Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0006/CFA del 16 Luglio 2025 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione della Corte d’appello territoriale del Comitato regionale dell’Abruzzo, pubblicata sul CU n. 78 del 14 aprile 2025
Massima: La presenza di percosse (pugno) e lesioni rende applicabile l'art. 35, comma 4, del C.G.S. Accolto il reclamo del presidente federale e per l’effetto riformata la decisione della CSAT ed inflitta al calciatore (capitano) la squalifica per anni 4 ai sensi dell'art. 35, comma 4, del C.G.S. per aver nel corso della gara sferrato all’arbitro un pugno all’altezza del rene destro….La tesi del Presidente reclamante è stata già fatta propria da queste Sezioni Unite con la decisione 11/CFA/2023-2024. In quella sede è stato rilevato che “la locuzione “lesione personale” contenuta nel comma 4 dell’art. 35 non deve essere intesa secondo le categorie del diritto penale, che distingue, com’è noto, tra il reato di percosse (art. 581 CP) e quello di lesione personale (art. 582 e sgg CP), determinando una “frantumazione analitica della fattispecie”, come è stato criticamente notato, con una distinzione fondata sulla causazione o meno di una malattia. Il Legislatore sportivo ha ritenuto, infatti, di non fare riferimento a tale distinzione. In sostanza allorché, con la disposizione di cui all’art. 35, al comma 4, si è riferito alle “lesioni personali”, ciò ha fatto per richiamare il dato “naturalistico” dell’effetto della condotta violenta (la lesione personale, appunto) e non certo per rinviare alla nozione di reato prevista dall’art. 582 del Codice penale. L’ordinamento sportivo, nella sua parte sanzionatoria, è solo parzialmente e cum grano salis assimilabile a quello penale (CFA, SS.UU., n. 89/2019-2020), soprattutto allorché – come nel caso di specie – non viene in rilievo solo la tutela dell’integrità fisica dell’arbitro ma soprattutto la dignità del ruolo rivestito, oltre il regolare svolgimento delle competizioni calcistiche. E – come è noto – tale operazione è consentita dal Codice di giustizia sportiva del CONI, adottato con deliberazione n. 1538 del Consiglio nazionale del 9 novembre 2015 (art. 1, comma 3) secondo cui “Resta ferma la competenza di ogni Federazione a definire le fattispecie dei comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, anche in conformità a quanto eventualmente previsto dalle Federazioni internazionali di appartenenza”. In altri termini, purché vengano rispettati i principi generali dell’ordinamento sportivo dettati dal CONI, ogni federazione gode di piena autonomia nel regolamentare l’attività dei suoi tesserati e nel definire le fattispecie rilevanti sul piano disciplinare (CFA, Sez. IV, n. 5/2022-2023). E pertanto l’ordinamento federale, espressione della cd. libertà associativa, ben può dotarsi di regole proprie, funzionali al perseguimento degli scopi statutari, anche di portata più restrittiva di quelle rinvenienti dall’ordinamento statale (CFA, SS.UU., n. 47/2015-2016; CFA, Sez. II, n. 51/2018-2019; CFA, SS.UU., n. 83/2018-2019; CFA, SS.UU., n. 120/2018-2019). Del resto, se così non fosse – se cioè ai fini dell’applicazione dell’aggravante di cui al comma 4 occorresse l’insorgere di una malattia in senso penalisticamente inteso - verrebbe inammissibilmente equiparato, quoad poenam, il comportamento di colui che pone in essere una “azione impetuosa ed incontrollata, connotata da una volontaria aggressività”, senza causazione di alcun danno fisico all’ufficiale di gara, secondo lo schema dell’illecito di “mera condotta” (come nel caso in cui la violenza non si sia tradotta in alcun contatto fisico e sia invece rimasta confinata all’interno di gravi intemperanze verbali) e il comportamento di colui che aggredisce fisicamente il direttore di gara, provocandogli una sensazione dolorosa (pur senza che ne derivi una malattia nel corpo o nella mente).”. D’altro canto, occorre considerare che la fattispecie prevista dal primo, e ripresa dal secondo comma, individua lo sputo come massima espressione di violenza. Ritenendo - come ha fatto indirettamente ma chiaramente il Giudice sportivo territoriale - che il quarto comma sia applicabile solo in presenza di una lesione intesa nel senso indicato dalla legislazione penalistica, si lascerebbero prive di sanzione numerose e gravi condotte qualora queste, nonostante la palese aggressività e la predisposizione all’offesa, non abbiano provocato, per eventi casuali, lesioni della qualità sopra indicata (CFA, SS.UU. n. 133/2023- 2024).