025), non rappresentando di per sé le dichiarazioni della persona offesa una prova minoris generis o una prova secondaria (CFA, Sez. I, n. 80/2022-2023). Nel caso di specie, alcun elemento risulta ostare alla credibilità della persona offesa.

Massima: Accolto l’appello della procura federale e per l’effetto inflitta alla società l’ammenda di € 1.000,00 (originariamente € 700,00) a titolo di responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 6, comma 2, del Codice di giustizia sportiva…Tenuto conto dei limiti edittali fissati dall’art. 28 del CGS, ma considerato il comportamento complessivamente esemplare tenuto dalla società e dai suoi tesserati nelle varie competizioni cui ha partecipato, tanto da meritare positivi apprezzamenti per i comportamenti disciplinari dei suoi atleti, appare equa e adeguata l’ammenda di . 1.000,00.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 66/TFN - SD del 3 Ottobre 2025  (motivazioni)

Impugnazione –  Istanza: 610 ione n. 19nislao Chimenti 610 ione n. 19nislao Chimenti 610 ione n. 19nislao Chimenti 610 ione n. 19nislao Chimenti 610 ione n. 19nislao Chimenti N.M., ASD Royal Team Lamezia - 42/TFNSD

Massima: Prosciolto il presidente dalla contestata violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, per aver consentito e, comunque, non impedito che persona non tesserata che svolgeva attività di custode del palazzetto dello sport “Alfio Sparti” di Lamezia Terme (CZ), utilizzato dalla società A.S.D. Royal Team Lamezia sia per lo svolgimento degli allenamenti che delle partite ufficiali, facesse ripetutamente ingresso al termine della gara A.S.D. Royal Team Lamezia - A.S.D. New Bisceglie Girls del 1° marzo 2025 valevole per il Campionato Nazionale Under 19 di Calcio a 5 Femminile, girone D, all’interno degli spogliatoi ancora occupati dalle tesserate della società A.S.D. New Bisceglie Girls, invitandole ad uscire rapidamente dagli spogliatoi con modi irriguardosi e comunque lesivi della loro dignità ed ambito di riservatezza, iniziando ad effettuare le pulizie dei locali mentre alcune tesserate non si erano ancora rivestite completamente, posizionando alcuni effetti personali delle stesse al di fuori degli spogliatoi senza il loro consenso e obbligando alcune tesserate a completare le operazioni di asciugatura dei capelli nell’area esterna agli spogliatoi… è del tutto evidente non solo la completa estraneità del Presidente della società A.S.D Royal Team Lamezia e della società stessa ai fatti descritti, ma anche l’assenza di ogni criterio di ascrivibilità dei dedotti illeciti alla responsabilità degli stessi deferiti.   Appare, in tal senso, decisiva la circostanza che, come emerso dagli accertamenti condotti dalla Procura, il soggetto indicato quale autore dei comportamenti descritti, identificato nel sig. …, è un dipendente di una società di pulizie contrattualizzata dalla società che gestisce il Palazzetto dello Sport, come tale non tesserato della società Royal Lamezia Team. Dell’operato di tale soggetto, dunque, non può rispondere, neanche per una presunta responsabilità di tipo omissivo, la società deferita né il Presidente di quest’ultima, mancando ogni riferimento a qualsiasi comportamento attivo od omissivo ad essi ascrivibile, non risultando e, quindi, dovendosi escludere che il sig. … avesse in precedenza tenuto comportamenti similari, tantomeno in gare della Royal Team Lamezia….Non si rinviene, in definitiva, nei fatti descritti nell’atto di deferimento, alcuna responsabilità addebitabile ai deferiti, neanche in relazione alla generale, ed invero non espressamente richiamata, responsabilità delle squadre ospitanti per quanto possa accadere nella gestione dell’impianto sportivo in cui si svolgono le gare “interne”, atteso che, nel caso di specie, detto impianto risulta esser messo a disposizione della società incolpata, dietro pagamento di un canone mensile, da una società terza della  quale è addetto – quanto alla pulizia degli spogliatoi - il soggetto che ha posto in essere le condotte contestate.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 64/TFN - SD del 2 Ottobre 2025  (motivazioni)

Impugnazione –  Istanza: 610 ione n. 19nislao Chimenti 610 ione n. 19nislao Chimenti 610 ione n. 19nislao Chimenti G.C., G.B., SSD a RL Unione Cadoneghe - 54/TFN-SD

Massima: A seguito di patteggiamento ex art. 127 CGS, mesi 2 di inibizione al responsabile del settore giovanile della società per la violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di giustizia sportiva sia in via autonoma che in relazione a quanto previsto dagli artt. 3, 4, comma 1, lett. a) e comma 2, lett. a), e 6 del Regolamento F.I.G.C. per la prevenzione e il contrasto di abusi, violenze e discriminazioni, e dall’art. 13, comma 1, lett. a) delle Linee Guida F.I.G.C. per la predisposizione, da parte delle società sportive, dei modelli organizzativi e di controllo dell’attività sportiva e dei codici di condotta a tutela dei minori e per la prevenzione delle molestie, della violenza di genere e di ogni altra condizione di discriminazione prevista dal Decreto Legislativo 11 aprile 2006 n. 198 o per ragioni di etnia, religione, convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale, di cui al C.U. n. 87/A del 31.8.2023, per avere lo stesso consentito e, comunque, non impedito che il sig. … allenatore della squadra Under 16 della società …, continuasse a svolgere la propria attività fino al termine della stagione sportiva 2024 – 2025, sebbene fosse stato informato da altri tesserati della società …e dal sig. …, responsabile Safeguarding della medesima società, che il sig. …, prima dell’inizio della gara Campodarsego – Unione Cadoneghe del 13.4.2025, valevole per il campionato U16 Regionali girone B del Comitato Regionale Veneto, aveva proferito all’indirizzo dell’intera squadra riunita all’interno dello spogliatoio le seguenti espressioni offensive, irriguardose e lesive della dignità e dell’autostima dei predetti tesserati: “Se non avete voglia di giocare e di tirare fuori le palle basta che vi mettiate a novanta e lo prendiate nel culo e siete a posto”. Mesi 2 di inibizione anche al presidente ed € 400,00 di ammenda alla società a titolo di responsabilità diretta e oggettiva, ai sensi dell’art. 6, commi 1 e 2, del Codice di giustizia sportiva

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0028/CFA del 15 Settembre 2025 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Veneto di cui al C.U.  n. 14 dell’8 agosto 2025 con la quale veniva inflitta al giocatore Sig. N.B. la sanzione di 11 giornate di squalifica per violazione dell’art. 4 comma 1 e 28 comma 1 del CGS

Impugnazione – istanza: –  Sig. N.B.

Massima: Accolto il reclamo della procura federale e per l’effetto aumentata la sanzione inflitta al calciatore da 11 a 14 giornate di gara per la violazione degli art. 4, comma 1,  e 28, comma 1, del CGS per avere lo stesso, in data 18.1.2025, nel corso del secondo tempo della gara proferito ripetutamente all’indirizzo del calciatore avversario la seguente testuale espressione “scimmia, negro”, nonché ancora per avere lo stesso, nel corso del secondo tempo della stessa gara, proferito ripetutamente all’indirizzo di altro calciatore “tu non dovresti essere neanche qua scimmia di merda”.… ritiene la Corte che nel caso in esame il Tribunale abbia valutato in modo non corretto la condotta dell’incolpato, incorrendo anche in una motivazione contraddittoria nella misura in cui, pur dando conto della gravità dell’illecito, ha mantenuto la sanzione appena sopra il minimo edittale previsto (v. pag. 4 della decisione impugnata), senza tenere in debito conto la pluralità delle condotte e delle parti offese, nonché le modalità delle condotte medesime tali da costringere uno dei giovani calciatori ad abbandonare il terreno di gioco perché esasperato dai continui insulti ricevuti ed in ultimo, l’irrogazione da parte del Questore di Padova, per l’episodio della pubblicazione del post dopo la disputa della gara, del D.A.Spo. per una durata di cinque anni, tuttora in vigore (diversamente da quanto accaduto al calciatore … nei cui confronti il provvedimento è stato revocato per carenza degli elementi di responsabilità) che ha posto in risalto le qualità negative dell’odierno incolpato. Vero è che il Tribunale, nel determinare la sanzione, si è attestato su una soglia appena superiore al minimo; ma sotto tale profilo la censura mossa dal reclamante in punto di omessa motivazione sulle ragioni di tale decisione non appare fondata, ricordandosi il principio generale da tempo affermato dalla giurisprudenza penale di legittimità e mai venuto meno, secondo il quale “Nella determinazione della pena, il giudice non ha l'obbligo di giustificare l'uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge, quando la pena stessa venga inflitta nel minimo edittale o in misura di poco superiore. In tal caso, infatti, viene a mancare la necessità di una motivazione esplicita poiché l'entità della pena in concreto irrogata lascia esplicitamente intendere in quale modo abbiano influito, nell'adempimento di essa alla gravità del fatto, i criteri fissati dall'art. 133 cod. pen” (in termini Cass. Pen. Sez. 1, 5.3.1985 n. 6375; più di recente conforme Cass. pen. Sez. 2^ 8.5.2013 n. 28852; nello stesso senso Cass. pen. Sez. 3^ 22.2.2019 n. 29968). Occorre invece una motivazione puntuale laddove la pena da irrogare superi significativamente i limiti minimi. Nel caso di specie reputa questa Corte che un aumento contenuto della sanzione rispetto a quella inflitta dal primo giudice appare senz’altro adeguato alla realtà dei fatti, anche in considerazione della giovane età dell’incolpato. L’accoglimento integrale del reclamo nei termini indicati dalla Procura federale condurrebbe, invece, ad una determinazione della sanzione per un verso irragionevole e per altro verso, non proporzionata alla gravità dei fatti che, seppur sussistente per come ritenuto dallo stesso Tribunale, non assume quei connotati di gravità estrema tali da giustificare una sanzione quasi corrispondente ad un anno sportivo. Sotto tale profilo ritiene il Collegio che la sanzione possa essere determinata in 14 giornate di squalifica da scontarsi in gare ufficiali con conseguente parziale accoglimento del reclamo per quanto di ragione.

Decisione C.F.A. – Sezione I : Decisione pubblicata sul CU n. 0027/CFA del 15 Settembre 2025 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del 0025/TFNSD-2025-2026, resa dal Tribunale Federale Nazionale – Sezione disciplinare in data 22.07.2025, pubblicata in data 01.08.2025 e relativa al deferimento n. 31321/798pf24-25/GC/SA/fm del 24.06.2025, là dove irroga «al sig. F.P., giornate 10 (dieci) di squalifica, da scontare in gare ufficiali nel campionato di competenza della corrente stagione sportiva» e «alla società Bagnolo Calcio a 5 A.S.D., euro 1.500,00 (millecinquecento/00) di ammenda» il primo per aver violato gli artt. 4, comma 1, e 28, comma 1, CGS FIGC e, la seconda, a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 6, comma 2, CGS FIGC

Impugnazione – istanza: –  Sig. F.P. - società Bagnolo Calcio a 5 A.S.D.

Massima: Confermata la decisione del TFN che ha sanzionato il calciatore con la squalifica di 10 giornate di gara  per la violazione degli artt. 4, comma 1, e 28 CGS FIGC per avere lo stesso, nel corso della gara proferito ripetutamente all’indirizzo del calciatore avversario le seguenti testuali espressioni: “negro”, “scimmia”», mentre viene ridotta nei confronti della società l’ammenda da € 1.500,00 ad € 800,00 per aver preso le distanze dall’accaduto, rilasciando all’uopo un comunicato ufficiale di ferma condanna dell’episodio. L’art. 28 CGS FIGC sancisce: «1. Costituisce comportamento discriminatorio ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporta offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine anche etnica, condizione personale o sociale ovvero configura propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori». Si tratta di un illecito che, da tempo, trova ampio e diffuso riconoscimento nel sistema italo-europeo delle fonti (ne offre un puntuale inquadramento CFA, SS.UU., n. 0115/2024-2025), ma che assume ancor più marcato disvalore nell’ambito del movimento sportivo, là dove viola apertamente uno dei principi fondamentali sanciti dall’art. 2 dello Statuto della FIGC, disposizione che, al comma 5, declina il principio di non discriminazione, del quale l’art. 28 CGS FIGC offre un’immediata ricaduta precettiva. Nel sistema della giustizia sportiva, l’esigenza di prevenire – prima ancora che reprimere – ogni condotta che possa attentare ai valori di lealtà, correttezza e probità che devono informare “ogni rapporto riferibile all’attività sportiva” (art. 4, comma 1, CGS FIGC) si traduce, sul piano probatorio, in un sistema di responsabilità disciplinare che, seppur non rimesso a meri calcoli probabilistici, è chiamato a spiegare la sua autorità sanzionatoria tutte le volte nelle quali le emergenze processuali – anche di sola natura indiziaria – siano tali da suffragare un «confortevole convincimento» della violazione (in questa direzione, CFA, SS.UU., n. 14/2023-2024; CFA, SS.UU., n. 15/2023-2024). Detto in altre parole, per dichiarare la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva, ancor più se connotata da tratti discriminatori come nel caso previsto e punito dall’art. 28 CGS FIGC, non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi bastevole la ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito, la quale ben può essere attinta dal riscontro obiettivo di indizi gravi, precisi e concordanti (CAF, n. 14/2020-2021; SS.UU., n. 19/2020-2021). In tale direzione, questo Collegio concorda con il Tribunale nazionale che i fatti contestati agli incolpati trovino oggettivo riscontro nelle risultanze istruttorie.

Decisione C.F.A. – Sezione I : Decisione pubblicata sul CU n. 0025/CFA del 9 Settembre 2025 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Toscana, n. 26 – Stagione Sportiva 2024/2025, pubblicata nel Com. Uff. n. 7 del 01.08.2025

Impugnazione – istanza: –  PFI-A.S.D. Borgo a Buggiano Calcio-U.S. A.S.D. Gallicano e altri

Massima: Accolto il reclamo della procura federale e per l’effetto le società deferite sanzionate con l’ammenda di € 200,00 ed i calciatori sanzionati con 2 giornate di squalifica, il tutto per i comportamenti integranti la violazione degli artt. 4, comma 1, e 39, comma 1, del Codice di giustizia sportiva perchè “a partire dal 29 minuto del 2 Tempo, coincidente con l’espulsione dell’allenatore del … i giocatori di entrambe le squadre hanno smesso di giocare con agonismo e si passavano semplicemente il pallone, senza attaccare e talvolta lo passavano deliberatamente ai calciatori avversari."…Si ribadisce, al riguardo, che l’ordinamento sportivo, e dunque anche l’ordinamento federale, che di esso costituisce attuazione, non può in alcun modo legittimare il comportamento di giocatori che, peraltro per un tempo considerevole, pari ad addirittura 16 minuti di gioco (quasi un quinto dell’intera durata della gara), rinuncino ad ogni forma di competizione tra loro, passandosi semplicemente il pallone, senza attaccare, addirittura passandosi deliberatamente il pallone fra i calciatori avversari. …In via di principalità, occorre osservare che, in ogni pratica sportiva agonistica, la competizione fra gli atleti partecipanti ad una gara risulta l’essenza ed il fondamento stesso della disciplina sportiva. Lo spirito competitivo, naturalmente temperato dal fair play e, dunque, dal rispetto delle regole del gioco e dalla necessità di tenere una condotta leale nei confronti degli avversari, assurge pertanto a principio fondamentale dello sport perché stimola atleti e squadre a superare i propri limiti, a ricercare il miglioramento ed a raggiungere l'eccellenza attraverso l'impegno e la disciplina. In tale prospettiva, lo spirito competitivo e il fair play costituiscono aspetti del medesimo fenomeno e sono elementi strutturali – non opzionali – dell’agire sportivo, tanto che efficacemente è stato detto che la competizione è l’anima dello sport e il fair play ne è la forma. In assenza di impegno agonistico la “gara” degrada a mero simulacro. Il dovere di evitare condotte platealmente non competitive, pur non essendo espressamente sancito dalle norme federali, deve intendersi ricompreso nell’art. 12 della UEFA Disciplinary Regulations, che impone di astenersi da qualunque condotta che possa danneggiare “l’integrità delle gare”: “All entities and persons bound by UEFA’s rules and regulations must refrain from any behaviour that damages or could damage the integrity of matches and competitions …”. E ciò analogamente a quanto previsto, in modo espresso, da altre federazioni internazionali (v. per il Tennis: 2025 Official Grand slam rule book, art. 3, lett. e) e per il Badminton: BWF Statutes, Section 2.2.4:  Code of conduct: players, art. 4.2.6.) che hanno sancito normativamente l’obbligo del “best efforts”. In ogni caso, tale comportamento risulta vietato dall’art. 4 del Codice di giustizia sportiva FIGC. E’ nota, sul punto, l’elaborazione giurisprudenziale sia endo e che esofederale sul principio di lealtà, correttezza e probità: l’attività sportiva si fonda sul rispetto di tale principio che costituisce l’in sè dell’ordinamento sportivo. Tale previsione si ricollega alla risoluzione dei ministri europei responsabili per lo sport del 13-15 maggio 1992 che, dopo aver sottolineato che il fair play incorpora i concetti di amicizia, di rispetto degli altri e di spirito sportivo, evidenzia che il fair play è un modo di pensare, non solo un modo di comportarsi e comprende – tra l’altro - la lotta contro l’imbroglio e contro le astuzie al limite della regola. Sotto altro profilo, tali principi non sono suscettibili di essere circoscritti all’interno di fattispecie definite secondo i criteri della precisione e della determinatezza. Ne discende la configurabilità di una sanzione disciplinare anche a prescindere dall’esistenza di uno specifico inadempimento ad una disposizione espressa. Orbene, l’ordinamento sportivo - in virtù del principio sopra detto - non può tollerare che i partecipanti ad una competizione sportiva agonistica decidano deliberatamente di  smettere di giocare con agonismo, così rinunciando ad ogni forma di competizione con gli avversari, contravvenendo al principio fondamentali di lealtà, probità e correttezza e, nel contempo, incidendo sull’interesse dei fruitori dell’evento, quali gli spettatori presenti od eventualmente collegati tramite piattaforme televisive od altri mezzi di trasmissione, che non avrebbero alcun interesse ad assistere ad una gara priva di ogni competizione fra i giocatori.

Decisione C.F.A. – Sezione I : Decisione pubblicata sul CU n. 0023/CFA del 28 Agosto 2025 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Emilia-Romagna pubblicata con il Comunicato Ufficiale n. 4 del 9 luglio 2025, comunicata in data 15 luglio 2025 e relativa al deferimento a carico del sig. M.U. e della A.S.D. Cabassi Union Carpi, là dove infligge “Al calciatore MU. la squalifica di anni uno e alla società A.S.D. Cabassi Union Carpi l’ammenda di Euro 1.000,00”

Impugnazione – istanza: –  PFI - Sig. M.U. - Cabassi Union Carpi A.S.D.

Massima: Accolto il reclamo della Procura Federale e per l’effetto in riforma della decisione del TFT che aveva inflitto al calciatore la squalifica di anni 1, irrogata la squalifica di anni per la violazione  degli artt. 4, comma 1, e 38 CGS FIGC «per avere lo stesso, al termine della gara ….nel parcheggio dell’impianto sportivo dove si era svolta la gara, proferito le seguenti espressioni all’indirizzo di alcuni sostenitori della squadra della società F.C. Crevalcore A.S.D. brandendo una pistola a salve sprovvista del tappo rosso: “Ti sparo, ti sparo in bocca, che cazzo scappi”; nonché per avere lo stesso, nel medesimo lasso spazio temporale, inseguito e raggiunto con la propria autovettura i predetti sostenitori della squadra della società F.C. Crevalcore A.S.D., che si erano allontanati dall’impianto sportivo unitamente a due minori a bordo di un’autovettura, impugnando la pistola a salve ed esplodendo all’indirizzo degli stessi tre colpi»….Nonostante l’indiscutibile gravità dei fatti acclarati, pacificamente riconosciuti anche nella loro dinamica da parte dello stesso Calciatore che se ne è reso protagonista, il Tribunale di prime cure ha ritenuto congruo irrogare al sig. … la sanzione della squalifica di 1 anno. E ciò nonostante la Procura federale avesse richiesto la durata quinquennale della misura interdittiva, in linea con quanto disposto dal Questore di Modena con l’adozione del DASPO in atti. Ad avviso di questo Collegio, la limitazione a 1 anno della sanzione della squalifica del sig. … è frutto di un’erronea applicazione delle circostanze attenuanti richiamate dal Giudice di primo grado nella decisione oggetto di gravame. Il riferimento è, anzitutto, all’attenuante di cui all’art. 13, comma 1, lett. a, CGS FIGC, ovverosia l’«aver agito in reazione immediata a comportamento o fatto ingiusto altrui», la quale riecheggia – sebbene con alcune indiscutibili specificità – l’attenuante di cui all’art. 62, n. 2, c.p., ovverosia l’«aver reagito in stato d’ira, determinato da un fatto ingiusto altrui». A tal riguardo, questa Corte ha in più occasioni ribadito che le conclusioni alle quali è pervenuta la giurisprudenza penale in ordine alla valorizzazione della circostanza di cui all’art. 62, n. 2, c.p. sono riferibili, con i necessari adeguamenti, anche all’azione disciplinare sportiva (v., in tal senso, su tutte, CFA, n. 117/2023-2024). Ciò vale, in primo luogo, per il carattere «ingiusto» del comportamento o fatto altrui, il quale «deve essere considerato in base a parametri oggettivi» (v. Cass. pen., Sez. I, 21409/2019; Sez. V, n. 23031/2021); inoltre, non deve trattarsi di un mero pretesto, ma dalle circostanze del caso concreto deve emergere che solo perché indotto dal fatto ingiusto altrui il soggetto ha commesso l’illecito (Cass. pen., Sez. I, n. 21409/2019). In secondo luogo, anche quanto posto in evidenza dalla giurisprudenza penale per lo stato d’ira («un’emozione che genera impulsi aggressivi non contenibili con i normali freni inibitori» : ex multis, Cass. pen., Sez. V, n. 49569/2014) può essere agevolmente riferito all’attenuante del CGS, per la quale rileva l’immediatezza della reazione. In terzo luogo, è essenziale il rapporto di «causalità psichica» tra la reazione immediata e la commissione dell’illecito. Con riguardo a quest’ultimo aspetto, e sempre attingendo alla giurisprudenza penale, si è altresì osservato che «La sussistenza di un rapporto di adeguatezza o proporzionalità tra fatto ingiusto e reazione costituisce significativo indicatore di una relazione di causalità psicologica fra di essi, imprescindibile ai fini della distinzione fra i casi in cui il fatto ingiusto altrui sia solo occasione o pretesto per l’azione violenta dai casi in cui il fatto ingiusto altrui sia stato effettivamente la causa dello stato d’ira e della reazione violenta» (in tal senso, da ultimo, Cass. pen., Sez. V, n. 15235/2025). Da altro punto di vista, che qui pur rileva, si è osservato che l’attenuante di cui all’art. 13, comma 1, lett. a, CGS FIGC presuppone che chi commette l’offesa riconosca lealmente la propria colpevolezza, sia pure adducendo tutte le giustificazioni che accompagnano la richiesta di mitigazione della sanzione, e dunque non è applicabile a chi invece neghi in giudizio di aver commesso i fatti contestati e invochi, contraddittoriamente, l’esimente della provocazione (CFA, n. 75/2024-2025). Nel caso di specie non risulta provata la circostanza che il sig. … sia stato vittima di un fatto ingiusto ad opera dei sostenitori della società Crevalcore F.C. Dagli atti emerge piuttosto che, nel corso della partita del 2 febbraio 2025 tra la Cabassi Union Carpi e la Crevalcore, è stato lo stesso calciatore … ad essere destinatario di un’espulsione al quarantaquattresimo del primo tempo, allorquando – come si evince dal referto del Direttore di gara – è stato invitato a lasciare il campo di gioco perché a gioco fermo, mentre alcuni spettatori lo incitavano «ad impegnarsi maggiormente», urlava verso la Tribuna frasi ingiuriose. Né le risultanze istruttorie consegnano elementi che comprovano che, al termine della gara, sostenitori della squadra avversaria hanno proferito all’indirizzo del sig. … espressioni dal tono offensivo o irriguardoso. A tanto, come correttamente osservato dalla Procura federale, deve in ogni caso aggiungersi l’oggettiva sproporzione della reazione posta in essere dal sig. … che a bordo di un’autovettura si è lanciato all’inseguimento dei tifosi del Club avversario e, una volta raggiunti, ha esploso nella loro direzione tre colpi con una pistola che, benché a salve, era nell’occasione sprovvista del tappo rosso, sì da apparire come una vera e propria arma da fuoco. Da ultimo, va osservato che, nel giudizio di primo grado, il sig. Uva ha concluso, in via principale, per il suo proscioglimento, invocando anche l’esimente della provocazione, elemento che mette in discussione quel leale riconoscimento della propria colpevolezza che è condizione di operatività dell’attenuante di cui all’art. 13, comma 1, lett. a, CGS FIGC. Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, questo Collegio non ritiene nel caso di specie valorizzabile nemmeno il fatto che il Calciatore nella fase delle indagini ha «ammesso il fatto così agevolando l’attività dell’organo inquirente». Come pure il fatto di «essersi presentato personalmente all’[…] udienza ammettendo con franchezza le proprie colpe, rispondendo senza reticenza a tutte le domande postegli e manifestando un rincrescimento per quanto fatto che [sarebbe] apparso sincero». Di là dalla contraddittorietà della condotta processuale dell’… che – come già osservato e riportato nella stessa pronuncia qui gravata – ha comunque concluso in primo grado, in via principale, per il suo proscioglimento, va dato atto che la giurisprudenza della Corte federale segue da tempo un’impostazione restrittiva in tema di collaborazione degli incolpati, richiedendo la congiunta ricorrenza dei requisiti dell’«ammissione di responsabilità» e della «collaborazione» perché possa operare la riduzione della sanzione o la sua commutazione in prescrizioni alternative ovvero la sua determinazione in via equitativa (CFA, SS.UU., n. 91/2022-2023). Per di più si è precisato che «la “collaborazione” dell’incolpato può essere riconosciuta solo quando all’ammissione delle proprie responsabilità si aggiunga una collaborazione che implica quantomeno un aiuto agli organi inquirenti nell’accertamento delle responsabilità» (CFA n. 34/2024-2025; v. anche CFA n. 101/2024-2025); circostanza, quest’ultima, non verificata nel caso di specie, là dove non emerge alcun un contributo del sig. Uva diverso ed ulteriore dalla semplice ammissione delle sue responsabilità, di cui si è invece sforzato di mitigare il più possibile l’oggettiva gravità invocando a suo favore l’attenuante – non verificata – della provocazione. Sempre al fine di individuare il “giusto” trattamento sanzionatorio da irrogare al calciatore … per le responsabilità a lui ascritte, deve aggiungersi, da ultimo e in via risolutiva sul punto, che «l’irrogazione del DASPO nei confronti degli atleti non professionisti comporta il divieto, oltre che di accesso agli impianti, anche di partecipazione alle attività sportive» (Cass. pen., 27.9.2021, n. 35481, richiamata da ultimo da CFA, Sez. I, n. 18/2025-2026). In ragione di tutto quanto innanzi, il Collegio ritiene congrua per il sig. … la sanzione della squalifica di anni 5 (cinque), acclarata la natura dei fatti (la partecipazione attiva ad un indiscutibile episodio di violenza contro persone), nonché la loro considerevole gravità, amplificata oltremisura dal risalto mediatico che il comportamento del Calciatore ha ricevuto, nonché in considerazione del quinquennale effetto interdittivo della partecipazione alle attività sportive riveniente dal DASPO, peraltro non impugnato.

Decisione C.F.A. – Sezione I : Decisione pubblicata sul CU n. 0020/CFA del 18 Agosto 2025 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato Regionale Liguria n.3 del 10/07/2025

Impugnazione – istanza: PFI-Sig. A.M. - A.S.D. Fegino 1973

Massima: Accolto il reclamo della Procura Federale per la non ricorrenza di circostanze attenuanti e per l’effetto inflitta la squalifica per 10 giornate di gara al calciatore per la violazione degli articoli 4, comma 1, e 28, comma 1  C.G.S., per avere “in occasione della gara … a seguito di un contrasto di gioco col calciatore avversario sig. …. rivolto a quest’ultimo l’espressione del seguente testuale tenore: “ti faccio diventare bianco””. Inflitta anche l’ammenda di € 800,00 alla società a titolo di responsabilità oggettiva ai sensi dell’articolo 6, comma 2 C.G.S. per gli anzidetti atti e i comportamenti posti in essere dal proprio tesserato….Ora, in assenza sia di elementi fattuali oggettivamente riscontrabili denotativi di un genuino pentimento da parte dell’autore del comportamento discriminatorio sia di iniziative concrete assunte dalla società sportiva, presso la quale il predetto è tesserato, finalizzate ad elidere le conseguenze dell’accaduto e a manifestare pubblicamente la propria dissociazione da comportamenti violenti e, come nel caso di specie, discriminatori, non vi è luogo – in maniera assoluta, ad avviso della Corte – per l’applicazione di alcuna circostanza attenuante, sia di quelle specificamente enumerate dall’articolo 13 C.G.S. (a nessuna delle quali, peraltro, la condotta tenuta dall’incolpato nella vicenda in esame è neppure  astrattamente riconducibile) sia di quella a contenuto generico di cui al comma 2 del predetto articolo 13, secondo il quale “gli organi di giustizia sportiva possono prendere in considerazione, con adeguata motivazione, ulteriori circostanze che ritengono idonee a giustificare una diminuzione della pena”. In ogni caso, nella delineata prospettiva, nemmeno può assegnarsi un qualche rilievo, ai fini della diminuzione della sanzione in concreto irrogabile, alla eventuale richiesta di scuse, non accompagnata da una genuina e riscontrabile resipiscenza, ma verosimilmente finalizzata solo ad evitare le conseguenze sanzionatorie previste dall’ordinamento sportivo con riguardo ad atti e comportamenti in contrasto con le proprie prescrizioni. Le considerazioni appena svolte sono coerenti con la giurisprudenza di questa Corte federale d’appello la quale, nell’affermare la titolarità in capo al Giudice sportivo del compito di valutare l’effettiva natura e gravità dei fatti commessi e, conseguentemente, del potere di commisurare una ragionevole sanzione disciplinare anche in termini di proporzionalità, fermo il rispetto della specie della sanzione prevista dalla norma sanzionatoria (CFA, Sez. I, n. 89/2023-2024; CFA, SS.UU., n. 94/2021-2022), ha evidenziato, in particolare, che il potere di cui all’art.13, comma 2, C.G.S. va inteso come uno strumento flessibile, affidato al prudente apprezzamento del giudice, per rendere quanto più adeguata possibile la sanzione all’entità e gravità dei fatti accertati (CFA, SS.UU., n. 1/2021-2022; CFA, Sez. I, n. 58/2022-2023; CFA, Sez. I, n. 8/2022-2023; CFA, SS.UU., n. 6/2023/2024) e che, in tale prospettiva, non si possono ignorare gli elementi che emergono dalla decisione del Giudice sportivo e dallo svolgimento dei fatti come descritti nella documentazione in atti (CFA, Sez. I, n. 117/2023-2024; CFA, Sez. I, n. 89/2023-2024).

Decisione C.F.A. – Sezione I : Decisione pubblicata sul CU n. 0018/CFA del 7 Agosto 2025 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione Tribunale federale territoriale presso il Comitato Regionale Toscana C.U. n. 95 del 26.6.2025

Impugnazione – istanza: PFI- Sig. G.M.-Sig. M.L.-Sig. A.S. -S. Piero a Sieve A.S.D.

Massima: Accolto il reclamo della Procura Federale ed in riforma della decisione di primo grado inflitte le seguenti sanzioni:

Anni 1 di squalifica al calciatore tesserato per la violazione degli artt. 4 co. 1, e 26 CGS per avere nel corso della partita partecipato ai tafferugli verificatisi tra i sostenitori delle due squadre, nel corso dei quali vi è stato un lancio reciproco di materiale pirotecnico e che hanno generato disordini e pericolo per l’incolumità pubblica che ha determinato la sospensione definitiva della gara. Nel corso dei tafferugli, in particolare, i sostenitori della squadra ASD S Banti Barberino hanno lanciato all’indirizzo dei sostenitori della squadra ASD Reconquista alcuni fumogeni ed un ordigno artigianale la cui detonazione, oltre a causare un foro di circa 10 cm sugli spalti dell’impianto sportivo nel quale si disputava la gara, ha cagionato il ferimento di due sostenitori della squadra ASD Reconquista, tra i quali il signor …. che ha riportato lesioni personali giudicate guaribili in 14 gg dal personale sanitario accorso a mezzo di ambulanza. Con la recente decisione n. 61/2024-2025, questa Sezione: - ha escluso che la posizione dell’atleta tesserato FIGC, presente tra il pubblico ed estraneo alle squadre in campo, sia assimilabile a quella del mero sostenitore; - ha ribadito il principio secondo cui il «[…] dovere di tenere una condotta rigorosamente ispirata ai principi di lealtà, probità e correttezza, sebbene solitamente riconducibile al canone di lealtà sportiva in senso stretto (c.d. “fair play)”, ha assunto una dimensione più ampia, che si estende anche oltre l’ambito della competizione sportiva in sé e per sé considerata e della corretta applicazione delle regole di gioco, traducendosi in una regola di condotta generale che investe qualsiasi attività comunque rilevante per l’ordinamento federale, in ogni rapporto a qualsiasi titolo riferibile all’attività sportiva (CFA, SS.UU., n. 5/2023-2024)»; - facendo applicazione di questo principio, ha ritenuto che il comportamento dell’atleta in discorso debba essere in ogni caso conforme alla clausola generale di cui all’art. 4 CGS, poiché tali obblighi gravano sul soggetto tesserato anche quando non si trovi sul campo di gioco ma sugli spalti, trattandosi di una situazione comunque collegata allo svolgimento dell’incontro, e che debbano essere rispettati anche nei rapporti con gli altri sostenitori, essendo comunque rapporti legati allo svolgimento dell’attività sportiva. La sovrapponibilità di questa fattispecie a quella di causa comporta che i principî ivi affermati possano trovare applicazione anche nella presente controversia; e ciò vieppiù considerando che la surrichiamata decisione n. 61/2024-2025 dà espressamente atto dell’esistenza di un recente orientamento ancora più “inclusivo” formatosi in seno al Collegio di Garanzia dello Sport (n. 10/2024), alla cui stregua «l’art. 4, comma 1, del CGS FIGC deve essere interpretato nel senso che è fatto obbligo di mantenere una condotta conforme ai principi sopra citati in ogni rapporto non solo di natura agonistica, ma anche – addirittura – economico e/o sociale, nonché di astenersi dall’adottare comportamenti scorretti e/o violenti […]. In tal modo elidendo, a quanto sembra, anche il presupposto normativo della riferibilità dell’azione posta in essere all’attività sportiva». Tanto premesso, costituisce jus receptum nella giurisprudenza anche di questa Corte che, per poter «dichiarare la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva, non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito» (tra le tante e per tutte, SS.UU., n. 34/2022-2023; Sez. I, n. 87/2023-2024, n. 61/2024-2025, n. 13/2025-2026; cui adde Collegio di Garanzia dello Sport, n. 13/2016). Venendo al caso di specie, dalla documentazione presente nel fascicolo di primo grado e in particolare da quella relativa al provvedimento di DASPO (doc. 6, pp. 85-89), peraltro non impugnato, risulta, prima e oltre che il ferimento del Sig. …, la sua partecipazione attiva agli episodi di che trattasi. Nell’esistenza, nel contenuto e nella mancata impugnazione del DASPO, il Collegio ritiene di poter ravvisare quegli indizi gravi, precisi e concordanti che permettono di «acquisire» la «ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito» richiesta ai fini dell’accertamento della responsabilità disciplinare sportiva e della conseguente irrogazione delle relative sanzioni… Quanto al trattamento sanzionatorio, esso è stabilito, a norma dell’art. 12, comma 1, CGS, «[…] tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi»; a termini del successivo art. 44, comma 5, poi, «Tutte le sanzioni devono avere carattere di effettività e di afflittività». Come più volte chiarito da questa Sezione, infatti, «in un’ottica di contemperamento dei diversi interessi contrapposti, la sanzione deve poter svolgere la funzione propria di prevenzione speciale e generale in ordine alla reiterazione della condotta illecita, deve necessariamente essere proporzionale al disvalore sociale della condotta, rispetto alla quale deve avere un adeguato effetto dissuasivo e, da ultimo, deve essere suscettibile anche di una valutazione di natura equitativa (ex multis: CFA, Sez. I, n. 120/2023-2024)» (n. 61/2024-2025). A tanto aggiungasi che l’irrogazione del DASPO nei confronti degli atleti tesserati non professionisti comporta il divieto, oltre che di accesso agli impianti, anche di partecipazione alle attività sportive (Cass., sez. III pen., 27.9.2021, n. 35481). Pertanto, il Collegio ritiene congrua la sanzione della squalifica di anni 1 (uno), assodata la natura dei fatti (consistenti nella partecipazione attiva a episodi di violenza su persone o cose), nonché la loro considerevole gravità (di cui dà atto lo stesso Tribunale federale territoriale: «[…] Rileva il Tribunale come i fatti di cui si discute siano abbastanza gravi […]»), nonché in considerazione dell’effetto interdittivo della partecipazione alle attività sportive riveniente dal DASPO.

Confermato il proscioglimento della società in quanto essa non risponde a titolo di responsabilità oggettiva per il comportamento del proprio tesserato/calciatore che ha commesso atti di violenza in qualità di sostenitore durante la gara disputata tra altre compagini societarie…Nella richiamata decisione n. 61/2024-2025, da cui per quanto poc’anzi detto il Collegio non ha ragione di discostarsi, questa Sezione ha ritenuto che «Come è stato recentemente statuito da questa Corte federale (CFA, SS.UU., n. 39/2024-2025), la responsabilità delle società trova fondamento nel rapporto di immedesimazione organica che lega il sodalizio sportivo a (colui o) coloro che, al suo interno, sono investiti del potere di agire in nome di questo. Affinché la responsabilità possa trasmettersi e risalire dal rappresentante al rappresentato non è necessaria alcuna indagine circa l’effettiva utilità per l’ente della condotta antisportiva (che si presume iuris et de iure). Se il legale rappresentante agisce all’interno dei poteri ad esso assegnati – anche a prescindere dal vantaggio o svantaggio economico provocato in capo alla società rappresentata – egli sta agendo nell’interesse della società rappresentata e quindi in virtù di un vincolo organizzativo e teleologico che, secondo la Cassazione, semmai rafforza, e non diminuisce, l’immedesimazione organica (Cass., sez. 4 penale, n. 570/2023). L’interruzione dell’immedesimazione organica può conseguire solo ove risulti che non vi è alcuna colpa organizzativa dell’ente. Secondo i principi ormai via via accolti dalla giurisprudenza ordinaria (penale) la “colpa di organizzazione” ha per un ente la stessa funzione che la colpa assume nel reato commesso dalla persona fisica, quale elemento costitutivo del fatto tipico, integrato dalla violazione colpevole (ovvero rimproverabile) della regola cautelare. Sotto questo profilo, secondo Cass. Sez. 4, n. 32899/2021, proprio l'enfasi posta sul ruolo della colpa di organizzazione e l'assimilazione della stessa alla colpa, intesa quale violazione di regole cautelari, convince che la mancata adozione e l'inefficace attuazione degli specifici modelli di organizzazione e di gestione prefigurati dal legislatore integra una circostanza atta ex lege a dimostrare che sussiste la colpa di organizzazione, la quale va però specificamente provata dall'accusa, mentre l'ente può dare dimostrazione della assenza di tale colpa (Cass., sez. 4 penale, n. 570/2023). Simili principi (rivolti al decreto legislativo n. 231/2001) possono dirsi ormai recepiti nell’art. 7 C.G.S. e risultano persino estesi a fattispecie che, pur non configurando reato, costituiscono comunque illecito sportivo. La colpa di organizzazione deve invero dirsi alla base della ratio dell’art. 7 C.G.S. a mente del quale “al fine di escludere o attenuare la responsabilità della società di cui all'art. 6, così come anche prevista e richiamata nel Codice, il giudice valuta la adozione, l'idoneità, l'efficacia e l'effettivo funzionamento del modello di organizzazione, gestione e controllo di cui all'art. 7, comma 5 dello Statuto”. Se, allora, il fondamento della responsabilità cd. oggettiva ex art. 6 CGS si fonda sulla cd. colpa organizzativa – che può essere esclusa là dove sia dimostrata l'adozione di un efficace modello organizzativo astrattamente idoneo ad evitare l'evento – v'è da chiedersi come tale responsabilità possa essere riconosciuta in capo alla società sportiva per un fatto commesso da un tesserato presente in veste di sostenitore ad un incontro fra altre e diverse squadre. All'evidenza, non è possibile imporre ad un club di adottare modelli di organizzazione e gestione che consentano di contenere la condotta dei propri tesserati quando assistano, in forma privata, a competizioni sportive ovunque esse si svolgano e rispetto a qualunque squadra in campo. L'impossibilità di individuare una condotta doverosa in capo all'Ente, nel caso specifico che qui ci occupa, determina l'impossibilità di riconoscerne la responsabilità ai sensi dell'art. 6 CGS». Correttamente, dunque, il Tribunale federale territoriale ha escluso la responsabilità dell’ASD San Piero a Sieve…..Alla luce dei suesposti principî, infatti, detta estraneità opera “a monte”, ossia sul piano dell’an, con la conseguente esclusione della responsabilità della società ex art. 6 CGS…

Massima: Anni 3 di squalifica ai calciatori per la violazione dell’art. 4 par. 1 Regolamento FIFA sullo stato e tesseramento dei calciatori, nonché dell’art. 1 co. 5 dello Statuto FIGC; nonché della violazione degli artt. 4 co. 1 e 26 del CGS, per avere nel corso della partita partecipato ai tafferugli verificatisi tra i sostenitori delle due squadre, nel corso dei quali vi è stato un lancio reciproco di materiale pirotecnico e che hanno generato disordini e pericolo per l’incolumità pubblica che ha determinato la sospensione definitiva della gara. Il signor Laurindi in particolare, ha lanciato all’indirizzo dei sostenitori della squadra ASD Reconquista alcuni fumogeni ed un ordigno artigianale la cui detonazione, oltre a causare un foro di circa 10 cm sugli spalti dell’impianto sportivo nel quale si disputava la gara, ha cagionato il ferimento di due sostenitori della squadra ASD Reconquista, tra i quali il signor …, che ha riportato lesioni personali giudicate guaribili in 14 gg dal personale sanitario accorso a mezzi ambulanza…Con riferimento alla posizione del Sig. … dalla documentazione presente nel fascicolo di primo grado e in particolare da quella relativa al provvedimento di DASPO … peraltro non impugnato, risulta che egli, oltre ad aver partecipato ai tafferugli e lanciato fumogeni.. è stato individuato da un testimone ivi nominativamente indicato, che lo conosce personalmente e al quale è stata mostrata una fotografia scattata dai Carabinieri della Compagnia di Borgo San Lorenzo, come autore del lancio del petardo che ha procurato lesioni a due persone, tra cui il Sig. … e investito altri tifosi. Per parte sua, il Sig. … non è stato soltanto coinvolto «[…] come “capo tifoso” ed organizzatore della trasferta, e coordinatore dei cori e “sfottò” che hanno, con tutta probabilità, dato il via ai tafferugli poi culminati negli episodi gravi che, alla fine, hanno indotto alle forze dell’ordine di intimare al Direttore di Gara la chiusura anticipata dell’incontro, e che hanno portato al ferimento di un tifoso». Dalla documentazione presente nel fascicolo di primo grado e in particolare da quella relativa al provvedimento di DASPO … risulta infatti che il Sig. …., in quanto rappresentante della tifoseria dell’ASD Spartaco Banti Barberino, ha: (i) preso accordi con il rappresentante della tifoseria dell’ASD Reconquista «per porre in essere una protesta consistente in accensione di fumogeni, contro il diniego della Lega al minuto di silenzio in ricordo di tre ULTRAS del Foggia recentemente deceduti, di fatto accordandosi per porre in essere il reato previsto dall’art. 6-bis della L. 401/1989»; (ii) partecipato attivamente ai tafferugli. A tanto aggiungasi che il provvedimento di DASPO non è stato impugnato o, comunque, è stato impugnato con esito negativo senza interposizione di ulteriore gravame… Nell’esistenza, nel contenuto e nella mancata impugnazione del DASPO (e/o mancata impugnazione della decisione di rigetto del relativo ricorso gerarchico, per il Sig. … con in più una valutazione di infondatezza, rimasta incontestata, delle tesi difensive di quest’ultimo), il Collegio ritiene di poter ravvisare quegli indizi gravi, precisi e concordanti che permettono di «acquisire» la «ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito» richiesta ai fini dell’accertamento della responsabilità disciplinare sportiva e della conseguente irrogazione delle relative sanzioni. Quanto agli altri atti e documenti richiamati dalla Procura federale e di cui il Tribunale non avrebbe tenuto conto, premesso che gli accertamenti effettuati dalla Compagnia dei Carabinieri di Borgo San Lorenzo fanno parte integrante e sostanziale della documentazione relativa al provvedimento di DASPO di cui si è appena detto, non appaiono conducenti le dichiarazioni del Sig. …. il quale, dopo aver ricostruito i fatti, si è limitato a riferire, per quanto di specifico interesse in questa sede, «[…] di non aver visto chi abbia lanciato il petardo […]» e «di essere a conoscenza del fatto che un tifoso del BANTI ha confessato ai Carabinieri di aver lanciato il petardo e per questo lui ed un altro supporter del BANTI sarebbero stati colpiti da DASPO, come due tifosi del RECONQUISTA».

Decisione C.F.A. – Sezione I : Decisione pubblicata sul CU n. 0013/CFA del 1 Agosto 2025 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Sicilia, pubblicata con il Comunicato Ufficiale n. 595 TFT del 24/06/2025 e comunicata in pari data

Impugnazione – istanza:  PFI-Sig. G. G. A. -U.S.D. Tortorici

Massima: Accolto il reclamo della procura federale ed in riforma della decisione del TFT inflitta la sanzione di anni 2 di inibizione a colui che all’epoca svolgeva attività rilevante per l’ordinamento federale ai sensi dell’art. 2, comma 2, del Codice di giustizia sportiva nell’interesse della società per violazione degli artt. 4, comma 1, e 39, comma 3, del Codice di giustizia sportiva per avere colpito con un pugno allo zigomo sinistro il presidente della società all’interno degli spogliatoi. Ammenda di € 1.000,00 alla società… Al riguardo, si rileva come il Giudice di prime cure, in spregio al combinato disposto di cui agli artt. 12, comma 1, e 44, comma 5, Codice di giustizia sportiva, ha quantificato le sanzioni irrogate ai soggetti incolpati in misura eccessivamente incongrua per difetto. Occorrerà pertanto procedere, in accoglimento del primo motivo di gravame, alla riforma della decisione impugnata in parte qua con conseguente rideterminazione della misura (sub specie di accrescimento) delle sanzioni irrogate….Depongono in tal senso una molteplicità di considerazioni. Anzitutto, sul piano della gravità dei fatti, principale parametro di modulazione della misura delle sanzioni (CFA, Sez. I, n. 7/20222023; CFA, Sez. I, n. 117/2022-2023), si rileva come la condotta accertata a carico del sig. Agostino risulti già di per sé connotata da un assoluto livello di gravità nonché da un elevato grado di disvalore, essendo consistita in un’aggressione fisica nei riguardi del Presidente della società ospite, peraltro posta in essere al momento del suo arrivo e dell’ingresso nell’area recintata adiacente agli spogliatoi. Oltre a ciò, assumono rilievo ai fini della determinazione della sanzione anche i motivi all’origine dell’aggressione e le conseguenze che ne sono derivate. Per quanto concerne il primo profilo, l’elemento scatenante dell’aggressione risulta essere stata la circostanza che il Presidente della società ospite Scuola Calcio San Benedetto A.S.D. avesse richiesto - come era suo diritto fare - la presenza della forza pubblica al fine di garantire un sereno svolgimento della gara… Peraltro la reiterazione degli insulti rivolti ai tesserati della società ospite man mano che giungevano presso l’impianto sportivo dimostra che vi è stata anche una sorta di premeditazione da parte del medesimo sig. …Si configura pertanto al riguardo la circostanza aggravante di cui all’art. 14, comma 1, lettera d), Codice di giustizia sportiva, della quale il Giudice di prime cure non pare avere tenuto conto. Quanto al secondo profilo, dall’aggressione perpetrata dal sig. … sono derivate ulteriori, gravi conseguenze, anzitutto sul piano dell’ordine pubblico, dato che si è immediatamente scatenata una vera e propria rissa (mass confrontation) che ha visto coinvolti atleti e tesserati di entrambe le società e richiesto l’intervento dei Carabinieri e che, conseguentemente, la società ospite Scuola Calcio San Benedetto A.S.D. ha deciso di abbandonare l’impianto sportivo e di non disputare la gara ritenendo che difettassero le necessarie condizioni di sicurezza. Ciò ha altresì ulteriormente determinato, sul piano sportivo, conseguenze sfavorevoli a carico di quest’ultima società (sconfitta a tavolino e comminazione dell’ammenda di 100,00) e, viceversa, conseguenze favorevoli in capo alla società ospitante U.S.D. Tortorici, cui è stata assegnata la vittoria a tavolino della gara. Sono pertanto configurabili le circostanze aggravanti di cui all’art. 14, comma 1, lettere b), c), f), delle quali del pari il Giudice di prime cure pare non avere tenuto conto. Già questi elementi sono di per sé sufficienti ad evidenziare la sproporzione per difetto e la ridotta dissuasività della sanzione inflitta a carico del sig. … e la necessità di procedere al suo accrescimento.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 25/TFN - SD del 1 Agosto 2025  (motivazioni)

Impugnazione –  Istanza: F.P. e Bagnolo Calcio a 5 ASD - Reg. Prot. 247/TFN-SD

Massima: Inflitta al calciatore la squalifica per 10 giornate di gara, da scontare in gare ufficiali nel campionato di competenza della corrente stagione sportiva per la violazione dell’art. 4, comma 1 e dell’art. 28, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva per avere lo stesso, nel corso della gara proferito ripetutamente all’indirizzo del calciatore avversario le seguenti testuali espressioni: “negro”, “scimmia”. Ammenda di e 1.500,00 alla società a titolo di responsabilità oggettiva

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 22/TFN - SD del 31 Luglio 2025  (motivazioni)

Impugnazione –  Istanza: A.F. e Academy Calcio Pavia a RL - Reg. Prot. 248/TFN-SD

Massima: A seguito di accordo ex art. 127 CGS giornate 7 (sette) di squalifica, da scontare in gare ufficiali alla calciatrice per la violazione dell’art. 4, comma 1, e dell’art. 28, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva per avere la stessa, nel corso del primo tempo della gara proferito all’indirizzo della calciatrice avversaria, la seguente testuale espressione di discriminazione razziale: stai zitta, torna al tuo paese, lavati”. Ammenda di € 1.000,00 alla società

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