TRIBUNALE DI MACERATA – SENTENZA N. 485/2024 DEL 08/05/2024
Il Tribunale di Macerata, nella persona del dott. Quirino Caturano, quale Giudice unico, ha emesso la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile iscritta al n. 2804 del Ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2022, avente ad oggetto: mandato, riservata in decisione mercé ordinanza ex art. 127-ter c.p.c., del 15 gennaio 2024, previa assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. di giorni 60 più 20, e vertente
Parte_1
(C.F.
TRA
CodiceFiscale_1 E
[...]
Parte_2
P. IVA
P.IVA_1
), in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentati e difesi dagli avv.ti Omissis e Omissis , come da investitura in atti,
Controparte_1
(C.F.
E
C.F._2
ATTORI IN RIASSUNZIONE
), rappresentato e difeso
dall’avv. Vittorio Rigo, come da incarico in atti
CONCLUSIONI
CONVENUTO
Come da note sostitutive, ex art. 127-ter c.p.c., da intendersi in questa sede interamente richiamate.
FATTO E DIRITTO
In limine, val bene premettere che quando, a norma dell'art. 50 c.p.c., la riassunzione della causa - disposta a seguito di una pronuncia dichiarativa di incompetenza - davanti al giudice dichiarato competente avviene nel termine fissato dal giudice o, in mancanza, dalla legge, il processo continua davanti al nuovo giudice mantenendo una struttura unitaria e, perciò, conservando tutti gli effetti sostanziali e processuali di quello svoltosi davanti al giudice incompetente, poiché la riassunzione non comporta l'instaurazione di un nuovo processo, bensì costituisce la prosecuzione di quello originario.
Con riferimento al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo revocato dal giudice a tanto funzionalmente competente, si è stabilito che a trasmigrare innanzi al giudice ad quem deve considerarsi non più, propriamente, una causa di opposizione a decreto ingiuntivo (decreto che più non esiste), bensì un ordinario giudizio di cognizione
concernente l'accertamento del credito dedotto nel ricorso monitorio. Ad essere riassunto è, quindi, un ordinario giudizio di cognizione sul credito posto a base del ricorso per ingiunzione (Cass. n. 11748/2007 e già Cass. 14075/99).
Dunque, per riprendere le parole del Giudice del Diritto, il giudizio ad quem ha avuto “inizio con il ricorso del creditore, che non introduce quindi solo il procedimento sommario, ma reca in sé in potenza anche l’iniziativa del processo a cognizione piena. Essa si tra sforma in atto con la proposizione dell’opposizione ad opera del debitore, talché l’originario procedimento perde la sua autonomia e diventa prima fase sommaria di un processo unitario”, che, in caso di dichiarata incompetenza, “prosegue dinanzi al giudice competente (cfr. art. 50 c.p.c.)” (così Cass. 27039/2023, in parte motiva).
E nel caso in cui l’iniziale parte attrice avesse in sede di riassunzione agglutinato una domanda nuova a quella ab imis proposta, la summentovata continuità della struttura unitaria non subirebbe soluzioni di continuità, se non nei limiti che il tribunale adesso riferirà.
In proposito, merita infatti di essere condiviso l’orientamento per cui, con l'atto di riassunzione può essere proposta una domanda nuova in aggiunta a quella originaria, quando essa contenga tutti gli elementi prescritti dall'art. 163 c.p.c., posto che la funzione dell'atto riassuntivo non impedisce che esso cumuli in sé anche quella introduttiva di un nuovo giudizio: nel caso in cui contenga una domanda nuova, infatti, l'atto di riassunzione vale, a questo limitato effetto, come atto introduttivo ex novo (C. app. Reggio Calabria 19 luglio 2004, in Iure praesentia 2004, 2, 50).
Deve quindi prendersi atto della investitura rilasciata dalle parti riassumenti ai procuratori; peraltro quella già posta a base del ricorso per decreto ingiuntivo innanzi al Tribunale di Prato era formulata in termini sufficientemente laschi da ammettere la prosecuzione del giudizio anche innanzi al nuovo soglio.
Posta questa lunga premessa, svolta anche in funzione di quanto nel prosieguo si avrà
modo di riferire, l’azione promossa dalla cessionaria del credito, è fondata per le seguenti ragioni.
Parte_2
in veste di
Stando al tenore letterale della scrittura privata denominata “mandato tra calciatore professionista e agente n. 2289” - recante la sottoscrizione del “14-12-2012” – il già
opponente e ora convenuto in prosecuzione
Controparte_1
, in veste di
“Calciatore”, conferiva un “mandato” all’odierno cedente
Parte_1
, iscritto
nel registro Agenti Calciatori istituito presso la
Org_1
affinché questi prestasse in
favore del primo un’”opera di consulenza nelle trattative” dirette alla stipula di contratti di prestazione sportiva con società di calcio professionistiche.
Il negozio in discorso, risultante dal cd. “modulo blu”, prevede il pagamento, a titolo di “compenso”, di un importo determinato nella misura del 5% dello stipendio annuo lordo spettante al calciatore, a questi dovuto sulla base del contratto di prestazione sportiva, a sua volta risultante dal cd. “modulo rosso”.
L’appena ricordato “mandato”, avente “validità fino al 14-12-2014”, era conferito “in via esclusiva”, ma con possibilità di revoca anche senza giusta causa; nella quale eventualità, con esclusione pattizia del pagamento di un importo a carico dell’atleta recedente.
Orbene, il
CP_1
in data 1 settembre 2014, ebbe a sottoscrivere un contratto di
prestazione sportiva (n. 0528/A) con l’
Org_2
ai sensi della legge n. 91/1981,
in forza del quale la società sportiva si era impegnata a corrispondere al calciatore, per la stagione sportiva 2014/15, un compenso fisso di euro 1.885.000,00 lordi e, per ciascuna delle quattro stagioni successive (fino alla stagione 2018/19 compresa), un compenso fisso di euro 2.074.000,00 lordi.
Esposti questi elementi documentali, è opinione degli attori che, ai sensi dell’art. 17, comma 3, del Regolamento F.I.G.C. Agenti di Calciatori C.U. n. 100-A dell’8 aprile 2010 (fonte alla quale espressamente rinvia il detto “mandato”), il compenso dovuto all’agente diventi esigibile al termine di ogni stagione sportiva, ossia il 30 giugno di
ogni stagione, ai sensi dell’art. 47 delle Norme Organizzative
Org_3
(N.O.I.F.). Onde, alla data del 30 giugno 2017, il
Parte_1
aveva maturato il diritto a
percepire quanto pattuito in relazione alla stagione sportiva per cui è lite, ossia euro
103.700,00 oltre IVA; credito oggetto di cessione alla atto notificato il 16 marzo 2018.
Parte_2
con
A tal riguardo, anche a fronte della richiesta del
Parte_1
di “estromissione” dal
giudizio (cfr. note sostitutive ex art. 127-ter c.p.c.), deve essere rilevato che la missiva a
firma di
Parte_1
in proprio, comunicante la cessione del credito
(dichiaratamente avvenuta il “14/12/2012”) in favore della società
Parte_2
[...]
reca la data dell’”8-03-2018” ed è stata notificata al ceduto mediante
raccomandata a/r da questi ricevuta il 16 marzo 2018. Dunque, se la cessione rimonta al “14/12/2012”, il solo titolare del credito fatto valere già con ricorso per decreto
ingiuntivo innanzi al Tribunale di Prato era la legale rappresentante p.t.
Parte_2
in persona del
Precisato dunque che benché notificata pendente lite la cessione del credito è avvenuta
ante causam, e stante anche nel silenzio serbato sul punto dall’estensore della sentenza
n. 489/2022 del Tribunale di Prato, può sostenersi che, una volta intervenuta la ridetta cessione (e mai essa successivamente venuta meno), il solo titolare del credito (quale in
origine facente capo al
Parte_1
anche a titolo di IVA, oltre che per interessi come
richiesti) nei confronti del debitore ceduto
CP_1
e pertanto la sola parte
legittimata a intentare il giudizio, s’identifica nella cessionaria
Parte_2
[...]
D’altro canto, nessuna seria conseguenza in punto di efficacia della cessione può seriamente pretendersi di conferire alla circostanza che della alienazione del credito non risulterebbe la iscrizione nel bilancio. Questa ultima non costituisce infatti elemento perfezionativo di un contratto, quello di cessione del credito, che si atteggia come amorfo e consensuale.
D’altra parte, tenuto a mente che il giudicato negozio di cessione ha ad oggetto un credito derivante da un contratto (quello di “mandato”) perfezionato in pari data, epperciò una entità economico patrimoniale ancora incerta quanto ad an e quantum: alla altezza di tempo del perfezionamento del “mandato” non ancora era certo se il
CP_1
avrebbe concluso un contratto di lavoro e quindi se avrebbe mai percepito
lo stipendio sul quale era da calcolarsi il compenso toccante all’agente, torna utile riferire che la cessione può avere ad oggetto crediti futuri, i quali sono ritenuti possibile oggetto di cessione ai sensi dell'art. 1348 c.c. (Cass. 31896/2018, Cass. 26664/07; Cass. 9761/2005; Cass. I, 2798/1978), anche se gli effetti del negozio sembra possano dispiegarsi solamente dal momento della venuta ad esistenza del credito, concludendosi in questo caso nel senso della natura meramente obbligatoria degli effetti della cessione (Cass. 3099/95; Cass. 6422/03).
Volendo perseverare in questa scia, non sia disutile ulteriormente rappresentare che il credito futuro ben può costituire oggetto di cessione non soltanto come res sperata, bensì anche come spes, vale a dire nell'ambito di un congegno negoziale connotato da aleatorietà (ciò che può spiegare, per quanto possa occorrer annotarlo, la prudenza nell’appostare nell’attivo una voce di così incerto esito; profilo, questo, del quale il convenuto non sembra abbia tenuto adeguatamente conto).
Per giunta, nel constatare che nel tornante temporale ricompreso tra quel già detto
“14/12/2012” e il 16 marzo 2018 il debitore ceduto
CP_1
in relazione al titolo
per cui è lite, non ha corrisposto alcunché: né in favore di
Parte_1 in
proprio, né della
Parte_2
né di altri soggetti ancora, è appena il caso
di riferire, per affinità di questioni, e a fronte della surrichiamata scrittura dell’”8-03-
2018” a firma di
Parte_1
, che la Suprema Corte (cfr. Cass. 10200/2021) ha
affermato che la dichiarazione del cedente, notiziata dal cessionario intimante al debitore ceduto con la produzione in giudizio è un elemento documentale rilevante ai fini della prova della cessione.
Ne viene che
Parte_1
ha accampato innanzi a questo Tribunale un diritto
che egli stesso, in data “14/12/2012”, epperciò ancor prima della pendenza del giudizio celebrato innanzi al Tribunale di Prato, ha dichiarato di aver ceduto ad altri. Ciò che, con ogni evidenza, mette capo ad una questione i cui risvolti non si prestano ad essere propriamente colti mediante la invocazione di un istituto come la “estromissione”.
Può quindi farsi immediato ritorno alla posizione dell’unico titolare del diritto in contesa, quale derivante da un fatto costitutivo.
Come noto, la figura dell’agente sportivo si presta ad essere ricondotta ora in quella del mandatario (valorizzandosi il dato contrattuale concreto che allude al compimento di attività giuridica), secondo la previsione - oggi - del D.Lgs. 28 febbraio 2021, n. 37 (che all’art. 2, 1 comma, lett. a), configura il contratto dell’agente come mandato “sportivo” con contenuto di assistenza e consulenza professionale e di mediazione), ora a quella del prestatore d’opera professionale (Tar Lazio n. 33428/2010); ma sul punto le posizioni in campo potrebbero ulteriormente scindersi e scomporsi.
Ad ogni modo, val bene constatare che quantunque, a fine di dotare di uno spessore di credibilità l’altrove accolta eccezione di incompetenza territoriale, il convenuto
CP_1
non abbia esitato ad agitare la propria veste di consumatore (recte: utente
di servizi; servizi, deve ritenersi, non esclusi dal campo applicativo della relativa disciplina), non ha dipoi ritenuto, sul piano della tutela sostanziale, di compiere, in correlazione a detta qualifica, il richiamo di alcuna delle disposizioni sostanziali dal legislatore consumeristico dettate in funzione protettiva del soggetto in condizione di asimmetria contrattuale.
In particolare, il ripetutamente menzionato
CP_1
non ha neppur in via gradata
allegato che, ove mai stipulato un accordo, quello intercorso con il
Parte_1
sarebbe
stato comunque esposto alla eccezione di vessatorietà di taluna delle clausole contessenti l’autoregolamento: vuoi perché determinanti un significativo squilibrio (v. art. 36, comma I, Cd. cons.), vuoi per l’operatività di una presunzione a suo favore, rientrando in tesi nel catalogo ex art. 36, comma II, stesso Cod.. Tale risvolto è affatto
omesso nella difesa imbastita dal convenuto, pur ove si dilati lo sguardo fino a considerarne l’articolazione risultante dal plesso allegatorio addotto anche al cospetto di altri sogli, sin qui succedutisi nell’esame della fonte da cui prende abbrivio il rapporto giudicato.
Peraltro, in vista dell’accertamento richiesto dal successivo art. 34, val bene rappresentare che, anche avuto riguardo al rinvio che la scheda negoziale espressamente
compie al Regolamento della
Org_1
per l’esercizio dell’attività di agente, la clausola
di determinazione dell’oggetto del contratto e quella stabilente il corrispettivo del servizio sono formulate in modo chiaro e comprensibile. In ogni caso, si ripete, sul punto, il convenuto si è astenuto dal dedurre alcunché.
È stata, piuttosto, dedotta dal
CP_1
la nullità del contratto per le cause indicate
nel Regolamento della Federazione di appartenenza, in punto alla situazione di incompatibilità nella quale si sarebbe trovato a versare il procuratore e per inosservanza degli obblighi informativi facenti capo a chi versi in “eventuali situazioni di conflitto di interessi, anche potenziale”.
Sennonché, pur ad ammettere, il che non appare d’intuitiva evidenza, che il Regolamento intendesse proteggere, anche mediante una disciplina foriera di obblighi informativi, il contraente calciatore professionista, bisognoso di protezione (nei confronti, si noti, non tanto del datore di lavoro, quanto dell’agente, e pur nel notevole sforzo di identificare nelle disposizioni de quibus la traccia di un ordine pubblico di
protezione (per vero neppure addotto dal
CP_1
, vi è che l’art. 8-ter, par. 1,
direttiva 93/13/CEE dispone che le sanzioni applicabili alle violazioni delle previsioni nazionali adottate conformemente alla direttiva stessa devono essere determinate dagli Stati membri e, tra l’altro, devono essere «proporzionate».
Peraltro, non risulta che il Regolamento della F.I.G.C. per l’esercizio dell’attività di agenzia, nella versione cui allude il convenuto, sia stato adottato sulla scorta di un potere autorizzatorio statale.
In realtà, la regolamentazione dello statuto giuridico della nullità e ancor prima la previsione di una nullità testuale sono demandate in via esclusiva alla competenza legislativa dello Stato, trattandosi di materia rientrante nell’ordinamento civile (art. 117 Cost.), con la conseguenza che una disciplina settoriale come quella del Regolamento in esame non ha, né per la relativa posizione nella gerarchia delle fonti né per sfera di competenze, alcuna forza integratrice o modificatrice della disciplina civilistica in materia, potendosi limitare al postutto ad imporre attraverso la previsione di regole di
condotta la osservanza di una data condotta in capo alle future parti di un contratto, ferma la qualificazione delle conseguenze che ne discendono alla stregua dei criteri legislativi statali ed eurounitari.
In questo ordine di idee, se è vero che la Costituzione annovera l’ordinamento sportivo fra le materie di legislazione concorrente fra Stato e Regioni (art. 117, co. 3, Cost.), con la conseguenza che a queste ultime spetta la potestà legislativa in materia, salvo che per i principi fondamentali cui la stessa deve risultare conforme, la cui determinazione è invece demandata allo Stato, per converso, è attribuita allo Stato la legislazione esclusiva in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa degli enti pubblici nazionali (art. 117, co. 2, lett. g, Cost.), fra i quali rientra il CONI.
D’altro canto, l’art. 1 l. n. 280 del 2003, fonte con cui il legislatore è intervenuto sui rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento statale recita: «La Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale
articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al
[...]
Organizzazione_4
. I rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della
Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo». All’art. 2, ove si delinea la sfera di competenza dell’ordinamento sportivo, si afferma che «è riservata all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione delle relative sanzioni disciplinari sportive» (co. 1).
È dunque alla stregua delle disposizioni di legge e dei principi elaborati dalla giurisprudenza che deve essere risolta la questione inerente al preteso, immediato riverbero, sul piano della fattispecie negoziale (il detto “mandato”), della violazione da parte dell’agente di criteri di condotta previsti dal Regolamento invocato dal convneuto. Orbene, deve ritenersi acquisito il principio di distinzione tra regole di fattispecie e regole di responsabilità, che implica che, al di fuori di ipotesi espressamente previste (dalla legge), la violazione di regole di condotta (quali quelle di informazione o di astensione da condotte in conflitto) non ridonda sul piano della validità del contratto provocandone la nullità.
Del resto, nella eventualità (in concreto neppur solo dimostrata e neanche specificamente allegata) di contratto concluso in conflitto d’interessi, l’ordinamento (statale) prevede la annullabilità (art. 1394 c.c.), con la conseguenza che, pur a volersi cimentare nello sforzo di identificare in taluna di quelle, prendenti vita in un Regolamento della F.I.G.C. e richiamate dall’opponente, una norma imperativa (ciò che
appare del tutto implausibile, né, come anticipato, la difesa del
CP_1
si è profusa
in una pertinente dimostrazione del tipo di interesse o di ordine pubblico sotteso all’obbligo informativo o al dovere dell’agente sportivo di astensione da contrarre in conflitto di conflitto con il calciatore) troverebbe applicazione l’inciso finale (“salvo che la legge disponga diversamente”), di cui all’art. 1418, comma I, c.c. Ciò che mette in fuori gioco l’istituto della nullità, testuale e non.
È solo il caso di precisare che il “Regolamento per i servizi di procuratore sportivo”
approvato dalla
Org_
il 13 maggio 2015, non dispone al comma 1 del suo art. 7,
rubricato “Conflitto di interessi” alcuna sanzione di nullità.
Per completezza di esposizione, non ignora certo il Tribunale che, secondo l’art. 5, comma 6, del succitato D.Lgs. 28 febbraio 2021, n. 37, “[è] nullo il contratto di mandato sportivo stipulato da un soggetto […] che si trovi in una delle situazioni di incompatibilita' o di conflitto d'interessi di cui all'articolo 6. La sopravvenienza di una delle circostanze di cui all'articolo 6 in costanza di rapporto contrattuale determina la risoluzione del contratto di mandato sportivo al termine della stagione sportiva in corso al momento della sopraggiunta incompatibilità o conflitto d'interessi”. Sennonché, che la comminatoria di nullità in esame (mai richiamata dalla difesa del
CP_1
chè non ha mai compiuto un cenno alla disposizione da ultimo invocata,
ignorandola del tutto) non possa trovare applicazione alla fattispecie in esame, lo si desume dalla circostanza che essa è stata legislativamente prevista, per la prima volta, con il saggio legislativo in commento; onde, non può che trovare applicazione il principio che, postulando che il giudizio di validità sia reso sincronicamente al momento della chiusura del suo ciclo perfezionativo, esclude la configurabilità della nullità sopravvenuta, sì come comminata da una fonte legislativa sopraggiunta al tempo della conclusione del contratto, in concreto risalente al “14-12-2012”. Senza trascurare che la disposizione da ultimo evocata impone che la condizione (in concreto mai neppure ammissibilmente offerta in prova) di incompatibilità o di conflittualità degli interessi sia ravvisabile al momento della stipula.
Qui giunti, non è seriamente disputabile l’esistenza di un rapporto contrattuale: il
convenuto non ha mai dedotto che, al fine di essere assistito nella ricerca di un datore di
lavoro nella stagione calcistica 2014-15 Org_
si sia servito di un diverso procuratore;
per quanto non abbia mai negato che, precedentemente, ad assisterlo fosse stato solo e
unicamente il
Parte_1
Dunque, nella stipula dei diversi contratti di lavoro, il
CP_1
non ha mai agito personalmente, ma si è sempre valso della assistenza di
un agente (un nome diverso da quello del Sul punto si avrà modo di tornare.
Parte_1
- si ripeta - non ha mai indicato).
Dunque, il
Parte_1
- secondo quanto sostenuto dall’opponente - si sarebbe del tutto
arbitrariamente arrogato il potere, giammai consapevolmente riconosciutogli dal
CP_1
di riempire a proprio piacimento di accuratamente selezionati contenuti
volitivi il modulo “Mandato” (blu) pur dal primo firmato “in bianco”, in segno di malriposta fiducia; e a fronte della prevedibile obiezione, per cui non sarebbe prontamente afferrabile il quia del rilascio previa sua sottoscrizione di un documento in bianco ad un agente sportivo, non ha esitato a sostenere (v. folii 17 ss. comparsa di costituzione del 17 marzo 2017) che in realtà, secondo un accordo inveterato, l’agente avrebbe preteso il pagamento dalla società.
Ne dovrebbe discendere che la sola ragione giustificante l’avvenuto e consapevole
rilascio ad opera del
CP_1
della sottoscrizione in calce al modulo, sia pure in
bianco, s0assida in quella di dotare il
Parte_1
di una fonte formale di investitura, da
spendere nelle trattative. Ciò che tuttavia smentisce l’assunto, insistentemente riproposto dalla difesa del convenuto, di un mai largito potere di rappresentarlo nelle trattative o di intavolare per suo conto i negoziati con blasonate squadre calcistiche. Si ripeta: anche a volere per mera ipotesi di lavoro assumere un abusivo riempimento del modulo o un tradimento della fiducia di chi lo rilasciò in buona fede, vi sarebbe ancora da seriamente allegare la ragione del suo rilascio con sottoscrizione di pugno del
convenuto. E tale ragione sta in ciò: che il trattative e la ricerca di un datore di lavoro.
CP_1
si serviva del
Parte_1
per le
Sicché, nel disegno difensivo coltivato dal
CP_1
il Parte_1
avrebbe da ultimo
preteso il pagamento della mediazione non già dalla società (la sola astrattamente
destinataria della richiesta di compenso), ma, indebitamente, dal
CP_1
stesso.
Non solo, ma ove mai simile richiesta fosse stata avanzata dall’attore direttamente alla società, sarebbe stata comunque legittimamente respinta, sul motivo portante - sempre nello sforzo di tenersi accosti alla difesa del Bonaventura - che, nel concreto, l’attore
cedente non aveva mai favorito l’incontro tra datore di lavoro ( prestatore.
Org_2 e
In sintesi, il
Parte_1
avrebbe dovuto chiedere il corrispettivo alla società; salvo a
vedersi opporre (in tesi, da parte di questa) la eccezione di nulla dovere per aver il
CP_1
il club.
stesso concluso in extremis e senza l’opera di intermediari il contratto con
Orbene, ai rilievi che precedono, vale soggiungere quello per cui, attenendosi alla
documentazione prodotta (v. contratti di lavoro con la società dell’
CP_2
, nel biennio
precedente alla stagione per cui è causa), non affiora che il
Parte_1
(il cui nominativo
campeggia nel contratto del 2012-2013 concluso tra l’
CP_2
e il
CP_1
sia
stato mai pagato da una società per l’attività di intermediazione svolta nell’interesse e per conto del calciatore.
Dirimente, in ogni caso, si rivela la circostanza che il nome del libera scrittura privata dell’1 settembre 2014, con cui il
Parte_1 CP_1
compare nella “assistito” dal
detto
Parte_1
si legava alla società
Org_2
(la quale, nella operazione in
discorso, non si era servita di “nessun agente”).
Onde, se pure fosse stata in qualche modo persuasivamente dimostrata la veridicità della
allegazione secondo cui il modulo (liberamente) sottoscritto dal
CP_1
fu poi
riempito proditoriamente dal
Parte_1
che vi allogò i nuclei dichiarativi meglio
confacenti alla sue egoistiche esigenze, non si renderebbe ancora intelligibile come sia stato ulteriormente e razionalmente possibile, nonostante l’abusivo riempimento di
quella scrittura e quantunque – si noti – il
CP_1
fosse consapevole delle
vicissitudini dell’agente (v., inter alia, il comunicato ufficiale della FIGC N. 65/CDN del 5 febbraio 2013), che egli ancora ammettesse, come ha irrefragabilmente ammesso,
che alla data di stipula del contratto di lavoro con
Org_6
figurasse in atto il
Parte_1
(con il quale peraltro si è lasciato immortalare in foto diffuse sulla stampa
periodica nell’atto stesso della sottoscrizione e in una fase di poco successiva); salvo disinvoltamente spendere in variegati giudizi la spiegazione consistita in una -per vero- affatto implausibile “gratifica dei tanti anni passati insieme”.
Ricapitolando, a fronte dell’inadempimento dell’agente, il convenuto ha dedotto di
essere stato direttamente contattato dall’amministratore della
Org_2
stante
l’inerzia o l’inettitudine del proprio agente nel reperirgli allettanti proposte contrattuali. Epperò, in disparte il rilievo che l’asserito - non asseverato - inadempimento dell’agente avrebbe richiesto, ove di non scarsa importanza, di essere fatto rilevare nei modi previsti
dal Regolamento medesimo e comunque, in ragione degli interessi economici in gioco, sulla scorta di una contestazione specifica che in atti non è dato riscontrare e anche ad astrarre dalla considerazione che, ove ricondotta allo schema dell’obbligazione del prestatore d’opera (art. 2229 c.c.), quella assunta dall’agente si configurerebbe come obbligazione di mezzi e non di risultato (v. Tar Lazio, n. 33428/2010 cit.), tanto in disparte, il convenuto medesimo, a dispetto della (solo ora) lamentata inattuazione del rapporto (la cui stessa esistenza - lo si rammemori - aveva almeno in una prima fase argomentativa della relativa linea difensiva radicalmente ricusato), ha dichiarato - lo si è appena detto - di aver erogato all’attore un importo di euro 50.000,00 (più IVA) a titolo di “premio, un atto di liberalità del calciatore”.
Ora, non si vede in qual modo mai s’intenda persuadere il Tribunale (per giunta, dopo aver già inutiliter esposto la medesima tesi davanti ad altri sogli che, almeno sinora, non l’hanno ritenuta degna di considerazione) che si possa lamentare un non scarso inadempimento del debitore per sfumate occasioni di ingaggio virtualmente più vantaggiose e, al contempo, offrirgli un “premio” per una peraltro né legalmente né contrattualmente dovuta “gratifica dei tanti anni passati insieme”. Inoltre, a beneficio di un gratificato che, per stessa ammissione dell’atleta, si era macchiato, nel corso della relativa carriera, di gravi illeciti rilevati dalla Federazione di appartenenza, la cui sanzione era stata divulgata pochi mesi prima della asserita “gratifica”.
Senza trascurare del tutto che un intuitivo bisogno di coerenza – sia pure all’interno di una versione difensiva caratterizzata da un notevole impegno nell’accreditamento del reale - avrebbe dovuto evitare di dichiarare (v. folio 19° della comparsa di costituzione innanzi a questo Tribunale) che “la provvigione che l’agente era solito chiedere alle
società sportive ammontava al 5%” ragione per cui il
CP_1
(che dunque era
perfettamente al corrente dell’ammontare della provvigione che il
Parte_1
pretendeva, nella misura del 5%) gli erogò 50.000,00 euro oltre IVA, e poco prima (v. pag. 13, ibidem) allegare lo stupor sperimentato allorquando “[s]olo .. con la notifica
del primo decreto ingiuntivo … l’esponente scopriva che il
Parte_1
…[richiedeva] …
un compenso a carico del calciatore nella misura del 5% del corrispettivo lordo”. L’insieme delle considerazioni sin qui venute facendo rende ragione del carattere
superfluo della prova (comunque inammissibilmente) articolata dal
CP_1
Va rigettata anche l’istanza di riduzione del corrispettivo in funzione della utilitas dell’opera prestata. Nel precisarsi che la misura del corrispettivo è inserita nel contratto e che si mantiene nel limite massimo stabilito dal Regolamento, serve aggiungere che il
convenuto non si è curato neppure di allegare e documentare (attraverso conferente documentazione, comprensiva - in tesi - di copie di contratti conclusi nella stessa stagione con altro top club) a quanto sarebbe potuto ascendere il maggiormente appagante livello retributivo cui egli (o un prestatore della massima serie, a lui raffrontabile per carriera, età e ruolo in campo), grazie alla intermediazione di un diverso collaboratore o anche personalmente, avrebbe potuto fondatamente ambire per conseguire un utile maggiore rispetto a quello in concreto erogato. Del resto, il
CP_1
non ha mai richiesto, né qui né altrove, il ristoro di alcun danno a tal titolo.
Quanto alla spettanza dell’IVA in favore del credito (poi ceduto), vantato nei confronti del
Parte_1
CP_1
quale originario titolare del deve premettersi che la
natura dei redditi conseguiti dall’agente sportivo rientrino nella categoria dei redditi di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 53 del Testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), in base al quale «Sono redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall’esercizio di arti e professioni».
A sua volta, il primo comma dell’art. 18 del d.p.r. n.633/1972, dispone che “il soggetto che effettua la cessione di beni o prestazione di servizi imponibile deve addebitare la relativa imposta a titolo di rivalsa, al cessionario o committente”.
Nella fattispecie giudicata, non è disputabile che il committente sia, rispetto
all’erogatore del servizio (id est: il mandatario,
Parte_1
, un consumatore (o utente)
finale; il quale ultimo, non avendo la possibilità di esercitare il diritto di detrazione dell’IVA addebitatagli in via di rivalsa, resta quindi definitivamente inciso dal tributo (con la consequenziale assunzione della qualifica di contribuente di fatto).
Orbene, svolti questi rilievi, una volta stabilito che l’imposta in esame spetta al
prestatore di un servizio (qualità che si attaglia al cedente
Parte_1
e che essa è a
carico dell’utente finale consumatore (qualità addirittura rivendicata dal
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allorchè si è trattato di farne discendere le conseguenze in punto di competenza territoriale), gli è che perde buona parte della sua consistenza l’eccezione del
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compenso.
imperniata sulla inesistenza del diritto di controparte a percepire l’IVA sul
Del resto, a fondare anche in via presuntiva la prova della esistenza di un accordo o di un uso individuale tra le parti circa la spettanza del credito in parte qua, e oltre a trasmettere l’idea di una pencolante se non incontrollata linea difensiva, vi è da
registrare che lo stesso
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che adesso assume l’esistenza di buone ragioni per
sottrarsi all’imposta in parola, ha asserito di avere liberamente erogato a titolo di “gratifica”, in nome dei “tanti anni passati insieme”, l’importo di euro 50.000,00, aggiungendo a tale importo l’(adesso negletta) IVA (cfr. folio 19° comparsa costituzione).
Da ultimo, è solo il caso di rilevare che sull’importo di euro 103.700,00 non va operato il diffalco - di vero neppure mai richiesto e comunque trovante giustificazione
nell’asserita “gratifica” che lo vivifica - di quanto già erogato dal
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Ne deriva che della cessionaria
Controparte_1
Parte_2
deve essere condannato al pagamento, in favore dell’importo di euro 103.700,00, oltre
I.V.A. nella misura del 5%, nonché interessi di mora, questi ultimi dovuti: i) nella misura del tasso legale ordinario ex art. 1284, comma 1, c.c., dalla interpellatio stragiudiziale del 4 agosto 2016 fino al 5 febbraio 2017; ii) nella misura di cui all’art. 1284, comma 4, c.c., con decorrenza dal 6 febbraio 2017 (data della domanda proseguita innanzi al giudice ad quem, potendo decorrere i soli effetti processuali della opposizione a d.i. dalla data del suo deposito, per quelli sostanziali occorrendo invece riferirsi all’altezza di tempo della notificazione del ricorso e del pedissequo decreto) e sino al soddisfo.
Con peculiare riferimento agli interessi moratori di cui all’art. 1284, comma 4, c.c., in uno a quanto in esordio del presente lavoro riferito relativamente alla prosecuzione del giudizio di opposizione a seguito della revoca del decreto opposto, val bene rievocare la ratio della previsione del novellamente citato art. 1284, comma 4, c.c., sì come disposizione tendente a infrenare la tendenza dei debitori morosi che, lucrando sui tempi del processo civile (e tali sono anche quelli maturati nel lustro trascorso prima della pronunzia della sentenza declinatoria della competenza), a finanziarsi al ribasso (v. relazione che accompagna al Senato la norma in esame: “Al fine di evitare che i tempi del processo civile diventino una forma di finanziamento al ribasso (in ragione dell’applicazione del tasso legale d’interesse) e dunque che il processo stesso venga a tal fine strumentalizzato, si prevede ...”).
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo; nel mentre, in ragione della questione trattata (infondatamente riproposta dal convenuto), possono
essere compensate quelle inerenti ai rapporti tra
Parte_1
, quale cedente, e
Controparte_1 .
P.Q.M.
Il Tribunale di Macerata, nella persona del dott. Quirino Caturano in funzione di Giudice unico, definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al n. 2804 del Ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2022, ogni diversa istanza ed eccezione respinta, così provvede:
- condanna
Controparte_1
al pagamento in favore della
Parte_2
[...]
in persona del legale rappresentante p.t., dell’importo di euro 103.700,00, oltre
I.V.A. nella misura del 5%, nonché degli interessi di mora dovuti: i) nella misura del tasso legale ordinario ex art. 1284, comma 1, c.c., dal 4 agosto 2016 fino al 5 febbraio 2017; ii) nella misura di cui all’art. 1284, comma 4, c.c., con decorrenza dal 6 febbraio 2017, sino al soddisfo;
- condanna
Controparte_1
al pagamento delle spese di lite, che liquida in
euro 786,00 per esborsi, euro 18.000,00 per compensi, oltre rimborso spese forfetario, IVA e CPA come per legge;
- dichiara interamente compensate le spese di lite relativamente alla causa tra
Parte_1
e Controparte_1 .
Macerata, 8 maggio 2024.
Il Giudice