CORTE DI APPELLO DI ROMA– SENTENZA N. 4431/2023 DEL 19/06/2023
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA SEZIONE V CIVILE
Il Collegio così composto:
dott.ssa Marianna D’Avino Presidente
dott.ssa Maria Grazia Serafin Consigliera
dott.ssa Fiorella Gozzer Consigliera relatrice
riunito in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al Ruolo generale affari contenziosi al numero 5567/2017, posta in deliberazione il giorno 27/04/2023, vertente
tra
Parte_1
C.F.
C.F._1 ),
rappresentato e difeso dall’Avv. GIUSEPPE DI CARLO;
e
- appellante -
CP_1
(C.F.
C.F._2 ,
rappresentato e difeso dall’Avv. MATTIA GRASSANI
OGGETTO: appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 12587/2017
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
- appellato -
- Parte_1
ha proposto appello avverso la sentenza (indicata in epigrafe) con la quale il
Tribunale di Roma ha dichiarato la propria incompetenza in relazione alle domande da lui avanzate
nei confronti del calciatore
CP_1
, tese ad ottenere, l’una, il pagamento dei compensi per
l’attività svolta, nella veste di agente sportivo, in favore dell’atleta e finalizzata al trasferimento di quest’ultimo presso una società calcistica italiana; l’altra, il risarcimento del danno all’immagine professionale subìto per effetto del comportamento dell’atleta.
- Il Tribunale ha rilevato “la fondatezza dell’eccezione d’incompetenza” svolta dalla difesa di
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“in considerazione della competenza arbitrale prevista nell’ambito dell’ordinamento sportivo”. Il
Tribunale ha, pertanto, disatteso la domanda proposta da pagamento delle spese di lite.
Parte_1
e condannato il medesimo al
- Parte_1
ha proposto gravame contro la sentenza di primo grado, dolendosi della decisione
di ritenere la controversia sottratta alla cognizione del giudice ordinario (primo motivo di appello),
nonché della liquidazione delle spese processuali (secondo motivo di appello). Con il proprio atto di appello ha, quindi, riproposto, previa sospensione dell’esecutività della sentenza, le domande di
condanna di
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al pagamento del corrispettivo per l’attività professionale svolta in favore di
questi, nonché al risarcimento del danno alla reputazione professionale subìto; con vittoria delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
- Evocato nel presente giudizio, si è costituito
CP_1
, il quale si è opposto alla sospensione
dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata; ha domandato dichiararsi l’inammissibilità e/o improcedibilità e/o infondatezza dell’impugnazione proposta; ha riproposto l’eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Roma; ha, ad ogni modo, nel merito della vicenda, chiesto accertarsi l’infondatezza delle domande di adempimento e/o risarcimento rivolte nei suoi confronti.
- Rigettata l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza appellata, all’udienza del 17 ottobre 2022, precisate le conclusioni come in atti, la causa è stata trattenuta in decisione con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti difensivi finali. Rimessa sul ruolo istruttorio con provvedimento del 13 aprile 2023, la causa è stata nuovamente trattenuta in decisione all’udienza del 27 aprile 2023, senza assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c., per espressa rinuncia fatta dalle parti.
- Con il primo motivo di appello,
Parte_1
come anticipato, ha censurato la statuizione
d’incompetenza contenuta nella gravata sentenza.
Il giudice di prime cure ha basato la propria decisione su plurime previsioni contenute negli statuti e
nei regolamenti di
CP_2 Organizzazione_1
) e Org_2
[...] (
Organizzazione_3
), le quali devolverebbero ogni controversia, avente natura
internazionale, tra giocatori di calcio e i loro agenti al
Controparte_3
( [...]
Organizzazione_4
della
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La difesa dell’appellante ha contestato tale conclusione, osservando come l’evoluzione normativa e giurisprudenziale che ha interessato la tutela dei diritti soggettivi di natura economica degli agenti dei calciatori fondi, invero, l’opposto convincimento della competenza dell’autorità giudiziaria statale. La parte appellata, dal canto suo, ha difeso la correttezza del percorso motivazionale seguito dal giudice di prime cure.
- La statuizione del primo giudice qui in esame merita di essere riformata per le ragioni che seguono. L’art. 24 Cost. non osta a che le parti di un contratto, nel libero svolgimento della loro autonomia negoziale, decidano di rinunciare alla giurisdizione statale per rimettere ad arbitri la risoluzione di eventuali e future controversie che tra loro dovessero insorgere.
Lo strumento previsto a tal fine dall’ordinamento è l’istituto della clausola compromissoria, previsto dall’art. 808 c.p.c. Trattasi di una manifestazione di volontà contrattuale in virtù della quale le parti
si impegnano – appunto – in via preventiva a devolvere eventuali controversie che tra le s tesse dovessero insorgere, relative al contratto cui la clausola si riferisce, al giudizio degli arbitri, con sottrazione della lite alla cognizione del giudice ordinario.
L’incidenza su di un diritto di rango costituzionale, quale è quello di agire davanti all’autorità giudiziaria, spiega il requisito della forma scritta richiesto, a pena di nullità, per la conclusione della clausola arbitrale (art. 808, co. 1, secondo periodo, c.p.c., che richiama l’art. 807 c.p.c.).
Onde stabilire se il giudice nazionale sia competente o meno rispetto alla controversia relativa al rapporto contrattuale intercorso tra le odierne parti in causa occorre appurare se “nel contratto stipula[to] o in altro atto separato” (art. 808, co. 1, cit.) abbia trovato estrinsecazione, nella forma scritta prevista dalla legge ad substantiam, la comune intenzione delle parti di pattuire la clausola de qua. A tale interrogativo deve darsi risposta negativa.
Infatti, il documento contrattuale sottoscritto dalle parti (allegato come doc. 2 all’atto di citazione in appello) non reca alcuna clausola compromissoria, né quest’ultima risulta per iscritto da altro separato atto presente nel compendio documentale in atti.
Neppure può predicarsi l’inserzione automatica di una clausola siffatta per effetto delle previsioni contenute in regolamenti e statuti che dettano la disciplina propria dell’ordinamento sportivo calcistico a livello sia nazionale che internazionale. In questa sede non è dirimente stabilire l’effettiva vigenza, all’interno dell’ordinamento giuridico sezionale in parola, di un obbligo di devoluzione di controversie, del genere sottoposto all’attenzione di questa Corte, alla cognizione dell’organo
giustiziale della
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sopra menzionato. A prescindere da ciò, ad impedire qualsivoglia
eterointegrazione del contratto è la circostanza che l’asserita clausola compromissoria sarebbe imposta non già dalla legge (come richiesto dall’art. 1339 c.c.), ma da atti di autonomia organizzativa contrattuale contenuti in “carte federali” redatte da associazioni con personalità giuridica di diritto privato (così qualifica le federazioni sportive la giurisprudenza di legittimità: cfr. Cass. Cass. 835/21; Cass. 12320/2007). In assenza di richiamo espresso e per iscritto, in via negoziale, alle parti in cui tali “carte” prevederebbero obblighi di devoluzione ad arbitri, siffatte prescrizioni (pur là dove sussistenti) esauriscono i propri effetti nell’ambito dell’ordinamento di settore e non determinano alcuna modifica additiva ope legis del regolamento contrattuale in essere nell’ordinamento generale, nel senso dell’inserzione automatica di una clausola compromissoria non voluta (né in via diretta, né per relationem) dalle parti.
Alla luce delle ragioni testé esposte, il Collegio, disattesa l’exceptio compromissi sollevata da
CP_1 ,
ritiene il giudice ordinario nazionale munito di potere cognitivo in ordine alla controversia de qua.
- Va, inoltre, ricordato che “in materia di arbitrato, l’eccezione di compromesso sollevata innanzi al giudice ordinario, adito nonostante che la controversia sia stata deferita ad arbitri, pone una
questione che attiene al merito, e non alla giurisdizione o alla competenza, in quanto i rapporti tra giudici ed arbitri non si pongono sul piano della ripartizione del potere giurisdizionale tra giudici, e l’effetto della clausola compromissoria consiste proprio nella rinuncia alla giurisdizione ed all’azione giudiziaria. Ne consegue che, ancorché formulata in termini di accoglimento o rigetto di una eccezione di incompetenza, la decisione con cui il giudice, in presenza di una eccezione di compromesso, risolvendo la questione così posta, chiude o non chiude il processo davanti a sé, va considerata come decisione pronunciata su questione preliminare di merito, in quanto attinente alla validità o all’interpretazione del compromesso o della clausola compromissoria ” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26696 del 24/11/2020, Rv. 659723 – 01; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24681 del 21/11/2006, Rv. 593910; conf. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 15445 del 10/07/2007, Rv. 600423).
Da ciò consegue che non trova applicazione, nel caso di specie, il disposto dell’art. 353 c.p.c., stando al quale il giudice d’appello, se riconosce la giurisdizione negata dal primo giudice, pronuncia sentenza con la quale eccezionalmente rimanda le parti davanti a quest’ultimo.
- Con il proprio atto di costituzione nel presente giudizio
CP_1
ha riproposto l’eccezione di
incompetenza territoriale del Tribunale di Roma già sollevata in via subordinata, ma non esaminata, in primo grado. La difesa dell’atleta ha osservato come la controparte avrebbe dovuto radicare la procedura, a mente dell’art. 18, co. 1, c.p.c., avanti al Tribunale di Napoli Nord (nel cui circondario
il convenuto
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aveva la residenza) ovvero avanti al Tribunale di Napoli (nel cui circondario lo
stesso aveva il domicilio). Il convenuto ha, inoltre, escluso che la competenza del giudice capitolino potesse radicarsi in base al criterio del forum contractus di cui all’art. 20 c.p.c., in quanto egli nel settembre del 2014 (il contratto reca la data del 17 settembre 2014) non si è mai recato a Roma e, più in generale, in Italia.
L’eccezione di incompetenza territoriale, come riproposta nel presente grado di gravame, va rigettata. La giurisprudenza di legittimità ha, a più riprese, affermato che, in tema di competenza territoriale nelle cause relative a diritti di obbligazione, la disciplina di cui all’art. 38, co. 1, c.p.c., comporta che il convenuto sia tenuto ad eccepire l’incompetenza per territorio del giudice adìto con riferimento a tutti i concorrenti criteri previsti dagli artt. 18, 19 e 20 c.p.c., indicando specificamente, in relazione ai criteri medesimi, quale sia il giudice che ritenga competente, senza che, verificatasi la suddetta decadenza o risultata comunque inefficace l’eccezione, il giudice possa rilevare d’ufficio profili di incompetenza non proposti, restando la competenza del medesimo radicata in base al profilo non (o non efficacemente) contestato (Cass. n. 17020 del 04/08/2011; conf. Cass. n. 20866 del 2/10/2014; Cass. n. 17374 del 20/08/2020).
Nel caso di specie, la difesa di
CP_1
ha mancato di contestare la competenza del giudice capitolino
sotto il profilo del criterio di collegamento del forum destinatae solutionis di cui all’art. 20 c.p.c.
A ciò si aggiunga che la difesa di
CP_1 , pur negando che il Tribunale di Roma sia il giudice del
luogo in cui è sorta l’obbligazione dedotta in giudizio, giusta l’art. 20 c.p.c., ha mancato di indicare nella comparsa di costituzione in primo grado (ultimo momento processuale utile a tal fine, ai sensi dell’art. 38, co. 1, c.p.c.) quale sia il giudice ritenuto competente in virtù del criterio da ul timo menzionato.
Tanto considerato, l’eccezione in esame va rigettata, in quanto irrimediabilmente incompleta ed inefficace, con conseguente radicamento della competenza del giudice adìto in primo grado.
- Occorre ora passare all’esame delle domande già proposte (ma non esaminate) in primo grado da
Parte_1
e riproposte nella presente sede.
- Anzitutto, l’appellante ha reiterato la domanda di condanna di
CP_1
al pagamento del
compenso dovuto, in forza del rapporto contrattuale intercorso tra loro, a fronte dell’attività di intermediazione asseritamente svolta dal primo e finalizzata a far conseguire all’atleta un ingaggio presso una società calcistica della Seria A italiana.
La difesa di
CP_1
, oltre a contestare l’effettivo svolgimento dell’attività professionale allegata,
ha dedotto l’invalidità e/o inefficacia del contratto per violazione di regole dell’ordinamento sportivo, segnatamente quella che prescrive, in sede di conclusione dell’accordo, l’impiego di modelli contrattuali predisposti dal competente organo federale e quella che impone, una volta intervenuto l’accordo, il deposito del documento contrattuale presso il competente ufficio federale.
Onde sciogliere il dubbio circa la regolarità giuridica del contratto de quo occorre prendere le mosse dalla disciplina di settore (come detto, di natura privatistica) rilevante. Tenendo presente l’epoca di
conclusione dell’accordo, occorre far riferimento al Regolamento Agenti di
Controparte_4
del
2010 (introdotto con CU F.I.G.C. n. 100/A dell’8 aprile 2010), che all’art. 16 («Modalità dell’incarico»), co. 1, recita: «A pena di inefficacia, l’incarico deve essere redatto esclusivamente sui
moduli predisposti dalla Commissione Agenti, conformemente al modello
CP_2 . Tali mandati
devono, a pena di inefficacia, essere depositati o inviati, entro 20 giorni dalla loro sottoscrizione, a mezzo raccomandata a.r, presso la segreteria della Commissione Agenti».
Tanto l’uno, quanto l’altro degli adempimenti risultanti da tale disposizione risultano essere stati
omessi nel caso di specie, come correttamente posto in luce dalla difesa di
CP_1 .
Che il contratto in questione sia stato redatto su “carta libera” e non valendosi della modulistica federale all’uopo predisposta è dato non contestato da chi aveva interesse a contraddire, nonché evidente ictu oculi all’esame del documento contrattuale in atti (all. sub doc. 2 all’atto di citazione in appello), il quale non reca alcuno dei tratti distintivi dei modelli standard di matrice federale.
Parimenti incontestato è il mancato assolvimento da parte di
Parte_1
dell’obbligo di deposito
del contratto presso il (o di invio del medesimo al) competente ufficio federale.
Secondo indicazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, l’inottemperanza a tali prescrizioni è produttiva di conseguenze che non si limitano all’ambito endoassociativo.
Vero è che, come dianzi precisato, le regole dell’ordinamento sportivo, in quanto di matrice privatistica, non assurgono al rango di norme di legge (né tantomeno di natura imperativa), sicché il contratto concluso in violazione di un divieto stabilito da un regolamento federale non può, sotto tale profilo, essere dichiarato nullo ex art. 1418, co. 1, c.c.
Deve, allo stesso modo, escludersi la nullità del contratto per mancata osservanza delle forme previste dall’ordinamento sportivo, in quanto tale trasgressione non trova pari “sanzione” all’interno dell’ordinamento civile generale (ove si ritiene – per opinione tradizionale – vigere un principio di libertà delle forme).
Cionondimeno, deve tenersi presente come rispetto ai contratti atipici (quale è quello di c.d. “mandato sportivo” intercorso tra le odierne parti in causa) il giudice debba accertare, ai sensi dell’art. 1322, co. 2, c.c., se essi siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico nel suo complesso (ci cui fanno parte anche le discipline degli ordinamenti settoriali, quale è quello sportivo).
Ciò premesso, il Collegio intende dare continuità all’orientamento espresso dalla Suprema Corte secondo cui “le violazioni di regole dell’ordinamento sportivo in tema di contratto si riflettono anche sulla validità di quest’ultimo secondo l’ordinamento dello Stato, poiché, seppure non direttamente determinanti la nullità per violazione di norme imperative, incidono necessariamente sulla funzionalità del contratto, cioè sulla sua idoneità a realizzare un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, interesse da ritenere mancante allorché il contratto sia posto in essere in frode alle regole dell’ordinamento sportivo e senza l’osservanza delle prescrizioni formali all’uopo richieste”. (Nella specie, è stata ritenuta la nullità di un contratto di assistenza sportiva intercorso tra un calciatore professionista ed un avvocato, in quanto non stipulato in forma scritta
sugli appositi moduli previsti dal Regolamento degli agenti dei calciatori della
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(Cass., Sez.
3, Sentenza n. 5216 del 17/03/2015, Rv. 634660 - 01). In senso conforme si sono espressi ulteriori arresti della Corte di Cassazione (v. sentenze n. 4845/81; 3545/2004; 18807/2015).
La vicenda all’esame di questa Corte ha visto il conferimento di un incarico avvenuto senza il rispetto
delle regole di governo dell’attività procuratoria sportiva di cui al citato art. 16. Come poc’anzi già
osservato,
Parte_1
ha, infatti, omesso l’utilizzo dei moduli contrattuali predisposti dagli
organi federali. In più, una volta ricevuto l’incarico, non ha provveduto a mettere a disposizione della
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il contratto concluso.
L’inosservanza di tali prescrizioni non si risolve in una mera irritualità, se si tiene in considerazione la ragione di fondo che ne giustifica la vigenza. Tale ragione va individuata nell’esigenza di garantire
un sufficiente tasso di prevedibilità e trasparenza dei traffici giuridici all’interno di un settore, come quello dei trasferimenti di calciatori attivi ad alti livelli, attraversato da imponenti interessi finanziari, che se lasciati incontrollati potrebbero mettere a repentaglio la stessa tenuta del mondo del calcio professionistico.
Il controllo svolto dagli enti delle Federazioni non esaurisce i propri effetti benefici nell’ambito endoassociativo, ma risulta contiguo e strumentale alle funzioni di rilievo pubblicistico che l’ordinamento statuale espressamente riconosce ad esse (cfr. il D.L.vo 23 luglio 1999, n. 242 e l’art. 23 dello Statuto del C.O.N.I.).
In tale prospettiva, l’imposizione di modelli di “mandato sportivo” alimenta la diffusione di buone pratiche negoziali: la standardizzazione della contrattazione che ne risulta è funzionale al sano svolgimento dell’attività procuratoria e, più in generale, dell’attività sportiva.
L’ulteriore adempimento della messa a disposizione degli organi federali di un esemplare del contratto sottoscritto è, invece, finalizzato ad una verifica ex post, sempre nell’ottica di un controllo avente implicazioni pubblicistiche.
Tanto osservato, quanto al caso di specie, può ben concludersi che la violazione della disciplina sportiva ha compromesso la “sostanza” che sta dietro alla “forma”, il che impedisce di considerare il contratto concluso idoneo a realizzare un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Da ciò consegue l’inefficacia tout court del negozio che l’attore assume a fonte del proprio
diritto di credito. La domanda di adempimento contrattuale proposta da motivo, rigettata.
Parte_1
va, per tal
- L’appellante ha, altresì, reiterato la domanda di condanna di
CP_1
al risarcimento del danno
all’immagine professionale asseritamente sofferto per effetto della condotta del calciatore.
A ben vedere, l’attore si è limitato ad evocare la responsabilità aquiliana della controparte, senza, tuttavia, dare (con l’atto introduttivo di primo grado) né sollecitare (con la “seconda memoria” di cui all’art. 183, co. 6) la prova degli elementi costitutivi che ne costituiscono il fondamento: condotta lesiva, elemento soggettivo e danno effettivamente patito sono rimasti sforniti di supporto probatorio, né la parte interessata ha articolato richieste di mezzi istruttori idonei a suffragare le proprie asserzioni. Tutto ciò comporta l’infondatezza della domanda di risarcimento del danno non
patrimoniale proposta da
Parte_1
- Le spese di lite del precedente e del presente grado di giudizio, stante la parziale soccombenza reciproca, vanno interamente compensate.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da
Parte_1
avverso la sentenza del
Tribunale di Roma n. 12587/2017, in riforma di siffatta sentenza, così provvede:
- rigetta le domande proposte dall’appellante;
- compensa integralmente le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
Così deciso in Roma, il giorno 8 giugno 2023
La Consigliera rel. ed est. La Presidente
Dott.ssa Fiorella Gozzer Dott.ssa Marianna D’Avino