CORTE DI APPELLO DI ROMA– SENTENZA N. 7799/2021 DEL 24/11/2021
LA CORTE D’APPELLO DI ROMA SEZIONE OTTAVA CIVILE
così composta:
Dott. Nicola Pannullo |
Presidente |
Dott. Gisella Dedato |
Consigliere Relatore |
Dott. Paolo Russo |
Consigliere |
riunita in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado d’appello iscritta al numero 3779 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2014, trattenuta in decisione all’udienza del giorno 15/07/2021, vertente
TRA
Parte_1
(c.f.
C.F._1
), domiciliato in VIA
G. PISANELLI 2 00196 ROMA, presso lo studio dell’Avv.
Omissis (c.f.
difende con procura in atti
C.F._2
E
Controparte_1
, che lo rappresenta e
APPELLANTE
,
domiciliata in VIA PO 9 00198 ROMA, presso lo studio degli Avv.ti
Omissis (c.f.
C.F._3
) e Omissis
(
procura in atti
C.F._4
), che lo rappresentano e difendono con
APPELLATA
OGGETTO: impugnazione del lodo arbitrale deliberato il 30/09/2013
dal Collegio Arbitrale del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport
istituito presso il
CP_2
composto dall’Avv. omissis
(Presidente), dall’Avv. Guido Cecinelli (arbitro) e dall’Avv. Maurizio Cinelli (arbitro)
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con provvedimento pubblicato sul Comunicato Ufficiale n. 241/LND
del 6 giugno 2013, la
Organizzazione_1 Organizzazione_2
presso il
in
accoglimento parziale del reclamo proposto da
Controparte_3
e dal
padre
Parte_1
quale genitore esercente la responsabilità genitoriale
sul figlio minore, avverso la sanzione della squalifica fino al 30 aprile 2017
irrogata a
Controparte_3
dal Giudice Sportivo, sul presupposto che il
calciatore minorenne
Controparte_3
in occasione della gara
[...]
Organizzazione_3
del 4 maggio 2013 “in segno di protesta avvicinava
l’arbitro e lo colpiva con un violento pugno al viso facendolo cadere a terra provocandogli dolore alla bocca…”- ha ridotto di un anno il periodo di squalifica, stabilendo che tale sanzione dovesse operare fino al 30/04/2016 e non fino al 30/04/2017.
A fondamento della riduzione della squalifica, la Commissione Disciplinare Territoriale ha posto l’esistenza “di una parziale attenuante”, basata sul fatto che “il gesto compiuto dal giocatore (forte spinta sul petto dell’Arbitro), nato come un semplice gesto di protesta veemente, abbia poi avuto conseguenze che sono andate al di là delle effettive intenzioni del giocatore”.
Con istanza di arbitrato depositata il 9 luglio 2013,
Controparte_3
e il padre
Parte_1
quale genitore esercente la responsabilità
genitoriale sul figlio minore, hanno proposto impugnazione, innanzi al
Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, istituito presso il
CP_2
avverso il detto provvedimento della
Organizzazione_1
presso il
Organizzazione_2 .
Gli istanti hanno chiesto al
Pt_2
in via principale, l’annullamento
del provvedimento impugnato, e, dunque, della sanzione disciplinare irrogata. In via subordinata, la riduzione del periodo di squalifica, perché eccessiva ed incongrua.
Con il lodo impugnato in questa sede, il Collegio arbitrale ha confermato la sanzione inflitta dalla Commissione Disciplinare Territoriale di cui al Comunicato Ufficiale n. 241/LND del 6 giugno 2013 (squalifica per tre anni).
Avverso il lodo ha proposto impugnazione
Parte_1
quale
genitore esercente la responsabilità genitoriale sul figlio minore,
Controparte_3
, formulando i seguenti motivi: 1) Nullità del lodo ex
art. 829, comma 1, n. 9, c.p.c., per violazione del principio del contraddittorio; 2) Nullità del lodo ex art. 829, comma 1, n.11, c.p.c., per contraddittorietà delle disposizioni.
Ha concluso con la richiesta preliminare di accertamento della nullità del lodo di cui in epigrafe; nel merito, in via principale, ha chiesto l’annullamento della sanzione disciplinare, ovvero, in via subordinata, la riduzione del periodo di squalifica.
In via ulteriormente subordinata, ha chiesto, ove ritenuto il difetto di giurisdizione, di rimettere il giudizio al Tribunale Nazionale Arbitrale dello Sport in diversa composizione.
La CP_1 Controparte_1
, in via preliminare, ha
eccepito il difetto di giurisdizione dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria.
Nel merito, ha contestato le avverse doglianze, chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
All’udienza del 15 luglio 2021, la causa è stata trattenuta in decisione, con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
L’eccezione relativa al difetto di giurisdizione è fondata, dovendosi ritenere la questione in esame rimessa agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo.
Va premesso, che il d.l. n. 220/2003, convertito con modificazioni nella L. n. 280/2003, nel dettare disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, all’art. 1 assicura l’autonomia dell’ordinamento sportivo e garantisce tutela giurisdizionale solo a quelle posizioni giuridiche soggettive che, pur legate con l’ordinamento sportivo, siano rilevanti per l’ordinamento statale. In tale prospettiva, dall’art. 2 sono devolute all’ordinamento sportivo sia l’osservanza delle disposizioni regolamentari, organizzative e statuarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni, sia le condotte di rilievo disciplinare e l’irrogazione e applicazione delle relative sanzioni sportive. Trattasi del “vincolo sportivo”, in base al quale le società, le associazioni, gli affiliati e i tesserati hanno l’onere di adire, secondo statuti e regolamenti del C.O.N.I. e delle federazioni, gli organismi di giustizia dell’ordinamento settoriale. Infine, all’art. 3 si stabilisce che, una volta esauritisi i ricorsi interni alla giustizia sportiva – e fatta salva la giurisdizione ordinaria sui soli rapporti patrimoniali tra società. Associazione e atleti- ogni altra vertenza su atti del C.O.N.I. e/o delle federazioni sportive è disciplinata dal codice del processo amministrativo.
Anche la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 49 del 2001, ha riconosciuto la coesistenza delle seguenti tre forme di tutela: 1) giurisdizione ordinaria, per i rapporti di carattere patrimoniale tra società, associazioni, atleti e tesserati; 2) giustiziale interna in stretto ambito sportivo, per le questioni aventi ad oggetto le materie di cui all’art. 2 del d.l. n. 220/2003, convertito con modificazioni nella L. n. 280/2003; 3) giurisdizione amministrativa, riguardo a tutto ciò che non
concerne i rapporti patrimoniali tra soggetti sportivi e non rientra nella riserva di cognizione degli organi della giustizia sportiva. Laddove il provvedimento federale o del C.O.N.I. incida anche su posizioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento statuale, la domanda diretta non alla caducazione dell’atto, ma unicamente al conseguenziale ristoro del danno, deve essere proposta innanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva.
In sostanza, secondo il principio dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, è riservata esclusivamente a quest’ultimo la disciplina delle questioni riguardanti non solo l’osservanza e l’applicazione delle regole tecniche (art. 2, comma 1, lett. a), ma anche i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive. Ne deriva che compagini, affiliati e tesserati, quali soggetti propri dell’ordinamento sportivo, non possono che adire gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ogni qualvolta vengano in rilievo controversie tecniche, ovverosia vertenze riguardanti il corretto svolgimento della prestazione agonistica e/o la regolarità della competizione (Cass. Sezioni Unite sentenza n. 4399/89), e controversie disciplinari, ovverosia vertenze riguardanti l’irrogazione di provvedimenti di carattere punitivo nei confronti di atleti, tesserati o compagini sportive.
Dunque, il d.l. n. 220/2003, nel testo derivante dalla legge di conversione, ha stilato un’elencazione, sicuramente tassativa, dei settori in cui si manifesta senza limiti l’autonomia dell’ordinamento sportivo, per la stimata indifferenza (o irrilevanza) dell’ordinamento generale per le questioni che possano scaturire dalle ridette materie.
Il testo del citato art. 2 non lascia dubbi sul fatto che le questioni tecnico-disciplinari siano stimate come ontologicamente inidonee a coinvolgere situazioni giuridiche soggettive, qualificabili come diritti
soggettivi o interessi legittimi o, quantomeno, a ritenere che diritti soggettivi ed interessi legittimi eventualmente configurabili in relazione all’osservanza e all’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statuarie dell’ordinamento sportivo nazionale ed ai comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive siano di importanza così tenue da poter essere trascurati senza effetti pregiudizievoli per l’ordinamento della Repubblica (in tal senso, Cassazione, sezioni unite, sentenza n. 32358/2018).
Il che, come ha stabilito, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 49/2011 su citata, non significa escludere che le decisioni degli organi sportivi di natura tecnico-disciplinare possano dar luogo a ricadute di tipo economico (sì da toccare interessi patrimoniali), bensì riconoscere che simili situazioni siano mere conseguenze di posizioni giuridiche rilevanti solo per il mondo dello sport, ovverosia secondarie e trascurabili per quello generale a fronte della preminente importanza che la materia tecnico-disciplinare ha per il mondo sportivo. Trattasi di posizioni tutelabili, al massimo e in ipotesi di pregiudizi economicamente valutabili, attraverso il ricorso agli organi giurisdizionali statali solo per ottenere un equo ristoro e non certo la rimozione della situazione sostanziale oggetto di controversia.
Ebbene, osserva l’intestata che l’oggetto del giudizio arbitrale per cui è causa (irrogazione di sanzioni disciplinari) rientra nel perimetro legale dei “comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive (Art. 2, comma 1, lettera b), a loro volta rientranti nella riconosciuta autonomia dell’ordinamento calcistico.
Da ciò ne consegue l’irrilevanza per l’ordinamento generale delle situazioni in ipotesi violate e dei rapporti che da esse possano sorgere.
In conclusione, emerge con chiarezza come la natura delle situazioni soggettive portate dall’impugnante all’attenzione della Corte, con l’impugnazione del lodo, abbia ad oggetto solo la revoca della sanzione disciplinare e/o la riduzione del periodo di squalifica, in conseguenza di disposizioni disciplinari irrilevanti per l’ordinamento statale.
Né può opinarsi diversamente in forza dell’art. 12 ter dello statuto del C.O.N.I. che prevede il ricorso per nullità (Art. 828 c.p.c.) contro il
lodo del
Pt_2
laddove la vertenza sia rilevante per l’ordinamento
giuridico dello stato, in quanto, in forza della giurisprudenza costituzionale in materia (Corte cost. n. 49/2011), sono devolute al giudice ordinario solo le vertenze patrimoniali tra società, atleti e tesserati, mentre al solo circuito dell’autonomo ordinamento sportivo restano riservate le questioni circa la regolarità delle competizioni e delle sanzioni disciplinari.
Ragionando diversamente si verrebbe ad affermare una competenza illimitata della Corte d’Appello in tema di lodi arbitrali in materia sportiva (in contrasto con la predicata autonomia dell’ordinamento sportivo), sì da poter intervenire su materie, quali le applicazioni di sanzioni disciplinari e/o la revoca di provvedimenti riconducibili alle federazioni, invece riservate per legge alla giustizia sportiva.
In conclusione, non esiste una competenza illimitata della Corte d’appello in tema di impugnazione dei lodi arbitrali in materia sportiva, potendo essa pronunciarsi non su tutte le vicende sportive che hanno rilevanza per l’ordinamento statale, bensì, tra queste, soltanto sulle controversie di carattere patrimoniale tra società, atleti e tesserati.
Tutte le altre questioni devono essere invece riservate all’ordinamento sportivo. Per tali motivi l’intestata Corte esclude di
poter sindacare la decisione del TNAS riguardano essa la regolarità
della sanzione disciplinare irrogata a
Controparte_3 .
Deve, in sostanza, dichiararsi il difetto di giurisdizione a conoscere dell’impugnazione del lodo arbitrale.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
PQM
La Corte, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza deduzione ed eccezione, disattesa, così provvede:
- dichiara il difetto di giurisdizione a conoscere dell’impugnazione del lodo arbitrale deliberato il 30/09/2013 dal Collegio Arbitrale del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport istituito presso il
CP_2
composto dall’Avv. Enrico De Giovanni (Presidente),
dall’Avv. Guido Cecinelli (arbitro) e dall’Avv. Maurizio Cinelli (arbitro);
- condanna
Parte_1
al pagamento delle spese di lite, in favore
della
Controparte_1
, della somma di € 3700,00,
oltre spese forfettarie, IVA e CPA;
- dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1, quater d.p.r. 30 maggio 2002,
n. 115 come successivamente modificato e integrato, che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
Così deciso in Roma il giorno 16/11/2021.
Il Consigliere Estensore |
Il Presidente |
Dott. Gisella Dedato |
Dott. Nicola Pannullo |