TRIBUNALE DI BERGAMO – SENTENZA N. 1788/2023 DEL 12/09/2023
TRIBUNALE ORDINARIO DI BERGAMO III SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Chiara Mazzoni, ha pronunciato
la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I grado iscritta al n. r.g. 6308/2020, promossa da:
F. Parte_1
(c.f.
P.IVA_1
), con gli avv.ti Omissis - Omissis
nei confronti di:
- opponente -
STUDIO LEGALE ASSOCIATO DI
CP_1
E CP_2
[...]
(c.f.
P.IVA_2
), con gli avv.ti Omissis e
CP_2
[...]
- opposto -
Conclusioni dell’opponente: come da note scritte depositate telematicamente in data 23/2/2023
Conclusioni dell’opposto: come da note scritte depositate telematicamente in data 21/2/2023
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Per quanto riguarda il completo svolgimento del processo, ai sensi del vigente art. 132 c.p.c., si fa rinvio agli atti delle parti e al verbale di causa.
Oggetto della presente causa è l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 2034/2020 del 7/7/2020, emesso dal Tribunale di Bergamo munito di clausola di provvisoria
esecuzione, con il quale è stato ingiunto a
Controparte_3
il pagamento di € 25.000,00, oltre interessi e spese della procedura, a favore dello
Studio legale Associato Omissis e professionali.
Controparte_2
, a titolo di compensi
L’opposto si è costituito instando per il rigetto dell’opposizione.
Negata la sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto con ordinanza del 4/2/2021 e disposto il passaggio al rito ordinario, è
stata altresì autorizzata la chiamata in causa di
Controparte_4
dalla quale lo
studio associato opposto aveva chiesto di essere manlevato. Con ordinanza del 15/6/2021, è stata poi disposta l’estinzione parziale del giudizio, limitatamente al rapporto processuale tra parte opposta e la predetta terza chiamata non costituitasi, attesa la rinuncia agli atti del chiamante in causa.
La causa è stata ritenuta matura per la decisione senza necessità di svolgere
attività istruttoria volta all’assunzione delle prove orali formulate dalle parti.
Le parti hanno precisato le rispettive conclusioni per l’udienza del 2/3/2023, tenutasi con le modalità di cui all’art. 127-ter c.p.c. (Deposito di note scritte in sostituzione dell’udienza) e la causa è stata trattenuta in decisione, con assegnazione alle parti dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti conclusionali.
* * *
- Giova premettere quanto segue in relazione alla tempestività dell’opposizione in oggetto.
Parte opponente ha incardinato il presente giudizio mediante il deposito, entro il termine di quaranta giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo di cui all’art. 641 c.p.c., di un ricorso ex art. 702-bis c.p.c. e, con la richiamata ordinanza del 4/2/2021, è stato disposto il passaggio al rito ordinario, sul rilievo che il presente giudizio di opposizione non ha a oggetto prestazioni giudiziali civili e, come tale, non rientra nel perimento di applicazione dell’art. 14 del D.Lgs. n. 150/2011 ratione temporis applicabile (v. Cass. S.U. n. 4485/2018).
L’opposizione deve dunque ritenersi tempestiva, atteso che la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire che l’opposizione a decreto ingiuntivo avente a oggetto la richiesta di liquidazione di compensi professionali di un avvocato, ma non soggetta alla disciplina del procedimento sommario di cui all’art. 14 del D.lgs. n. 150 del 2011 applicabile alle sole controversie civili, “può svolgersi nelle forme del processo ordinario ex artt. 163 e ss. c.p.c. ovvero, in alternativa, del procedimento sommario di cognizione ex art. 702-bis c.p.c. innanzi al tribunale in composizione monocratica” e che, in tale ultima evenienza, ai fini della verifica del rispetto del termine di cui all’art. 641 c.p.c., deve aversi riguardo “alla data del deposito del ricorso” (v. in tal senso Cass. n. 34501/2022).
- Ciò posto, l’opposizione è infondata nel merito e, come tale, non può trovare accoglimento per le ragioni di seguito esposte.
- Giova preliminarmente osservare che, come noto, “l’opposizione a decreto ingiuntivo (…) dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice deve accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall’opposto, che assume la posizione sostanziale di attore, mentre l’opponente, il quale assume la posizione sostanziale di convenuto, ha l’onere di contestare il diritto azionato con il ricorso, facendo valere l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda o l’esistenza di fatti estintivi o modificativi di tale diritto (Cass. n.
2421 del 2006). La prova del fatto costitutivo del credito, pertanto, spetta al creditore opposto (Cass. n. 21101 del 2015; Cass. n. 17371 del 2003) il quale, peraltro, può avvalersi di tutti gli ordinari mezzi previsti dalla legge (Cass. n. 5915 del 2011; Cass. n. 5071 del 2009), compresa la mancata contestazione, in tutto o in parte, da parte dell’opponente (convenuto) del fatto invocato dal creditore opposto a sostegno della pretesa azionata. È, infatti, onere del convenuto (e, nel caso di decreto ingiuntivo, dell’opponente), quello di prendere posizione sui fatti posti a fondamento della domanda, dal mancato assolvimento di tale onere discende che i fatti non contestati devono ritenersi non controversi e non richiedenti specifiche dimostrazioni (Cass. n. 25516 del 2010)” (v. Cass. n. 13240/2019).
- Calando i suesposti principi nel caso di specie, si osserva che lo studio associato opposto ha provato documentalmente la stipulazione con l’opponente
(già
Controparte_5
, in data 30/8/2017, di un contratto di
consulenza e assistenza legale in relazione a vertenze di natura giudiziale e stragiudiziale in materia di diritto sportivo, di durata triennale (v. doc. 1 fasc. monit.), allegando l’avvenuto puntuale pagamento da parte opponente del quantum – convenuto in una quota fissa annua, parametrata alla categoria di militanza della società sportiva opponente – sino all’aprile del 2019.
L’opposto ha pertanto agito in via monitoria per ottenere il pagamento del saldo dei propri compensi, rimasto insoluto, sino alla scadenza del contratto (ossia il 30/6/2020), sulla base delle fatture versate in atti sub doc. 5 fasc. monit.
Dal canto suo, l’opponente non ha contestato il proprio inadempimento
all’obbligazione di pagamento assunta, ma ha sollevato un’eccezione di inadempimento e ha svolto nei confronti dell’opposto una domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni.
In particolare, l’opponente ha lamentato (v. pagg. da II a V del ricorso introduttivo del giudizio):
- che avendo ravvisato, alla fine del campionato di serie C – girone C 2017- 2018, una serie di violazioni economico-finanziarie poste in essere da altra
squadra (ossia il
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, con il patrocinio degli Omissis
e CP_2
ricorreva al Tribunale Federale Nazionale – sezione disciplinare
affinché il
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venisse adeguatamente sanzionato, con mutamento
della posizione in classifica di detta squadra e conseguente annullamento della retrocessione dell’opponente alla categoria inferiore;
- che, nelle more dei tre gradi del giudizio svolto innanzi agli organi della giustizia sportiva, veniva emanata la L. n. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019), che all’art. 3, comma 647 – modificando l’art. 3, comma 1 del D.L. n. 220/2003, convertito con modifiche dalla L. n. 280/2003, nel quale è regolamentato il rapporto tra la giustizia sportiva e quella statale – attribuiva definitivamente al Giudice amministrativo (TAR Lazio, con sede in Roma) la competenza per tutte le questioni e controversie relative ai provvedimenti di esclusione e ammissione alle competizioni professionistiche di società o associazioni sportive professionistiche o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche, espressamente escludendo ogni competenza degli organi di giustizia sportiva;
- che, ciononostante, i predetti avvocati commettevano l’errore di presentare, in data 4/1/2019, il ricorso avverso la decisione della Corte Federale d’Appello dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport anziché al TAR Lazio, con conseguente rigetto del ricorso per inammissibilità.
L’eccezione di inadempimento dell’opponente, tuttavia, deve essere respinta in quanto sollevata esorbitando dal perimetro di cui all’art. 1460 c.c..
Posto che, per espressa dizione normativa, l’applicabilità dell’exceptio non rite adimpleti contractus è limitata alle sole ipotesi di contratti con prestazioni corrispettive, devesi rilevare che l’eccezione di inadempimento sollevata
dall’opponente nella causa in oggetto non attiene al sinallagma del rapporto giuridico dedotto in giudizio da parte opposta.
In altri termini invero, con riferimento allo specifico procedimento sopra descritto in relazione al quale l’opponente ha lamentato l’inadeguatezza dell’attività difensiva prestata dallo studio opposto, è la stessa opponente a dare atto sia di avere sottoscritto uno specifico mandato, sia di avere accettato un preventivo per compensi ulteriori e diversi rispetto a quelli di cui al contratto dedotto da parte opposta quale titolo della domanda monitoriamente azionata (v. pag. 3 memoria ex art. 183, VI comma, n. 1 c.p.c. di parte opponente), circostanza suffragata da riscontri documentali dell’opposto (v. doc. 3 opposto). Del resto, l’art. 5 del succitato contratto (v. doc. 1 fasc. monit.) è chiaro nel disporre, al penultimo capoverso, che dallo stesso restano “escluse” le “pratiche di valore indeterminabile o di straordinaria importanza” (con un elenco da ritenersi meramente esemplificativo, in applicazione del canone ermeneutico di cui all’art. 1365 c.c.), per le quali “le parti concorderanno, di volta in volta, un compenso supplementare rispetto a quanto pattuito nel presente[e] atto”.
Alla luce di quanto sopra, non appaiono dunque condivisibili – in quanto
contraddittorie – le generiche allegazioni dell’opponente sul fatto che le prestazioni specificamente contestate siano comunque da considerare rientranti nell’oggetto del contratto di consulenza e assistenza costituente il titolo del credito ingiunto in via monitoria.
Nemmeno può essere utilmente richiamato l’orientamento della giurisprudenza
di legittimità volto a estendere l’applicabilità dell’art. 1460 c.c. in ipotesi di contratti collegati, atteso che, come puntualizzato dalla Suprema Corte, “l’eccezione di inadempimento prevista dall’art. 1460 cod. civ., attenendo al momento funzionale di ogni contratto a prestazioni corrispettive, trae fondamento dal nesso di interdipendenza che lega tra loro le opposte prestazioni, cioè dall’esigenza di simultaneità nell’adempimento delle reciproche
obbligazioni scadute legate dal rapporto sinallagmatico. Pertanto, affinché il principio “inadimplenti non est adimplendum” operi anche con riguardo ad inadempienze inerenti a rapporti sostanzialmente diversi, è necessario che le parti, nell’esercizio del loro potere di autonomia, abbiano voluto tali rapporti come funzionalmente e teleologicamente collegati tra loro e posti in rapporto di reciproca interdipendenza, onde tale principio non risulta applicabile a rapporti che siano indipendenti l’uno dall’altro” (v. Cass. n. 5938/2006), come appunto avvenuto nella fattispecie per cui è causa.
A ciò si aggiunga che, in ogni caso, l’opponente non ha specificamente contestato l’esecuzione da parte dello studio legale opposto di altre attività professionali, oggetto – appunto – della specifica remunerazione annuale a forfait di cui al contratto di consulenza e assistenza stipulato tra le parti.
Pertanto, non avendo l’opponente formulato alcuna specifica contestazione in ordine al quantum (e avendo parte opposta quantificato il proprio credito per prestazioni professionali sulla base delle previsioni di cui all’art. 5 del contratto sub doc. 1 fasc. monit.), l’opposizione deve essere respinta e il decreto ingiuntivo opposto deve essere conseguentemente confermato.
- La carenza dei presupposti di applicabilità dell’art. 1460 c.c., come innanzi rilevata, non inficia l’ammissibilità della domanda risarcitoria svolta in via riconvenzionale dall’opponente, atteso che detta domanda, pur avendo una causa petendi differente come anzidetto, risulta in ogni caso connessa al titolo azionato dall’opposta ai sensi dell’art. 36 c.p.c. (v. Cass. n. 6091/2020, a mente della quale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo l’opponente – che, come indicato al paragrafo 3 che precede, assume la posizione sostanziale di convenuto – “può proporre domanda riconvenzionale, a fondamento della quale può anche dedurre un titolo non strettamente dipendente da quello posto a fondamento della ingiunzione, quando non si determini in tal modo spostamento di competenza e sia pur sempre ravvisabile un collegamento
obiettivo tra il titolo fatto valere con l’ingiunzione e la domanda riconvenzionale, tale da rendere opportuna la celebrazione del “simultaneus processus”).
Cionondimeno, anche tale domanda deve essere respinta in quanto infondata per i seguenti motivi.
Per quanto concerne la responsabilità del professionista intellettuale, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il cliente-creditore, che agisce per il risarcimento del danno patito in ragione dell’inadempimento, è tenuto a provare: (a) il danno subito, nonché (b) il nesso eziologico tra l’inadempimento e il danno.
Quanto al nesso eziologico, nell’ipotesi di una condotta omissiva del professionista che ha precluso al cliente il conseguimento di un vantaggio, la Suprema Corte ha chiarito che “la regola della preponderanza dell’evidenza, o ‘del più probabile che non’, si applica non solo all’accertamento del nesso di causalità fra l’omissione e l’evento di danno, ma anche all’accertamento del nesso tra quest’ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, posto che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell’omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull’esito che avrebbe potuto avere l’attività professionale omessa” (v. Cass. n. 25112/2017; cfr., anche, Cass. n. 25895/2016).
Ne consegue che spetta al cliente dimostrare che, ove il professionista avesse adottato la condotta dovuta, questa avrebbe condotto – più probabilmente che non – a un risultato favorevole.
Inoltre, sempre a mente del consolidato orientamento della giurisprudenza di
legittimità, “in tema di responsabilità dell’avvocato verso il cliente, è configurabile imperizia del professionista allorché questi ignori o violi precise disposizioni di legge, ovvero erri nel risolvere questioni giuridiche prive di margine di opinabilità, mentre la scelta di una determinata strategia processuale può essere foriera di responsabilità purché la sua inadeguatezza al raggiungimento del risultato perseguito dal cliente sia valutata (e motivata) dal giudice di merito
‘ex ante’ e non ‘ex post’, sulla base dell’esito del giudizio, restando comunque esclusa in caso di questioni rispetto alle quali le soluzioni dottrinali e/o giurisprudenziali presentino margini di opinabilità - in astratto o con riferimento al caso concreto - tali da rendere giuridicamente plausibili le scelte difensive compiute dal legale ancorché il giudizio si sia concluso con la soccombenza del cliente” (v. Cass. n. 11906/2016).
Nel caso che occupa, non si ritiene condivisibile la tesi difensiva di parte opposta, volta a sostenere di avere adottato la strategia difensiva più prudenziale per il cliente in ragione della dubbia applicabilità della nuova disciplina di cui all’art. 3, comma 647 della L. n. 145/2018 al giudizio patrocinato, e ciò alla luce delle motivazioni della declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione esplicitate
nella pronuncia del Collegio di Garanzia dello Sport del
CP_7
in tale pronuncia
infatti, dopo un analitico richiamo della novella di cui all’art. 3, comma 647 della
L. n. 145/2018 – Legge di Bilancio 2019 (v. par. 4 che precede), si legge che “con riferimento al caso di specie, appare pacifica l’inammissibilità del ricorso, in quanto la Società
Parte_1
impugnando erroneamente il provvedimento della Corte Federale di
Appello innanzi a questo Collegio e non al Giudice amministrativo competente (TAR Lazio), ha perso la possibilità di adire quest’ultimo, essendo già decorsi i termini perentori stabiliti dalla nuova formulazione del decreto-legge n. 220 del 2003, convertito nella legge n. 280 del 2003” (v. doc. 4 opposto).
L’orientamento espresso dal Collegio di Garanzia è stato avallato dal TAR Lazio, successivamente adito dall’opponente con ricorso cautelare, patrocinato da un altro avvocato (v. doc. 9 opponente).
Tuttavia, anche postulando la fondatezza delle doglianze dell’opponente circa la ricorrenza di un errore professionale ascrivibile ai professionisti dello studio legale opposto, secondo il necessario giudizio prognostico circa l’esito che avrebbe potuto avere l’attività professionale omessa e dovendosi applicare la regola della preponderanza dell’evidenza anche all’accertamento del nesso di
causalità giuridica tra l’evento di danno e le conseguenze risarcibili, non si ritiene postulabile che una tempestiva impugnazione della decisione della Corte Federale d’Appello innanzi al TAR Lazio avrebbe (più probabilmente che non) condotto all’accoglimento del ricorso.
Infatti:
- la decisione del Tribunale Nazionale Federale – Sezione Disciplinare ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato dall’opponente con il patrocinio degli avvocati titolari associati dello studio opposto, stigmatizzando da un lato l’assenza di elementi utili a valutare la legittimazione attiva della ricorrente, a fronte dell’esclusività dell’azione
disciplinare in capo alla Procura
Pt_2
quale organo terzo e imparziale, e
dall’altro lato la genericità delle allegazioni sulle violazioni asseritamente
addebitate al
CP_6
, in quanto fondate su mere illazioni, nonché
l’inapplicabilità della sanzione della retrocessione richiesta al caso di specie (v. doc. 1 opponente e doc. 16 opposto);
- successivamente, la Corte Federale d’Appello ha respinto il gravame proposto dall’opponente “atteso il difetto di interesse ad agire, come anche di una specifica posizione giuridica differenziata meritevole di tutela nell’ordinamento sportivo”, rilevando in particolare che l’odierna opponente poteva vantare “solo il titolo sportivo valido per la serie D” e che, conseguentemente, “anche un eventuale scorrimento della graduatoria dello scorso campionato di serie C, girone C, come richiesto dalla ricorrente, quale effetto di una ipotetica applicazione del richiesto trattamento
disciplinare sanzionatorio a carico del
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da scontarsi nella scorsa stagione
sportiva 2017/2018, non potrebbe condurre ad alcun utile risultato a favore della ricorrente” (v. doc. 2 opponente e doc. 17 opposto).
Già sulla base del mero esame dei motivi di rigetto delle domande azionate dall’odierna opponente, espressi nelle succitate pronunce dei primi due gradi della
giustizia sportiva, dunque, appaiono evidenti la scarse probabilità di successo anche di un’ulteriore impugnazione correttamente incardinata avanti al Giudice amministrativo, in quanto (i) l’eventuale superamento (non agevolmente ipotizzabile, alla luce di quanto anzidetto) delle eccezioni preliminari relative a legittimazione/interesse ad agire della società sportiva odierna opponente avrebbe condotto soltanto all’apertura dell’istruttoria e (ii) non sono stati versati
in atti i riscontri probatori delle violazioni asseritamente perpetrate dal
CP_6
[...]
, che avrebbero dovuto condurre all’applicazione delle sanzioni auspicate
dall’opponente; (iii) inoltre, per espressa ammissione dell’opponente medesima
(v. pag. XIII atto di citazione), lo scivolamento in graduatoria del
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non avrebbe in ogni caso garantito alla stessa opponente di non retrocedere alla categoria inferiore.
Quanto anzidetto risulta ulteriormente suffragato dalla giurisprudenza richiamata dall’opposto (v. docc. 18-19 opposto), relativa a fattispecie consimili a quella patrocinata avanti alla giustizia sportiva nell’interesse dell’opponente dagli avvocati dello studio convenuto, da cui emerge inequivocabilmente che spetta
alla
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ogni determinazione in ordine
all’ammissione a un campionato (mediante ripescaggio, reintegro o sostituzione) di un club in caso di penalizzazione di un altro club, senza automatismo di sorta. In altri termini, l’opponente non ha dimostrato che, anche in ipotesi di corretta impugnazione del provvedimento della Corte Federale d’Appello, la stessa avrebbe avuto esito favorevole per l’opponente medesima e che quest’ultima avrebbe tratto un utile vantaggio diverso dalla mera (eventuale, giova ribadirlo) comminatoria di sanzioni alla squadra avversaria, non essendo prospettabile per la stessa opponente alcuna garanzia di annullare la propria retrocessione.
Inoltre, con riferimento alla (genericamente) lamentata carenza di un’adeguata informativa fornita dagli avvocati dello studio opposto, parte opponente non ha
mai dedotto né provato che, laddove avesse ricevuto informazioni esaustive circa i rischi di causa, si sarebbe astenuta dall’agire per ottenere la comminatoria di una
sanzione nei confronti del
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e, in particolare, dall’impugnare il
provvedimento di rigetto del proprio ricorso emesso dalla Corte Federale d’Appello.
Pertanto, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, l’opponente non solo non appare avere allegato elementi decisivi atti a corroborare un convincimento circa l’esito fausto del giudizio in caso di impugnazione correttamente e tempestivamente proposta innanzi al TAR Lazio, ma neppure ha dimostrato il pregiudizio asseritamente patito, ossia – in sostanza – quale sarebbe il danno di cui concretamente chiede il ristoro. Né è postulabile l’applicazione di una liquidazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c. così come richiesto dall’opponente, non vertendosi in un’ipotesi di impossibilità o particolare difficoltà della prova relativa a un danno patrimoniale in thesi subito (v. Cass. n. 17752/2015).
Anche la domanda riconvenzionale dell’opponente di accertamento della responsabilità professionale per inadempimento dell’opposto e di risarcimento del danno deve essere conseguentemente rigettata, in quanto infondata.
- Le spese di lite seguono il regime della soccombenza e vengono liquidate in dispositivo come da nota spese depositata dall’opposto, conforme ai parametri medi – sulla base del valore della controversia – di cui al D.M. n. 55/2014, così come aggiornati dal D.M. n. 147/2022.
- Le ragioni della decisione, come innanzi indicate, non giustificano l’applicazione della condanna ex art. 96 c.p.c. dell’opponente invocata
dall’opposto, non ritenendosi postulabile una temerarietà dell’azione sulla base della mera infondatezza delle difese di parte opponente.
Per questi motivi
il Tribunale di Bergamo
in composizione monocratica III sezione civile
definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:
- rigetta l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 2034/2020 del 7/7/2020,
emesso dal Tribunale di Bergamo, che per l’effetto conferma e che, ai sensi dell’art. 653 c.p.c., dichiara definitivamente esecutivo;
- rigetta la domanda riconvenzionale di risarcimento del danno formulata dall’opponente;
- condanna l’opponente a rifondere all’opposto le spese del presente giudizio, liquidate in € 5.077,00 per compensi, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Bergamo, 12 settembre 2023
Il Giudice dott.ssa Chiara Mazzoni