CORTE DI APPELLO DI NAPOLI – SENTENZA N. 436/2022 DEL 04/02/2022
composta dai magistrati:
LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
PRIMA SEZIONE CIVILE
- dott. Fulvio Dacomo Presidente rel.
- dott. Antonio Mungo Consigliere
- dott. Francesco Gesuè Rizzi Ulmo Consigliere riunita in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di impugnazione di lodo arbitrale iscritto al n. 958/2019 del ruolo generale degli affari civili contenziosi, vertente
Parte_1
(c.f.
tra
CodiceFiscale_1
), nato a Napoli il 06.08.1981, rapp.to e
difeso, in virtù di procura rilasciata in calce all’atto di impugnazione, dall’avv. Aniello Natale (c.f.
CodiceFiscale_2
), per quanto ancora occorrer possa domiciliato presso la Cancelleria della
Corte d’Appello, in mancanza di elezione di domicilio nel Comune di Napoli,
e
- impugnante -
CP_1
(c.f.
CodiceFiscale_3
), nato a Napoli il 15.11.1976, in proprio e quale
legale rappresentante della
Controparte_2
(c.f.
P.IVA_1
), con sede in Napoli, Via
Scarlatti n. 153, rappresentati e difesi, giusta procura su foglio separato allegato alla comparsa di
costituzione e risposta, dall’avv. Enrico Maria Buonfantino (c.f.
studio in Napoli, Galleria Vanvitelli n. 33,
CodiceFiscale_4
, con
- impugnati -
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E CONCLUSIONI
Con atto notificato il 22.2.2019,
Parte_1
impugnava il lodo arbitrale, emesso il
23.10.2018 e notificatogli in data 20.12.2018, con il quale il collegio arbitrale a maggioranza aveva
respinto le questioni inerenti il difetto di giurisdizione e/o competenza e, nel merito, respinta
l’eccezione di prescrizione, l’aveva condannato al pagamento in favore di
CP_1 in
proprio e quale legale rappresentante della
Controparte_2
degli importi di 31.692,05 € e
di 78.465,75 €, quali compensi pattuiti per l’attività di mandato svolta dagli impugnati in relazione al contratto con cui la società sportiva Lazio il 27.6.2008 si era assicurata le sue prestazioni calcistiche.
Deduceva l’impugnante la nullità del lodo per incompetenza degli arbitri, “ai sensi dell’art. 829 comma 4 c.p.c., in combinato con l’art. 817 c.p.c.”, in quanto l’art. 11 del contratto sottoscritto il 29.1.2008 aveva devoluto ogni controversia ad un arbitrato rituale amministrato dalla Camera
Arbitrale costituita presso la
CP_3
e tale clausola non poteva essere interpretata, come fatto dalla
Corte d’Appello di Napoli nella sentenza n. 3127/2017 (che aveva accolto l’eccezione di difetto di
giurisdizione nel giudizio di opposizione ai decreti ingiuntivi ottenuti dal
CP_1 ), nel senso di
fondare una competenza arbitrale generica o comunque riferibile all’arbitrato rituale di cui all’art.
806 e ss. c.p.c., avendo invece le parti inteso riferirsi alla giustizia sportiva amministrata dalla CP_3
(la Camera Arbitrale presso la CP_3
e, ad esito della sua soppressione, il Collegio di Garanzia dello
Sport); la sentenza sulla competenza resa dalla Corte d’Appello, inoltre, non era passibile di costituire giudicato esterno, spiegando effetti solo davanti al giudice dello stesso processo e non anche al di fuori del processo in cui era stata resa.
Instava pertanto, previa sospensione della efficacia esecutiva del lodo, per la declaratoria di sua nullità con vittoria di spese di lite e distrazione in favore del procuratore.
Si costituivano in giudizio gli impugnati, deducendo l’inammissibilità dell’impugnazione in quanto i motivi dedotti non avevano alcun collegamento con la norma richiamata dell’art. 829 comma 4 c.p.c.; evidenziando che il lodo aveva seguito pedissequamente le indicazioni rese dalla Corte d’Appello con la sentenza n. 3127/2017, passata in giudicato; che non esisteva alcuna altra autorità federale deputata a conoscere della controversia, in quanto il Collegio di Garanzia dello
Sport previsto dal
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on aveva alcuna competenza nelle controversie patrimoniali tra agenti e
calciatori. Concludeva per la declaratoria di inammissibilità dell’appello e per il suo rigetto, con
vittoria di spese di lite e distrazione in favore del procuratore.
Precisate le conclusioni all’udienza collegiale del 22.12.2021, la causa passava in decisione, previo decorso dei termini ridotti di giorni 20 + 20, ai sensi dell’art. 190 c.p.c., concessi per il deposito di comparse conclusionali e repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente detto che alla presente controversia si applica il testo degli artt. 827 e
seguenti c.p.c. nel testo novellato dal d. lgs. n. 40/2006, normativa questa che si applica agli arbitrati la cui domanda sia stata proposta dopo l’entrata in vigore del citato decreto legislativo (2.3.2006) e pertanto anche al presente, iniziato con domanda proposta 8.9.2017, in base alla clausola arbitrale contenuta nel contratto di mandato sottoscritto dalle parti in data 29.1.2008.
Va ancora premesso che, per quel che rileva ai fini della presente decisione, costituiscono principi saldamente affermati dalla giurisprudenza di legittimità, tra loro collegati, e qui ribaditi non ravvisandosi ragioni per discostarsene (cfr. anche Cass. n. 11950/2003, che:
- il giudizio di impugnazione per nullità del lodo disciplinato dagli artt. 828 e ss. c.p.c. è rigorosamente circoscritto ai motivi di nullità dedotti nell'atto introduttivo (v., tra le tante, Cass. n. 12165/2000);
- pertanto, nel corso di quel giudizio le parti non possono aggiungere altri motivi di nullità; inoltre, il giudice dell'impugnazione non ha il potere di prendere in considerazione motivi diversi da quelli addotti dalle parti (cfr. Cass., n. 12165/2000 e n. 2307/2000);
- i motivi di impugnazione sono esclusivamente quelli previsti in modo tassativo dall'art. 829 c.p.c. (v. Cass. n. 8029/2000 e Cass. n. 12165/2000);
- nell'atto di impugnazione la parte ha l’onere di indicare non solo il capo della pronuncia che intende impugnare, ma anche il motivo di nullità fatto valere (v. Cass. 6194/1996); e, nell’ipotesi in cui denunci la violazione di una norma di diritto, il principio di diritto che si assume essere stato violato dagli arbitri (Cass. n. 5350/1999).
L’art. 829 comma 4 c.p.c., infatti, prevede i casi in cui è sempre ammessa l’impugnazione del lodo per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia, tra le quali non rientra la fattispecie, non trattandosi di controversie disciplinate dall’art. 409 c.p.c. né trattandosi di risolvere questioni pregiudiziali su materie che non possono essere oggetto di convenzione di arbitrato.
Il motivo di impugnazione richiamato appare dunque inconferente sia con la motivazione resa dagli arbitri sia con lo sviluppo motivazionale dell’impugnazione.
L’atto di impugnazione potrebbe essere individuato come riferibile all’art. 829 comma 1 n. 4
c.p.c. (ritenendosi frutto di errore materiale il riferimento all’art. 829 comma 4), secondo cui
l’impugnazione per nullità è ammessa se il lodo ha pronunciato fuori dai limiti della convenzione di arbitrato o ha deciso il merito della controversia in ogni altro caso in cui il merito non poteva essere deciso, ma anche in tal caso l’impugnazione sarebbe inammissibile. In primo luogo, infatti, il motivo di appello si limita ad affermare essere errata la motivazione svolta dal Collegio Arbitrale, in quanto non corrispondente alla volontà delle parti e non vincolata dalla sentenza della Corte d’Appello, passata in giudicato, che aveva già affermato la competenza degli arbitri di cui al c.p.c., senza però provvedere ad una specifica censura del percorso motivazionale reso dagli arbitri per giungere ad una affermazione della propria competenza. E va detto che non è ammissibile la proposizione di mere osservazioni critiche nei confronti della decisione sfavorevole, volte a promuovere una diversa e più favorevole interpretazione rispetto a quella formulata dagli arbitri, senza indicazione degli errori di diritto in cui essi sarebbero caduti, poiché in tal modo non si chiede una valutazione di legittimità, ma un totale riesame del merito della controversia.
Inoltre, viene richiesta dall’impugnante a questa Corte di procedere ad una diversa valutazione della volontà contrattuale delle parti, come espressa nella clausola compromissoria contenuta nel contratto di mandato del 29.1.2008, senza però provvedere a produrre in giudizio l’elemento cardine della attività interpretativa, ovvero proprio il contratto di mandato. L’impossibilità pertanto di provvedere ad una diversa interpretazione della volontà delle parti, per mancanza di produzione del contratto, determina comunque l’inammissibilità dell’impugnazione.
Infine, secondo principi largamente consolidati della Suprema Corte (cfr. sul punto Cass. n. 21177/2019, va detto che è ormai pacifico che, in materia di arbitrato, “L'eccezione di compromesso sollevata innanzi al giudice ordinario, adito sebbene la controversia sia stata deferita ad arbitri, attiene al merito e non alla giurisdizione o alla competenza, in quanto i rapporti tra giudici ed arbitri non si pongono sul piano della ripartizione del potere giurisdizionale tra giudici, ed il valore della clausola compromissoria consiste proprio nella rinuncia alla giurisdizione ed all'azione giudiziaria; ne deriva che, seppure formulata in termini di accoglimento o rigetto di una eccezione di incompetenza, la decisione con cui il giudice, in presenza di una eccezione di compromesso, risolvendo la questione così posta, chiude o non chiude il processo davanti a sé, deve essere considerata come decisione pronunciata su questione preliminare di merito, perché inerente alla validità o all'interpretazione del compromesso o della clausola compromissoria, con la conseguenza che essa deve essere impugnata mediante appello, formandosi il giudicato ove questo non sia proposto”. Ne consegue dunque anche sotto tale profilo la inammissibilità dell’impugnazione, per essersi formato il giudicato sulla eccezione di compromesso, non essendo stata impugnata la sentenza della Corte d’Appello n. 3127/2017.
L’impugnazione deve pertanto essere dichiarata inammissibile e va condannato
l’impugnante alla rifusione in favore degli impugnati delle spese di lite del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, ai sensi del d.m. n. 55/2014, con esclusione del compenso previsto per la fase istruttoria, in quanto non svoltasi.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’impugnante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la presentazione dell’impugnazione. Tale norma è infatti applicabile anche al giudizio di impugnazione di lodo arbitrale, in considerazione della generica terminologia utilizzata dalla norma, e del sostanziale avvicinamento delle impugnazioni dei lodi ex art. 828 c.p.c. a quelle dei provvedimenti emessi dall’A.G..
P.Q.M.
La Corte di Appello di Napoli, Prima Sezione civile, definitivamente pronunziando sulla
impugnazione proposta da
Parte_1
nei confronti di
CP_1
e della
[...]
CP_2
avverso il lodo sottoscritto in Napoli, in data 23 e 26 ottobre 2018, dal collegio
arbitrale composto dagli avv. Luciana Verde, Flavia Tortorella e Giuseppe Marotta, così provvede:
-----Dichiara inammissibile l’impugnazione, e condanna
Parte_1
alla rifusione in
favore degli impugnati delle spese di lite del presente procedimento, che si liquidano in complessivi 8.000,00 € per compensi, oltre 15% rimborso forfettario spese generali; con distrazione in favore dell’avv. Enrico Maria Buonfantino, ai sensi dell’art. 93 c.p.c..
-----Dichiara sussistenti i presupposti di cui all'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la presentazione dell’impugnazione.
Così deciso in Napoli il 2.2.2022.
Il Presidente est. dr. Fulvio Dacomo