CORTE DI APPELLO DI ROMA– SENTENZA N. 6627/2023 DEL 16/10/2023
LA CORTE D’APPELLO DI ROMA
SEZIONE SECONDA CIVILE
così composta:
Benedetta THELLUNG de COURTELARY Presidente
Marina TUCCI Consigliere
Mario MONTANARO Consigliere rel.
riunita in camera di consiglio ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile in grado d’appello iscritta al numero 6083 del ruolo gene- rale degli affari contenziosi dell’anno 2018, decisa ai sensi dell’art. 281- sexies c.p.c. all’udienza del giorno 16.10.2023
tra
Parte_1
(cod. fisc.
P.IVA_1
), in persona del legale
rappresentante pro tempore,
Parte_2 , E
Parte_3
[...]
(cod. fisc.
P.IVA_2
, in persona del legale rappresentante pro
tempore,
Parte_4
, domiciliate presso l’avv. Sergio Spina (p.e.c.:
[...]
Email_1
, che le rappresenta e difende per
procure allegate alla comparsa di costituzione di nuovo difensore depositata in data 11.4.2019 unitamente all’avv. Rosario Valore, che le rappresenta e difende per procure su foglio separato allegato all’atto di citazione;
-appellanti-
e
Controparte_1
(cod. fisc.
P.IVA_3 CP_2
), in persona del legale rappresentante pro tempore, prof. elettivamente domiciliata in Roma, piazza Giuseppe Mazzini n.
27, presso lo studio dell'avv. Fabio Pennisi, che la rappresenta e difende per
procura su foglio separato allegato alla comparsa di costituzione e risposta;
-appellata-
e
Controparte_3
(cod. fisc.
P.IVA_4
Controparte_4
), in persona del legale rappresentante pro tempore, dott.
, elettivamente domiciliato in Roma, via Cesare Ferrero di
Cambiano n. 82, presso lo studio dell’avv. Giancarlo Guarino, che lo rappre- senta e difende per procura su foglio separato allegato alla comparsa di costituzione e risposta;
OGGETTO: impugnazione lodo nazionale (art. 828 c.p.c.).
-appellata-
per
Parte_1
CONCLUSIONI
e Controparte_5
: “Piaccia all’Ecc.ma Corte
di Appello di Roma, contrariis reiectis, accogliere in ogni sua parte la pre- sente impugnazione del lodo ed in coerenza accogliere tutte le conclusioni e domande di cui al presente atto annullando il lodo arbitrale de quo e di cui in narrativa e tutti i provvedimenti ad esso collegati, riferenti, presupposti, connessi e conseguenti.
Condannare, altresì, per i motivi di cui in narrativa,
Controparte_6
[...]
in persona del Presidente e legale rappresentante pro tem-
pore, Dott.
CP_2
, con sede in 00191 Roma via Flaminia Nuova 830,
ed il
Controparte_3
in persona del Presi-
dente pro tempore Dott.
Controparte_4
con sede in 00135 Roma via
Piazza Lauro De Bosis 15, in solido tra loro, al risarcimento dei danni patiti e patendi, patrimoniali e non dai ricorrenti che vengono così quantificati, sia per i danni subiti, per come sopra esposto, che per i danni subendi, a titolo esemplificativo e non esaustivo, mancato accesso ai contributi regionali, im- possibilità di stipulare contratti di sponsorizzazioni ed ai mancati introiti pro- venienti dalle organizzazioni delle manifestazioni sportive:
in favore dell
Controparte_7
in E. 900.000,00 (novecentomila virgola zero zero), per l
Controparte_8
in E.
600.000,00 (seicentomila virgola zero zero) o di quell'altra maggiore o mi- nore somma che dovesse risultare in corso di casa o che l'Ill.mo Onorevole Corte d'Appello dovesse ritenere congrua anche in via equitativa.
A favore dell
Controparte_7
, la ulteriore somma, di E.
15.000,00 da pagarsi per ogni anno con decorrenza 01/09/2012 e sino
alla ‘durata’ della associazione sportiva e/o sino all'emissione di un provve-
dimento in autotutela da parte del
CP_3
/o della Federazione interessata
che permetta l'affiliazione della società ricorrente”;
per la
CP_1
“Piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello di Roma, per tutti i motivi
esposti nel presente atto e nei successivi occorrendi, disattesa ogni contraria
deduzione ed istanza, rigettare tutte le domande spiegate dalla
Parte_1
[...]
e dalla
Controparte_5 .
Con vittoria di compensi e spese di lite”;
per il CONI: “Voglia codesta Ecc.ma Corte d’Appello, contrariis rejectis:
IN VIA PREGIUDIZIALE:
-dichiarare il difetto assoluto di giurisdizione o, in subordine, il difetto di
legittimazione passiva del
CP_3
on conseguente estromissione dal presente
giudizio e, comunque, l’inammissibilità dell’impugnazione avversaria per le
ragioni dedotte in narrativa; NEL MERITO:
-respingere l’avversa impugnazione in quanto infondata in fatto e in diritto e comunque, in subordine, respingere la richiesta risarcitoria ovvero, in ulte- riore subordine, limitarne l’entità e assolvere in ogni caso il CONI dalla rela- tiva, eventuale condanna”.
FATTO E DIRITTO
- In data 23.7.2012 il Procuratore federale della
CP_1
ha deferito innanzi
alla Commissione Giudicante Nazionale, tra gli altri, la
Parte_1
e la
Controparte_5
per la violazione degli artt. 1, 7 e 8 dello Statuto
Federale, dell’art. 11 del Regolamento Organico e dell’art. 1 del Regola-
mento di Giustizia
CP_1
in quanto “al fine di ottenere il tesseramento degli
atleti presso la
CP_1
utilizzavano certificazione anagrafica (attestazione di
iscrizione anagrafica) di apparente provenienza del
Org_1
, che
è stato accertato essere falso. Gli atleti, ottenuto il tesseramento da parte
della
CP_1
prendevano anche parte, per le rispettive società, a manifesta-
zioni di atletica nell'ambito della stagione sportiva 2012”.
La Commissione Giudicante Nazionale ha accertato la responsabilità in capo ai soggetti deferiti comminando, con decisione n. 5 del 15.11.2012, la san-
zione dell’ammenda di € 10.000,00 a carico della
Controparte_9
[...]
e l'esclusione dall'affiliazione alla
CP_1
dell
Controparte_5
[...]
. Avverso tale decisione le due associazioni sanzionate hanno proposto ricorso alla Commissione di Appello Federale, che con decisione del
28.5.2013 ha confermato la statuizione impugnata, respingendo gli appelli presentati.
Le associazioni sportive suddette hanno allora proposto istanza di arbitrato al Tribunale Nazionale di Arbitrato Sportivo (prot. n. 1260 del 2.7.2013) al fine di ottenere l'annullamento o la revoca dei provvedimenti sanzionatori assunti dalla Commissione Giudicante Nazionale e confermati dalla Commissione di Appello Federale. All’esito del giudizio arbitrale il mato quanto statuito dalle decisioni impugnate.
CP_10
ha confer-
La Parte_1
e la
Controparte_5
hanno quindi proposto
ricorso al T.A.R. del Lazio, con cui hanno chiesto la dichiarazione di nullità
del lodo emesso dal
CP_10
e il risarcimento dei danni subiti, deducendo l'il-
legittimità del lodo, ma invero anche dei provvedimenti impugnati per viola- zione di legge ed eccesso di potere, sotto plurimi profili. Con sentenza n. 6123/2017 del 24.5.2017 il T.A.R. del Lazio - Sezione Prima Ter ha dichia- rato il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione del g.a. e ha compen- sato le spese di lite.
Le due associazioni hanno quindi proposto ricorso in appello avverso la sud- detta decisione al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, chiedendo la riforma della sentenza suddetta del T.A.R. Lazio. Con sentenza n. 3871/2018 pubblicata il 22.6.2018 il Consiglio di Stato ha respinto il ri- corso per difetto di giurisdizione, confermando dunque la giurisdizione del
g.o. (e, quindi, la competenza di questa Corte d'Appello) e rilevando come il
g.a. non potesse pronunciarsi neppure incidentalmente sulla legittimità di un lodo arbitrale rituale.
A seguito della suddetta dichiarazione di difetto di giurisdizione da parte del
giudice amministrativo la
Parte_1
e la
Controparte_5
hanno riassunto il giudizio innanzi a questa Corte di Appello, ai sensi dell’art.
50 c.p.c. Anche nel presente giudizio riassunto si sono costituite la
CP_1 e
il CP_3
concludendo come in epigrafe.
- Deve essere esaminata, per prima, l’eccezione preliminare di rito di difetto
assoluto di giurisdizione sollevata dal
CP_3
el costituirsi nel presente giu-
dizio. In particolare, il Comitato convenuto osserva che, come è stato chiarito anche dalla sentenza della Corte Costituzionale 11.2.2011, n. 49, gli artt. 1, 2 e 3 del d.l. 19.8.2003, n. 220, convertito con modificazioni dalla legge
17.10.2003, n. 280, prevedono tre forme di tutela: una limitata ai rapporti di carattere patrimoniale tra le società sportive, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati), demandata alla cognizione del giudice ordinario; una relativa ad alcune delle questioni aventi ad oggetto le materie di cui all'art. 2, non apprestata da organi dello Stato ma da organismi interni all’ordinamento stesso in cui le norme in questione sono state poste, secondo uno schema proprio della cosiddetta “giustizia associativa”; una terza, tendenzialmente residuale e devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, relativa a tutto ciò che per un verso non concerne i rapporti patrimoniali fra le società, le associazioni sportive, gli atleti e i tesserati (demandati al giudice ordinario), per altro verso non rientra tra le materie che, ai sensi dell’art. 2 del d.l. n. 220/2003, sono riservate all'esclusiva cognizione
degli organi della giustizia sportiva. Il
CP_3
educe che, pertanto, “In tale
sistema le controversie, quale quella in esame, che concernono l’osservanza delle norme regolamentari, organizzative e statutarie delle federazioni sportive rientrano nella sfera di autonomia riservata all’ordinamento sportivo (…)”.
L’eccezione non è fondata.
Come rileva lo stesso Comitato convenuto, l’art. 3 del d.l. n. 220/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 280/2003, occupandosi specifica- mente della giurisdizione, prevede che, “esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui all'articolo 2, comma 2, nonché quelle inserite nei contratti di cui all'articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91”.
Nel caso in esame, l’art. 12-ter dello Statuto del CONI approvato con d.m. 7.4.2008, ai primi due commi, dispone: “1. Il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, ove previsto dagli Statuti o dai regolamenti delle Federazioni
sportive nazionali, in conformità agli accordi degli associati, ha competenza arbitrale sulle controversie che contrappongono una Federazione sportiva nazionale a soggetti affiliati, tesserati o licenziati, a condizione che siano stati previamente esauriti i ricorsi interni alla Federazione o comunque si tratti di decisioni non soggette a impugnazione nell’ambito della giustizia federale, con esclusione delle controversie che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni inferiori a centoventi giorni, a 10.000 euro di multa o ammenda, e delle controversie in materia di doping. 2. Al Tribunale può, inoltre, essere devoluta mediante clausola compromissoria o altro espresso accordo delle parti qualsiasi controversia in materia sportiva, anche tra soggetti non affiliati, tesserati o licenziati”. E, al co. 3, dispone, con il secondo periodo, che “Avverso il lodo, ove la controversia sia rilevante per l’ordinamento giuridico dello Stato, è sempre ammesso, anche in deroga alle clausole di giustizia eventualmente contenute negli Statuti federali, il ricorso per nullità ai sensi dell’art. 828 del codice di procedura civile”.
Ne consegue che – come ha osservato il T.A.R. Lazio con la sentenza n. 6123 del 24.5.2017 – l’art. 12-ter dello Stato del CONI “non si limita a definire ‘lodo’ la decisione assunta dal TNAS, ma prevede espressamente che la stessa, quale atto conclusivo di un arbitrato rituale, sia impugnabile, ove la controversia sia rilevante per l'ordinamento giuridico dello Stato, soltanto dinanzi alla Corte di appello per motivi di nullità ex art. 828 c.p.c. L'individuazione di tale giudice non consente allora più di interpretare il procedi- mento come avente ‘le forme e le garanzie tratte dal giudizio arbitrale’ ma concluso con un provvedimento amministrativo, come riteneva il risalente orientamento della giurisprudenza amministrativa formatosi precedente- mente alla riforma statutaria del 2008 (cfr. Cons. St., sez. VI, 9 luglio 2004,
n. 5025). La scelta della Corte d'appello, quale giudice dello Stato dinanzi al
quale impugnare la decisione del
CP_10
rende evidente la volontà di artico-
lare [un] procedimento che si svolge dinanzi a detto Tribunale quale vero e proprio arbitrato rituale, che si conclude con il lodo, volontà peraltro manifestata anche dall'espresso rinvio effettuato dal vecchio art. 12-ter alla disciplina processualcivilistica relativa all'arbitrato rituale di cui agli artt. 806 ss. c.p.c.”.
Peraltro, che l’impugnazione prevista dall’art. 12-ter dello Statuto del
CP_3
debba essere effettuata innanzi alla Corte d’appello è dato per assodato dalla
rubrica dell’art. 28 del Codice dei giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di
Arbitrato per lo Sport e disciplina degli arbitrati, emanato in attuazione
dell’art. 12-bis, co. 4, dello Statuto del
CP_3
della delibera del Consiglio
Nazionale del
CP_3
. 1372 del 25.6.2008, che recita “Azioni di nullità di-
nanzi alla Corte d’Appello”.
In conclusione, poiché l’art. 12-ter, co. 3, dello Statuto del
mente richiamato dall’art. 28 del Codice dei giudizi innanzi al
CP_3 CP_10
espressa-
prevede
espressamente l’impugnazione del lodo innanzi alla Corte d’appello, sussiste
la giurisdizione del giudice ordinario e l’eccezione di difetto assoluto di giurisdizione, sollevata dal essere disattesa.
CP_3
nel costituirsi nel presente giudizio, deve
- È fondata, invece, l’ulteriore eccezione preliminare sollevata dal
CP_3
con
cui ha dedotto il proprio difetto di legittimazione passiva al presente giudizio di impugnazione di un lodo arbitrale emesso tra le associazioni attrici, da un
lato, e la
CP_1
dall’altro.
Alla ritenuta natura di arbitrato rituale di quello previsto dall’art. 12-ter dello
Statuto del
CP_3
in base al quale è stato reso il lodo del
CP_10
impugnato
con l’atto introduttivo del presente giudizio, consegue che tale lodo è emanazione dell’autonomia negoziale privata, e non atto autoritativo di prove-
nienza del
CP_3
e neanche atto amministrativo della
CP_1
come si è detto
sopra). Infatti, il
CP_3
quale ente vigilante e regolatore dell’ordinamento
sportivo in Italia ai sensi del d.lgs. 23.7.1999, n. 242, e successive modificazioni e integrazioni, si è limitato a regolamentare una disciplina arbitrale, analogamente a quanto avviene presso diverse strutture anche di natura pubblica (Camere di Commercio, Ordini professionali, ecc.). L’attribuzione al collegio arbitrale della potestas decidendi avviene mediante l’adesione delle parti a detti regolamenti, per effetto delle clausole compromissorie contenute
negli statuti federali, e nel caso in esame dello statuto della
CP_1
e quindi
mediante un atto negoziale delle parti stesse (che si sostanza nell’istanza di
arbitrato presentata alle due appellanti, sopra richiamata).
Le società ricorrenti erano, all’epoca dei fatti, affiliate alla
CP_1
e, pertanto,
nel rispetto dell’ordinamento federale che contempla anche clausole compromissorie devolutive, in prima battuta, del potere disciplinare agli Organi della Giustizia interna e, in seconda battuta, alla competenza del TNAS,
hanno dato luogo spontaneamente alla costituzione del collegio arbitrale e ad investirlo della decisione della controversia.
- La
Parte_1
e la
Controparte_5
deducono la nullità
ex art. 829, co. 1, n. 4) c.p.c. del lodo arbitrale emesso in data 30.7.2014 in quanto avrebbe ad oggetto un diritto indisponibile e di per sé non compromettibile ex art. 806 c.p.c., quale sarebbe il diritto allo sport.
Tuttavia, il diritto allo sport non costituisce un diritto indisponibile, diversa- mente da quanto deduce parte appellante. Sono indisponibili, infatti, quei diritti che soddisfano non solo il titolare, ma anche interessi pubblicistici, e che per questo non sono negoziabili. Sono tali i diritti della personalità, gli status familiari (riconoscimento di un figlio, validità di un'adozione, ecc.), ma anche alcuni diritti a contenuto patrimoniale, per espressa previsione di legge, come il diritto agli alimenti (art. 433 e segg. c.c.), e sempre per ragioni di natura pubblicistica.
L’art. 1 della legge 23.3.1981, n. 91 sancisce che “L'esercizio dell'attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica, è libero”. Pertanto, l’esercizio dell’attività sportiva è certamente un diritto che attiene alla sfera di esplicazione della libertà individuale, ma ciò non lo rende un diritto “indisponibile”. Anzi, lo stesso
ordinamento statale demanda al
CP_3
d alle Federazioni Sportive l’organizzazione dello sport sia dilettantistico che professionistico, come si è detto (v. d.lgs. n. 242/1999, cit.). Le Federazioni sportive sono associazioni di diritto privato (art. 15 del d.lgs. n. 241/1999) e, in quanto tali, dettano delle regole che si applicano a tutti gli associati, i quali spontaneamente aderi- scono all’ordinamento federale per libera scelta. Regole che sono nulle, e devono essere disattese, soltanto qualora in contrasto con il nostro ordina- mento costituzionale. Non è questo il caso in esame.
Con la legge 17.10.2003, n. 280 viene sancita l’autonomia dell’Ordinamento
sportivo nella “disciplina delle questioni aventi ad oggetto:
- l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentarie, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive;
- i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive” (art. 2 della legge n. 280/2003).
Come hanno osservato le Sezioni Unite della Suprema Corte, il testo del sud- detto art. 2 non lascia dubbi sul fatto che le questioni tecnico-disciplinari siano stimate come ontologicamente inidonee a coinvolgere situazioni giuridiche soggettive, qualificabili come diritti soggettivi o interessi legittimi o, quanto meno, a ritenere che diritti soggettivi ed interessi legittimi eventualmente configurabili in relazione all' “osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale” e ai “comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive” siano di importanza così tenue da poter essere trascurati senza effetti pregiudizievoli per l'ordinamento della Repubblica (cfr. Cass. civ., SS.UU., 13.12.2018, n. 32358).
Del resto, il legislatore ha affermato espressamente la possibilità di rimettere
agli arbitri ogni controversia avente ad oggetto atti del razioni sportive (art. 3 della legge n. 280/2003).
CP_3
delle Fede-
Il diritto allo sport, quindi, è certamente disponibile nel senso che, qualora venga esercitato in forma organizzata all’interno dell’ordinamento federale legittimato dalle leggi dello Stato in base a un rapporto di adesione (il tesseramento), anch’esso legittimo e avente natura associativa, l’aderente è tenuto al rispetto della disciplina prevista dall’associazione qualora voglia o voglia continuare a praticare lo sport all’interno dell’ordinamento federale.
Vero è, allora, che per consolidata giurisprudenza le associazioni sportive devono essere inquadrate all'interno delle “formazioni sociali” garantite dall'art. 2 della Cost., in quanto tramite la partecipazione alle stesse “l'uomo svolge la sua personalità”. Da ciò non consegue, tuttavia, che “debba essere riconosciuto a tutti il diritto, costituzionalmente garantito, di farne parte”, come deduce parte attrice. L’art. 2 Cost. prevede, piuttosto, che i diritti in- violabili dell’individuo, tra cui le libertà costituzionali, vadano garantiti sia nell’esercizio come singolo sia in forma associata, ma non esclude che tali associazioni dettino delle proprie regole, che l’associato deve rispettare qualora voglia continuare a farne parte.
Il lodo impugnato non nega alle associazioni appellanti - in verità, alla sola
Controparte_5
, sanzionata con la revoca dell’affiliazione (come si è
detto sopra) - di fare parte della Federazione in presenza di tutti i requisiti di farne parte, e dunque con una decisione arbitraria. Piuttosto, il lodo
emesso dal TNAS in data 30.7.2014 ha negato alla
Controparte_5
di fare parte della
CP_1
(e ha irrogato una sanzione di natura pecuniaria
alla
Parte_1
) per la gravissima violazione da parte loro della norma-
tiva federale, pacificamente di natura pattizia e dunque contrattuale.
- Le odierne appellanti deducono, poi, che il lodo impugnato sarebbe nullo ai sensi dell’art. 829, co. 1, n. 11) c.p.c. perché contiene delle disposizioni contraddittorie. A tale riguardo, deducono che “Non è ipotizzabile a carico delle società esponenti una responsabilità oggettiva in relazione alla circo- stanza denunciata e sanzionata: i fatti per come ricostruiti negli atti impugnati non hanno mai individuato i soggetti che hanno posto in essere l’attività illegittima e l’eventuale interesse che le società oggi impugnanti/istanti avrebbero avuto nel porre in essere i fatti contestati”.
In verità, con la censura in esame la
Parte_1
e la
[...]
CP_5
non pongono in evidenza in quali contraddizioni sarebbe in-
corso il lodo, ma svolgano unicamente censure relative al merito della decisione impugnata laddove ha ritenuto la loro responsabilità. Tuttavia, le cen- sure svolte dalle associazioni attrici deducendo la contraddittorietà del lodo sono inammissibili. Infatti, “La valutazione dei fatti dedotti e delle prove acquisite nel corso del procedimento arbitrale non può essere contestata a mezzo dell’impugnazione per nullità del lodo arbitrale, in quanto tale valutazione è negozialmente rimessa alla competenza istituzionale degli arbitri” (così Cass. civ., Sez. I, ord. 31.7.2020, n. 16553; Cass. civ., Sez. I, 24.6.2011,
n. 13968; cfr., nello stesso senso, Cass. civ., Sez. I, 10.7.2013, n. 17097; Cass. civ., Sez. I, 3.11.2006, n. 23597; Cass. civ., Sez. I, 20.3.2003, n. 4078).
Non si può non osservare, tuttavia, come la contraddittorietà sia piuttosto nelle deduzioni svolte da parte attrice con riguardo a tale nullità. Infatti, da un lato, le associazioni appellanti lamentano la non ipotizzabilità della responsabilità oggettiva a carico delle stesse, che invece è prevista nell’ ordinamento sportivo laddove l’atto illecito “è stato posto in essere da un
componente dell’associazione sportiva e quindi soggetto alla vigilanza degli organi societari” oppure “da un soggetto terzo all’associazione sportiva e comunque da detto atto l’associazione sportiva abbia tratto dei vantaggi” [art. 1, co. 3 lett. a) e b) del Regolamento di Giustizia]. Dall’altro, si deduce come la non necessità dei certificati di residenza degli atleti ai fini del tesseramento, in quanto si tratterebbe di “atleti professionisti”. La
CP_1
è, però,
una federazione sportiva a statuto dilettantistico e, pertanto, con riguardo alla stessa non trova applicazione la legge n. 91/1981 per la parte che disciplina il lavoro sportivo, tra cui anche l’art. 3 invocato dalle associazioni appellanti.
6. Sotto il titoletto “nullità del lodo ex art. 829, n. 4 e 11 c.p.c.” parte appellante deduce la nullità del lodo per motivi diversi, che in sede di esame degli stessi devono essere raggruppati per tipologia di vizio di nullità e, quindi, esaminati separatamente.
6.1. Con il primo sottomotivo indicato sub lett. a) nell’atto introduttivo, parte appellante deduce - in buona sostanza - una genericità della motivazione che impedirebbe loro di esercitare il diritto di difesa. In verità, mediante una tale censura le associazioni sanzionate chiedono a questa Corte un riesame del merito della vicenda oggetto del lodo, che però è inammissibile in assenza di una previa fase rescindente, come si è chiarito sopra.
Solo per mera completezza di motivazione, allora, si deve osservare come, contrariamente a quanto dedotto dalle appellanti, il provvedimento impugnato enuclea i motivi che hanno condotto all’adozione dei provvedimenti
disciplinari nei confronti delle medesime. In particolare, il
CP_10
ha ritenuto
di fare proprie le ragioni indicate dagli Organi di giustizia della
CP_1
po-
nendo altresì l’accento sulla gravità delle condotte contestate alle ricorrenti. E nel lodo impugnato vi è una compiuta ricostruzione dei motivi che hanno determinato l’irrogazione delle sanzioni.
In particolare, nel lodo emesso in data 30.7.2014 dal
CP_10
viene riportato
che: (i) i soggetti a cui si riferivano le certificazioni false (gli atleti) non ave- vano contestato nei procedimenti a loro carico la sussistenza dell’illecito, non spiegando alcuna difesa; (ii) i dirigenti delle società non potevano ignorare l’illiceità della trasmissione di documenti falsi, avendo l’obbligo di sorvegliare l’andamento della vita associativa e prevenire il compimento di illeciti così
gravi; (iii) vige nel diritto sportivo il principio della responsabilità oggettiva, per cui gli affiliati rispondono dei fatti illeciti commessi dai propri dirigenti e tesserati [art. 1 co. 3 lett. a) e b) del Regolamento di Giustizia].
Da ultimo, le associazioni appellanti deducono “la nullità del lodo e dei provvedimenti a cui si riferisce ed oggi impugnati si evince altresì nella disparità di trattamento nella applicazione delle sanzioni”. Anche in relazione a tali sanzioni emerge l’inammissibilità della pretesa di una nuova valutazione del merito della vicenda, non concessa dalla natura del presente giudizio.
6.2. Con il terzo sottomotivo si deducono una serie di violazioni di norme procedurali. In particolare, le appellanti lamentano che la Commissione di
appello federale della
CP_1
avrebbe errato nel non considerare “l’eccezione
del mancato rispetto dei termini a difesa per l’udienza del 6/11/2012 in cui venne deciso il procedimento disciplinare” per essere stati convocati il giorno
prima di detta udienza e per essere l’aeroporto di
giorni.
CP_5
chiuso in quei
Con tale censura viene dedotta, tuttavia, una violazione di norme procedurali
avanti gli organi di giustizia sportiva della Federazione, e non nell’arbitrato
avanti il
CP_10
le uniche rilevanti ai sensi dell’art. 829, co. 1, n. 4) c.p.c.
Anche tale censura è inammissibile, dunque, per i limiti sopra esposti del giudizio di impugnazione del lodo.
Inoltre, la
Parte_1
e la
Controparte_5
deducono che il
CP_10
avrebbe errato nel ritenere tardiva “l’istanza di astensione formulata
dalle parti nei confronti del Presidente della Commissione Giudicante fosse tardiva in quanto solo al momento dell’apertura del dibattimento si è venuti a conoscenza dei soggetti che componevano la CGN”. Nessuna delle parti del giudizio endofederale ha però proposto istanza di ricusazione come previsto dalle norme federali.
A norma dell’art. 25 del Regolamento di Giustizia tale istanza va proposta all’organo giudicante di grado superiore (nel caso di specie, la CAF) entro il termine di cinque giorni da quando l’interessato è venuto a conoscenza dell’organo giudicante (e invece controparti l’hanno proposta solo in prima udienza); e deve essere accompagnata dal pagamento della tassa prevista dal Consiglio Federale, che nel caso in esame non risulta essere stata pagata.
Neanche sussiste la dedotta nullità degli “atti impugnati”, e segnatamente del lodo arbitrale impugnato innanzi a questa Corte, “per violazione dell’art. 3 comma 4 L. 241/90 in quanto in nessuno di essi è indicato il termine, né l’autorità giudiziaria dinnanzi alla quale i provvedimenti de quo sono impugnabili”, come dedotto da parte attrice nell’ambito del primo sottomotivo.
Preliminarmente, questo giudicante non può non rilevare che – come ha ri- tenuto il giudice amministrativo (si veda in particolare la motivazione della sentenza del T.A.R. sopra riportata) – il lodo non costituisce un atto amministrativo, ma negoziale. Ne consegue che il richiamo alla previsione dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241 non risulta pertinente. In ogni caso, anche qualora si fosse trattato di un atto amministrativo, tale vizio non inficia la validità dell’atto (cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. III, 21.5.2010, n. 2506).
- Disattese le censure di nullità del lodo resta assorbito l’esame della domanda risarcitoria proposta dalle due associazioni attrici.
In conclusione, l’impugnazione per nullità del lodo il lodo arbitrale sotto-
scritto in data 30.7.2014 dal
CP_10
composto dall’avv. prof. Maurizio Benin-
casa (presidente), dal prof. avv. Angelo Piazza (arbitro), dal pres. Bartolo-
memo Manna (arbitro), proposto dalla
Parte_1
e dalla
[...]
Controparte_5
deve essere rigettata.
Le spese di lite del presente giudizio di impugnazione seguono la soccombenza.La Corte deve dare atto, con la presente sentenza, della sussistenza dei pre- supposti di cui all’art. 13, co. 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n. 115, introdotto dall’art. 1, co. XVII, della legge 24.12.2012, n. 228. L’arbitrato rituale ha natura giurisdizionale (secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità: cfr., per tutte, Cass. civ., S.U., ord. 25.20.2013, n. 24153), sicché l’impugnazione del lodo è soggetta alla disciplina e ai principi che regolano il giudizio d’appello, in quanto compatibili e ai fini dell’applica- zione della disposizione suddetta costituisce impugnazione.
P.Q.M.
La Corte di appello di Roma, definitivamente pronunciando nella causa indicata in epigrafe, ogni altra difesa, eccezione e istanza disattesa, così prov- vede:
dichiara il difetto di legittimazione passiva del
Controparte_11
[...] ;
rigetta l’impugnazione ex art. 829 c.p.c. proposta da
Parte_5
[...] e
Controparte_5
avverso il lodo arbitrale sottoscritto in data
30.7.2014 dal Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (TNAS), composto dall’avv. prof. Maurizio Benincasa (presidente), dal prof. avv. Angelo Piazza (arbitro), dal pres. Bartolomeo Manna (arbitro);
condanna
Parte_1
e Controparte_5
, in solido tra
loro, a rimborsare alla
Parte_6 le
spese del presente giudizio di impugnazione, che liquida in € 10.000,00 per compenso, oltre rimborso spese forfetarie (art. 2, co. 2, d.m. 10.3.2014, n. 55), I.V.A. (qualora dovuta) e C.P.A. nella misura di legge;
condanna
Parte_1
e Controparte_5
, in solido tra
loro, a rimborsare al
Controparte_11
le spese del
presente giudizio di impugnazione, che liquida in € 10.000,00 per compenso, oltre rimborso spese forfetarie (art. 2, co. 2, d.m. 10.3.2014, n. 55),
I.V.A. (qualora dovuta) e C.P.A. nella misura di legge;
dà atto che, per effetto della presente decisione, sussistono i presupposti di cui al primo periodo dell’art. 13, co. 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002.
Roma, 16.10.2023
IL GIUDICE EST. IL PRESIDENTE