TRIBUNALE DI COMO – SENTENZA N. 116/2025 DEL 17/02/2025
TRIBUNALE ORDINARIO DI COMO SECONDA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Paolo Bertollini, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in primo grado iscritta al R.G. N. 2697/2022, assunta in decisione all’udienza di precisazione delle conclusioni del 6 novembre 2024, vertente
TRA
Parte_1
(C.F.
P.IVA_1
, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Milano, via Santa Sofia n. 12, presso lo studio dell’avv. Omissis e dell’avv. Omissis , che la rappresentano e difendono giusta procura allegata alla comparsa di costituzione del nuovo difensore;
- Opponente – E
Controparte_1
(C.F.
C.F._1
), elettivamente domiciliato in
Pt_1
via
Mentana n. 1, presso lo studio dell’avv. Omissis dell’avv. Omissis , che lo rappresentano e difendono come da procura allegata alla comparsa di costituzione dei nuovi difensori;
- Opposto –
Conclusioni delle parti: All’udienza del 6.11.2024, parte opposta precisava le conclusioni riportandosi alla prima memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c. e reiterando le istanze istruttorie
non accolte; parte opponente precisava le conclusioni, come da prima memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c. ed insisteva per l’ammissione delle proprie istanze istruttorie.
Oggetto: Mediazione
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
- Con atto di citazione ritualmente notificato, la
Parte_1
proponeva opposizione
avverso il decreto ingiuntivo n. 659/2022, emesso da questo Tribunale in data 7.06.2022, a favore
di Controparte_1
e avente ad oggetto il pagamento della complessiva somma di € 80.000,00,
oltre interessi di mora al tasso di cui al d.lgs. n. 231 del 2002 e spese processuali, per l’attività di mediazione da lui svolta nella conclusione dell’affare tra la società opponente, che gestisce la
squadra di calcio cittadina, e il giocatore
Persona_1
Contestava, in primo luogo, l’opponente di aver conferito un incarico al
CP_1
Ammetteva infatti che, in data 10.01.2022, vi era stata una conversazione telefonica tra la
controparte e l’allora direttore generale
Parte_2
durante la quale il primo aveva sondato
l’interesse del club alla possibile acquisizione del calciatore e suggerito di agire per conto del
medesimo, essendo egli un amico di famiglia del giocatore e del di lui padre,
Persona_2
[...]
(detto Per_ ); in detta occasione, il
Pt_2 si era tuttavia limitato a manifestare un astratto
interesse della società, precisando di dover prima di tutto interloquire con l’amministratore
delegato,
Controparte_2
Acquisito l’assenso di quest’ultimo, vi era stato dunque un
ulteriore colloquio telefonico, anch’esso tra il
Pt_2
e il
CP_1
nel quale lo stesso aveva
ricapitolato i possibili termini economici dell’affare e precisato di non essere l’agente di
[...]
Per_1
, avendo piuttosto intenzione di agire quale incaricato della
Parte_1
dietro
pagamento di un compenso in denaro di € 80.000,00.
A seguito di nuove interlocuzioni con l’amministratore delegato e dopo avere ricevuto dalla
controparte, alle ore 16:57, un’e-mail riepilogativa sui termini del possibile incarico, il
Pt_2
aveva dunque comunicato via e-mail al
CP_1
che, non rappresentando egli gli interessi del
calciatore, la società opponente non intendeva beneficiare della sua attività.
Nei giorni successivi, l’opponente era stata infine contattata dall’agente del
Per_1
, con lo scopo
di sondare l’interesse del club all’acquisizione del calciatore, e il contratto era stato concluso tra le parti senza la mediazione dell’opposto, a condizioni peraltro assai differenti da quelle
inizialmente prospettate dal
CP_1
In subordine, deduceva la nullità dell’ipotetico contratto di mediazione siccome stipulato con un
soggetto, il
CP_1
appunto, non iscritto al Registro federale degli agenti sportivi gestito dalla
F.I.G.C., oltre a contestare il quantum dell’obbligazione.
Concludeva quindi per la revoca del decreto ingiuntivo e per il rigetto di ogni avversa pretesa, il tutto con condanna della controparte alla refusione delle spese processuali e al risarcimento del danno ex art. 96, terzo comma, c.p.c.
Con comparsa di risposta tempestivamente depositata, si costituiva in giudizio
Controparte_1
il quale precisava: di essere iscritto alla federazione del calcio inglese in quanto domiciliato
professionalmente nel Regno Unito; di essere stato contattato, in data 10.01.2022, da
Parte_2
[...]
con il quale aveva intrattenuto pregressi rapporti professionali; che, in detta occasione, il
CP_1
aveva suggerito al
Pt_2
l’opportunità di acquisire il calciatore
Persona_1
all’epoca militante col Valencia, e si era offerto di contattare il padre di quest’ultimo,
Persona_4
[...]
che conosceva direttamente; che, dopo avere interloquito con l’amministratore
delegato, alle ore 16:13, il
Pt_2
aveva di nuovo contattato il
CP_1
manifestando
l’interessamento della società calcistica e, in particolare, la volontà di far proprie le condizioni
esposte da parte opposta nel primo colloquio; che, in tale occasione, il
CP_1
aveva dunque
consigliato alla società di offrire al giocatore un contratto della durata di due anni e mezzo, dietro il pagamento di € 300.000,00 netti, oltre bonus, e avevano altresì concordato il compenso di € 80.000,00 per l’attività di mediazione svolta dall’opposto, che avrebbe agito quale intermediario
della
Parte_1
che, dopo pochi minuti, l’opposto aveva preso contatti con il padre del
giocatore ed aveva inviato al
Pt_2
un’e-mail riassuntiva, contenente i dettagli dell’operazione;
che, alle ore 18:49, il
Pt_2
aveva risposto all’e-mail informandolo di essersi autonomamente
messo in contatto con l’agente del calciatore e di non avergli mai inteso conferire alcun incarico
di mediazione; che, in seguito, l’affare si era tuttavia concluso e
Persona_1
aveva firmato, con
la società opponente, un contratto di due anni alle medesime condizioni concordate
telefonicamente tra il
Pt_2
il CP_1
Premessa quindi l’esistenza del contratto di mediazione tra le parti, da qualificarsi in via alternativa come mandato o come contratto d’opera intellettuale (consulenza), concludeva per il rigetto dell’opposizione e per la conferma del decreto ingiuntivo.
In subordine, considerato che la controparte era venuta meno all’obbligo di comportarsi secondo correttezza e buona fede nella fase delle trattative, giacché gli elementi essenziali del contratto
erano stati compiutamente definiti allorché la
Parte_1
si era sottratta alla conclusione
dell’affare, chiedeva la condanna della stessa al risarcimento del danno da lui subito, a titolo di responsabilità precontrattuale, da liquidarsi in via equitativa nella stessa misura della provvigione, pari al 3% del compenso pattuito di € 300.000,00.
All’esito della prima udienza, veniva respinta l’istanza di concessione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo e la trattazione della causa proseguiva con il deposito delle memorie di cui all’art. 183, sesto comma, c.p.c.
Per quanto qui rileva, nella prima memoria, parte opponente eccepiva poi l’inammissibilità della domanda risarcitoria avanzata dalla controparte in comparsa, siccome costituente l’oggetto una nuova domanda e non anche di un’ammissibile emendatio libelli.
Dopo plurimi rinvii disposti dal precedente giudice istruttore ed un unico rinvio disposto da parte dello scrivente magistrato, subentrato nella trattazione della causa, motivato essenzialmente da esigenze di riorganizzazione del ruolo e dal proprio calendario di udienza, il processo veniva, quindi, istruito con l’esame dell’unico teste indicato dall’opposto, su tutti i capitoli di prova orale articolati nella seconda memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c.
All’esito, invitate le parti a precisare le conclusioni, la causa veniva immediatamente trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
Lette le comparse conclusionali e le memorie di replica, la causa viene dunque definita con la presente sentenza.
- Tutto ciò premesso, occorre innanzitutto procedere alla qualificazione giuridica della fattispecie dedotta in giudizio dall’opposto, avendo questi prospettato, in via alternativa, plurime tipologie negoziali tra loro incompatibili (mediazione, mandato, contratto d’opera intellettuale);
solo all’esito, sarà infatti possibile accertare la fondatezza della pretesa creditoria, tenendo bene a mente il criterio di riparto dell’onere della prova, che non muta nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, nonostante la formale inversione dell’iniziativa processuale.
Infatti, “l'opposizione prevista dall'art. 645 c.p.c. non è una "actio nullitatis" o un'azione di impugnativa nei confronti dell'emessa ingiunzione, ma un ordinario giudizio sulla domanda del creditore che si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio, non quale giudizio autonomo, ma come fase ulteriore - anche se eventuale - del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo” (cfr. Cass., sez. un., 13 gennaio 2022, n. 927).
Orbene, la fattispecie negoziale dedotta in giudizio dall'opposto sicuramente non può essere ricondotta allo schema del mandato, il quale è descritto dall’art. 1703 c.c. come “il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra”.
Ciò che difetta, nel caso di specie, è infatti la componente gestoria propria dell’agire per conto
di altri; il
CP_1
non lamenta il mancato pagamento del compenso dovuto, per avere egli
stipulato un contratto nell’interesse della
Parte_1
(che, anzi, è stato pacificamente
concluso dall’odierna opponente direttamente con il terzo), bensì che non gli sia stato riconosciuto alcun corrispettivo per aver messo in contatto le parti dell’accordo, nonostante
quanto convenuto telefonicamente con il
Pt_2
Né la fattispecie negoziale può essere ricondotta al contratto d’opera intellettuale di cui agli artt. 2229 ss. c.c. (errato in diritto è, infatti, il riferimento all’art. 2222 c.c., che nel disciplinare il contratto d’opera, fa riferimento non già al compimento di un’attività intellettuale, per l’esercizio della quale è necessaria l’iscrizione in albi od elenchi, ma di un’opera materiale o di un servizio).
Stando alle stesse allegazioni di parte opposta, il
CP_1
avrebbe infatti suggerito alla controparte
quali condizioni praticare, nel futuro contratto con il calciatore, non già in adempimento di apposito incarico (di consulenza), bensì nell’esecuzione di un’attività di intermediazione, cioè allo scopo di agevolare la futura conclusione dell’affare.
Da quanto sopra, si ricava che la pretesa creditoria non può che essere ricondotta alla provvigione del mediatore, cioè al compenso spettante a favore di chi, con la propria condotta, mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, dipendenza o rappresentanza (art. 1754 c.c.).
- Così qualificata la domanda attorea, ritiene questo giudice che l’opposizione al decreto ingiuntivo sia fondata e debba necessariamente trovare accoglimento.
In primo luogo, merita infatti di essere accolta l’eccezione di nullità del presunto accordo di
mediazione, pacifico essendo che il
CP_1
non sia iscritto al Registro Nazionale degli agenti
sportivi di cui all’art. 4 d.lgs. n. 37 del 2021 (applicabile ratione temporis alla controversia, in
quanto la mediazione si sarebbe svolta il 10.01.2022), ai sensi del quale “presso il
CP_3 è
istituito il Registro nazionale degli agenti sportivi, al quale deve essere iscritto l'agente sportivo, ai fini dello svolgimento della professione di cui all'articolo 3”.
L’art. 3 d.lgs. cit. prevede, infatti, che “l'agente sportivo è il soggetto che, in esecuzione del contratto di mandato sportivo, mette in contatto due o più soggetti operanti nell'ambito di una
disciplina sportiva riconosciuta dal
CP_3
e dal CIO, nonché dal CIP e dall'IPC, siano essi
lavoratori sportivi o Società o Associazioni Sportive, ai fini della conclusione, della risoluzione o del rinnovo di un contratto di lavoro sportivo, del trasferimento della prestazione sportiva mediante cessione del relativo contratto di lavoro, del tesseramento di uno sportivo presso una Federazione Sportiva Nazionale, fornendo servizi professionali di assistenza, consulenza e mediazione” e, in relazione ai requisiti di validità del contratto, il successivo art. 5 dispone, al comma 6, che “è nullo il contratto di mandato sportivo stipulato da un soggetto non iscritto al Registro nazionale degli agenti sportivi o che si trovi in una delle situazioni di incompatibilità o di conflitto d'interessi di cui all'articolo 6”.
La sanzione civilistica della nullità trova, peraltro, conferma nel Regolamento F.I.G.C. del 4 dicembre 2020 (ratione temporis applicabile), il quale stabilisce, all’art. 1, comma 2, che “l’iscrizione al Registro federale è obbligatoria per tutti coloro che mettono in relazione due o più soggetti ai fini: i) della conclusione, del rinnovo o della risoluzione di un contratto di prestazione sportiva professionistica di calciatori tesserati presso la FIGC; ii) del trasferimento delle prestazioni sportive di calciatori professionisti presso società sportive affiliate alla FIGC;
iii) del tesseramento di calciatori professionisti presso società sportive affiliate alla FIGC” e, al successivo art. 21, comma 7, precisa che “fatte salve le competenze professionali riconosciute per legge, nonché quanto previsto dall’art. 348 del codice penale, il mandato stipulato da soggetto non iscritto al Registro nazionale e al Registro federale è nullo”, occorrendo sul punto
rammentare che la citata disciplina interviene a conformare il contenuto del regolamento negoziale, giacché “le violazioni di regole dell'ordinamento sportivo in tema di contratto si riflettono anche sulla validità di quest'ultimo secondo l'ordinamento dello Stato, poiché, seppure non direttamente determinanti la nullità per violazione di norme imperative, incidono necessariamente sulla funzionalità del contratto, cioè sulla sua idoneità a realizzare un interesse meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico, interesse da ritenere mancante allorché il contratto sia posto in essere in frode alle regole dell'ordinamento sportivo e senza l'osservanza delle prescrizioni formali all'uopo richieste” (cfr. Cass., sez. III, 17 marzo 2015, n. 5216).
Ai fini dello svolgimento dell’attività di mediazione, in ambito calcistico, è dunque imprescindibile l’iscrizione nell’apposito albo.
Né rileva che il
CP_1
fosse abilitato allo svolgimento della professione di agente calcistico nel
Regno Unito, essendo invero contemplata un’apposita sezione per gli “agenti sportivi stabiliti”, destinata a coloro che, cittadini dell’Unione europea, siano abilitati in altro Stato membro all’esercizio dell’attività (art. 4, comma 5, d.lgs. n. 37 del 2021).
Per svolgere l’attività di mediatore, il
CP_1
avrebbe pertanto dovuto stabilire il proprio
domicilio professionale in Italia ed ottenere comunque l’iscrizione nell’apposito Registro.
La predetta limitazione appare, peraltro, non incompatibile con la libertà di stabilimento di cui all’art. 49 TFUE o con il principio di libera circolazione dei servizi di cui all’art. 56 TFUE, sostanzialmente invocati da parte opposta (sia pure facendo riferimento agli accordi bilaterali tra Unione Europea e Regno Unito, che hanno regolato la Brexit), giacché al riguardo si è precisato in giurisprudenza, sia pure con riferimento al diverso caso dell’iscrizione al ruolo dei mediatori immobiliari di cui all’art. 6 legge n. 39 del 1989, che “la riserva dello svolgimento dell’attività di mediazione solo a soggetti in possesso di determinati requisiti di idoneità tecnica e morale e la previsione del rifiuto di ogni tutela al mediatore non iscritto nel ruolo si giustificano, nella discrezionale scelta del legislatore nazionale, in relazione alla peculiare importanza assunta dalla mediazione nello sviluppo dei traffici e nell’esigenza, sempre più avvertita, di tutelare il generale interesse ad un ordinario e corretto sviluppo di un’attività che spesso costituisce l’unico tramite per la conclusione degli affari” (cfr. Cass., sez. I, 5 giugno 2007, n. 13184, ove si richiama la sentenza della Corte di giustizia 25 giugno 1992, in causa c-147/91, la quale ha
statuito che la direttiva 67/43/CEE, concernente la realizzazione della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi per le attività non salariate relative al settore degli affari immobiliari, non impedisce allo Stato membro di riservare determinate attività rilevanti nel settore degli affari immobiliari alle persone autorizzate ad esercitare la professione di agente immobiliare; sul tema, v. anche Cass., sez. un., 2 agosto 2017, n. 19161).
Tale questione, di carattere assorbente, appare dunque di per sé sufficiente all’accoglimento
dell’opposizione e alla revoca del decreto ingiuntivo conseguito dal
CP_1
A prescindere da ciò, va detto in ogni caso che non vi è prova sufficiente del titolo negoziale posto a fondamento della domanda monitoria.
Sul punto, occorre infatti premettere in diritto che, ferma l’autonoma configurabilità di una mediazione negoziale atipica o unilaterale, fondata su un contratto a prestazioni corrispettive, che può coinvolgere anche solo una delle parti interesse alla conclusione dell’affare, laddove quest’ultima incarichi altri di svolgere attività di ricerca dell’altro contraente (cfr. Cass., sez. un., 2 agosto 2017, n. 19161), la mediazione sul modello codicistico va, più correttamente, ricondotta alla terza categoria delle fonti di obbligazioni ex art. 1173 c.c., ovvero quella degli altri atti o fatti idonei a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico, non essendo a tale scopo necessario il preventivo conferimento dell’incarico per la ricerca dell’acquirente o del venditore, purché l’uno o l’altro abbiano accettato l’attività del mediatore avvantaggiandosene (cfr. Cass., sez. II, 14 maggio 2018, n. 11656; nello stesso senso, v. anche Cass., sez. III, 9 dicembre 2014, n. 25851;
Cass., sez. III, 14 aprile 2005, n. 7759).
Il diritto alla provvigione del mediatore sussiste, dunque, ed è esercitabile nei confronti di ciascuna delle parti, a norma dell’art. 1755 c.c., “se l’affare è concluso per effetto del suo intervento”, essendo a tal fine necessario accertare se sussista un nesso di causalità adeguata tra l’attività svolta dal richiedente e la successiva conclusione dell’affare.
A tal proposito, è infatti necessario che il mediatore “abbia utilmente messo in relazione le parti intervenendo nelle varie fasi delle trattative, così da realizzare l'antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, nel senso che quest’ultima possa ritenersi conseguenza dell'opera prestata dall'intermediario, tale che, senza di essa, secondo il principio della causalità adeguata, il contratto stesso non si sarebbe concluso” (cfr. Cass., sez. II, 8 gennaio
2024, n. 538). Non è pertanto sufficiente che egli abbia, in qualche modo, messo in relazione le parti del contratto, occorrendo diversamente accertare ex post, cioè ad affare concluso, ed incombendo sul mediatore la relativa prova, se vi sia una sostanziale identità tra l’affare proposto e quello successivamente concluso, ferma l’irrilevanza della modifica di una o più condizioni iniziali e sempre che vi sia stata continuità nell’operazione e la conclusione dell’affare sia da ricollegare al contatto determinato dal mediatore tra le parti (cfr., nello stesso senso, Cass., sez. II, 2 febbraio 2023, n. 3165; Cass., sez. II, 5 maggio 2023, n. 11815; Cass., sez. II, 8 aprile 2022,
n. 11443; Cass., sez. II, 16 gennaio 2018, n. 869).
Venendo al caso di specie, occorre certamente escludere l’esistenza di un rapporto di mediazione
negoziale atipica, essendo pacifico tra le parti che la
Parte_1
non avesse conferito al
CP_1
alcun incarico volto alla ricerca sul mercato di potenziali calciatori.
Né potrebbe essere intesa in tal senso la sola richiesta di suggerimenti, che, stando alle allegazioni
dell’opposto, sarebbe pervenuta dal
Pt_2
in occasione della prima telefonata delle ore 12:19;
infatti, un conto è la richiesta occasionale di un consiglio per sostituire i giocatori infortunati, altro è lo stabile e duraturo conferimento di un incarico finalizzato al reperimento di potenziali giocatori, interessati a determinate condizioni negoziali.
In mancanza di ciò, il
CP_1
avrebbe quindi dovuto fornire la prova del nesso di causalità tra il
proprio intervento e la conclusione del successivo affare con il
Per_1 .
Il predetto onere probatorio non è stato tuttavia assolto, non essendovi evidenza che il
CP_1
abbia messo in contatto la
Parte_1
con la persona del calciatore e che, in mancanza del
suo intervento, le parti non sarebbero comunque addivenute alla conclusione dell’affare.
È infatti documentalmente provato che, alle ore 16:24 del 10.01.2022, dopo aver conversato con
il Pt_2 il
CP_1
aveva contattato telefonicamente
Persona_4
ovvero il padre
dell’atleta, risultando la circostanza dall’elenco delle chiamate in uscita dal proprio telefono (cfr. all. 11 alla comparsa di risposta); non vi è prova, tuttavia, del tenore della conversazione
intrattenuta e soprattutto che il
CP_1
grazie alla pregressa conoscenza della controparte
negoziale, sia stato in grado di agevolare la successiva conclusione dell’affare.
Né si ricavano ulteriori indicazioni dalla conversazione whatsapp, intrattenuta sempre con
[...]
Persona_4
giacché i messaggi “Tengo un oferta del Como por tu hijo!!! Muy bien” e “Per
llamame rapido”, inviati dal
CP_1
rispettivamente, alle ore 12.26 e alle 19.12 del 10.01.2022,
non hanno ottenuto risposta fino al giorno successivo, allorché, al messaggio “Es una pregunta…
porque yo no he recibido
Persona_5
o del
Pt_1
, il padre del
calciatore aveva risposto “
Per_6
. No he ablado con hel. Hablé con otra persona de la
empresa” (cfr. all. 10 alla comparsa di risposta).
Non vi è, dunque, prova che il
CP_1
si sia avvalso delle proprie relazioni per agevolare la
conclusione dell’affare, così mettendo in contatto la
Parte_1
ed il
Per_1 .
Né la prova della mediazione può essere desunta dalla sola e-mail inviata dal ore 16:57 del 10.01.2022 (cfr. all. 6 alla comparsa di risposta).
CP_1
al Pt_2
lle
Per quanto il contenuto del contratto depositato dall’opponente in allegato alla seconda memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c. ricalchi, per sommi capi, il contenuto di tale e-mail non vi è prova che i suggerimenti forniti dall’opposto siano stati determinanti ai fini della conclusione dell’affare, attenendo essi unicamente al costo dell’ingaggio del giocatore, di € 300.000,00 a stagione, per le stagioni 2022/2023 e 2023/2024, e alla possibilità di ottenerne l’acquisizione senza versare ulteriori importi a favore della squadra del Valencia.
Trattasi, in altri termini, di informazioni che possono sicuramente avere avuto una qualche utilità
nelle trattative con il
Per_1
, ma che di per sé non valgono a giustificare il pagamento della
provvigione, occorrendo piuttosto lo svolgimento di un’attività di intermediazione.
Infine, difetta la volontà delle parti di trarre vantaggio dall’attività svolta dal
CP_1
Si legge, infatti, nell’e-mail pervenuta alle ore 18:49, ovvero a distanza di poche ore dalla
seconda conversazione telefonica con il
Pt_2
he, preso atto che il
CP_1
non rappresentava gli
interessi del calciatore, non era intenzione della società opponente beneficiare dei suoi servizi
(cfr. all. 6 alla comparsa di risposta, ove si legge: “Dear
CP_1
, This morning when we spoke
you insinuated that the player was your player on the phone & then on the 2nd call you tell me he isn’t your player & you want to act for Como1907. You now send me this email trying to instigate you doing this deal on our behalf. We are not interested in giving any agent the authority to act on behalf of the club or pay you compensation, that’s not how we work. I suggest you speak
with his agent who we are speaking with.
Parte_2
”).
Né si evince altrimenti dalla corrispondenza whatsapp intrattenuta col padre del
Per_1 .
Insomma, alla luce delle considerazioni che precedono, non vi è prova che il
CP_1
abbia messo
in contatto le parti, apportando un contributo determinante nell’ottica della successiva
conclusione dell’affare tra la
Parte_1
e il calciatore.
Né si possono ricavare elementi di segno contrario dalla prova orale acquisita nel corso del
processo, ovvero dall’esame del teste
Testimone_1
Sul punto, va detto in primo luogo che la relativa deposizione è affetta da nullità, essendo stata la prova orale assunta in violazione dei limiti di ammissibilità della prova testimoniale di cui agli artt. 2712 ss. c.c. ed essendo stata l’eccezione di nullità tempestivamente sollevata dall’opponente, nella prima difesa utile, successiva all’assunzione della testimonianza.
La richiesta di prova orale è stata, infatti, avanzata da parte opposta al fine di dimostrare il conferimento dell’incarico di mediazione, ovvero l’intervenuta conclusione di un contratto per il quale l’art. 5 d.lgs. 28 febbraio 2021, n. 37, prevede l’obbligo di forma scritta sotto pena di nullità, il tutto in difetto di elementi che dimostrino la perdita incolpevole del documento (art. 2724, n. 3, c.c.), che integra l’unica eccezione contemplata dall’art. 2725 c.c.
Inoltre, anche a voler considerare il dettato dell’art. 2721 c.c., relativo ai contratti per i quali non è prevista la forma scritta ad substantiam o ad probationem, va detto che l’opposto nulla ha dedotto sulle ragioni per le quali l’incarico di mediazione avrebbe dovuto essere conferito dalla controparte verbalmente e non anche con atto scritto, specie considerando la rilevanza degli interessi economici coinvolti e l’entità della provvigione prevista a suo favore.
In ogni caso, va detto che, a prescindere dalla citata eccezione di nullità, la prova orale si è rivelata in concreto irrilevante, nulla essendo emerso sull’attività di mediazione.
Il teste
Tes_1
si è, infatti, limitato a riferire di aver assistito alla conversazione telefonica in
vivavoce, che si era svolta nel primo pomeriggio del 10.01.2022 tra il
CP_1
e un manager della
Parte_1
da lui successivamente identificato nella persona di
Parte_2
mentre
il primo si trovava all’interno del suo bar (cfr. quanto dichiarato dal predetto teste, sentito all’udienza del 6.11.2024, sul capitolo 1 della memoria istruttoria di parte opposta: “Ricordo che
il giorno 10.01.2022 nel primo pomeriggio io e il
CP_1
ci trovavamo nel mio bar che si trova
nel centro di Cremona, in Via Capitano del Popolo n. 12. Io mi trovavo dietro al bancone e il
CP_1
era l’unica altra persona presente nel bar. Ricordo che in tale occasione si è svolta una
telefonata con il vivavoce tra il
CP_1
e una persona qualificatasi come
Pt_2
anzi, considerato
il tempo trascorso, non ricordo come abbia appreso che l’interlocutore si chiamava comunque mi pare di ricordare che si chiamasse così. In tale occasione ho sentito che il
Pt_2 CP_1
ed il
Pt_2 parlavano dell’ingaggio di un giocatore, di cui non rammento il nome”. Sul capitolo
2: “Ho già risposto. In quel momento non sapevo che si trattasse del Direttore Generale del Como”. ADR: “Ho appreso successivamente leggendo i giornali che si trattava di un dirigente del Como Calcio”).
Non ha tuttavia saputo riferire, il predetto testimone, sul contenuto delle intese raggiunte tra le parti, rammentando unicamente che i due interlocutori si riferivano all’acquisizione di un calciatore, alla necessità di contattare il padre dell’atleta e ad una provvigione di € 80.000,00 a
favore del
CP_1
(cfr. quanto riferito dal testimone sul capitolo 4: “Non stavo ascoltando per
filo e per segno la telefonata. Ricordo che i due interlocutori parlavano di un calciatore, di
contratti, di ingaggi e di trasferimenti”; sul capitolo 5: “Posso presumere che il
CP_1
conoscesse il calciatore di cui si parlava anche perché sono a conoscenza dell’attività professionale da lui svolta”; sul capitolo 6: “Non ricordo precisamente le condizioni economiche dell’ingaggio del giocatore da parte del Como Calcio. Mi è rimasta impressa la cifra di € 80.000,00”; sul capitolo 7: “È passato molto tempo dalla telefonata e non stavo precisamente ad
ascoltare, ma mi pare di aver capito che il
CP_1
dovesse fare da mediatore per l’acquisto di
un calciatore, o almeno sono arrivato a queste conclusioni perché so che lavoro fa il
CP_1 e
ho sentito il resto della conversazione. Ricordo che si parlava di € 80.000,00. Non so dire chi precisamente abbia parlato di € 80.000,00, mi pare entrambi gli interlocutori”. ADR: “Penso
che la cifra di € 80.000,00 fosse il compenso per il
CP_1
; sul capitolo 8: “Mi sembra che
entrambi gli interlocutori concordassero sul compenso”; sul capitolo 9: “Ricordo che la
conversazione è durata per qualche altro minuto e poi si è interrotta. Non ricordo che il
CP_1
si fosse impegnato a fare qualcosa in particolare”. ADR: “Anzi mi pare di ricordare che si
parlava del padre del calciatore. Ora che me lo si chiede, mi pare di ricordare che il
CP_1
dovesse contattare il padre del calciatore e aveva detto “Parlo io con il papà” o “Mi impegno
io con il papà”, qualcosa del genere”; sul capitolo 10: “Non ricordo precisamente se il
Pt_2
avesse aggiunto qualcosa, anche perché io andavo e venivo. Mi pare però che la telefonata si
sia conclusa in modo cordiale”. ADR: “Non ricordo se il
Pt_2 abbia detto che il
CP_1
stava
lavorando per il
Pt_1
. ADR: “Voglio precisare che quando ho detto che “andavo e venivo”
non intendevo dire che mi ero allontanato per andare da qualche parte. Io ho assistito all’intera telefonata semplicemente ero indaffarato. Preciso anche che il mio bar è piuttosto piccolo”).
È dunque certamente emerso che, tra le parti del giudizio, pendevano delle trattative volte al conferimento di un possibile incarico di mediazione all’odierna parte opposta, ma non vi è prova che tali trattative siano effettivamente sfociate in un accordo.
Infine, è pacifico che il teste non abbia assistito al successivo colloquio tra il
CP_1 e
Persona_4
[...]
nulla potendo riferire sull’attività di mediazione effettivamente svolta.
Anche sotto tale aspetto, la domanda attorea merita pertanto di essere respinta.
Né tale lacuna probatoria potrebbe essere colmata ammettendo la prova per interrogatorio formale, articolata da parte opposta nella seconda memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c. e reiterata all’udienza di precisazione delle conclusioni, atteso che i relativi capitoli sono tutti privi di rilevanza; lo stesso capitolo n. 3) (“Vero che il 10 gennaio 2022 lei ha interloquito sulla
cessione di
Persona_1
dal Valencia FC al Como 1907 prima con
Controparte_1
e solo
successivamente lei, o suoi collaboratori, ha interloquito con il sig.
Persona_5
”) è, infatti,
inidoneo a provocare la confessione dell’opponente in quanto il semplice fatto che la cessione
del calciatore sia stata discussa, almeno in un primo momento, con il
CP_1
non implica
necessariamente che sia stato quest’ultimo a mettere in relazione le parti dell’accordo. Segue l’accoglimento dell’opposizione e la revoca del decreto ingiuntivo.
- Infine, non può trovare accoglimento la domanda riconvenzionale avanzata da parte opposta in comparsa, che pure va senz’altro ritenuta ammissibile alla luce del principio di diritto, correttamente invocato dall’opposto, secondo cui “in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, il convenuto opposto può proporre, con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata, una domanda nuova, diversa da quella posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, anche nel caso in cui l'opponente non abbia proposto una domanda o un'eccezione riconvenzionale e si sia limitato a proporre eccezioni, chiedendo la revoca del decreto opposto, qualora tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per incompatibilità a quella
originariamente proposta, ciò rispondendo a finalità di economia processuale e di ragionevole durata del processo e dovendosi riconoscere all'opposto, quale attore in senso sostanziale, di avvalersi delle stesse facoltà di modifica della domanda riconosciute, nel giudizio ordinario, all'attore formale e sostanziale dall'art. 183 c.p.c.” (cfr. ex multis Cass., sez. III, 27 novembre 2023, n. 32933).
A prescindere, infatti, da ogni valutazione attinente alla dimostrazione della mala fede nelle trattative, il cui onere ricade a carico dell’opposto, coerentemente con l’inquadramento della culpa in contrahendo nell’orbita della responsabilità extracontrattuale (su cui v. Cass., sez. II, 30
ottobre 2019, n. 24738), va detto infatti che il
CP_1
non ha dato prova del danno da lui subito,
il quale non può certamente coincidere con la provvigione auspicata.
In materia di responsabilità precontrattuale, occorre infatti ribadire il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il danno risarcibile non può indentificarsi con il c.d. interesse positivo, alla conclusione di un contratto valido ed efficace con la controparte, ed è invece limitato all’interesse negativo, a non essere coinvolto in trattative infruttuose, ricomprendendo unicamente le spese sostenute nella fase delle trattative e le altre occasioni negoziali perdute, in vista dell’eventuale stipula del contratto (cfr. Cass., sez. III, 3 dicembre 2015, n. 24625, così massimata: “in tema di responsabilità precontrattuale, il pregiudizio risarcibile è circoscritto al solo interesse negativo, costituito sia dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative ed in vista della conclusione del contratto, sia dalla perdita di altre occasioni di stipulazione contrattuale, pregiudizio liquidabile anche in via equitativa, sulla base di criteri logici e non arbitrari”).
Nel caso di specie, nulla di tutto ciò è emerso nel corso del giudizio, non avendo l’opposto dedotto alcunché, né in relazione alle spese da lui sostenute per addivenire alla conclusione del contratto di mediazione, né tantomeno con riferimento alle occasioni perdute.
L’esistenza di un simile danno contrasta, peraltro, con la particolare “concentrazione” della vicenda, che si è svolta in appena poche ore, dal momento che la volontà dell’opponente di non
dar seguito alle trattative è stata tempestivamente comunicata al
CP_1
con l’e-mail delle ore
18:49, a distanza di poche ore dall’avvio delle stesse (cfr. all. 6 di parte opposta).
Né il semplice fatto di aver effettuato una telefonata e di aver inviato un messaggio al padre del
Per_1
può integrare, di per sé, una voce di danno suscettibile di risarcimento.
Segue il rigetto anche della domanda riconvenzionale formulata da parte opposta, in ciò assorbita ogni valutazione attinente alle istanze istruttorie avanzate dall’opponente.
- Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo in applicazione dei parametri medi di cui al DM n. 55/2014, per come modificati dal DM n. 147/2022, per tutte le fasi del giudizio. Va infine respinta la domanda di risarcimento del danno ex art. 96, terzo
comma, c.p.c. proposta da parte opponente, non essendovi evidenza che il valere le proprie istanze con mala fede o colpa grave.
P.Q.M.
CP_1
abbia fatto
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza disattesa, così provvede:
-
- Accoglie l’opposizione proposta dalla
Parte_1
nei confronti di
Controparte_1
e, per l’effetto, revoca il decreto ingiuntivo opposto;
-
- Rigetta la domanda riconvenzionale proposta da
Controparte_1
nei confronti della
Parte_1
-
- Condanna l’opposto alla refusione delle spese processuali, in favore dell’opponente, che liquida in € 406,50 per esborsi ed € 14.103,00 per compensi, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge;
- Rigetta la domanda di risarcimento del danno ex art. 96, terzo comma, c.p.c. avanzata
dalla
Parte_1
nei confronti di
Controparte_1
Como, 17 febbraio 2025
Il giudice
dott. Paolo Bertollini