CORTE DI APPELLO DI MILANO – SENTENZA N. 2031/2020
LA CORTE D’APPELLO DI MILANO PRIMA SEZIONE CIVILE
composta dai magistrati:
- dott. Domenico Bonaretti - presidente relatore
- dott.ssa Serena Baccolini - consigliere
- dott.ssa Rossella Milone - consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile promossa in grado d’appello con atto di citazione notificato in data 1.10.2019 e posta in deliberazione sulle conclusioni precisate dalle parti all’udienza del 4.3.2020
Parte_1
(C.F.
P.IVA_1
T R A
, corrente a
Pt_1
in Viale Kennedy n. 8, in
persona del Presidente del C.d.A. dott.
Parte_2
, rappresentata e
difesa dell’avv. Roberto Cota (C.F.:
C.F._1
) del foro di
Pt_1
e dall’avv.
Andrea Zonca (C.F.:
C.F._2
) del foro di Verbania, ed elettivamente
domiciliata presso lo studio dei medesimi in Novara (NO), via Passalacqua, n. 10, giusta procura alle liti del 6.2.2019, depositata all'atto della costituzione in giudizio dei nuovi difensori nel procedimento di primo grado;
APPELLANTE
E
Controparte_1
(C.F. e P.Iva:
P.IVA_2
), con
sede in 20124/Milano, Via Ippolito Rosellini n.4, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Ruggero Stincardini del
Foro di Perugia (C.F.
C.F._3
, con lui elettivamente domiciliata in Milano,
Piazzetta Guastalla n.11, presso lo studio dell’avv. Marco Albanese (C.F.
C.F._4
, giusta procura ad litem,
E
Controparte_2
APPELLATA
(anche per la propria
Alta Corte di Giustizia Sportiva, ora
Controparte_3
, C.F.
P.IVA_3
, P.
I.V.A.
P.IVA_4
, con sede in Roma, piazza Lauro De Bosis, n. 15, in persona del
suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, dott.
Controparte_4
(C.F.
C.F._5
, rappresentata e difesa dall’avv. Marco Durante (C.F.
C.F._6
) del Foro di Torino, elettivamente domiciliata presso lo
[...]
Controparte_5
3,
in Milano, via della Moscova n.
APPELLATO E
Controparte_6
C.F.: e P. IVA
P.IVA_5 ),
con sede in Roma, Via Gregorio Allegri n. 14, in persona del Presidente e Legale
Rappresentante pro-tempore dott.
Controparte_7
rappresentata e difesa dall’avv.
omissis (C.F.:
C.F._7
) del foro di Roma ed elettivamente
domiciliata all’indirizzo di posta elettronica certificata
Email_1
costituzione e risposta,
, giusta procura in calce alla comparsa di
APPELLATA
E
Controparte_8
(C.F.:
P.IVA_6
), in persona del legale rappresentante pro
tempore, con sede in Roma, Piazzale Dino Viola n. 1,
e nei confronti del
APPELLATA - CONTUMACE
Controparte_9
C.F.
P.IVA_7
- P.IVA
P.IVA_8
), con sede
in CP_9
Corso Sozzi n. 5, in persona del curatore,
APPELLATO - CONTUMACE
OGGETTO: impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea e del CdA
CONCLUSIONI DELLE PARTI:
Per l’appellante
Parte_1
Voglia l'Ill.ma Corte di Appello di Milano adita accogliere le seguenti conclusioni:
respinta ogni contraria istanza, riformare l’impugnata sentenza e per l’effetto: in via preliminare, accertata la sussistenza dei requisiti di cui agli artt. 353 e s.s. cpc, ritenuta sussistente la giurisdizione del giudice ordinario e procedibile la domanda, in riforma della sentenza impugnata, disporre la remissione della causa al Tribunale di Milano affinché decida nel merito;
in via principale e nel merito, nel caso in cui non si ravvisassero gli estremi di applicazione degli artt. 353 e ss. del c.p.c., accogliere per i motivi tutti dedotti in narrativa il proposto appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza n. 7959/2019 del 03/09/2019 pubbl. il 03/09/2019 dal Tribunale di Milano, Giudice Dott.ssa Martina Flamini, nell’ambito del giudizio N.R.G. 43566/2017, notificata da controparte in data 04/09/20109, accogliere tutte le conclusioni avanzate in prime cure che qui si riportano:
in via preliminare/pregiudiziale: rigettare tutte le eccezioni / domande preliminari / pregiudiziali formulate dalle parti convenute ed in particolare le eccezioni di carenza di
legittimazione passiva e di difetto d’interesse ad agire formulate dal
CP_2
ei confronti
delle società attrici, le eccezioni d’inammissibilità/improcedibilità anche per violazione del principio del ne bis in idem e/o la richiesta d’integrazione del contraddittorio
formulate dalla
CP_10
e dalla
CP_6
rispettivamente nelle proprie comparse costitutive
nonché l’eccezione d’inammissibilità/improcedibilità della domanda e/o d’impossibilità di una pronuncia sul merito in virtù del vincolo imposto dalla pregiudiziale sportiva
formulata dalla
CP_10 , per tutti i motivi dispiegati in atti; in via principale e nel merito:
- accertata l’illegittimità delle decisioni assunte dagli organi di giustizia sportiva elencate in atti nonché della delibera della LNPA del 3.12.2012, tutti relativi al
“ Organizzazione_1 ,
- verificata l’illegittimità del prelievo operato dalla per la stagione sportiva 2011/2012, condannare la
CP_11
alle società di calcio
Controparte_1
A CP_10
, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla restituzione delle
somme versate in eccedenza come calcolate nel presente ricorso o comunque nella diversa misura che verrà accertata nel corso del giudizio;
- rigettare tutte le domande e le eccezioni formulate dalle parti convenute, compresa la richiesta di condanna al risarcimento del danno per lite temeraria ex art. 96 c.p.c.
formulata dal atti;
CP_2
in quanto infondate in fatto e in diritto, per tutti i motivi esposti in
in ogni caso: con vittoria di onorari, spese e competenze, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario ex lege per il presente giudizio e per tutti i precedenti gradi.
Per l’appellata
Controparte_1 :
Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello di Milano, contrariis reiectis e per i motivi esposti in
narrativa: in via preliminare: dichiarare inammissibile lʹappello proposto dal
[...]
Parte_1
ex art. 342 c.p.c. e, per l’effetto, confermare la sentenza n. 7959/2019 resa
dal Tribunale di Milano – Prima Sezione Civile;
in via principale: respingere integralmente l’appello proposto dal
Parte_1
per la riforma della Sentenza n.7959/2019 resa dal Tribunale di Milano – Prima Sezione Civile, in quanto infondato in fatto ed in diritto e, per l’effetto, confermare la sentenza impugnata;
in ogni caso: condannare l’appellante processuali del presente grado di giudizio,
Parte_1
al pagamento delle spese
comprensive di compensi professionali, rimborso forfettario delle spese generali, IVA e CPA come per legge.
Per l’appellato
Controparte_2 :
Voglia l’Ill.ma Corte d’Appello adìta:
respinta ogni avversaria domanda, eccezione, istanza (anche istruttoria), allegazione, deduzione e produzione;
previe le declaratorie del caso;
In via pregiudiziale / preliminare principale:
- dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione ex adverso proposta per mancanza di ragionevole probabilità di essere accolta, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 348- bis e 348-ter c.p.c.;
- con ogni conseguenziale pronuncia;
In via ulteriormente pregiudiziale / preliminare principale:
- accertare e, conseguentemente, dichiarare la carenza di legittimazione passiva in capo all’Ente conchiudente rispetto alle domande proposte ed all’azione promossa dalle società attrici in prime cure e dall’appellante nel presente grado;
- con ogni conseguenziale pronuncia;
In via pregiudiziale / preliminare subordinata, senza rinuncia e salvo gravame:
- accertare e, conseguentemente, dichiarare il difetto di interesse ad agire in capo alle società attrici in prime cure ed all’appellante nel presente grado nei confronti dell’Ente conchiudente;
- con ogni conseguenziale pronuncia; NEL MERITO:
In via di ulteriore subordine, sempre senza rinuncia e salvo gravame:
- rigettare l’impugnazione proposta, le domande formulate e l’azione promossa dall’appellante, in quanto inammissibili o, comunque, infondate in fatto ed in diritto, in
ogni caso assolvendo integralmente l’Ente conchiudente;
IN OGNI CASO:
- con vittoria di spese, anticipazioni e compensi del presente giudizio (in entrambi i gradi) e dei pregressi giudizi avanti gli Organi della giustizia sportiva ed il Giudice Amministrativo, oltre rimborso forfettario spese generali 15 % ex art. 2, comma 2°,
D.M. n. 55/2014, oltre C.P.A. ed I.V.A., oltre ogni ulteriore onere ed accessorio di legge, anche successivo all’emananda sentenza;
- inoltre, dichiarare tenuta e, conseguentemente, condannare l’appellante al risarcimento dei danni, da liquidarsi secondo equità, ed al pagamento di una somma equitativamente determinata, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 96, rispettivamente comma 1° e comma 3°, c.p.c., in favore dell’Ente conchiudente.
Per l’appellata
Controparte_6 :
“Piaccia all’ecc.ma Corte di Appello adita, ogni contraria istanza eccezione e difesa
reietta:
in preliminare: dichiarare inammissibile l’appello della società
Parte_1
per le ragioni esposte in narrativa e, per l’effetto, confermare la sentenza del Tribunale di Milano n. 7959/2019 del 3settembre2019;
in via principale: rigettare l’appello proposto dalla società
Parte_1
nei
confronti della
Controparte_6
, perché infondato in fatto e diritto e
comunque perché non consentita la pronuncia nel merito del giudice ordinario in virtù del vincolo imposto dalla pregiudiziale sportiva e, per l’effetto, confermare la sentenza del Tribunale di Milano n. 7959/2019 del 3settembre2019;
sempre in via principale: condannare la società
Parte_1
al pagamento in
favore della
CP_6
di una somma equitativamente determinata ai sensi dell’art. 96,
comma 3 c.p.c.
Con vittoria di spese e compensi di legge per entrambi i gradi di giudizio”.
FATTO E PROCESSO
In data 3.12.2012, l’assemblea ordinaria della
Controparte_1 A
(“LNPA” o “la Lega” o “la Serie A” o “la Lega Serie A”) assumeva una delibera avente a oggetto la determinazione e i criteri di prelievo e ripartizione del c.d. “contributo
Org_1
, ossia una somma di denaro posta a carico delle società partecipanti al
campionato di Serie A in favore dei club che si fossero qualificati per la competizione europea (cfr art. 19.2, comma 3, Statuto Regolamento LNPA all’epoca vigente)1.
In particolare, l’assemblea determinava tale contributo in € 7.500.000,00 e lo poneva a carico di tutte le società della Serie A partecipanti alla stagione sportiva 2011/2012 in maniera paritaria, dovendo ogni club corrispondere € 375.000,00, oltre IVA; veniva poi stabilito che tale contributo venisse prelevato “a valle”, attingendo dalle risorse audiovisive ricevute da ciascuna società partecipante al massimo campionato nella stagione 2011/2012 e che la somma de qua venisse versata alle società partecipanti al torneo europeo, ripartendola in quote disuguali (€ 2.750.000,00 alla squadra Lazio, € 2.750.000,00 all’Udinese, € 1.000.000,00 al Palermo ed € 1.000.000,00 alla Roma). Tale delibera
era assunta con il voto contrario di cinque società: il
Parte_1
, il
CP_9 il
Palermo, il
Org_2
ed il
Org_3
Il Pt_1
e il
CP_9
previa presentazione della riserva scritta di impugnazione
richiesta dall’art. 9, comma 15, dello Statuto – Regolamento della
CP_10 , impugnavano
detta delibera davanti alla Corte di Giustizia Federale della FIGC (anche “CGF”), con ricorso del 12.12.2012. Nel procedimento così instaurato spiegava intervento la società
Controparte_12
( CP_13
”)2.
In data 14.3.2013, la Corte di Giustizia Federale della FIGC respingeva le doglianze
del
e del
CP_9
e dichiarava inammissibile l’intervento del Palermo, stante
1 «Dalla quota delle Risorse Economiche Nette spettante a ciascuna società neopromossa in Serie A nella Stagione in Corso sulla base dei criteri di ripartizione di cui al precedente paragrafo 2 viene prelevata la somma di euro 2.500.000,00
(duemilionicinquecentomila/00) da distribuire in parti uguali a tutte le società di Serie A partecipanti alla
Org_1
(escluse le società che accedono alla
Org_1
dopo avere disputato la fase a gironi della
Organizzazione_4
nella Stagione in Corso». La clausola statutaria è poi stata annullata dall’Alta Corte di Giustizia Sportiva con decisione n.
10 del 20-22.12.2010 «limitatamente alla parte che prevede il prelevamento a carico esclusivo delle società neopromosse in Serie A».
2 Art. 9, comma 15 dello Statuto – Regolamento della CP_1
approvato il 1.7.2010 «Reclami. Contro la validità delle
Assemblee della Lega Serie A e delle deliberazioni adottate può essere proposto reclamo alla Corte di Giustizia Federale entro il decimo giorno non festivo successivo alla data della Assemblea da parte delle società presenti e ad essa validamente partecipanti, purché le stesse abbiano presentato riserva scritta prima della chiusura dei lavori dellʹAssemblea. Le società che non hanno partecipato allʹAssemblea possono proporre reclamo entro il decimo giorno non festivo successivo a quello della ricezione delle delibere effettuata ai sensi del precedente comma 14».
l’assenza di riserva scritta di impugnazione e la tardività dell’impugnazione svolta con l’intervento. Seguiva in data 24.5.2013 il deposito delle motivazioni.
Avverso la decisione della Corte di Giustizia Federale, in data 24.6.2013 il Palermo notificava impugnazione davanti all’Alta Corte di Giustizia Sportiva istituita all’epoca
presso il
CP_2
( CP_14
o “Alta Corte”); il ricorso era depositato presso la Segreteria
dell
CP_14
in data 3.7.20133. Al contrario, il
Pt_1
e il
CP_9
ritenevano di adire il
Tribunale nazionale di Arbitrato per lo Sport (
Org_5
), notificando istanza arbitrale in
data 24.6.2013, depositata presso la Segreteria del Tribunale il successivo 25.6.20134.
Nel giudizio instaurato dal Palermo innanzi all’Alta Corte venivano citate la
CP_6 ,
la CP_10
e anche tutte le altre società partecipanti alla
CP_1
, incluse il
Pt_1 e
il CP_9
Il CP_9
non si costituiva, mentre il
Pt_1
costituitosi, limitava le proprie
difese al rilievo dell’incompetenza dell’Alta Corte adìta e alla richiesta del rilascio di un’“autorizzazione” al Palermo di ripresentare il proprio ricorso al TNAS.
Con decisione n. 25/2013 del 25.7-8.8.2013, l’Alta Corte affermava la propria competenza a conoscere delle controversie inerenti i criteri di provvista e ripartizione dei proventi derivanti dai diritti audiovisivi e rigettava il motivo di gravame del Palermo, confermando la parte della decisione della Corte di Giustizia che aveva dichiarato
inammissibile l’impugnazione proposta avverso la delibera dell’assemblea della
CP_10 .
Nel giudizio instaurato dal
Pt_1
e dal
CP_9
innanzi al
Org_5
per la riforma
della decisione della Corte di Giustizia e l’annullamento della delibera della
CP_10 , si
costituiva il Palermo, che eccepiva l’incompetenza del conclusioni già svolte davanti all’Alta Corte.
Org_5
e riproponeva le
- Ai sensi dell’art. 4, comma 1 del “Codice dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva”, il ricorso all’Alta Corte è proposto con atto notificato alla parte resistente, a eventuali controinteressati e alla Federazione di appartenenza entro il termine perentorio di 30 giorni dalla data di conoscenza dell’atto impugnato. Secondo l’art. 5, il ricorso deve essere depositato in originale entro 10 giorni dall’ultima notifica presso la Segreteria dell’Alta Corte.
- Ai sensi degli artt. 9, 10 e 11 del “Codice dei Giudizi Innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e Disciplina degli Arbitri”, la procedura arbitrale è introdotta con istanza rivolta al Tribunale, che va poi trasmessa alla controparte a cura dell’istante nel termine di 30 giorni dalla data nella quale alla parte istante è stata comunicata la decisione impugnata; da ultimo, entro il quinto giorno successivo alla scadenza del termine citato, la parte deve depositare presso la segreteria del Org_5 l’originale del ricorso con la prova del ricevimento dell’istanza da parte dei suoi destinatari.
All’udienza del 16.9.2013 veniva acquisita la decisione dell’Alta Corte nel frattempo intervenuta all’esito del giudizio promosso dal Palermo.
Con lodo del 14.10.2013, prendendo atto della citata pronuncia, il
Org_5
dichiarava
la propria incompetenza a favore dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva; inoltre, il
Org_5
rigettava la domanda, nel frattempo proposta dal
Parte_3
e volta ad ottenere
l’autorizzazione alla riassunzione davanti all’Alta Corte, attesa la già intervenuta definizione del giudizio dinnanzi proprio all’Alta Corte di Giustizia. Il Tribunale riteneva infatti che la pronuncia n. 25/2013 resa dall’Alta Corte fosse opponibile al
Pt_1
e al
CP_9
che erano state parti di quel giudizio e che dunque dovesse trovare
applicazione il principio del ne bis in idem.
Ad ogni modo, il 19.11.2013, il
Pt_1
e il
CP_9
depositavano ricorso in
riassunzione davanti all’Alta Corte di Giustizia Sportiva, formulando le stesse domande
già svolte innanzi al
Org_5
All’esito del procedimento così instaurato, l’Alta Corte, con decisione n. 7/2014 del
18.2-13.3.2014, confermava la propria competenza ex art. 12-bis dello Statuto del
CP_2
conoscere la controversia oggetto del giudizio e, rilevato che la validità della delibera della Lega Serie A era già stata oggetto dell’impugnazione svolta dal Palermo innanzi
all’Alta Corte stessa con la partecipazione in giudizio del
Pt_1
- mentre il
CP_9
pur citato, era rimasto contumace – riteneva inammissibile l’impugnazione in
applicazione del ne bis in idem. L’
CP_14
considerava non dirimente il fatto che la
prima pronuncia si fosse limitata a un rigetto in rito – essendo tale circostanza
imputabile alla scelta difensiva del
Pt_1
che si era limitato a eccepire l’incompetenza
dell’Alta Corte – e riteneva inapplicabile il principio della translatio iudicii, considerando inammissibile che la parte che identifichi erroneamente il giudice competente possa riproporre le medesime domande ad altro giudice davanti a cui la stessa parte abbia già avuto la possibilità di fare valere le proprie ragioni. Da ultimo, l’Alta Corte riteneva che «nel caso di una sentenza dichiarativa dell’inammissibilità dell’appello per incompetenza del giudice adìto, ove nel frattempo siano decorsi i
termini per impugnare, il potere di impugnazione si sia definitivamente consumato, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza gravata».
Successivamente, il
Pt_1
impugnava la decisione dell’Alta Corte innanzi al TAR
Lazio, considerato competente ex artt. 3 del d.l. n. 220/2003 art. 133 lett. z) del c.p.a. Tuttavia, con sentenza n. 2441/2017 del 19.12.2016-15.2.2017 il Tribunale Amministrativo declinava la propria giurisdizione, ritenendo che la controversia vertesse su «rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti», in relazione ai quali il citato art. 3 prevede la giurisdizione del giudice ordinario. Veniva concesso termine di 3 mesi per la riassunzione della causa, a partire dal passaggio in giudicato della sentenza e ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute.
Di conseguenza, con atto di citazione in riassunzione notificato in data 14.9.2017, le
società
Pt_1
e CP_9
citavano in giudizio davanti al Tribunale di Milano gli odierni
appellati. Si costituivano il CONI, la FIGC e la Lega Serie A, mentre veniva dichiarata
contumace l
Controparte_8
Nelle more del giudizio, il Tribunale di Forlì dichiarava
il fallimento dell
CP_9
autorizzando il curatore fallimentare a proseguire il
processo innanzi al Tribunale di Milano.
Il Tribunale ambrosiano si pronunciava con sentenza n. 7959 del 3.9.2019,
dichiarando improcedibili le domande svolte dal
CP_15
dal
CP_9 e
condannando queste ultime in solido al pagamento delle spese di lite in favore di
CP_10 ,
CP_2 CP_6 .
Con atto di citazione in appello notificato in data 1.10.2019, Il
Pt_1
impugnava la
sentenza del Tribunale di Milano, chiedendone la riforma per i motivi che saranno di seguito partitamente esaminati.
Si costituivano il
CP_2
la FIGC e la Lega Serie A, depositando comparse di
costituzione e risposta e argomentando per l’inammissibilità, sotto diversi profili,
dell’appello ex adverso proposto; la
CP_10
svolgeva difese anche nel merito. Dichiarata
la contumacia di
CP_8
e del
Controparte_16
, all’udienza di precisazione
delle conclusioni del 4.3.2020 la Corte tratteneva la causa in decisione, concedendo alle
parti giorni 55 per il deposito delle comparse conclusionali e ulteriori giorni 20 per il deposito di eventuali repliche. Infine, a seguito della sospensione dei termini processuali disposta dagli artt. 83 D.L. n. 18/2020 e 36 del D.L. n. 23/2020 (convertiti rispettivamente nelle leggi n. 27/2020 e n. 40/2020), la causa è stata decisa nella camera di consiglio del 23.7.2020.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La trattazione dei motivi di appello proposti dal
Pt_1
deve prendere le mosse
dall’esame delle doglianze che censurano la sentenza del Tribunale di Milano nella parte in cui ha ritenuto “improcedibili” le domande dell’appellante volte all’accertamento dell’illegittimità della decisione dell’Alta Corte di Giustizia sportiva e della delibera della Lega Serie A. Tale aspetto è infatti prioritario rispetto al vaglio dei motivi inerenti i vizi che affliggerebbero la delibera della Lega.
La sentenza impugnata ha basato la pronuncia di improcedibilità su due diverse e autonome rationes decidendi, entrambe oggetto di gravame. In primo luogo, il Tribunale di Milano ha ritenuto che il divieto di bis in idem precludesse il riesame delle domande
del
Pt_1
in secondo luogo, il giudice di prime cure ha negato che il ricorrente potesse
invocare la translatio iudicii al fine di fare salvi gli effetti dell’impugnazione proposta
erroneamente innanzi al
Org_5
Pertanto, il giudice di prime cure ha ritenuto
«definitivamente consumato il potere di impugnazione della decisione della Corte di Giustizia Federale con la partecipazione al giudizio instaurato dal Palermo avanti all’Alta Corte di Giustizia Sportiva».
Con il primo motivo, il
Pt_1
ha svolto una pluralità di argomentazioni avverso le
statuizioni della sentenza di prime cure, lamentando:
- Errore nel non aver il primo giudice rilevato che erroneamente nel corso del giudizio innanzi agli organi della giustizia sportiva non era stata disposta la sospensione ex art. 39, comma 1 o 2, cpc, «in attesa di decidere quale organo fosse effettivamente competente a decidere e procedere quindi alla riunione
dei procedimenti» e, di poi, la riunione delle impugnazioni – da parte del
Org_5
o dell
CP_14
–, con la conseguenza che «l’autonomo giudizio
proposto dal Palermo non [avrebbe potuto] inficiare il percorso giudiziario
del
Pt_1 »;
- errore nel non aver considerato la circostanza che l
CP_14
dichiarando
precluso il (secondo) ricorso del
Pt_1
avrebbe fatto subire all’odierna
appellante «decadenze e/o rifiuto di giudicato in base alle scelte processuali e alle decadenze patite da un diverso soggetto [il Palermo, NdA]», quando il
Pt_1
avrebbe, al contrario, «sempre e tempestivamente azionato il proprio
diritto di impugnativa avanti al Giudice ritenuto competente e nel rispetto dei tempi previsti dall'ordinamento sportivo e dall'ordinamento statale» (cfr. p. 12 atto d’appello);
- mancata considerazione dell’errore in cui sarebbe incorsa la pronuncia
dell
CP_14
nella parte in cui ha ritenuto comunque tardivo il ricorso del
Novara e del
CP_9
non avvedendosi del fatto che il processo da essi
incardinato innanzi allo
Org_5
avrebbe certamente fatto salva la possibilità di
reintrodurre l’impugnazione avanti all
CP_14
stante il principio per cui non si
può avere decadenza del potere di impugnare a fronte dell’instaurazione di un giudizio avanti a un organo poi dichiaratosi incompetente (translatio iudicii);
- erronea applicazione del principio del ne bis in idem, in quanto:
- né il
Org_5
né l
CP_14
si erano pronunciati sul merito della
controversia, essendosi entrambi gli organi arrestati a una pronuncia in rito (di incompetenza il primo; di inammissibilità dell’impugnazione del Palermo e
di rigetto dell’eccezione di incompetenza svolta dal
Pt_1
il secondo), non
sussistendo dunque alcun effetto preclusivo alla riassunzione della
causa innanzi all
CP_14
-
- le domande svolte dal Palermo e dal
Pt_1
divergevano quanto alla
causa petendi, non ricorrendo dunque identicità dell’oggetto del giudizio, presupposto indefettibile per l’applicazione del ne bis in idem.
A parere del Collegio le doglianze sono infondate e vanno rigettate.
Muovendo dalla lamentata mancata considerazione dell’errore in cui sarebbe incorso il giudice sportivo, che non avrebbe sospeso il giudizio ex art. 39 cpc, si osserva che la stessa è inammissibile e infondata.
Inammissibile perché la doglianza è generica, non comprendendosi né la violazione della norma che sarebbe stata compiuta, né quale organo avrebbe errato nell’applicazione della norma citata, né quali conseguenze se ne dovrebbero trarre.
A p. 10 dell’atto di appello, infatti, si legge che «l’unica soluzione [alla contemporanea pendenza dei due giudizi, NdA], che gli organi giudicanti, ovvero quello chiamato per primo a decidere, avrebbero potuto adottare sulla base dei principi processuali vigenti sarebbe stata quella di sospendere un procedimento in attesa di decidere quale organo fosse effettivamente competente a decidere e procedere quindi alla riunione dei due giudizio», mancando qualsiasi precisa indicazione circa l’organo che avrebbe errato nel non sospendere il procedimento e le conseguenze che deriverebbero da tale violazione. A p. 12 dell’atto di appello si legge invece che «se fosse stata ritenuta – come pare
esserlo – sorta una litispendenza tra il giudizio avanti al
Org_5
e quello promosso dal
Palermo avanti alla
CP_14
allora il secondo organo adito, ovvero quello che si fosse
ritenuto incompetente, avrebbe dovuto dichiarare: “ con ordinanza la continenza” e fissare “un termine perentorio entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo giudice” o al giudice comunque competente». In tal modo si allude a un errore del secondo organo adìto – mentre, a p. 10, come visto, veniva fatto riferimento a un errore del primo organo adìto – e si prospetta come possibile una ipotesi di litispendenza o di continenza di cause, senza tuttavia indicare quale fattispecie si
sarebbe dovuta ritenere integrata nel caso di specie e quali conseguenze ne deriverebbero in punto di erroneità della pronuncia dell’Alta Corte impugnata.
Da ultimo, si rilevano profili di contraddittorietà della difesa, in quanto il riferimento all’art. 39 cpc sembra alludere a un’identicità di petitum e causa petendi tra le domande
portate all’attenzione del
Org_5
dal
Pt_1
e quelle rivolte all
CP_14
dal Palermo
(come, peraltro, è rimarcato anche dalla difesa degli appellanti, nella parte in cui evidenziano la ricorrenza del presupposto della «stessa causa»: p. 10 atto di appello) mentre le difese spese in punto di inapplicabilità del ne bis in idem ruotano (anche) attorno alla differenza tra le
doglianze svolte dal Palermo e quelle portate dal
Pt_1
(p. 14 atto di appello).
Venendo all’aspetto relativo all’infondatezza – e salva la natura assorbente del profilo di inammissibilità della doglianza in esame – si deve osservare l’inapplicabilità al caso di specie dell’invocato art. 39 cpc: non sussistono infatti né i presupposti del primo comma (litispendenza) – che avrebbe implicato la necessità per l’organo successivamente adìto (poi dichiaratosi competente) di spogliarsi della causa in favore del
Org_5
(organo precedentemente adìto, poi dichiaratosi incompetente)5 –, né del secondo comma
(continenza), primo periodo, non essendo il
Org_5
competente per la causa dinnanzi a
esso instaurata; quanto all’ipotesi di cui al secondo periodo del secondo comma (primo
giudice incompetente per la seconda causa), per farne valere la violazione il
Pt_1
avrebbe
dovuto impugnare il lodo del
Org_5
(ossia, «il giudice preventivamente adìto») dinanzi alla
Corte d’appello (cosa che non è accaduta, avendo l’odierno appellante adìto nuovamente l’ CP_14 ,
lamentando la mancata dichiarazione della continenza e la conseguente mancata fissazione del termine6.
- Il procedimento innanzi al TNAS è stato infatti incardinato il 24.6.2013, alla luce della disciplina contenuta dal “Codice dei giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e Disciplina degli Arbitri” riportata supra, nota
4. Si veda supra, nota 3, per la procedura prevista per il ricorso all’CP_14
- Le pronunce del Org_5
infatti, venivano considerate lodi impugnabili in Corte d’appello ex artt. 827 ss. cpc. Si
vedano a questo riguardo l’art. 12-ter, comma 3 dello Statuto del CP_ («Avverso il lodo, ove la controversia sia rilevante
per l’ordinamento giuridico dello Stato, è sempre ammesso, anche in deroga alle clausole di giustizia eventualmente contenute negli Statuti federali, il ricorso per nullità ai sensi dell’art. 828 del codice di procedura civile») e l’art. 28 del regolamento del TNAS («I lodi arbitrali aventi ad oggetto controversie rilevanti anche per l’ordinamento della Repubblica
sono sempre impugnabili, in conformità di quanto disposto nell’articolo 12 ter, comma 3, dello Statuto del
CP_2
7),
Il Pt_1
ha poi lamentato che l
CP_14
ritenendo precluso l’esame delle domande
portate alla sua attenzione con il ricorso del 19.11.2013, avrebbe fatto subire all’odierna appellante «decadenze e/o rifiuto di giudicato in base alle scelte processuali e alle decadenze patite da un diverso soggetto [il Palermo, la cui impugnazione della delibera della CGF era stata giudicata tardiva e mancante della previa presentazione della riserva scritta, NdA]»,
mentre il
Pt_1
avrebbe agito sempre e tempestivamente nei confronti del giudice poi
ritenuto incompetente.
Il rilievo è infondato, poiché l’Alta Corte di Giustizia ha basato il proprio dictum non sulla tardività dell’impugnazione svolta dal Palermo ma, al contrario, sulla libera scelta
del
Pt_1
di costituirsi in giudizio facendo valere soltanto l’incompetenza dell’Alta
Corte adìta dal club
Org_6
, come si desume dalla lettura di p. 12 della decisione
dell’organo sportivo: «se le attuali ricorrenti [il
Pt_1
e il Palermo, NdA], avessero
prospettato in quella sede in via autonoma e tempestiva (sia pure in forma incidentale e subordinata) le loro censure avverso la delibera della Lega e avverso la pronuncia della CGF, la conferma della dichiarazione di inammissibilità dell’intervento del Palermo dinanzi alla CGF non sarebbe stata di ostacolo all’esame delle questioni di merito, che avrebbero trovato autonomo e legittimo ingresso nel procedimento dinanzi all’Alta
Corte e nella decisione. Ma così non è stato: ed anzi, la società
Pt_1
costituitasi nel
procedimento promosso dal Palermo dinanzi all’Alta Corte, ne ha sostenuto l’incompetenza […]».
Queste considerazioni, tuttavia, non sarebbero sufficienti se si ritenesse che il
Pt_1
aveva diritto ad adìre l
CP_14
con salvezza degli effetti della domanda
previamente svolta innanzi al
Org_5
rivelatosi poi incompetente.
anche in presenza della cosiddetta “clausola di giustizia” eventualmente contenuta negli statuti, regolamenti e accordi di cui all’articolo 2, commi 1 e 3, con i mezzi previsti dal codice di procedura civile»).
La natura arbitrale del procedimento innanzi allo Org_5 era stata riconosciuta anche dal Consiglio di Stato: «l'arbitrato
presso il Org
è rituale e la impugnazione del suo lodo è conosciuta dal giudice ordinario, potendosi fare valere davanti
alla Corte d'appello i vizi propri di nullità del lodo ex art. 828 c.p.c.» (Consiglio di Stato 1602/2015 e 3983/2014).
È dunque centrale l’esame dei profili relativi al ne bis in idem e al diniego della possibilità di effettuare una translatio iudicii, da cui il Tribunale di Milano ha fatto derivare la ritenuta “consumazione” del potere di impugnazione del Novara.
Quanto al ne bis in idem, il
Pt_1
lamenta l’erroneità della sentenza del Tribunale
ambrosiano nella parte in cui non ha riconosciuto l’errore della pronuncia dell
CP_14
che aveva ritenuto applicabile il principio de quo nonostante la diversità delle domande
portate alla sua attenzione dal Palermo e all’attenzione del nonostante la natura in rito delle pronunce di entrambe gli organi.
Org_5
dal
Pt_1 e
Il Tribunale di Milano ha infatti confermato la decisione dell’Alta Corte, rigettando entrambi i rilievi – essendo l’oggetto di entrambe le cause da identificare nella
«medesima delibera federale e nella medesima decisione della Corte di Giustizia Federale che sull’impugnativa di detta delibera si era pronunciata» – e osservando che
la natura in rito della pronuncia dell
CP_14
era da imputare alla scelta processuale del
Pt_1
che aveva ritenuto di non difendersi nel merito innanzi all
CP_14
Al riguardo, va premesso che è corretto il principio affermato dalla difesa del
Pt_1
secondo il quale gli effetti preclusivi (o c.d. “negativi”) del giudicato
conseguirebbero soltanto a pronunce che abbiano statuito sul merito della controversia
(c.d. “giudicato sostanziale”), rimanendo estranei alle mere pronunce in rito, suscettibili di passare soltanto in giudicato “formale”: trattasi di principio seguito in varie occasioni anche dalla giurisprudenza di legittimità7. Il richiamo agli effetti preclusivi del giudicato
- Cass. civ. 26377/2014: « La pronuncia "in rito" dà luogo soltanto al giudicato formale, con la conseguenza che essa produce effetto limitato al solo rapporto processuale nel cui ambito è emanata e, pertanto, non è idonea a produrre gli effetti del giudicato in senso sostanziale. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la pronuncia d'inammissibilità della domanda di risarcimento danni da circolazione stradale per mancato rispetto dello "spatium deliberandi" accordato all'assicurazione ex art. 22 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, costituisce giudicato formale, e non preclude la riproposizione in altro giudizio)».
Cass. civ. 18160/2015: «La sentenza che dichiari insussistente l'interesse ad agire è una decisione di rito, sicché è inidonea a spiegare efficacia di giudicato al di fuori del processo nel quale è pronunciata».
Cass. civ. 26178/2017; 3291/2013; 17248/2003: «Le sentenze che statuiscono sulla competenza - ad eccezione delle decisioni della S.C. in sede di regolamento di competenza - non sono suscettibili di passare in cosa giudicata in senso sostanziale, poiché la decisione sulla questione di competenza, emessa dal giudice di merito con sentenza non più impugnabile, dà luogo soltanto al giudicato formale, il quale si concreta in una preclusione alla riproposizione della
questione soltanto davanti al giudice dello stesso processo, ma non fa stato in un distinto giudizio promosso dalle stesse parti dinanzi ad un giudice diverso».
appare quindi, di per sé solo, insufficiente a giustificare la declaratoria di inammissibilità
pronunciata dall
CP_14
e confermata dal Tribunale di Milano.
Tuttavia, ciò che appare assolutamente dirimente nel caso di specie e assorbente
rispetto a ogni doglianza del
Pt_1
è la circostanza che, a causa delle spiccate
peculiarità del sistema impugnatorio pro tempore vigente all’interno della giustizia sportiva (che prevedeva la compresenza di due organi competenti a giudicare sulle decisioni emesse dagli organi di giustizia c.d. “endofederale” - seppur, ovviamente, secondo una ripartizione di compiti), la medesima decisione della Corte di Giustizia Federale della FIGC sia stata impugnata
davanti a due organi diversi e che, in tale frangente, il
Pt_1
abbia scelto di delimitare
la cognizione dell
CP_14
adìta – per quanto riguarda i motivi di gravame da esso
proposti – alla sua sola incompetenza a giudicare sull’appello proposto dal Palermo, senza svolgere motivi attinenti al merito della delibera.
Se infatti il mero richiamo agli effetti preclusivi del giudicato non sembra sufficiente
- trattandosi, come detto, di principio attinente alle pronunce che abbiano statuito sul bene della vita controverso –, ritiene questa Corte che i principi di economia processuale, di concentrazione del giudizio, di autoresponsabilità delle parti e di divieto di venire contra factum proprium valgano a giustificare la declaratoria di improcedibilità (rectius, inammissibilità) del ricorso al Tribunale di Milano per «consumazione del potere
di impugnazione» e precludano al
Pt_1
di adìre nuovamente un organo a cui era già
stato devoluto il giudizio sulla correttezza della medesima decisione di cui il
Pt_1
intendeva dolersi (quella emessa dalla CGF, con ciò superandosi anche la possibile obiezione della – solo apparente – diversità dell’oggetto del giudizio, trattandosi al contrario di gravame avente a oggetto
la stessa decisione impugnata dal
Pt_1 .
Infatti, nell’ordinamento processualcivilistico vige un principio di consumazione dell’impugnazione, «per effetto del quale, una volta che la parte abbia esercitato tale potere, esaurisce la facoltà di critica della decisione che lo pregiudica, senza che possa proporre una successiva impugnazione, salvo che la prima impugnazione sia invalida,
non sia stata ancora dichiarata inammissibile o improcedibile e venga rispettato il termine di decadenza previsto dalla legge»8.
Tale principio, per esempio, onera «la parte alla quale siano stati notificati da soggetti diversi due ricorsi per cassazione avverso la medesima sentenza (l'uno principale e l'altro incidentale), ove intenda proporre anch'essa ricorso incidentale, [di] farlo con un unico atto per non consumare il proprio potere d'impugnazione»9; ancora, il medesimo principio ha portato la Suprema Corte ad affermare che «la proposizione del ricorso principale per cassazione determina la consumazione del diritto di impugnazione, con la conseguenza che il ricorrente, ricevuta la notificazione del ricorso proposto da un'altra parte non può introdurre nuovi e diversi motivi di censura con i motivi aggiunti, né ripetere le stesse censure già avanzate con il proprio originario ricorso mediante un successivo ricorso incidentale, che, se proposto, va dichiarato inammissibile […]»10. Il principio richiamato onera quindi la parte che voglia dolersi di una pronuncia precedente di proporre tutte le sue lamentele alla prima occasione possibile – sia che questa origini dall’iniziativa processuale altrui, sia che questa derivi dalla propria autonoma iniziativa –, pena la “consumazione” del proprio potere di impugnazione e la conseguente impossibilità di portare successivamente ulteriori doglianze avverso la medesima pronuncia.
Ebbene, di tale principio pare potersi fare applicazione anche nel caso di specie per
confermare la dichiarazione di inammissibilità pronunciata dalla seconda
CP_14
e fatta
propria dal Tribunale di Milano. Deve infatti ritenersi precluso al
Pt_1
di riportare
all’attenzione dell
CP_14
la medesima decisione della CGF, essendo stata la squadra
piemontese già chiamata a partecipare a un giudizio di impugnazione avverso la medesima decisione di cui aveva intenzione di dolersi e avendo scelto di difendersi
- Cass. civ. 24332/2016 ha fatto applicazione del principio, affermando che «Pertanto, ove la stessa sentenza di appello venga impugnata tempestivamente con due identici ricorsi per cassazione, proposti l’uno di seguito all’altro, si pongono due sole alternative, a seconda che il primo di essi abbia, o meno, validamente introdotto il giudizio di legittimità: nell’un caso, il ricorso successivamente proposto va dichiarato inammissibile; nell’altro, invece, deve essere esaminato in ragione dell’inammissibilità del primo».
9 Cass. civ. 137/2012.
10 Cass. civ. 2568/2012.
limitandosi a eccepire l’incompetenza dell’organo adìto, invece di far valere anche
innanzi all
CP_14
tutti i motivi di gravame portati innanzi al
Org_5
Pertanto, nei confronti dell’appellante si deve ritenere maturata la preclusione a ri-
adire l
CP_17
per far valere le ulteriori doglianze rimaste inespresse nel corso del
giudizio instaurato dal club siciliano.
D’altronde, neppure sembra trascurabile il rilievo che, approcciando la problematica
de qua dal solo profilo dell’applicabilità del principio del ne bis in idem, si
permetterebbe al
Pt_1
di giovarsi di un risultato (la natura di mero rito della prima
pronuncia dell’Alta Corte, pure sufficiente a rendere inoperante la preclusione di giudicato) che deve piuttosto imputarsi a sue precise scelte e comportamenti processuali (risultato che, se
consentito, importerebbe una decisa violazione dei già richiamati principi, permettendo al
Pt_1 di
riportare all’attenzione dell’ CP_14
la delibera della CGF). Allo stesso modo, non pare
trascurabile il richiamo compiuto dalla difesa della
CP_6
(con affermazioni rimaste ex
adverso incontrastate) alla esistenza, all’epoca dei fatti processuali di cui si discute, di un
orientamento dell
CP_14
che riconosceva la propria competenza in materia di riparto dei
proventi derivanti dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi ai sensi del d.lgs. n. 9/2008. Circostanza che incide sfavorevolmente sul comportamento processuale del
Pt_1 1.
Quanto al profilo della translatio iudicii, il
Pt_1
si duole del diniego a riassumere
innanzi all
CP_14
il giudizio instaurato davanti al
Org_5
dato che tale giudizio era stato
promosso nel rispetto del termine di decadenza previsto per l’impugnazione al Tribunale Nazionale delle decisioni emesse dagli organi endofederali.
Al riguardo, va premesso che sembra davvero dubbia l’applicabilità al caso di specie del principio della translatio iudicii. Infatti, se è senz’altro vero che le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno affermato che «l'appello proposto davanti ad un giudice diverso, per territorio o grado, da quello indicato dall'art. 341 c.p.c. non determina
11 Cfr la costituzione della CP_
ex art. 12 codice TNAS, pp. 2 ss., che richiama le decisioni n. 30 del 21.12.2011; n.
15 del 14.6.2012 e, soprattutto, n. 21 del 20-22.12.2010.
l'inammissibilità dell'impugnazione, ma è idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente attraverso il meccanismo della "translatio iudicii"» (Cass. civ. SSUU 18121/2016), la giurisprudenza successiva ha escluso l’operatività dell’istituto nei casi di erronea individuazione del mezzo di impugnazione, versandosi in ipotesi di inammissibilità radicale dell’impugnazione proposta a un giudice funzionalmente incompetente per grado e di utilizzo di uno strumento processuale radicalmente erroneo12.
Nel caso di specie, alla luce della peculiare articolazione della giustizia sportiva nel
sistema pro tempore vigente, pare che il ricorso a un organo arbitrale le cui decisioni sono impugnabili in Corte d’appello ex artt. 827 ss. cpc – in luogo del ricorso a un
organo (l’ CP_14
svolgente funzioni amministrative di natura giustiziale, le cui
determinazioni sono impugnabili innanzi al TAR facendo valere i vizi del provvedimento – sia assimilabile più al caso di «utilizzo di uno strumento processuale radicalmente erroneo» che al caso – per cui le SS.UU. hanno affermato l’operatività della translatio iudicii – di mera proposizione dell’appello a un giudice (sempre di appello, ma) – incompetente per territorio.
In ogni caso, anche volendo prescindere dall’aspetto appena richiamato, l’applicabilità al caso di specie del principio di consumazione dell’impugnazione è assorbente, in quanto, se è vero quanto si è detto nelle pagine precedenti, per aggirare la preclusione derivante
dalle sue stesse scelte processuali il
Pt_1
non può nemmeno invocare la translatio
iudicii. Resta infatti la circostanza che la squadra piemontese ha partecipato al giudizio “di appello” avente a oggetto la medesima decisione di cui intendeva chiedere la riforma, limitandosi a lamentare l’incompetenza dell’Alta Corte adìta dal Palermo senza
12 Cass. civ. 10419/2020; 5712/2020; 25078/2016: «L'erronea individuazione del mezzo di impugnazione (nella specie, l'appello, in luogo del ricorso per cassazione, avverso sentenza definitoria di una opposizione ex art. 617 c.p.c.) impedisce l'insorgenza di un obbligo per il giudice adito di operare la "translatio iudicii" in favore di quello competente sul corretto mezzo di impugnazione, e ciò in ragione della inammissibilità radicale ed insanabile della impugnazione erroneamente proposta dinanzi al giudice funzionalmente incompetente per grado. Non si è trattato di non aver correttamente individuato l'organo giudiziario innanzi al quale proporre il gravame, bensì di aver utilizzato uno strumento processuale erroneo perché radicalmente diverso da quello corretto».
proporre doglianze di merito e così esaurendo la propria possibilità di censurare la
decisione della CGF dinanzi all
CP_14
Un ulteriore ostacolo all’applicabilità del principio invocato va ravvisato nel fatto che il
Org_5
non aveva autorizzato la riassunzione innanzi all
CP_14
– proprio in
considerazione del procedimento già incardinato dal Palermo – e che avverso tale
pronuncia il
Pt_1
non ha proposto impugnazione dinanzi alla Corte d’appello.
Pertanto, per sanare il proprio errore nell’individuazione del giudice competente ed
evitare la consumazione del proprio potere di impugnazione, il
Pt_1
avrebbe dovuto
riproporre ex art. 358 cpc un ricorso all’Alta Corte completo delle doglianze sul merito
della decisione avversata, prima della (prima) pronuncia in rito dell
CP_14
e del decorso
dei termini per l’impugnazione della determinazione endofederale davanti all
CP_14 3.
Oppure, anche se la prima soluzione prospettata sembra senz’altro preferibile, avrebbe
dovuto impugnare il lodo
Org_5
nella parte in cui non aveva concesso la riassunzione.
In difetto di tale attività, deve essere confermata la pronuncia di improcedibilità (rectius,
inammissibilità) del giudizio incardinato dal
Pt_1
innanzi al Tribunale di Milano.
Restano quindi assorbite le altre eccezioni sollevate e in particolare quelle della
CP_6
relative alla mancata notifica della citazione di primo grado alle altre squadre
beneficiarie del contributo
Org_1
e alle altre società facenti capo alla
CP_10 .
Il CP_2
ha chiesto la condanna del
Pt_1
ex art. 96 cpc, per avere l’appellante
reiterato le proprie domande, nonostante l’evidente carenza di interesse ad agire rispetto
al CP_2
e di legittimazione passiva di quest’ultimo. Osserva il
CP_2
da un lato, che
il Pt_1
non potrebbe trarre nessuna utilità dalla sua presenza in giudizio o
13 In applicazione di quanto affermato per esempio da Cass. civ. 18604/2014: «Il principio di consumazione dell'impugnazione non esclude che, fino a quando non intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere proposto un secondo atto di impugnazione, immune dai vizi del precedente e destinato a sostituirlo, purché esso sia tempestivo, requisito per la cui valutazione occorre tenere conto, anche in caso di mancata notificazione della sentenza, non del termine annuale, che comunque non deve essere già spirato al momento della richiesta della notificazione della seconda impugnazione, ma del termine breve, che decorre dalla data di proposizione della prima impugnazione, equivalendo essa alla conoscenza legale della sentenza da parte dell'impugnante». Si vedano anche Cass. civ. 4754/2018 e 14214/2018. Nel caso di specie, posto un termine di 30 giorni per l’impugnazione delle delibere endofederali (cfr art. 4, comma 1 Codice dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva e art. 10 Codice dei giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e disciplina degli arbitri), il secondo ricorso all’CP_14 è del 19.11.2013, mentre la delibera della CGF
risale al 14.3.2013. Il ricorso del Palermo all’CP_14 è stato invece notificato il 24.6.2013.
dall’opponibilità della sentenza a esso e che nemmeno sono state formulate domande specifiche nei suoi confronti; dall’altro lato, che non è possibile «chiamare in causa un organo giudicante neppure indirettamente, attraverso l’Ente o lo Statuto che lo ha
istituito» (pp. 26 ss. Comparsa di risposta
CP_2 .
La CP_6
ha chiesto la condanna del
Pt_1
ex art. 96, comma 3, cpc, in quanto «la
proposizione di un appello, con cui si reiterano le medesime difese dei molteplici gradi
di giudizio precedenti, che hanno visto il
Pt_1
sempre soccombente, giustifica la
richiesta di condanna ai sensi dell’art. 96, comma 3, cpc».
Il Collegio ritiene che non sussistano i presupposti per la condanna richiesta dai due enti.
Invero, le pronunce dell
CP_14
sono normalmente ricorribili innanzi al TAR – attesa
la funzione amministrativa giustiziale svolta dall’Alta Corte e la natura provvedimentale delle sue decisioni – e che il presente giudizio origina proprio dalla riassunzione del giudizio incardinato inizialmente presso il giudice amministrativo, non sembrando allora che possa ammontare a «mala fede o colpa grave» la citazione in giudizio anche del
CP_2
a parte del
Pt_1
A ciò deve sommarsi l’incertezza che caratterizza(va) sia l’inquadramento della natura degli organi della giustizia sportiva – tanto che il sistema attuale si connota per la presenza di un solo organo giustiziale, il Collegio di Garanzia dello Sport –, sia – e soprattutto – il riparto di giurisdizione tra la giustizia sportiva e quella statuale. Anzi, proprio di tale incertezza è emblematico lo svolgimento del presente giudizio, in cui al giudice ordinario è stata demandata ex art. 3 del d.l. n. 220/2003 la cognizione su una
decisione dell
CP_14
quando, normalmente, tali decisioni sono ricorribili al TAR –
proprio per la loro natura provvedimentale – mentre alla Corte d’appello (e, si noti, non al
Tribunale) spetta la cognizione sui lodi emanati dal
Org_5
Le considerazioni da ultimo esposte valgono anche a rigettare la domanda formulata
dalla
CP_6
, difettandone il presupposto soggettivo.
Venendo ora alle spese del presente grado, considerati il valore indeterminabile della lite, l’esito del giudizio, la qualità e la quantità delle questioni trattate, la non novità delle argomentazioni proposte rispetto a quelle già svolte (nel corso dei numerosi precedenti gradi di giudizio) e il conseguente impegno difensivo richiesto e concretamente prestato, il numero delle parti coinvolte, nonché i criteri e i parametri tutti di legge (D.M.
55/2014 e D.M. 37/2018), pare congruo porle a carico dell’appellante
Parte_1
per intero e liquidarle in complessivi € 12.000,00 per compensi, oltre forfetarie (15%) e
oneri di legge, esclusivamente in favore della
Controparte_1
Non si ritiene infatti di liquidare le spese processuali in favore del
CP_2
e della
CP_6
, trattandosi di soggetti nei confronti dei quali il
Pt_1
non ha svolto domande –
l’unica domanda essendo stata formulata nei confronti della
CP_10
- e rispetto ai quali,
dunque, l’appello deve ritenersi essere stato notificato ai soli fini della litis denuntiatio ex art. 332 cpc. Risulta invero pienamente condivisibile l’orientamento in proposito espresso dalla Suprema Corte (Cass. civ. 24944/2019; Cass. civ. 5508/2016; Cass. civ. 2208/2012) secondo il quale, in assenza di vocatio in ius e, quindi, di soccombenza rispetto ai soggetti a cui l’appello era stato notificato soltanto ai fini citati, la costituzione in giudizio di questi ultimi si deve ritenere inutile, con conseguente irripetibilità delle relative spese.
P Q M
La Corte d’appello di Milano, disattesa o assorbita ogni contraria o ulteriore domanda,
istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando in contumacia del
Controparte_9
[...]
provvede:
e di
Controparte_8
e nel contraddittorio delle altre parti, così
- rigetta l’appello proposto da
Parte_1
avverso la sentenza n. 7959
resa in data 3.9.2019 dal Tribunale di Milano, che dunque conferma;
- condanna l’appellante a rifondere a
Controparte_1 le
ulteriori spese del grado, che liquida in complessivi € 12.000,00, oltre spese generali (15%) e oneri di legge;
- dà atto che, per effetto della presente decisione, sussistono a carico dell’appellante i presupposti di cui all’art. 13 comma 1-quater DPR 115/2002, per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art. 13 comma 1- bis DPR 115/2002.
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 23 luglio 2020
Il presidente est. Domenico Bonaretti