TRIBUNALE DI FIRENZE – SENTENZA N. 959/2023 DEL 29/03/2023
TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE TERZA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, in composizione monocratica, nella persona del Giudice Dott.ssa Pasqualina Principale, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile iscritta al n. r.g. 6613/2019 promossa da:
Parte_1
(c.f.
C.F._1
, nato a Massa Marittima (GR) il 13 maggio 1989,
rappresentato e difeso dall’Avv. Omissis el foro di Firenze ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Firenze, via Arnolfo n.32
contro
OPPONENTE
CP_1
(c.f.
C.F._2
), nato a Cesena (FC) il 19/12/1981, rappresentato e
difeso dall’Avv. Omissis del Foro di Pisa ed elettivamente domiciliata presso il suo Studio sito in Firenze, Viale Belfiore n. 4
OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo
CONCLUSIONI
OPPOSTO
Per parte opponente (come da atto di citazione in opposizione):” piaccia all’Ill.mo Tribunale adito, in accoglimento della presente opposizione e previa ogni declaratoria di ragione e del caso, rigettata ogni avversa istanza:
- in tesi, revocare e/o comunque annullare e/o comunque dichiarare inefficace il decreto ingiuntivo del Tribunale di Firenze n. 1132/19 emesso il 17 marzo 2019, depositato in cancelleria in data 18/ marzo 2019 per le ragioni tutte esposte nel presente atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo;
- sempre in tesi e previa accoglimento della superiore istanza, dichiarare che nulla è dovuto al sig.
CP_1
dall’odierno opponente, per le ragioni tutte esposte nelle parti in fatto e diritto del
presente atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, e in particolare per la prescrizione delle somme asseritamente maturate prima del 1 luglio 2017 e per assenza di qualsiasi obbligazione di
pagamento discendente dal contratto di rappresentanza sportiva inter partes sottoscritto ovvero, comunque, per nullità e/o annullabilità e/o in ogni caso inefficacia e invalidità dei testi contrattuali e insussistenza delle obbligazioni di pagamento per violazione delle norme dell’ordinamento sportivo e
assenza; in ipotesi, si chiede di ridurre le pretese del sig. ragioni sopra esposte.
CP_1
in dipendenza di tutte le
- condannare il sig.
CP_1
al pagamento dei compensi ed esborsi della presente procedura a
favore dell’attore – opponente.”
Per parte opposta (foglio del 10/11/2022): “Voglia l’Ill.mo Giudice adito, contrariis reiectis:
Rigettare l’opposizione proposta ex adverso dal Sig.
Parte_1
e confermare integralmente il
decreto ingiuntivo n. 1132/2019 del 17/03/2018 (RG: 2086/2019) Tribunale di Firenze oggi opposto e, per l’effetto, condannare la medesima attrice opponente a pagare all’opposta la somma di € 30.741,00, ovvero il diverso importo che sarà ritenuto di giustizia all’esito del giudizio, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dì del dovuto al saldo. Con vittoria di spese e competenze professionali di cui presente giudizio, oltre accessori di legge, aggravati ai sensi dell’art. 96 c.p.c. attesa la temerarietà dell’opposizione.”
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
In data 18.03.2019 il Tribunale di Firenze emise decreto ingiuntivo n. 1132/2019 in forza del quale
intimò a
Parte_1
di pagare ad
CP_1
la somma di € 30.741,00, oltre interessi e spese,
a titolo di corrispettivo per lo svolgimento di attività di consulenza e mediazione a suo favore nella conclusione di vari contratti di lavoro sportivo.
Dedusse parte ricorrente, a fondamento della propria pretesa creditoria, che in data 06/10/2016, in
qualità di Procuratore sportivo, stipulava con il sig.
Parte_1
un contratto avente come oggetto
l’attività di rappresentanza e consulenza nelle trattative dirette alla conclusione di contratti di prestazione sportiva con società calcistiche, regolarmente depositato secondo le norme di settore.
Tale contratto determinava il compenso per il Procuratore nella misura del 5% del compenso complessivo percepito del calciatore, così come quantificato nei singoli contratti di prestazione sportiva
conclusi. Grazie alla proficua attività di consulenza del
CP_1
il calciatore sottoscriveva a partire dalla
stagione 2016/2017 e fino al termine della stagione 2018/2019, tre contratti di prestazione sportiva, il
primo con l
Controparte_2
il secondo con l’
Controparte_3
e, infine, con l’
[...]
Controparte_4
maturando complessivamente un credito pari a € 30.741,00, comprensivo di oneri di
legge ed IVA (doc. 5, all. B, comparsa conclusionale), in applicazione dei criteri di determinazione del compenso sopra esposto. Aggiungeva di non aver ricevuto alcun pagamento, nonostante i solleciti debitamente inviati e senza che il calciatore contestasse formalmente l’attività svolta dal Procuratore.
Avverso il decreto ingiuntivo proponeva opposizione
Parte_1
evidenziando in punto di fatto
che nel marzo del 2015 era intervenuta la riforma del Regolamento di Procuratore Sportivo emanato dalla CP_5 , apportando per la prima volta la possibilità per il Procuratore di rappresentare sia la società che il calciatore, prevedendo, però, allo stesso tempo l’obbligo di dichiarare di non trovarsi in una situazione di incompatibilità e di stipulare separati incarichi purché recanti l’espressa indicazione su chi fosse “tenuto al pagamento” tra le parti che davano l’incarico.
Precisava che nel contratto di rappresentanza con il Procuratore
CP_1
del 06 ottobre 2016,
quest’ultimo dichiarava di non trovarsi in conflitto d’interessi e che nel contratto del 20 ottobre 2016
stipulato tra l’
Controparte_2
e il
CP_1
con oggetto l’attività di assistenza della società
nella stipula di contratto di prestazione sportiva con il calciatore, sottoscritto per adesione dallo stesso
Pt_1
si indicava espressamente che gli oneri e i compensi derivanti dal contratto dovevano essere a
carico esclusivo della società, raffigurando, altresì, al calciatore che i compensi discendenti dalla
complessiva attività di consulenza del
CP_1
in favore di entrambe le parti erano a carico della società.
Infatti, nel contratto di prestazione sportiva poi sottoscritto lo stesso 20 ottobre 2016, migliorativo di quello precedentemente concluso con la medesima società e stipulato con l’assistenza del Procuratore
precedente, si indicava in modo espresso che il
CP_1
svolgeva la sua attività nell’interesse di
entrambe le parti contrattuali. Stesso schema veniva seguito nel successivo ingaggio con l’
CP_3
[...]
ed infatti, anche in questo caso, il 25 gennaio 2017 il Procuratore
CP_1
veniva prima incaricato
dalla società ai fini della acquisizione dei diritti del calciatore con indicazione che i compensi erano a
carico della società, firmato per adesione dal
Pt_1
ed il successivo 31 gennaio veniva
controfirmato il contratto di lavoro sportivo con pedissequa indicazione dell’attività di consulenza a beneficio di entrambe le parti. In tal caso, però, le cose non proseguivano come previsto sia perché il calciatore non rientrava nell’organigramma per le stagioni successive sia per gli esposti problemi societari, e veniva, quindi, richiesta al calciatore la rinuncia unilaterale alle retribuzioni di maggio e giugno 2017, per cui lo stesso non percepiva i 2/5 del corrispettivo.
Dopo essere tornato in forza all’
Controparte_2
per la stagione 2017/2018 con reviviscenza del
precedente contratto ancora in vigore, per la stagione successiva 2018/2019 veniva usato il medesimo
schema contrattuale per trasferire il calciatore
Pt_1
all’
Controparte_4
dove ancora militava
al momento dell’introduzione del presente giudizio. Infine, il 4 ottobre 2018 scadeva il termine
contrattuale di durata del contratto di rappresentanza sportiva, e solo dopo il Procuratore Cattoli avanzava pretese economiche verso il calciatore.
In punto di diritto, l’opponente affidava le proprie doglianze ai seguenti motivi di censura:
1) Decadenza e/o prescrizione degli importi maturati prima della stagione 2016/2017.
Osservava sul punto, che l’art. 25 comma 3 del vigente Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, prevedeva la prescrizione dei diritti di credito del Procuratore al termine della stagione successiva a quella in cui sono maturati, di conseguenza i crediti relativi alla stagione 2016/2017 e maturati con la fine della stagione medesima al 30 giugno 2017, risultavano ormai prescritti poiché il ricorso monitorio e/o la precedente diffida, come atti interruttivi, sono intervenuti successivamente al 30 giugno 2018 ossia al termine della stagione successiva alla maturazione del diritto di credito (2017/2018). Tale
normativa risultava applicabile al
CP_1
in quanto egli era iscritto nel Registro della FIGC e, come
tale, obbligato ad osservarne le norme settoriali, compreso il Codice di Giustizia, e perché la giurisprudenza di legittimità aveva più volte riconosciuto l’applicabilità della normativa settoriale in sede giudiziale, in virtù di un’attrazione del bene giuridico tutelato dalle norme sportive nell’interesse dello Stato.
2) Inesigibilità delle somme relative alla stagione 2018/2019.
Analogamente, andava revocato e/o annullato il D.I. opposto nella misura in cui conteneva l’ordine di pagamento delle somme relative alla stagione 2018/2019, allorquando queste non erano ancora maturate, essendo esigibili solo dopo il 30 giugno 2019.
3) Assenza di legittimazione passiva in capo al calciatore.
Sempre in punto di diritto, osservava poi, che in ogni caso tutte le somme pretese erano infondate per l’inesistenza di qualsiasi obbligo in capo al calciatore, atteso che in tutti i contratti di lavoro sportivo era inserita la pattuizione ai sensi dell’art. 6.1 del Regolamento Procuratori, che imponeva al Procuratore che svolge la sua funzione nell’interesse di più parti, di indicare chi è obbligato al pagamento e ciò come condizione necessaria per evitare potenziali conflitti.
Nel caso in esame, lo stesso Procuratore curava gli interessi sia delle società sportive che del calciatore, ma nel contratto con cui le società incaricavano il Procuratore di negoziare anche nel loro interesse, si specificava espressamente che i compensi dovuti al Procuratore erano posti a carico della società sportiva, senza che il calciatore fosse coinvolto. A riprova di ciò si rilevava l’inequivocabile contegno
del
CP_1
che per oltre due anni riceveva regolarmente le somme dalle società sportive, senza
avanzare alcuna richiesta al calciatore. Evidenziava, ancora, sul punto, qualora non fosse ritenuta dirimente la precedente argomentazione, che - in ogni caso - il rapporto tra l’agente e il calciatore era
viziato per violazione della normativa di settore, da ritenere vincolante in forza dell’art. 1322 c.c. sull’autonomia contrattuale.
Infatti, mentre il Procuratore dichiarava formalmente nel contratto di rappresentanza con il calciatore, di non trovarsi in una situazione di incompatibilità o conflitto d’interessi di cui all’art. 5.1 del Regolamento Procuratori, tuttavia, egli veniva puntualmente incaricato dalle società controparti del
Pt_1
ai fini della assistenza nella negoziazione per l’ingaggio del calciatore stesso, in violazione,
però, di quanto previsto dal art. 6.1 del Regolamento che impone al Procuratore che versa in conflitto d’interessi di indicare espressamente chi era obbligato al pagamento, ottemperando ad un preciso obbligo di informazione e trasparenza. La Giurisprudenza di legittimità aveva confermato - in casi simili - la nullità dei contratti difformi dalle prescrizioni dell’ordinamento sportivo per violazione dell’art. 1322 c.c., precisando che se tale difformità non comportava la nullità per violazione di norme imperative, tuttavia, incideva sulla idoneità della pattuizione a realizzare un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Aggiungeva, poi, parte opponente sul punto che in ogni caso il contratto sarebbe annullabile per vizio del consenso, a causa della presenza di pattuizioni equivoche negli altri contratti collegati, che avrebbero indotto il calciatore alla convinzione di inesistenza di obblighi di pagamento a suo carico. Si eccepiva, comunque, l’inadempimento ex art. 1460 c.c., per violazione da parte del Procuratore degli obblighi previsti dal Regolamento.
4) Infondatezza delle pretese relative alla stagione 2016/2017.
La difesa dell’opponente, infine, rilevava, con riferimento alle somme pretese per la stagione
2016/2017 afferenti i contratti stipulati con le società calcistiche delle città di
CP_2
e di
CP_3
che il contratto di rappresentanza richiamava all’art. 3.6, quanto previsto dal precedente Regolamento Agenti del 2010, che all’art. 17.4 prevedeva che - nel caso di stipula di nuovo contratto di lavoro sportivo che venga a sovrapporsi, per alcune annualità, al contratto negoziato dal precedente Procura- tore - l’agente che abbia negoziato il nuovo contratto, per il periodo di sovrapposizione, avrà diritto come compenso solo alle eventuali differenze positive. Nel caso de quo tale valore differenziale
positivo non sussisterebbe, in quanto il contratto di lavoro del 20/10/2016 con l’
Controparte_2
negoziato dal
CP_1
era un contratto in novazione di precedente accordo del 04 settembre 2015 e
valido fino al 30 giugno 2017, negoziato dal precedente Procuratore sig.
Per_1
che prevedeva per la
stagione 2016/2017 come corrispettivo per il calciatore la somma di € 107.500,00, sulla cui base è stato poi calcolato il compenso per il precedente Procuratore corrisposto al termine della stagione dopo il 30
giugno 2017 (doc. n. 18). Il contratto di lavoro negoziato dal
CP_1
si innestava sul precedente
contratto in riferimento alla stagione 2016/2017, e poiché il calciatore alla fine della stagione percepiva complessivamente la cifra di € 102.853,45, inferiore ad € 107.500,00 su cui era stato calcolato il
compenso per il Procuratore precedente, ed inferiore anche al corrispettivo per il calciatore di € 108.125,00 ottenuto con il nuovo ingaggio, non vi erano differenze positive su cui calcolare un
eventuale compenso per il
**
CP_1
per cui nulla era dovuto per la stagione 2016/2017 dal calciatore.
Si costituiva in giudizio
CP_1
il quale contestando quanto ex adverso dedotto, chiedeva il
rigetto dell’opposizione in quanto infondata in fatto e diritto.
Sosteneva, preliminarmente, che i fatti di causa così come prospettati nel ricorso monitorio erano stati in toto confermati nella citazione di controparte, da ritenersi, pertanto, pacifici tra le parti ex art. 115 c.p.c., in particolare con riferimento al quantum della pretesa pari ad € 30.741,00, mai contestato né in via stragiudiziale né giudiziale.
Contestava, poi, le argomentazioni giuridiche in ordine all’eccezione di prescrizione degli importi maturati per la stagione 2016/2017 per l’asserita prevalenza delle norme settoriali di cui al punto 1
della opposizione. Invero, la figura dell’Agente di Calciatori, come tratteggiata dal
CP_6
, non è
legata da nessun rapporto associativo alla CP_5
trattandosi di un libero professionista che, sulla base di
un incarico a titolo oneroso, promuove i rapporti tra un calciatore e una società ai fini della stipula di un contratto di prestazione sportiva o anche tra due società ai fini del trasferimento o cessione di un calciatore. Si tratta di un soggetto che in ogni caso si muove nell’ambito di una prestazione d’opera professionale, avente come base giuridica un mandato senza rappresentanza e ad oggetto una prestazione di mezzi. Aggiungeva, che il regolamento previsto dalla FIGC, è applicabile per quanto attiene ai profili amministrativi/disciplinari, come l’accesso alla professione, di rilascio della licenza, la deontologia professionale mentre si applica il codice civile per tutti gli aspetti relativi all’attività di lavoro autonomo; pertanto, sarebbe da ritenere vincolante l’art. 2936 c.c. che dispone la nullità di ogni patto diretto a modificare la disciplina legale della prescrizione: essendo il Codice di Giustizia Sportiva una regolamentazione pattizia non potrebbe prevalere sul codice civile.
Evidenziava ancora, sul punto, che il previgente Regolamento Agenti FIGC del 2010, citato più volte da controparte - prevedente la prescrizione del diritto al compenso al termine della stagione successiva alla maturazione del credito - era comunque inapplicabile al caso in oggetto in quanto abrogato e l’attuale Regolamento non prevede nulla di simile. Lo stesso contratto di rappresentanza affermava, all’art. 5, che allo stesso si applicava il Regolamento Procuratore Sportivo attualmente in vigore e la legge italiana, senza fare riferimento al Codice di Giustizia Sportiva FIGC, per cui si riteneva che al caso de quo si doveva applicare il termine di prescrizione decennale in ordine ai rapporti contrattuali.
In ordine alla seconda doglianza del
Pt_1
rilevava che né il contratto di rappresentanza né il
Regolamento Agenti pro tempore vigente, prevedevano un termine di esigibilità, rilevando, per contro,
che in base allo stesso negozio il diritto al compenso dell’Agente matura e diviene esigibile al momento della realizzazione dell’oggetto, che coincide con la stipula da parte del calciatore di un contratto di lavoro sportivo con l’assistenza di un procuratore, applicandosi il primo comma dell’art. 1183 c.c.. Si rilevava, comunque, anche accogliendo la tesi di controparte, che al 30 giugno 2019 il credito era ormai divenuto esigibile.
Per quanto atteneva al terzo punto di doglianza l’opposto osservava, ancora, che una corretta esegesi del testo contrattuale, consentiva di confutare anche l’argomentazione relativa all’art. 6.1, circa il vincolo delle società sportive al pagamento di tutti i compensi spettanti al Procuratore. Infatti, il Procuratore poteva, in applicazione della c.d. “dual representation” prevista dal Regolamento Agenti del 2015, richiamato dal contratto, rappresentare più parti a condizione, però, di ottenere il consenso scritto delle altre e di stipulare separati contratti, con obbligo di indicare in ognuno di essi chi era
tenuto al pagamento. Ed in effetti, nel caso di specie, il
CP_1
in costanza di mandato con l’odierno
opponente, riceveva incarico dalle società sportive interessate alle prestazioni del
Pt_1
mediante
appositi contratti di consulenza espressamente accettati dal calciatore mediante la firma per adesione, e senza che lo stesso facesse presente che il Procuratore doveva rinunciare al corrispettivo per le
prestazioni rese a favore del calciatore. Di conseguenza, avendo il
CP_1
prestato la sua attività nei
confronti del calciatore e nei confronti dei vari club calcistici, aveva diritto a ricevere il compenso da tutte le parti coinvolte nelle operazioni in virtù dei risultati prodotti per tutti i contraenti, per l’effetto di due distinti e autonomi contratti. Aggiungeva, che in nessuna parte del Regolamento Procuratori era previsto, in caso di mandato plurimo, che fosse solo una parte a dover remunerare l’Agente, mentre, invece, si prescriveva per esigenze di trasparenza che nei singoli contratti fosse indicato chiaramente la
parte obbligata alla remunerazione del Procuratore. Tra l’altro il
Pt_1
nella stipula dei contratti di
lavoro si è sempre avvalso dell’assistenza del
CP_1
il cui nome compare come consulente sportivo
nell’apposito spazio del contratto, nonché, nelle varie cessioni ha sempre autorizzato il Procuratore a svolgere consulenza anche nell’interesse delle società calcistiche.
Aggiungeva ancora sul punto, che l’attività di consulenza del
CP_1
nei confronti del calciatore non è
sovrapponibile a quella verso le società, atteso che la prestazione verso queste ultime è più complessa, comprendendo anche le trattative con la società cedente, nonché anche lo svolgimento di attività puramente amministrativa, come il tesseramento del calciatore.
Pertanto, sosteneva che per quanto sopra esposto, non si poteva affermare che il compenso pagato dalle
società al
CP_1
aveva assorbito anche quello dovuto dal calciatore, e ciò anche per ragioni di
normativa fiscale, laddove si consideri che essendo incontrovertibile che il Procuratore abbia svolto
attività nei confronti del
Pt_1
includere nella remunerazione corrisposta dalla società anche quella
dovuta dal calciatore, comporterebbe una violazione fiscale in quanto tale corrispettivo, dovuto dal
Pt_1
per servizi a lui forniti, doveva essere assoggettato alla relativa tassazione.
Infine, circa il quarto motivo di doglianza, sull’asserita infondatezza delle pretese del
CP_1
per la
stagione 2016/2017, atteso che il calciatore aveva già remunerato il precedente Agente sig.
Per_1 si
rilevava che il contratto del 6 ottobre 2016 con
CP_1
venne stipulato proprio perché il
Pt_1
intendeva avvalersi dell’assistenza dello stesso per rinnovare il rapporto con l’
CP_2
[...]
, e con l’aiuto dell’odierno opposto riuscì, con il contratto di lavoro del 20/10/2016, a
prolungarlo fino al 30 giugno 2019. Sebbene per la stagione 2016/2017 il contratto di rappresentanza
del
CP_1
coincideva con quello del precedente Procuratore, tuttavia, era un contratto autonomo e
diverso con i propri effetti, che ha dato la possibilità di sottoscrivere un nuovo contratto di lavoro sportivo, con cui il calciatore otteneva una remunerazione superiore a quella precedente per la stessa
stagione 2016/2017, facendo acquisire, altresì, uno standard retributivo superiore che il
Pt_1
avrebbe potuto utilizzare quale parametro per gli ingaggi successivi. Tutti questi benefici dovevano essere retribuiti, a nulla rilevando l’esistenza di altri pagamenti in favore di altri Procuratori, anche perché il previgente testo del Regolamento Agenti del 2010, su cui controparte basava il proprio assunto, non era più in vigore e l’art. 3.6 del negozio di rappresentanza atteneva soltanto ai rapporti tra le parti, non potendo assurgere a norma generale applicabile ai rapporti precedenti, norma che in ogni
caso non ha niente a che vedere con la tesi del
Pt_1
in quanto prevedeva soltanto che il Procuratore
una volta negoziato il contratto di lavoro sportivo a favore del calciatore, conservava i propri diritti di credito anche se il calciatore stipulava un nuovo contratto di lavoro sostitutivo del precedente. Sul punto si contestavano anche le asserzioni in ordine alle effettive retribuzioni del calciatore per la
medesima stagione 2016/2017, del tutto infondate, in particolare, per l’ingaggio con il
Org_1
, la
cui rinuncia ai 2/5 del corrispettivo, diversamente da quanto si afferma, non era stata affatto caldeggiata
dal Procuratore
CP_1
ma era il frutto di una scelta autonoma e unilaterale del calciatore, che non
poteva avere ripercussioni sul compenso così come pattuito nel contratto. Si aggiungeva che tale
rinuncia non aveva danneggiato il
Pt_1
avendo egli ricevuto le retribuzioni nette in contanti.
Concludeva, l’odierno opposto, chiedendo la concessione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo.
**
Con ordinanza del 02/10/2019, il giudice istruttore pro tempore rigettava la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto e ordinava alle parti di esperire procedimento di mediazione obbligatorio, conclusosi con esito negativo. La trattazione si è svolta prevalentemente in modalità cartolare, ad
eccezione dell’udienza del 8 giugno 2021 in cui è stato escusso il teste di parte attrice, e dell’udienza
del 19 ottobre 2021 in cui si proceduto ad interrogatorio formale del sig.
CP_1
Al termine dell’istruzione della causa ad opera del precedente GOT assegnatario, in seguito alla redistribuzione dei ruoli d’udienza il presente fascicolo è stato assegnato allo scrivente Magistrato, che con decreto del 14/10/2022 rettificava la precedente decisione del GOT di rinvio per la precisazione delle conclusioni ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., disponendo invece il rinvio ex art. 189 c.p.c. alla già fissata udienza del 16/11/2022. In seguito allo scioglimento della riserva assunta in sede di P.C., la causa veniva trattenuta in decisione con provvedimento del 22/11/2022, concessi i termini di legge per conclusionali e repliche.
**
Nel merito, l'opposizione va rigettata con conseguente necessità di conferma del decreto opposto. Procedendo ad esaminare le diverse questioni secondo l’ordine delineato nell’atto di opposizione, la prima doglianza circa la inesigibilità dei compensi maturati dal procuratore per la stagione 2016/2017, in quanto prescritti, attiene alla applicabilità e alla prevalenza al caso di specie, delle norme settoriali sportive.
Occorre premettere che attualmente nel panorama sportivo nazionale operano vari Enti dotati di potestà regolamentare ( Org_2 CP_5 ), facoltà che gli permette di emanare una disciplina endo-associativa potenzialmente vincolante per i propri tesserati o associati, che arriva fino anche a prevedere un sistema di giustizia alternativa, previsto per risolvere celermente eventuali controversie tra i consociati e per assicurare soluzioni dotate di un alto grado di specializzazione. Sebbene non manchino opinioni sulla natura autonoma di tali ordinamenti settoriali, tuttavia, tale autonomia non può spingersi fino al punto di entrare in contrasto con l’ordinamento Statale. Infatti, l’art 1 della legge n. 280/2003 statuisce che “La Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale
articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al
[...]
Organizzazione_3
I rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono
regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”, da ciò si evince che l’ordinamento statuale sancisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo rispetto a quello generale, ma con dei limiti, in particolare quando tale autonomia si innesta sulla lesione, nel contesto dell’ordinamento generale, di una situazione giuridica soggettiva. La potestà statutaria e regolamentare degli Enti sportivi, se da un lato non consente di configurare un vero e proprio ordinamento sportivo, dall’altro non si traduce in una mera irrilevanza giuridica delle regole sportive, ma, anzi, le porta a considerarle come regole endo-associative di natura negoziale, espressione del più generale potere di
autonomia privata, con efficacia, pertanto, solo nei confronti dei loro associati in base al principio di relatività ex art. 1372 c.c.
Le norme sportive non possono essere considerate fonti di diritto ma solo atti di autonomia organizzativa, espressione della più generale potestà riconosciuta ad ogni formazione sociale di disciplinare i rapporti con gli associati. I regolamenti, quindi sono adottati dalle varie federazioni di propria iniziativa, e non in base a poteri normativi conferiti da autorità pubbliche per realizzare interessi di ordine generale. Ne deriva che tali statuizioni possono vincolare solo gli associati che con la loro adesione, manifestano la volontà di sottostare a tali regole, con l’ovvio risvolto che i soggetti non tesserati o affiliati non saranno vincolati all’osservanza di tali regole endo-associative, per cui i contratti stipulati da costoro, seppur aventi rilievo nel settore sportivo, saranno sottoposti alle norme civilistiche, specie in caso di contrasto tra norme statuali e settoriali.
Nel caso di specie il Procuratore sportivo
CP_1
non è un tesserato
CP_5 , pertanto, le norme
del Codice di Giustizia Sportiva della
CP_5 , non sono al lui opponibili, essendo il rapporto con il
calciatore sottoposto, per tutti gli aspetti non disciplinati dal contratto, alla disciplina civilistica ordinaria, che prevede per i diritti scaturenti da un contratto la prescrizione decennale. Occorre anche sottolineare che il contratto azionato non prevede alcun termine prescrizionale così come delineato dall’opponente, e che il Regolamento Agenti 2015, applicabile al caso di specie per essere espressamente richiamato dall’art. 5 del contratto, anch’esso nulla prevede al riguardo. Per cui, tanto considerato, i compensi maturati fino alla stagione 2016/2017 sono legittimamente esigibili.
Per quanto attiene al punto 2) dei motivi di censura, relativi alla inesigibilità dei compensi relativi alla stagione 2018/2019, non ancora maturati al momento del ricorso, si deve riportare l’orientamento consolidato della Suprema Corte che statuisce: “L’opposizione al decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione teso all'accertamento dell'esistenza del diritto di credito azionato dal creditore con il ricorso - sicché la sentenza che decide il giudizio deve accogliere la domanda del creditore istante, rigettando conseguentemente l'opposizione, quante volte abbia a riscontrare che i fatti costitutivi del diritto fatto valere in sede monitoria, pur se non sussistenti al momento della proposizione del ricorso o della emissione del decreto, sussistono tuttavia in quello successivo della decisione. Ne consegue che l'opponente è privo di interesse a dolersi del fatto che la sentenza impugnata, nel rigettare l'opposizione, non abbia tenuto conto che difettava una delle condizioni originarie di ammissibilità del decreto ingiuntivo, quando tale condizione, in realtà, sia maturata immediatamente dopo e comunque prima della definizione del giudizio di opposizione” (da ultimo Cass. ord. n. 15224/2020). Nel caso in esame, anche a voler accogliere la tesi dell’opponente, i diritti
di credito, sebbene, non ancora maturati, tuttavia, lo sono diventati nel corso del giudizio di opposizione, e per questo non può darsi luogo, per esigenze di economia processuale e per un sostanziale rigetto dell’opposizione, alla revoca del decreto ingiuntivo.
Passando alla terza doglianza, non si ritengono condivisibili le argomentazioni di parte opponente, relative alla assenza di un obbligo in capo al calciatore al pagamento dei compensi, atteso che tale obbligo era stato assunto dalle società calcistiche. Occorre riportare per chiarezza espositiva il contenuto delle norme attinenti previste dal Regolamento del 2015, dove all’art. 6.1 si statuisce che “Nel contratto di rappresentanza deve essere indicato il corrispettivo dovuto al Procuratore Sportivo e, nel caso in cui i servizi del Procuratore Sportivo siano svolti nell’interesse di più parti, anche chi è tenuto al pagamento.”, nonché l’art. 7.1 rubricato “Conflitto di interessi” che prevede “Il Procuratore Sportivo deve indicare chiaramente nel Contratto di Rappresentanza se agisce nell’interesse di una sola parte contrattuale o di più parti e in tal caso deve ottenere il consenso scritto di tutte le parti interessate. Nel caso in cui il Procuratore Sportivo agisca nell’interesse di più parti, egli sarà tenuto a stipulare un contratto di Rappresentanza con ciascuna parte interessata.”. Come si evince dal combinato disposto di entrambe le norme regolamentari, al Procuratore Sportivo, con la riforma del 2015, veniva consentito di rappresentare una pluralità di parti, ma con dei precisi limiti, rappresentati dalla necessità di indicare in contratto se lo stesso agisse nell’interesse di più parti, di ottenere il consenso scritto dalle altre parti, di stipulare un contratto di rappresentanza con ciascuna parte e di precisare chi era tenuto al pagamento.
Orbene dagli atti di causa (cfr. doc. n. 12, 13, 14, memoria 183 n. 3 opposto) risulta documentalmente
provato che il
CP_1
nei rapporti intrattenuti con le varie società calcistiche procedeva a stipulare con
ognuna di esse altrettanti contratti di rappresentanza, in cui si faceva presente che lo stresso agiva nell’interesse di più parti con relativa sottoscrizione per adesione di tutti i soggetti coinvolti, anche del
sig.
Pt_1
Contratti in cui si indicava, altresì, chiaramente come i compensi scaturenti dal “presente
contratto” erano a carico delle società, delimitando l’ambito di efficacia al singolo contratto, senza possibilità di estenderne gli effetti ad altri rapporti, anzi separandoli volutamente dagli altri negozi, affermando l’irrilevanza ai fini economici dell’esistenza di un mandato tra Procuratore e calciatore.
La norma di cui al 6.1 del Regolamento, invocato da parte del
Pt_1
pertanto, non prevede che in
caso di mandato plurimo solo una delle parti è obbligata verso il Procuratore, ma più semplicemente che in ogni contratto stipulato deve essere specificato il titolare dell’obbligo, altrimenti il contratto non potrebbe essere validamente registrato. Infatti, l’art. 6 è da considerare come un articolo previsto a tutela del diritto di credito del Procuratore, stabilendo vari parametri a cui deve attenersi la pattuizione sul compenso, compreso quello dell’obbligo di indicare il soggetto passivo del credito.
Che il
CP_1
abbia svolto attività di consulenza a favore del calciatore non è mai stato contestato da
controparte, e ciò ne comporta l’obbligo di pagamento del compenso, a nulla rilevando la presenza di altri contratti di rappresentanza con le società, che disciplinano prestazioni diverse, e che non possono essere considerati novazioni del mandato del calciatore, in quanto privi di animus novandi, mancando qualsiasi riferimento alla volontà di estinguere il precedente accordo tra Procuratore e calciatore.
Tale volontà non risulta neppure dimostrata dalla prova per testi che, invece, corrobora il
convincimento giudiziale fin qui delineato: infatti, il sig.
Persona_2
, teste di parte
opponente, all’udienza dell’8 giugno 2021 chiamato a confermare la versione di parte opponente,
riferiva che non corrispondeva a verità e in ogni caso che non era presente. Analogamente il
CP_1
sentito in sede di interrogatorio formale all’udienza del 19/10/2021, sconfessava la ricostruzione di controparte, affermando che non era mai stata oggetto di discussione. Pertanto, si deve concludere che il compenso pagato dalle società sportive al Procuratore, non comprendeva quanto dovuto dal
calciatore per l’attività di consulenza svolta a suo favore dal
CP_1
con conseguente obbligo in capo
al Pt_1
di pagamento dei compensi relativi. Stesse argomentazioni possono essere utilizzate per
confutare l’ulteriore prospettazione, basata sull’asserita nullità del contratto di rappresentanza tra il
CP_1
e il
Pt_1
per violazione della normativa di settore, vincolante ai sensi dell’art. 1322 c.c. che
garantisce la libertà negoziale. Sulla base di quanto finora rilevato, si può affermare che il
CP_1
non
abbia violato alcuna norma del Regolamento del 2015, compresa la norma di cui all’art. 6.1, ma, al contrario, si sia attenuto a tutte le prescrizioni ivi previste, come risulta documentalmente provato (doc. 12,13,14, cit.). Non rilevando alcun illecito sportivo, stando allo stesso sillogismo di parte opponente, non sussiste neanche una violazione della autonomia contrattuale delle parti.
Infine, circa l’ultima doglianza - sull’applicazione, nel rapporto dedotto in giudizio, dell’art. 17.4 del Regolamento Agenti 2010, relativo alle ipotesi di sovrapposizione sulla medesima stagione di due contratti stipulati da Procuratori diversi - occorre in primo luogo evidenziare che l’art. 3.6 del contratto di rappresentanza, che asseritamente richiama l’art. 17.4 del Regolamento Agenti 2010, in realtà prevede una fattispecie diversa, ovvero che una volta che il Procuratore ha cessato l’incarico, se il calciatore conclude un nuovo contratto di lavoro sportivo, il Procuratore ha comunque diritto al compenso per tutte le stagioni comprese nel contratto da lui promosso, anche nel caso in cui il nuovo contratto coincida per alcune stagioni con il precedente. Si tratta di una norma che mira a tutelare il Procuratore e che non prevede, a ben vedere, alcuna limitazione al suo compenso.
La norma prevista dall’art. 17.4 del Regolamento 2010 che, invece, tendeva a limitare il compenso del nuovo procuratore alle eccedenze positive rispetto al precedente ingaggio del calciatore nei casi di sovrapposizione, non è applicabile al caso di specie in quanto non prevista dal Regolamento 2015
vigente pro tempore. In ogni caso le pattuizioni contrattuali sono chiare nel determinare il sorgere (an) e la misura (quantum) del compenso del Procuratore, laddove all’art. 3.1 si stabilisce che lo stesso viene calcolato in una misura percentuale riferita al reddito lordo del calciatore, così come indicato nel contratto di lavoro sportivo, senza fare riferimento ad altri parametri come il reddito in concreto percepito o l’esistenza di eventuali rinunce al corrispettivo da parte del calciatore. Allo stesso tempo, l’art. 3.5 dispone che il Procuratore avrà diritto ai compensi per tutti i contratti di lavoro sottoscritti dal calciatore durante il periodo di vigenza della rappresentanza, da cui si ricava che il diritto di credito nasce al momento della stipula del medesimo contratto, a nulla rilevando il fatto che per la
stagione 2016/2017 il
Pt_1
ha già remunerato il precedente Procuratore, in ottemperanza a quanto
pattuito con quest’ultimo nel contratto dell’ottobre 2014.
Dalle osservazioni testé formulate discende il rigetto dell’opposizione con conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto.
Le spese processuali seguono la soccombenza e vengono liquidate ai sensi del DM 147/2022 come da dispositivo, in ragione del valore della controversia come da NIR, ai valori medi, tenuto conto dell’attività in concreto espletata.
PQM
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda, eccezione e difesa disattesa e/o assorbita:
-
- rigetta l’opposizione proposta da
Parte_1
nei confronti di
CP_1
avverso il
decreto ingiuntivo n. 1132/2019 emesso dal Tribunale di Firenze in data 17.03.2019, che integralmente conferma, dichiarandolo esecutivo;
-
- condanna parte attrice alla rifusione, in favore di
CP_1
delle spese processuali del
presente giudizio di opposizione che si liquidano, complessivamente, in € 7.616,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e CAP come per legge.
Il Giudice dispone che in caso di riproduzione del presente provvedimento vengano omesse le generalità e i dati identificativi dei soggetti interessati.
Firenze, 28 marzo 2023
Il Giudice
Dott.ssa Pasqualina Principale