TRIBUNALE DI FIRENZE – SENTENZA N. 2330/2022 DEL 09/08/2022
Il Tribunale di Firenze III sezione civile in composizione monocratica, in persona del dott. Enrico D’Alfonso, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 9309 R.G.A.C. dell’anno 2015, avente ad oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo, vertente
TRA
Parte_1
elettivamente domiciliato in Firenze presso lo studio
dell’avv. Omissis , che lo rappresenta e difende con l’avv. Omissis , come da mandati in atti; OPPONENTE
E
CP_1
, elettivamente domiciliato in Firenze presso lo studio
dell’avv. Omissis , rappresentato e difeso in virtù di mandato in calce alla comparsa di costituzione dall’avv. Omissis ; OPPOSTO
CONCLUSIONI
La parte opponente concludeva chiedendo in via preliminare / pregiudiziale: accertare e dichiarare l’inesistenza e/o la nullità della notifica del decreto ingiuntivo opposto e, per l’effetto dichiararne la nullità e/o illegittimità ovvero, comunque revocarlo; accertare e dichiarare che nessuna attività è
stata posta in essere dall’Agente di calciatori Omissis in favore del
Pt_1 e,
per l’effetto, dichiarare la nullità e/o illegittimità del decreto ingiuntivo n. 1677/2015 del Tribunale di Firenze, ovvero, comunque, revocarlo;
accertare e dichiarare l’inesigibilità delle somme di cui al decreto ingiuntivo opposto e, per l’effetto dichiararne la nullità e o illegittimità ovvero, comunque revocarlo; nel merito: accertare e dichiarare l’avvenuto pagamento delle somme di cui al decreto ingiuntivo opposto da parte del
Pt_1
e, per l’effetto, dichiarare la nullità e/o l’illegittimità del decreto
ingiuntivo n. 1677/2015 del Tribunale di Firenze, ovvero, comunque, revocarlo, in quanto infondato in fatto ed in diritto; accertare e dichiarare la risoluzione ipso iure e/o nullità e/o invalidità e/o inefficacia e/o annullabilità del negozio di mandato tra agente e calciatore n. 3128 del 20 giugno 2012 e, per l’effetto, dichiarare la nullità e/o l’illegittimità del decreto ingiuntivo n. 1677/2015, ovvero, comunque, revocarlo, in quanto infondato in fatto ed in
diritto, dichiarando, quindi, che il
Pt_1
nulla deve al
CP_1
In ogni caso,
in via riconvenzionale, accertare e dichiarare l’illegittimità del pagamento
effettuato dal
Pt_1 al
CP_1
ostituente indebito oggettivo, e, per l’effetto,
condannare
CP_1
al pagamento in favore dell’attore della somma
di € 299.998,00, o del diverso importo di giustizia, oltre interessi, dalla corresponsione delle somme al saldo, e rivalutazione monetaria dal giorno del pagamento fino all’effettivo soddisfo. Con vittoria di spese di lite. Insisteva inoltre, in via istruttoria, per l’ammissione delle richieste istruttorie articolate e non ammesse.
La parte opposta concludeva chiedendo: A) In via pregiudiziale/preliminare, in adesione all’eccezione della controparte, dichiarare l’inesistenza della notifica del decreto ingiuntivo n. 1677/2015 – RG 2000/2015 e, per l’effetto, quale conseguenza, accertare e dichiarare l’inammissibilità e, comunque, l’improcedibilità dell’avversa opposizione a decreto ingiuntivo; B) In
subordine, nella denegata ipotesi di diversa considerazione da parte del
Giudicante, nel merito dichiarare inammissibili e, comunque, infondate in fatto e in diritto le eccezioni tutte contenute nell’opposizione e, per l’effetto, rigettare la stessa e, conseguentemente, confermare il decreto ingiuntivo n. 1677/2015 – R.G. 2000/15 – emesso dal Tribunale di Firenze in data 28.03.2015 e depositato il 30.03.2015; C) Nel merito, comunque, dichiarare inammissibili e rigettare le domande, ivi compresa quella riconvenzionale,
azionate dal
Pt_1
e, in ogni caso, in quanto infondate in fatto e in diritto;
D) Condannare l’opponente alle spese del giudizio e della fase monitoria.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato
Parte_1
proponeva
tempestiva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1677/2015, emesso dal Tribunale di Firenze in data 30.3.2015, con il quale gli era stato ingiunto il pagamento della somma di € 130.906,80 a titolo di residuo compenso per attività di agente sportivo, in relazione al contratto di mandato n. 3128, stipulato in data 20.6.12.
Proponeva, in sostanza, i seguenti motivi di opposizione: 1) inesistenza e/o nullità del decreto ingiuntivo opposto, essendo avvenuta la notificazione nel Principato di Monaco – luogo di residenza dell’opponente -, ma tramite notificazione diretta effettuata a mezzo servizio postale, laddove il Principato aveva dichiarato di opporsi all’art. 10 della Convenzione Aja del 1965, negando dunque tale possibilità; 2) mancanza di prova dell’attività svolta, visto che nel documento prodotto in sede monitoria si dava atto del fatto che il calciatore non si era avvalso dei servizi di agenti sportivi, pe la stipulazione
del contratto di prestazione sportiva con
Org_1
3) inesigibilità
dell’asserito credito prima del 30.6.15; 4) adempimento da parte del
Pt_1
alle prestazioni derivanti dal mandato, essendo stata pagata in particolare, in
data 16.12.13, la somma di € 299.998,00; 5) esistenza di un conflitto di
interessi all’atto della stipulazione del contratto con l’
Org_1
risultando
dal contratto di prestazione sportiva stipulato in data 25.6.12 che il club si
fosse avvalso quale del
CP_1
quale agente sportivo. L’agente dunque
all’atto della stipulazione avrebbe agito non in favore del calciatore ma
dell’
Org_1
avendo in tal modo indotto in errore il calciatore, con
conseguente richiesta di annullamento del contratto per dolo determinante, o comunque di sua risoluzione, alla stregua della normativa endofederale.
Ne conseguiva, dunque, il diritto del calciatore alla ripetizione ex art. 2033
c.c. di quanto già versato all’agente, nella misura sopra indicata, per cui proponeva domanda riconvenzionale in tal senso, concludendo dunque nei termini riportati in epigrafe.
L’opposto nel costituirsi in giudizio, volendo riassumere le sovrabbondanti e ripetitive deduzioni della parte, aderiva innanzitutto alla richiesta di declaratoria di inesistenza della notificazione sollevata dalla controparte, pur non avendo quest’ultima richiesto la dichiarazione di inefficacia del d.i. opposto. A ciò sarebbe dovuto conseguire, tuttavia, anche l’inammissibilità della citazione in opposizione avversaria, e della proposta domanda riconvenzionale.
Evidenziava in ogni caso, nel merito, la contraddittorietà delle difese dell’opponente, nella parte in cui negava da un lato che fossero state svolte attività in proprio favore (attività comunque svolte, anche se non indicato nel contratto di prestazione sportiva, ma il compenso sarebbe stato dovuto anche qualora le attività non fossero state in concreto svolte), ma dall’altro affermava di aver adempiuto alle obbligazioni di pagamento a proprio carico,
il che non era comunque vero essendo state le somme indicate in epigrafe
corrisposte a titolo di bonus economico in favore del
CP_1
come da
ricognizione del debito del 8.10.12. Dava anzi atto della pendenza di un ulteriore giudizio (n. 17087/15 RG, oggi in appello) relativo alla richiesta di pagamento al calciatore della residua somma prevista dal suddetto documento. Negava, in ogni caso, la sussistenza di qualsivoglia conflitto di
interessi con il calciatore, essendo il contratto tra l’agente ed
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relativo ad attività di scouting e non avendo comunque il
Pt_1
neppure
indicato il danno che avrebbe sofferto, laddove all’opposto egli aveva sempre evidenziato sulla stampa la bontà dell’accordo raggiunto. Per tutte le indicate ragioni, sarebbe stata altresì infondata la domanda riconvenzionale proposta dalla parte opponente.
Quindi, sulla scorta di una istruttoria documentale, all’udienza del 29.3.22 la causa veniva trattenuta in decisione, previa assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti finali.
***
Tanto premesso va dichiarata l’inesistenza della notificazione del decreto ingiuntivo opposto, come del resto ritenuto concordemente anche dalle parti (ed anzi, stranamente, in modo più dubitativo dalla parte opponente, la quale ha parlato confusamente di inesistenza e/o nullità, e più deciso da parte dell’opposto).
In effetti il decreto ingiuntivo risulta essere stato notificato al
Pt_1
nel
Principato di
Org_1
direttamente tramite il servizio postale, il che non
sarebbe stato possibile avendo lo Stato in questione dichiarato di opporsi all’esercizio della libertà di cui all’art. 10 par. 1 lett. A), essendo nel caso di specie applicabile la Convenzione dell’Aja del 15.11.65. A prescindere dal
fatto che la parte opposta abbia richiesto correttamente la notificazione
tramite l’autorità competente del Principato di Monaco la notificazione, comunque effettuata in via diretta tramite il servizio postale, è da ritenere inesistente, come più volte ribadito dalla Suprema Corte: l'attestazione da parte dell'autorità centrale dello Stato richiesto, che dà atto dell'esecuzione ed indica la forma, il luogo, la data della notifica e la persona alla quale l'atto è stato consegnato, svolge la medesima funzione della relazione di notificazione prevista dall'art. 148 c.p.c. facendo piena prova, fino a querela di falso, del perfezionamento del procedimento notificatorio sicché la sua mancanza determina non già la nullità, ma l'inesistenza della notifica non sanabile, ai sensi dell'art. 156 comma 3 c.p.c., per effetto del raggiungimento dello scopo dell'atto: Cass. n. 19166 del 2015, Cass. n. 3257 del 1984. Conseguenza di tale inesistenza è la possibilità, per il destinatario dell’ingiunzione, di far dichiarare l’inefficacia della stessa, tramite lo speciale procedimento di cui all’art. 188 c. 1 d.att. c.p.c. oppure tramite una ordinaria azione di accertamento, ex art. 188 u.c. d.att. c.p.c. (v. in tal senso Cass. n. 8126 del 2010, Cass. n. 3552 del 2014).
La parte opponente ha appunto fatto valere, sia pure in modo generico, l’inesistenza della notificazione del decreto ingiuntivo per la ragione sopra indicata, richiedendo di conseguenza nelle conclusioni dell’atto di citazione “dichiararne la nullità e/o illegittimità” o, comunque, la revoca del d.i. opposto. Anche se in modo male e genericamente esplicitato, è dunque evidente la sostanziale volontà della parte di far valere l’inesistenza della notificazione al fine di porre nel nulla l’efficacia del decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 188 u.c. d.att. c.p.c., proponendo a tal fine in sede di cognizione l’azione di accertamento sopra indicata.
Unitamente a tale richiesta di accertamento, verosimilmente nel dubbio che
la notificazione potesse essere soltanto nulla o anche regolare, il
Pt_1 ha
anche proposto una vera e propria opposizione a decreto ingiuntivo (ed infatti, anche in caso di nullità della notificazione lo strumento utilizzabile è appunto quello dell’opposizione a decreto ingiuntivo).
Tale opposizione, proposta unitamente all’azione di accertamento dell’inefficacia del decreto ingiuntivo è tuttavia inammissibile in quanto tale poiché, come già accennato, l’inesistenza della notificazione impedisce l’instaurazione di un valido contraddittorio a quel fine.
Ciò non vuol dire tuttavia, sic et simpliciter, che sia però inammissibile anche la domanda “riconvenzionale”, proposta dal Raggi con l’atto di opposizione. Come più volte precisato dalla Suprema Corte, infatti, qualora l’opposizione, pur inammissibile, presenti tutti gli elementi dell’atto di citazione, essa può produrre gli effetti di un ordinario atto di citazione rispetto alle eventuali, autonome e distinte domande, ulteriori rispetto alla richiesta di annullamento e/o revoca del d.i., che vi siano contenute (Cass. n. 9361 del 2006, Cass. SU n. 2387 del 1982).
Nel caso di specie l’atto di opposizione proposto dal
Pt_1
presenta appunto
tali elementi, rispetto a parte della domanda di dichiarazione della “risoluzione ipso iure e/o nullità e/o invalidità e/o inefficacia e/o annullabilità del negozio di mandato tra agente e calciatore n. 3128 del 20 giugno 2012”, ed alla conseguente domanda di ripetizione di indebito.
Ciò vale, in particolare, con riferimento alle domande di risoluzione ed annullamento del mandato, per le quali l’atto di citazione in opposizione contiene le ragioni poste a fondamento delle relative domande, laddove
all’opposto le domande, pure proposte in sede di conclusioni, di
dichiarazione di “nullità e/o invalidità e/o inefficacia” devono invece considerarsi tamquam non esset per essere totalmente generiche, cioè prive dell’indicazione di qualsivoglia ragione a fondamento delle stesse.
In relazione alle domande ammissibili, il contraddittorio tra le parti deve ritenersi validamente instaurato. È pur vero infatti che un ordinario atto di citazione, contenente le predette domande, avrebbe dovuto essere notificato presso la parte personalmente, e non presso il difensore presso il domicilio eletto per l’opposizione. È anche vero, tuttavia, che la costituzione della parte, la quale si è pienamente difesa nel merito sulle domande di cui sopra, vale a sanare la predetta nullità per raggiungimento dello scopo.
La domanda può, inoltre, essere esaminata nel merito senza che sia necessaria o, comunque, opportuna, la sospensione del presente giudizio ai sensi dell’art. 337 c. 2 c.p.c., in relazione alla pendenza in appello della causa
n. 17087/15 RG. In tale causa, pendente tra le medesime parti, un GOT del
Tribunale di Firenze ha infatti respinto la domanda proposta dal
CP_1
finalizzata ad ottenere la condanna del
Pt_1
al pagamento della residua
somma, non corrisposta sulla scorta della ricognizione del debito del 8.10.12, relativa ad un “bonus aggiuntivo”, rispetto al compenso che era stato previsto nel mandato oggetto del presente giudizio. Tale compenso aggiuntivo era stato in parte corrisposto dal calciatore, nella misura di € 299.998,00, importo di cui oggi l’opponente pretenderebbe la restituzione a titolo di indebito, imputandolo invece del tutto infondatamente – ed in modo non certo corrispondente a buona fede e correttezza nei confronti della controparte - al pagamento delle retribuzioni “ordinarie” derivanti dal mandato sportivo, oggetto invece del presente giudizio.
La parte ha addirittura affermato di aver pagato, dunque, importi superiori rispetto a quelli oggetto di domanda, il che non avrebbe senso, pur avendo poi contraddittoriamente affermato che l’agente non avrebbe svolto alcuna attività in proprio favore.
I predetti profili non assumono rilievo, in questa sede, stante l’accertamento dell’inefficacia del d.i. opposto e dunque il fatto che la domanda sottesa al decreto ingiuntivo non viene esaminata. Ma assumono rilievo limitatamente alla richiesta, formulata dalla parte opposta in note non autorizzate
irritualmente depositate in PCT dal
CP_1
– con note di replica altrettanto
non autorizzate della controparte –dopo che la causa era stata assunta in decisione, e poi in sede di comparse conclusionali.
Ed invero, la richiesta indicata è fondata sul fatto che il GOT, nell’ambito del predetto giudizio, ha respinto la domanda di pagamento del citato “bonus aggiuntivo” sulla scorta del presupposto della nullità del mandato sportivo stipulato in data del 20.6.12, nullità tra l’altro indicata da quel giudicante soltanto in motivazione, e non anche nel dispositivo.
Non si comprende, invero, per quali ragioni non sia stata disposta dai vari GOT, succedutisi nella gestione della causa in primo grado, la riunione tra i
due procedimenti, e per quale ragione il
CP_1
i sia opposto ad una simile
riunione, pur essendo i giudizi all’evidenza connessi, pendendo tra le medesime parti ed avendo ad oggetto compensi dovuti pur sempre, alfine, sulla scorta del medesimo rapporto professionale.
Sta di fatto che oggi la riunione non è possibile, pendendo l’altro giudizio in
appello, ed oggi il
CP_1
richiede confusamente da un lato, in appello, la
sospensione del giudizio di impugnazione (v. atto di citazione in appello
prodotto in atti) e dall’altro, in questa sede, la sospensione del presente giudizio, in virtù della pronuncia di nullità emessa dal GOT.
È pur vero peraltro che quest’ultimo parrebbe, senza eccezione di parte e senza aver sottoposto la questione rilevata d’ufficio alle parti, ponendo in essere dunque in tal modo un provvedimento radicalmente nullo, rigettato la
domanda proposta dal
CP_1
ulla scorta – parrebbe di capire dalla pur poco
comprensibile motivazione della sentenza – della ritenuta nullità dell’intero mandato del 20.6.12. Nullità conseguente al fatto che è stato successivamente pattuito, in violazione dell’art. 19 c. 8 del Regolamento FIGC all’epoca vigente, il quale integra come noto il contenuto contrattuale, il “bonus aggiuntivo” il cui pagamento costituiva l’oggetto del giudizio.
La nullità affermata dal GOT, sia pure solo in motivazione e non nel dispositivo parrebbe comunque una pronuncia che, seppure nulla per evidente violazione del contraddittorio, e seppure verosimilmente del tutto errata per aver coinvolto nella nullità, anziché in ipotesi in solo patto successivo, anche l’iniziale contratto invece geneticamente valido, è comunque teoricamente suscettibile di passare in giudicato in punto di nullità del contratto (v. in tal senso Cass. SU n. 26242 del 2014). Una simile pronuncia appare dunque pregiudicante rispetto alle domande proposte nel presente giudizio, che presuppongono un contratto non nullo. Tuttavia, come pure di recente precisato dalla Suprema Corte (Cass. SU n. 21763 del 2021), la sospensione ex art. 337 c. 2 c.p.c. è sempre facoltativa, fatti i salvi i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una specifica disposizione normativa, che imponga di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla pronuncia pregiudicante, il che non parrebbe nel
caso di specie (né del resto le parti hanno dedotto alcunchè sul punto).
Non ricorrono dunque, a parere del Tribunale, i presupposti per disporre la richiesta sospensione facoltativa, non esistendo nel caso di specie il pericolo di un contrasto di giudicanti: la sentenza impugnata infatti è del tutto verosimilmente destinata ad essere riformata sul punto di interesse in questa sede, relativo alla nullità contrattuale; ma, seppure in via di lontana ipotesi così non fosse, un eventuale giudicato di nullità in merito al contratto di mandato, che dovesse formarsi in quella sede, non sarebbe comunque suscettibile di contrasto con il giudicato che potrebbe derivare dalla presente pronuncia, come si evidenzierà di seguito. Senza tener conto che, se venisse impugnata la presente pronuncia, le due cause sarebbero a quel punto suscettibili di riunione in quel grado di giudizio e che, in ogni caso, un del tutto ipotetico conflitto di giudicati sarebbe comunque alfine sanabile ex art. 336 c. 2 c.p.c., come pure precisato dalla decisione delle sezioni unite da ultimo citata.
Venendo, dunque, all’esame del merito della domanda, essa è fondata sulla dedotta esistenza di un conflitto di interessi tra agente e calciatore, non comunicato a quest’ultimo, il che lo avrebbe indotto in errore con conseguente annullabilità del contratto, o comunque sua risolubilità per effetto della previsione di cui all’art. 19 c. 8 del Regolamento FIGG, integrante il mandato. Il conflitto di interessi si evidenzierebbe dal fatto che
nel contratto di prestazione sportiva sottoscritto dal
Pt_1
con
Org_1 in
data 25.6.12 (doc. 7) presenta la dizione per cui “il club si è avvalso dei
servizi di agenti sportivi:
CP_1
, circostanza di cui il calciatore non
sarebbe stato a conoscenza, in quanto da questi non informato, prima della stipulazione del contratto.
Occorre, tuttavia, a questo punto distinguere le due domande pure
genericamente proposte dal
Pt_1
Quanto alla domanda di annullamento, proposta non si comprende bene se per dolo o per errore, essa comunque non trova fondamento nelle disposizioni del regolamento FIGC, elencate dalla parte nell’atto di citazione, le quali non prevedono infatti ipotesi speciali di sorta di annullamento del mandato, bensì sulle norme di diritto comune.
Ed allora vale il principio per cui il conflitto di interessi idoneo, ex art. 1394 c.c., a produrre l’annullabilità del contratto richiede l’accertamento dell’esistenza di un rapporto di incompatibilità tra gli interessi del rappresentato e del rappresentante, il quale va dimostrato non in modo astratto e ipotetico, ma in concreto con riferimento al singolo contratto che si assume stipulato in conflitto di interessi (Cass. n. 38537 del 2021, Cass. n. 2529 del 2017).
E nel caso di specie che un sacrificio di sorta sia stato in concreto subito dal
calciatore, per effetto della stipulazione del contratto con l’
Org_1
non
è stato provato, ma neppure mai allegato dalla parte, ed anzi da quanto affermato dallo stesso calciatore nelle dichiarazioni alla stampa, nonché dal fatto che il contratto sia stato poi dallo stesso rinnovato, parrebbe anzi decisamente il contrario.
Quanto, invece, alla domanda di risoluzione contrattuale, essa è fondata sull’art. 19 c. 8 del Regolamento FIGC, il quale prevede che il calciatore possa richiedere di risolvere il rapporto con l’agente nel caso di mancata tempestiva informazione (da fornire comunque prima della conclusione del contratto) dell’esistenza di eventuali conflitti di interessi, anche potenziali.
È da escludere tuttavia, dato l’utilizzo del termine “risoluzione” e dunque il chiaro riferimento al profilo non genetico, ma funzionale del rapporto contrattuale, che al fine di escludere la risolubilità del contratto rilevi soltanto la mancata informativa in astratto, assumendo all’opposto rilievo la mancata conoscenza in concreto, da parte del calciatore, della sussistenza del conflitto di interessi. Difatti scopo della norma regolamentare è che il calciatore sia a comunque conoscenza, prima della stipulazione del contratto, della situazione di conflitto di interesse in cui versa il proprio agente, essendo a ciò all’evidenza l’informativa finalizzata. E dall’altro lato assume comunque di nuovo rilievo, ai fini della valutazione della gravità dell’inadempimento (comunque richiesta, come si evince dalla dizione “possono richiedere”, senza la previsione di una automatica risoluzione), l’allegazione e prova delle conseguenze negative che al calciatore sarebbero derivate dalla mancata informativa (o comunque conoscenza) in merito alla sussistenza del conflitto di interessi, il che nel caso di specie manca del tutto, come già evidenziato. Ma non solo, perché nel caso di specie emerge altresì dagli atti come il calciatore fosse ben a conoscenza, prima della stipulazione del
contratto con
Org_1
dell’eventuale conflitto di interessi esistente in
capo al proprio agente, poiché ciò emerge proprio dal doc. 7 richiamato dalla
stessa parte
Pt_1
trattandosi di un contratto sottoscritto da quest’ultimo,
infatti, recante l’indicazione che il
CP_1
era l’agente di
Org_1 il
Pt_1
è infatti venuto a conoscenza dell’esistenza del conflitto di interessi
prima della sottoscrizione del contratto stesso, quando ne viene effettuata la lettura che precede la sottoscrizione. In realtà, da numerosi elementi logici si
evince come il
Pt_1
fosse a conoscenza della realtà della situazione ben
prima del momento da ultimo indicato e la avesse accettato di buon grado, il
che rende la domanda oggi proposta non solo infondata, ma anche contraria a buona fede nei confronti della controparte contrattuale. Avendo infatti appreso della situazione quanto meno alla data del 25 giugno, e ne fosse rimasto turbato come parrebbe indicato negli atti, non avrebbe infatti poi certo sottoscritto, mesi dopo, una ricognizione del debito finalizzata alla dazione in favore dell’agente addirittura di un “bonus aggiuntivo” per il lavoro svolto, ma avrebbe piuttosto immediatamente revocato il mandato all’agente.
Se ciò non è avvenuto è invece perché il conflitto di interesse il
CP_1 lo
aveva, in realtà, con
Org_1
alla quale evidentemente nulla ha detto in
merito al fatto di essere poi diventato anche agente del
Pt_1
che ha poi
proposto per l’acquisto alla suddetta squadra di calcio. In tal senso si spiega, dunque, in modo coerente, perché il contratto recasse, paradossalmente,
l’indicazione del
CP_1
quale agente del
Org_1
e non invece del
Pt_1
che pure senza dubbio è stato rappresentato dal
CP_1
nella stipulazione del
suddetto contratto, come afferma più volte egli stesso. Si è trattato infatti, del tutto verosimilmente, di una collusione tra l’agente ed il proprio calciatore, in
modo tale da non far figurare agli occhi del
Org_1 il
CP_1
(anche) quale
proprio agente, dal che si desume chiaramente come il
Pt_1
fosse non solo a
conoscenza della situazione in cui versava il proprio agente, ma ne abbia all’epoca profittato, per la conclusione di un contratto in più occasioni poi definito da lui stesso del tutto favorevole ai propri interessi, e poi anche rinnovato.
Così stando le cose, si vede come la pronuncia di rigetto delle domande
proposte dal
Pt_1
non sia suscettibile di condurre, in ogni caso, ad un
contrasto di giudicati rispetto alla pronuncia emessa nell’ambito del
procedimento n. 17087/15 RG: oltre a quanto già affermato in merito alla probabile riforma della pronuncia in questione in appello, ed ai citati rimedi della riunione delle cause in appello e di cui all’art. 336 c.p.c., è infatti la stessa pronuncia di rigetto delle domande di annullamento e risoluzione, proposte in questa sede, a non essere in contrasto con la ipotetica conferma della pronuncia di nullità, visto che il contratto be potrebbe in astratto essere nullo, con tutte le relative conseguenze, ma non anche annullabile o risolubile.
In considerazione della evidente soccombenza reciproca - in relazione alla domanda monitoria azionata da un lato, ed alla domanda riconvenzionale dall’altro - , sussistono i presupposti per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale di Firenze, definitivamente pronunciando, così provvede:
- Dichiara l’inefficacia del decreto ingiuntivo n. 1677/2015, emesso dal Tribunale di Firenze in data 30.3.2015;
- Rigetta le domande proposta dal
Pt_1
nei termini indicati in
motivazione;
- Compensa tra le parti le spese del complessivo giudizio.
Firenze, il 8.8.2022
Il giudice
dott. Enrico D’Alfonso