TRIBUNALE DI ROMA – SENTENZA N. 5598/2020 DEL 31/03/2020

 

 

 

 

TRIBUNALE ORDINARIO di ROMA SEZIONE XVI CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Enrica Ciocca ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 70375/2016 assunta in decisione il 12/11/2019  promossa

da:


Parte_1


(C.F.


C.F._1


,    nato a Cuccaro Vetere (SA) e res.te in


Vallo della Lucania (SA) alla via Raffaele Passarelli n. 144 rappresentato to e difeso, giusta procura

alle liti depositata unitamente allatto di opposizione in via telematica, dall’avv. Omissis , dall’avv. Omissis e  dall’avv. p. Omissis ed elettivamente domicliato presso lo studio dei suoi procuratori in Vallo della Lucania (SA) alla via M. De Laurentiis n. 3


 

contro


OPPONENTE


Controparte_1


(C.F.


P.IVA_1


), CON


CP_2  IN


Roma, via Gregorio Allegri n. 14, in persona del legale rappresentante, assistita e difesa dall’avv.

Omissis  e dallavv. Omissis                                                                ed  elettivamente domiciliato in Roma via G. Montanelli n. 11 giusta procura in calce al ricorso per decreto ingiuntivo.

 

OPPOSTO

OGGETTO: Pagamento sanzione disciplinare associazione sportiva (OPP D.I.17879/2016)

 

CONCLUSIONI DELLE PARTI

CONCLUSIONI PARTE OPPONENTE: non compare all’udienza di precisazione delle conclusioni.

In Citazione: “Voglia lIll.mo Tribunale Adito adito, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione reietta, emettere i seguenti provvedimenti di giustizia:

 

In via pregiudiziale

  1. DICHIARARE il difetto di giurisdizione del giudice ordinario adito in favore della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;

Nel merito

  1. Accogliere l’opposizione spiegata con il presente atto e, per l’effetto,
  2. Revocare e Dichiarare nullo e inefficace il D.I. 17879/2016, N. 50021/2016 R.G.,. emesso dal Tribunale di Roma in data 25.07.2016 e notificato in data 02.08.2016;
  3. Rigettare, comunque, la domanda proposta dalla FIGC perché inammissibile, improcedibile ed infondata in fatto e diritto per i motivi indicati;
  4. Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa, da distrarsi in favore dei sottoscritti procuratori antistatari, per dichiarato anticipo, ai sensi dell’art. 93 c.p.c.”

CONCLUSIONI PARTE OPPOSTA: conclude come da comparsa di costituzione e risposta.

 

Voglia il Tribunale adito, contrariis reiectis, previa concessione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto, in via principale: 1) rigettare l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 17879/2016 (r.g. 50023/2016) e, per l’effetto, confermare il decreto ingiuntivo opposto e/o comunque


condannare il sig.


Parte_2


al pagamento dell’importo di euro 5.000,00 oltre interessi dal


 

dovuto sino al saldo o della maggiore o minore somma che sarà ritenuta di giustizia; 2) condannate il


 

sig.


Parte_3


al risarcimento dei danni per lite temeraria nella somma di euro 2.000,00 o in


 

quella diversa somma ritenuta di giustizia e comunque al pagamento in favore della


CP_1


di una


 

somma equitativamente determinata ai sensi dell’art. 96, 3° comma, c.p.c.. Con vittoria di spese e competenze del presente giudizio.

 

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELL DECISIONE


1.- Con ricorso monitorio depositato il 5/7/2016 la


Controparte_1


adiva


 

l’intestato  Tribunale  chiedendo  il  pagamento  della somma di  Euro 5.165,62 da parte  di


Pt_1


 

[...]

 

[...]


dirigente  tesserato,  a  titolo  di  ammenda  comminata  dalla con provvedimento non impugnato oltre interessi.


Organizzazione_1


Con decreto n.17879/2016 depositato il 21/7/2016 il Tribunale di Roma ingiungeva al


Pt_1       di


 

pagare in favore della


CP_1


la somma di Euro 5.165,62 oltre spese, decreto notificato il 2/8/2016.


 

Con  atto  di  citazione  notificato  il  10/10/2016


Parte_1


proponeva  opposizione  a  detto


 

decreto, eccependo il difetto di giurisdizione in favore del Giudice amministrativo ed il difetto di


 

legittimazione passiva dell’opponente, che non ricopriva il ruolo di Presidente della socie


Org_2


 

[...]


come ritenuto dalla parte opposta a fondamento della sanzione comminata.


 

Concludeva, dunque, nei termini indicati in epigrafe.

 

Con comparsa depositata il 25/5/2017 si costituiva in giudizio la


 

 

CP_1


 

 

che contestava le eccezioni


 

dell’opponente, ritenendo sussistente la giurisdizione del Giudice ordinario adito e la legittimazione del


 

Pt_1


atteso che il Giudice non poteva entrare nel merito della decisione disciplinare sportiva e


 

richiamava l’orientamento costante in materia del Tribunale di Roma.

 

Concludeva, dunque, per il rigetto dell’opposizione, con condanna dell’opponente al pagamento delle spese di lite ed al  risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c..

 

Concessa la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto e all’udienza del 12/11/2019 – dinanzi al nuovo Giudice istruttore nominato a far data dal 23/4/2018 – le parti precisavano le conclusioni e la causa era trattenuta in decisione con termini di legge ex art. 190 c.p.c.

2.-  Alla  luce  dei  documenti  prodotti  e  delle  censure  sollevate  dallopponente,  non  fondate,


l’opposizione va respinta.

Per costante giurisprudenza, l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, teso ad accertare il fondamento della pretesa fatta valere e non se l'ingiunzione sia stata legittimamente emessa in relazione alle condizioni previste dalla legge. Ai fini dell’accertamento della pretesa creditoria dell’opposta, deve aversi riguardo all’intero materiale probatorio offerto dalla parte opposta anche nella presente sede di opposizione, non potendosi il giudicante arrestare la propria analisi alle sole prove allegate al ricorso monitorio.

Tanto premesso, in tema di prova dell’adempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento (cfr., ex plurimis, Cass. sez. un. n. 13533 del 30/10/2001).

La Federazione opposta, attrice sostanziale, ha agito in via monitoria, nei confronti dell’odierno opponente, asseritamente dirigente tesserato, per il pagamento di 5.000,00 euro a titolo di ammenda, allegando,:

    1. Di essere una associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato avente

 

lo scopo di promuovere e disciplinare l’attività del giuoco del calcio e gli aspetti ad essa connessi, come risulta dall’estratto dello statuto dell’ente prodotto in sede monitoria;


    1. che i dirigenti erano tesserati della

CP_1


in base a quanto stabilito dall’art. 36 delle


 

Norme  Organizzative  Interne  della  Federazione  (


Org_3


prodotte  ed  in  quanto  tali


 

avevano l’obbligo di osservare lo statuto e ogni altra norma federale” (art. 30, comma 1 dello Statuto);

    1. che l’ingiunto, dirigente tesserato e come tale soggetto all’ordinamento sportivo, a seguito

 

del   deferimento   del   Procurator Federale   era   stato   giudicato   dalla


[...]


 

Organizzazione_1       ;

 

    1. che al predetto era stata comminata la sanzione dell’inibizione per mesi uno nonchè l’ammenda di 5000,00 euro, come risultante dal Comunicato Ufficiale n° 82/CDN del 11/04/2013, prodotto quale doc. 4 in sede monitoria;

    1. che il

Pt_1


non aveva proposto ricorso alla Corte di Giustizia Federale avverso la


 

predetta decisione che, pertanto, era passata in giudicato in quanto non impugnata, né aveva corrisposto quanto dovuto, nonostante i ripetuti solleciti effettuati;


    1. che pertanto, sussistendo prova scritta del credito esatto in via monitoria, aveva appunto richiesto ed ottenuto l’emissione di decreto ingiuntivo per il pagamento della predetta somma, oltre accessori.

I documenti prodotti in giudizio sono idonei e sufficienti a documentare la ragione del credito ed

 

il suo ammontare.

 

Da parte sua l’opponente ha eccepito il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario in favore del giudice amministrativo nonché, in ordine al merito, la propria carenza di legittimazione passiva,


in mancanza del requisito presupposto di Presidente della società


Organizzazione_2        .


 

L’eccezione di difetto di giurisdizione non risulta fondata e va respinta e al si riguardo si richiama l’orientamento  giurisprudenziale  affermatosi  nel  Tribunale  ed  in particolare  nella  Sezione  in


epigrafe, che si fa proprio (sent. 11736/2015 est.


Per_1


sent. 21243/2015 est Scerrato ex


 

pluribus) e si riassume. Va, parimenti, respinta l’eccezione di carenza di legittimazione passiva,


 

risultando  il


Pt_1


attinto  da  una  sanzione  inflitta  dal  competente  organo  sportivo  non


 

impugnata e, dunque, oramai definitiva. Valgano in merito le seguenti considerazioni.

E’ pacifico che la CP_1 è un’associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato


 

federata al


CP_3


(art. 1 Statuto) e i calciatori e i dirigenti delle squadre di calcio, in quanto


 

tesserati, sono tenuti all’osservanza delle norme statutarie della CP_1 .

In particolare, l’art. 30 dello Statuto della FIGC stabilisce che tutti i soggetti indicati hanno l’obbligo di osservare lo Statuto. Poi prevede, al secondo comma, che i predetti soggetti accettano

Org_

la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla FIGC, dalla          , dalla

 

Org_5 , dai suoi organi o soggetti delegati, nelle materie comunque riconducibili allo svolgimento dell’attività federale nonché nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico. Le controversie tra i soggetti di cui al comma 1 o tra gli stessi e la CP_1 , per le quali non siano previsti o siano esauriti i gradi interni di giustizia federale secondo quanto previsto


dallo  statuto  del


CP_3


sono  devolute  su  istanza  della  parte  interessata,  unicamente  alla


 

cognizione dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva o del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport


 

presso il


CP_3


 

Lo Statuto della Federazione opposta contiene, dunque, una clausola, in base alla quale, tra l’altro, le controversie di carattere disciplinare sono devolute alla cognizione degli organi giustizia sportiva, interni alla Federazione.


Al fine di razionalizzare i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento giuridico dello Stato, nel 2003 è stato emanato il D.L. 220/2003, convertito con modificazioni nella L. 280/2003. In  particolare,  l’art.  2  detta  disposizioni  in  ordine  all’autonomia  dell’ordinamento  sportivo, stabilendo che  è  riservata  all’ordinamento  sportivo la     disciplina    delle     questioni  aventi  ad oggetto i comportamenti rilevanti sul piano   disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive.

Orbene, l’esame della questione sulla giurisdizione dell’adito giudice ordinario rende necessaria una preliminare ricostruzione del quadro normativo relativo ai rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento giurisdizionale dello Stato e, nel suo ambito, tra Giudice ordinario ed amministrativo nonchè della relativa evoluzione giurisprudenziale.

Con      la  sentenza  5775/2004  le  Sezioni  Unite  della  Cassazione,  richiamando  i  precedenti

 

giurisprudenziali   in   materia,   hanno   compiutamente   ricostruito   il   quadr normativ e giurisprudenziale relativo all’argomento in esame.

In particolare, le Sezioni Unite hanno osservato che la legge 16 febbraio 1942 n° 426, istitutiva


 

del


CP_3 configurava le federazioni sportive nazionali come organi dell’Ente, che partecipavano


 

della natura pubblica di questo. La successiva legge 23 marzo 1981, n° 91 (contenente norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti), all’art. 14 aveva ribadito questo inquadramento,  riconoscendo  alle  federazioni  funzioni  di  natura  pubblicistica,  riconducibile


all’esercizio in senso lato delle funzioni proprie del


CP_3 e funzioni di natura privatistica per le


 

specifiche attività da esse svolte. Questa funzione, in quanto autonoma, era separata da quella di natura pubblica e faceva capo soltanto alle federazioni (cfr. Cass. SU 14530/2002).

L’art. 6 della legge del 1981, come novellato dall’art. 1 del D.L 20 settembre 1996, n° 485, convertito nella legge 18 novembre 1996 n° 586, riconoscendo alle federazioni sportive il potere di stabilire un premio di addestramento e formazione tecnica in favore delle società sportive presso le quali l’atleta si fosse formato, ha confermato la natura privatistica dell’attività svolta dalle medesime federazioni in questo settore.

La legge  n° 91 del 1981 è  stata sostituita  con il  decreto legislativo 23 luglio  1999, n° 242, contenente disposizioni sul riordino del Coni. In particolare, l’art. 15 del decreto legislativo ha recepito l’inquadramento attribuito dalla giurisprudenza alle federazioni sportive nazionali. La norma,  infatti,  dopo  avere  disposto  che  le  federazioni  sportive  nazionali  svolgono  l’attività


sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO e del


CP_3 (primo comma), così


 

consentendo  l’esercizio  di  attività  a  valenza  pubblicistica  sulla  base  di  poteri  pubblicistici  e


mediante l’adozione di atti amministrativi, attribuisce loro natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato e dichiara che non perseguono fini di lucro e sono disciplinate, per quanto non espressamente previsto dal decreto, dal codice civile e dalle disposizioni di attuazione del medesimo (secondo comma).

È  sopravvenuto  il  decreto  legge  19  agosto  2003   220,  contenente  disposizioni  urgenti  in

 

materia di giustizia sportiva, convertito nella legge 17 ottobre 2003, n° 280. Il decreto, prendendo implicitamente atto della complessità organizzativa e strutturale dell’ordinamento sportivo, stabilisce che i rapporti tra questo e l’ordinamento dello Stato sono regolati in base al principio di autonomia, “salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo” (art. 1, primo comma). La ‘giustizia sportiva’ si riferisce, così, alle ipotesi in cui si discute dell’applicazione delle regole sportive, mentre quella ‘statale’ è chiamata a risolvere le controversie che presentano una rilevanza per l’ordinamento generale, concernendo la violazione di diritti soggettivi o interessi legittimi.

Per individuare i casi in cui si applicano le sole regole tecnico-sportive, con conseguente riserva agli organi della giustizia sportiva della risoluzione delle corrispondenti controversie, è stabilito che all’ordinamento sportivo nazionale è riservata la disciplina delle questioni aventi ad oggetto:

a)  l’osservanza   e   l’applicazione   delle   norme  regolamentari,   organizzative  e   statutarie  di

 

quellordinamento e delle sue articolazioni, al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive (art. 2, primo comma).

In queste materie vige il sistema del c.d. vincolo sportivo; le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati, infatti, hanno l’onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del CP_3 e delle federazioni sportive indicate negli articoli 15 e 16 del decreto legislativo n° 242 del 1999, gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo (art. 2, secondo comma).

I casi di rilevanza per l’ordinamento dello Stato delle situazioni giuridiche soggettive, connesse con l’ordinamento sportivo, sono attribuiti alla giurisdizione del giudice ordinario ed a quella esclusiva del giudice amministrativo.

Il primo comma dell’art. 3 del decreto legge, in particolare, devolve al giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto i rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti. Alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, invece, è devoluta “ogni altra controversia


avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o dalle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’art. 2”.

Il sistema, per quanto riguarda le questioni per le quali è stabilita autonomia dell’ordinamento

 

sportivo,    continua    ad     essere    imperniato    sull’onere     di     adire    gli     organi     di    giustizia dell’ordinamento sportivo (art. 2, secondo comma) e sulla salvezza incondizionata delle clausole


compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del


CP_3


delle Federazioni sportive e di


 

quelle inserite nei contratti di cui alla legge istitutiva del


CP_3


art. 3, ultima parte).


 

Come osservato dalle Sezioni Unite,  nella pronuncia suindicata, dalla lettura delle enunciate disposizioni è possibile ricavare che, secondo il decreto legge n° 202 del 2003, la tutela fa riferimento alle seguenti quattro situazioni.

Nella prima stanno le questioni che hanno per oggetto l’osservanza di norme regolamentari,

 

organizzative e statutarie da parte di associazioni che, per dirla con l’art. 15 del decreto legislativo n° 242 del 1999, hanno personaligiuridica di diritto privato. Le regole che sono emanate in questo ambito sono espressione dell’autonomia normativa interna delle federazioni, non hanno rilevanza nell’ordinamento giuridico generale e le decisioni adottate in base ad esse sono collocate in un’area di non rilevanza (o dindifferenza) per l’ordinamento statale, senza che possano essere considerate come espressione di potestà pubbliche ed essere considerate alla stregua di decisioni amministrative. La generale irrilevanza per l’ordinamento statale di tali norme e della loro violazione conduce all’assenza di una tutela giurisdizionale statale; ciò non significa assenza totale di tutela, ma garanzia di una giustizia di tipo associativo che funziona secondo gli schemi del diritto privato.

Nella seconda situazione stanno le questioni che nascono da comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, derivanti dalla violazione da parte degli associati di norme anch’esse interne all’ordinamento sportivo. Pure per queste situazioni vi è la stessa condizione di non rilevanza per l’ordinamento statale, prima indicata.

Queste prime due situazioni, in definitiva, restano all’interno del sistema dell’ordinamento sportivo propriamente detto e le possibili controversie che in esso sorgono non possono formare mai oggetto della giurisdizione statale.

La terza situazione comprende l’attività che le federazioni sportive nazionali debbono svolgere in


 

armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del


CP_3


del CIO, come dispone la prima parte del già


 

citato art. 15. Nel testo del decreto legge n° 220 del 2003, anteriore alla legge di conversione, in essa figuravano l’ammissione e l’affiliazione alle federazioni di società, di associazioni sportive e


di singoli tesserati e l’organizzazione e lo svolgimento delle attività agonistiche non programmate ed a programma limitato e l’ammissione alle stesse delle squadre e degli atleti. Indipendentemente dalla soppressione delle due categorie, l’indicazione vale ancora come esemplificazione delle corrispondenti controversie, l’oggetto delle quali è costituito dall’attività provvedimentale delle federazioni, la quale, esaurito l’obbligo del rispetto di eventuali clausole compromissorie, è sottoposta alla giurisdizione amministrativa esclusiva.

Infine, stanno le questioni concernenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti. Esaurito, anche in questo caso, l’obbligo del rispetto di eventuali clausole compromissorie, le relative controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario.

Alla luce di quanto sopra riportato, le Sezioni Unite hanno ritenuto che il problema relativo ai

 

rapporti tra l’ordinamento sportivo e quello statale non ponga una questione di giurisdizione, costituendo invece questione di merito, che deve essere giudicata dal giudice del merito, al pari di quella dell’esistenza in concreto di essa (cfr. Cass. SU 5256/1987). Il principio è stato sviluppato con riferimento alle federazioni sportive ed è stato dichiarato che la censura diretta ad escludere


ogni  forma  di  tutela  giurisdizionale,  nei  confronti  di  provvedimenti  della questione di merito (cfr. Cass. SU 9550/1997).


CP_1 ,  costituisce


Ad  analoga  conclusione  è  giunta  la  Cassazione  nella  successiva  pronuncia   18919  del

 

28/9/2005, nella quale ha affermato che il vincolo di giustizia sportiva previsto dallo Statuto della CP_1 integra una clausola compromissoria per arbitrato irrituale, fondata sul consenso delle parti che accettano la soggezione agli organi interni di giustizia.

In particolare, poi, la suindicata pronuncia stabilisce un altro importante principio, ritenendo che il c.d. vincolo di giustizia sportiva (già contenuto negli statuti delle federazioni sportive prima dell’entrata in vigore del DL 220/2003, convertito dalla Legge 280/2003), dal 2003 in poi trovi la sua legittimazione anche in una fonte legislativa. Tuttavia, tale legittimazione ex lege non ne ha modificato la natura, che va pur sempre ricondotta alla figura dell’arbitrato irrituale, sostanzialmente consistente in un mandato conferito congiuntamente dalle parti compromittenti agli arbitri affinché questi, in virtù di un potere negoziale, definiscano la controversia (cfr. Cass. 11270/2012).

Tale orientamento, peraltro, risulta confermato da altre pronunce delle Sezioni Unite che, in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, hanno dichiarato inammissibile il ricorso, ritenendo che la questione relativa alle materie rientranti nella competenza degli organi della giustizia sportiva  non  è  questione  di  giurisdizione,  in  quanto  tali  organi  non  svolgono  una  funzione


giurisdizionale, ma intervengono in virtù di una clausola compromissoria e svolgono un’attività negoziale sostitutiva di quella degli stipulanti (cfr. Cass. SU ordinanza 6423/2008).

Tanto premesso, si osserva che nel caso in esame la controversia trae origine da comportamenti

 

posti in essere dall’odierno opponente, rilevanti sul piano disciplinare sportivo: l’attore è stato


 

sanzionato nella qualità di Presidente della soc.


Controparte_4


, risultando la sua


 

posizione in sede alla società riscontrata dalla visura camerale e dal contenuto del Comunicato Ufficiale n. 40/TFN   sezione disciplinar 2015/2016, che lo ha sanzionato quale “presidente


onorario, con ampi poteri gestionali ed economici della società


Controparte_4


dal


 

29/6/2009 al 14/3/2011, institore dal 6.5.2008 al 29.4.2010 nonché amministratore di fatto fino al 1.11.2011.

In virtù dell’art. 2, 1° comma, del DL 220/2003, convertito nella Legge 280/2003, per l’irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive vige il sistema del c.d. vincolo sportivo, ciò in virtù della cd. clausola del vincolo di giustizia, prevista dall’art. 30 dello Statuto della CP_1 .

Tale clausola, secondo il consolidato orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione, ha natura di clausola compromissoria per arbitrato irrituale, in base alla quale il potere di irrogare ed applicare le sanzioni disciplinari è attribuito, in forza di un atto negoziale di natura privatistica, dalle stesse parti a degli arbitri irrituali, che nel caso di specie sono costituiti dagli organi della giustizia sportiva.

In base a quanto previsto dalla clausola del vincolo di giustizia e dal citato art. 2, comma 1 del DL 220/2003 convertito nella Legge 280/2003- rientrano nella competenza degli organi di giustizia sportiva solo le questioni attinenti all’irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive e cioè le questioni attinenti alla fase relativa all’accertamento della sussistenza dell’illecito disciplinare ed alla comminatoria della relativa sanzione, sempre disciplinata dall’ordinamento sportivo.

Nel caso di specie è stato allegato nel ricorso monitorio che le sanzioni ( e, in particolare, per quello che rileva nel presente giudizio, lammenda di 5.000,00 euro) erano divenute esecutive per mancata impugnazione, mentre al riguardo lattore nulla ha contestato (art. 115 c.p.c.) né in ordine alla presentazione di eventuale gravame alla Corte di Giustizia Federale né, in ipotesi, in ordine alla mancata notificazione della sanzione, così da non essere ancora decorsi i termini per l’eventuale impugnazione; quindi deve ritenersi processualmente emerso che si sia verificato, in


relazione all’ordinamento sportivo, il ‘passaggio in giudicato’ delle sanzioni disciplinari e che pertanto le stesse siano divenute irrevocabili.

Pertanto la sanzione pecuniaria di 5.000,00 euro deve ritenersi ormai definitiva, in quanto -

 

circostanza neanche allegata e comunque da escludere alla luce del tenore delle difese dell’attore- la stessa non è stata tempestivamente impugnata davanti agli organi di giustizia sportiva; quindi ormai la controversia non attiene più allirrogazione ed all’applicazione della sanzione disciplinare (pecuniaria), ma alla fase della sua esecuzione.

Alla luce delle superiori osservazioni in fatto e in diritto è conseguenziale, limitando in discorso alla sanzione pecuniaria oggetto del ricorso monitorio, che si è in presenza di un credito di natura pecuniaria della Federazione opposta, relativo appunto alla sanzione pecuniaria irrogata -come detto- in via definitiva dagli organi di giustizia sportiva; infatti, gli organi della giustizia sportiva possono irrogare sia sanzioni che esplicano i loro effetti esclusivamente nell’ambito dell’ordinamento sportivo (ad esempio, l’inibizione), sia sanzioni che esulano dall’ordinamento sportivo ed incidono su posizioni giuridiche soggettive generalmente tutelate dall’ordinamento statale (ad esempio, appunto la sanzione pecuniaria dell’ammenda).

Orbene, mentre nel primo caso l’esecuzione della sanzione può trovare esplicazione e coattiva esecuzione (in caso di mancata spontanea osservanza e di permanenza del vincolo associativo) all’interno del medesimo ordinamento sportivo, nell’ambito del quale produce ed esaurisce tutti i suoi effetti, altrettanto non può sostenersi per le sanzioni del secondo tipo; infatti l’ordinamento sportivo non possiede gli strumenti per ottenere l’esecuzione coattiva di un credito di natura pecuniaria: strumenti che sono invero riservati all’autorità giurisdizionale ordinaria.

Del resto, non a caso, il citato art. 2 , comma 1 del D.L. 220/2003, convertito nella L. 280/2003, limita la cognizione degli organi della giustizia sportiva alle sole questioni relative all’irrogazione ed applicazione della sanzione, non estendendola invece all’esecuzione della stessa.

Tale impostazione non appare contraddetta dalla sentenza della Corte Costituzionale n° 49 del

 

2011, con la quale la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale del citato art. 2, comma 1 del D.L. 220/2003, convertito nella L. 280/2003. In particolare, la questione era stata sollevata dal giudice amministrativo, dubitando della legittimità costituzionale della norma in questione nella parte in cui riservava al solo giudice sportivo la competenza a decidere le controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, anche quando i relativi effetti superino l’ambito dell’ordinamento sportivo, incidendo su interessi legittimi e diritti  soggettivi,  tutelati  dall’ordinamento  statale.  Il  caso  concreto  sottoposto  alla  Corte


Costituzionale era diverso da quello oggetto del presente giudizio, in quanto si controverteva in ordine al risarcimento del danno derivante dall’illegittima irrogazione della sanzione disciplinare dell’inibizione allo svolgimento di attività federale.

Ciò   nonostante,   la   Corte   ha   sancito   importanti   principi,   dand una   interpretazione

 

costituzionalmente orientata della norma, da tener presente anche nel caso in esame. In particolare, nel ribadire l’autonomia tra l’ordinamento sportivo e quello statale (autonomia peraltro favorita dal legislatore), la Corte ha evidenziato che le sanzioni disciplinari irrogate dalla Federazione possono esaurire i loro effetti nell’ambito dell’ordinamento sportivo oppure manifestare effetti anche nell’ambito dell’ordinamento statale. Orbene, con riferimento al primo gruppo di ipotesi, la Corte ha affermato che queste sono collocate in un’area di non rilevanza per l’ordinamento statale e di conseguente assenza di tutela da parte di quest’ultimo ordinamento. Tuttavia la Corte ha, altresì, affermato che ad un’interpretazione costituzionalmente orientata del

    1. L.   220/2003 consegue che, qualora il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal CP_3 abbia incidenza su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale, non possa escludersi la possibilità di agire in giudizio dinanzi agli organi giurisdizionali statali.

Nel caso di specie la fase dell’irrogazione ed applicazione della sanzione è già stata espletata dinanzi

 

agli organi di giustizia sportiva, con decisione, come detto in precedenza, divenuta definitiva., ma si controverte in ordine alle conseguenze che la (sola) sanzione pecuniaria esplica su posizioni giuridiche soggettive rilevanti per lordinamento statale ed afferenti a rapporti patrimoniali.

Ne consegue che lopponente è legittimato, in quanto soggetto sottoposto a sanzione definitiva, non onorata spontaneamente e per la cui esecuzione occorre provvedimento del Giudice ordinario.

Nè può ritenersi che la controversia sia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in virtù di quanto statuito dall’art. 3 della L. 280/2003.

In particolare, la citata disposizione devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o dalle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’art. 2.

Orbene, con riferimento alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, giova ricordare che la Corte Costituzionale (sentenza n° 204/2004), nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. art. 33, commi 1 e 2, del D.Lgs 80/1998, come sostituito dall’art. 7, lettera a), della L. 205/2000, ha affermato il seguente principio: “l'art. 103, primo comma, della Costituzione non ha conferito al legislatore ordinario una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell'attribuzione al giudice amministrativo di


materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha conferito il potere di indicare "particolari materie" nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe "anche" diritti soggettivi. Tali materie, tuttavia, devono essere "particolari" rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità, nel senso che devono partecipare della loro medesima natura, che è contrassegnata dalla circostanza che la pubblica amministrazione agisce come autorità nei confronti della quale è accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo; con la conseguenza che va escluso che sia la mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio sia il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia siano sufficienti a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo”.

Ne consegue che un’interpretazione costituzionalmente orientata delle ipotesi di giurisdizione esclusiva porta a ritenere che questa sia sussistente solo ogniqualvolta si sia in presenza di un concreto esercizio del potere, riconoscibile per tale in base al procedimento svolto ed alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano. Per converso, non potrà ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo, neanche quella in via esclusiva, qualora sia del tutto assente ogni profilo riconducibile alla pubblica amministrazione-autorità.

Orbene, nel caso in esame, alla luce di tutto quanto sopra esposto, deve escludersi che nell’attività di irrogazione di sanzioni disciplinari la FIGC eserciti un potere autoritativo di natura pubblicistica.

Al riguardo è ben vero che le Federazioni sportive, pur avendo personalità di diritto privato, esercitano


 

anche funzioni pubblicistiche -il DLgs. 242 del 1999, contenente norme di riordino del


CP_3 allart. 15


 

prevede che le Federazioni possano adottare atti amministrativi in armonia con le deliberazioni del


 

CP_3


ad es. in tema di ammissione ed affiliazione delle società sportive alle Federazioni nazionali- e


 

che le questioni concernenti l’attività che le Federazioni svolgono in armonia con le deliberazioni del CP_3 rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, qualora sia espressione di un potere provvedimentale ed autoritativo, ma nel caso che qui ci occupa, come già sopra evidenziato, il potere di decidere in materia disciplinare, attribuito agli organi della giustizia sportiva, trova la fonte nella autonomia negoziale delle parti: gli organi della giustizia sportiva, invero, decidono in virtù di una clausola negoziale, avente natura di clausola di arbitrato irrituale ed osservando le regole del diritto privato.

Del resto, sia le norme violate che la decisione da eseguire trovano la loro fonte in atti di natura negoziale, che sono espressione dell’autonomia privata e non di poteri pubblicistici. A maggior ragione, poi, deve escludersi l’esercizio di poteri pubblicistici nell’attività di recupero del credito derivante dall’irrogazione di una sanzione pecuniaria.


Non essendovi esercizio di poteri pubblicistici, deve escludersi che la controversia rientri nella giurisdizione del giudice amministrativo, neanche in via esclusiva.

Per quanto esposto va ritenuta la giurisdizione del giudice ordinario, che verifica la fase esecutiva dell’applicazione  della  sanzione,  risultando  invece  escluso  il  sindacato  sul  contenuto  del  potere disciplinare, esercitato dagli organi della giustizia sportiva, ma solo l’accertamento della persistenza del credito vantato dalla FIGC e dell’insussistenza di fatti modificativi od estintivi della pretesa creditoria. Pertanto, esclusa ogni possibile valutazione di merito da parte del Giudice ordinario, trattandosi di aspetti in relazione ai quali sussiste la competenza degli organi della giustizia sportiva, è in questa sede sufficiente prendere atto che vi è stato lesercizio del potere sanzionatorio da parte degli organi sportivi e che la sanzione pecuniaria in questione è stata irrogata in via definita, non essendo stati esperiti i mezzi di impugnazione previsti dall’ordinamento sportivo.

L’opposizione va, dunque, respinta e l’opponente condannato alla rifusione delle spese di lite, secondo un valore tra minimo e medio per scaglione di valore, in base al valore del decreto ingiuntivo, per le fasi svolte di studio, introduttiva e decisionale.

Va, infine respinta la domanda di risarcimento danni ex art. 96/1 c.p.c. in mancanza di prova della sussistenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi legittimanti una tale condanna (Cass. 18169/2004: La liquidazione del danno da responsabilità processuale aggravata, "ex" art. 96 cod. proc. civ., ancorché possa effettuarsi anche d'ufficio, postula pur sempre la prova gravante sulla parte che chiede il risarcimento sia dell'"an" che del "quantum debeatur", o almeno la concreta desumibilità di detti elementi dagli atti di causa”), né la tipologia di controversia e la sua complessità consentono di esercitare il potere sanzionatorio discrezionale ex art. 96, 3° comma, c.p.c..

P.Q.M.

 

Il  Tribunale  ordinario  di  Roma,  in  composizione  monocratica,  definitivamente  pronunciando  nel


 

giudizio NRG.70375 /2016 tra


Parte_1


e la


Controparte_1


, ogni diversa


 

istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede:

 

      1. rigetta l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 17879/2016;
      2. rigetta la domanda dell’opposta ex art. 96, 1° e 3° comma, c.p.c.;
      3. condanna l’opponente al pagamento, in favore dell’opposta, delle spese di lite, che liquida complessivamente in 2.000,00 euro per compensi professionali, oltre rimborso forfettario, CPA ed Iva come per legge.

Roma, 18 marzo 2020

 

Il Giudice

 

dott. Enrica Ciocca

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