CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE LAVORO, ORDINANZA del 26/04/2025 n. 10944
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Presidente: PAGETTA ANTONELLA
Relatore: MICHELINI GUALTIERO
– OMISSIS –
ORDINANZA
sul ricorso 29143-2022 proposto da:
OMISSIS, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NIZZA 128, presso lo studio legale Limatola Avvocati, rappresentato e difeso dagli avvocati ALESSANDRO LIMATOLA, EGIDIO PAOLUCCI;
contro
- ricorrente -
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- S.C. NAPOLI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,
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rappresentata e difesa dall'avvocato MATTIA GRASSANI;
- controricorrente - avverso la sentenza n. 4453/2022 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 27/09/2022 R.G.N. 19833/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/02/2025 dal Consigliere Dott. GUALTIERO MICHELINI.
RILEVATO CHE
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- il Tribunale di Napoli, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato il ricorso (proposto dal calciatore) avverso il lodo arbitrale irrituale pronunciato il 23 - 24.11.2021 dal Collegio arbitrale AIC- LNPA -FIGC in relazione alla sanzione disciplinare irrogata al calciatore professionista OMISSIS per violazione dei doveri contrattuali derivanti da rapporto di lavoro professionistico sportivo a tempo determinato dal 29.9.2016 al 30.6.2021 con la squadra del Napoli, violazione consistita nella mancata ottemperanza alla direttiva datoriale con cui era stato disposto il ritiro dell’intera squadra presso l’ Hotel di Castelvolturno dopo una partita del 5.11.2019; con il lodo impugnato era stata accolta in parte la proposta di multa avanzata dalla SSC NAPOLI nei confronti dell’atleta, per € 40.000;
- il Tribunale: a) rigettava il ricorso nella parte in cui chiedeva l’annullabilità del lodo arbitrale lamentando la violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato; b) lo dichiarava inammissibile nella parte in cui chiedeva l’annullabilità del lodo arbitrale per errore di fatto essenziale;
- il calciatore ricorre in cassazione con 2 motivi; resiste la società con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
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CONSIDERATO CHE
- con il primo motivo parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione al principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, e violazione e falsa applicazione dell’art. 11 dell’Accordo Collettivo del 7.12.2012 tra FGCI - LNPA -AIC in relazione alla domanda di annullamento del lodo arbitrale per violazione del principio di tempestività e celerità dell’applicazione della sanzione disciplinare; sostiene che il Tribunale ha violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, disattendendo la censura di annullamento del lodo arbitrale in conseguenza del ritardo di nomina del terzo arbitro quale vizio del procedimento disciplinare, confondendo l’eccezione di parte con una processuale che il ricorrente non aveva sollevato; e che, quindi, in base ai principi generali del procedimento disciplinare, il ritardo della società nell’attivazione per l’individuazione del terzo arbitro avesse un significato abdicativo del potere disciplinare da parte della società;
- con il secondo motivo parte ricorrente denuncia, ai sensi
dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione degli artt. 414,
164 e 156 c.p.c.; sostiene che il Tribunale ha disatteso consolidati principi giurisprudenziali in tema di validità dell’atto introduttivo del giudizio e della possibile sanatoria delle nullità eventualmente rilevate, dichiarando di discostarsi da precedenti orientamenti consolidati, con motivazioni contrarie alla ratio e alla struttura delle norme applicate;
- il primo motivo è infondato;
- nella sentenza impugnata si è osservato (pronunciandosi su analoghe doglianze nei confronti del lodo), previa ricostruzione cronologica della vicenda, che procedimento
arbitrale e procedimento disciplinare, nella peculiare disciplina regolata dall’Accordo collettivo per i calciatori professionisti, coincidono; che non sono previsti termini perentori; che è previsto che sia la parte più diligente (non necessariamente il datore di lavoro) ad attivarsi per la nomina del terzo arbitro in mancanza di accordo, presentando la relativa istanza al Presidente del Tribunale; che, pertanto, la specialità della procedura comporta che il ritardo nel proporre l’istanza di nomina del terzo arbitro non sia imputabile alla sola società, e comunque non determini vizi del procedimento concluso con l’irrogazione della sanzione per cui è causa;
- osserva in primo luogo il Collegio che non si riscontra, nella motivazione della sentenza gravata, il vizio di omessa pronuncia, essendo stata la tesi dell’odierno ricorrente sul punto compiutamente esaminata dal Tribunale, dando conto delle ragioni del suo mancato accoglimento;
- invero, omessa pronuncia non significa omesso accoglimento o mancata condivisione della tesi propugnata;
- quanto alla doglianza che la corretta applicazione dell’art.
11 dell’Accordo collettivo (che, appunto, non prevede limiti temporali per l’istanza al Presidente del Tribunale) comporterebbe che il limite temporale sarebbe da ricavare dai principi generali del rapporto di lavoro privato, ossia di immediatezza della reazione datoriale rispetto alla violazione contestata, la stessa non è condivisibile;
- infatti, l’immediatezza va riferita alla contestazione, e
non, nella peculiare procedura disciplinare in esame, alla sua conclusione, in questo caso (inusualmente ma non illegittimamente) ritardata per il periodo di quiescenza in carenza di attività di entrambe le parti cui il potere di attivazione è attribuito dalla lettera e dalla struttura
dell’Accordo collettivo, ritardo non generativo di vizi travolgenti le fasi successive;
- il secondo motivo è inammissibile;
- come osservato da parte controricorrente, il secondo motivo di impugnazione del lodo innanzi al Tribunale, con cui era stato dedotto errore di fatto essenziale, è stato dichiarato in primo luogo inammissibile, poiché con lo stesso era contestata (non l’esistenza di un fatto, ma) la valutazione che il Collegio arbitrale ha dato di quel determinato fatto (p. 9 sentenza impugnata); ed è stato anche dichiarato inammissibile per violazione dell’art. 414 c.p.c.;
- pertanto, anche in ipotesi di accoglimento del motivo, rimane comunque confermata, per mancata impugnazione, la prima ragione di inammissibilità del secondo motivo di impugnazione di lodo, da sola idonea a sorreggere la correlativa decisione del grado di merito;
- la regolazione delle spese di lite del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, segue il regime della soccombenza;
- al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.500 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 25 febbraio 2025.