TRIBUNALE DI ROMA – SENTENZA N. 6679/2021 DEL 16/04/2021
TRIBUNALE DI ROMA
XI sezione civile
Il Giudice dr.ssa Barbara Affinita ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 32386/20 del Ruolo Generale posta in deliberazione all'udienza del 16.4.21 e vertente
Parte_1
C.F.
C.F._1
TRA
difeso dagli Avv.ti Omissis e
Omissis
Controparte_1
Omissis
C.F.
E
C.F._2
OPPONENTE
difeso dall’Avv.
OPPOSTO
Oggetto: opposizione decreto ingiuntivo n. 2913/20 del 6.2.20 del Tribunale di Roma All’udienza del 16.4.21 svoltasi mediante applicativo TEAMS, la difesa delle parti collegate ha concluso come in atti.
Visto l’art.281 sexies c.p.c e considerato che la natura delle questioni sollevate lo consente,
il giudice dispone la discussione orale della causa e pronuncia la presente sentenza, da intendersi allegata al verbale di causa, di cui viene data lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, a seguito di camera di consiglio disposta a fine udienza.
Considerazione in fatto e in diritto.
Si premette che l’opposto ha ottenuto l’emissione di un decreto ingiuntivo per il pagamento della somma di € 5.616,00, oltre interessi e spese, a titolo di corrispettivo
maturato in virtù di contratto di rappresentanza per servizi di procuratore sportivo, sottoscritto tra le parti in data 26.2.18.
L’opponente ha impugnato il decreto, eccependo, in primo luogo, l’incompetenza
territoriale di questo Tribunale, in favore di quello di Frosinone, quale foro della residenza del predetto, qualificabile come consumatore.
Sul punto, parte opposta ha sostenuto l’inapplicabilità di tale qualifica al calciatore
professionista, la prevalenza del foro di Roma inserito nel contratto, nonché la mancata contestazione dei fori alternativi.
Ciò premesso, nel contrasto insorto nella giurisprudenza di merito sulla questione, si
propende per la fondatezza dell’eccezione di incompetenza territoriale.
Infatti, in base all’art. 3 lett. c) d. lgs n. 206/2005, l’opposto, in qualità di agente sportivo, può qualificarsi come professionista, trattandosi di “ persona fisica o giuridica che agisce nell'esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale”;
invero, in base gli artt. 1 e 3 del Reg. Agenti di calciatori Org_1
e al contenuto del contratto
di rappresentanza, emerge che egli sia deputato, a titolo oneroso, a prestare opera di consulenza in favore del calciatore professionista, curando e promuovendo i rapporti tra quest'ultimo e la società di calcio.
Non è contestabile, né contestato, poi, che, nel caso di specie, il calciatore opponente sia
un lavoratore subordinato; infatti, va ricordato che ai sensi dell'art. 3 della legge 1981/91 "la prestazione a titolo oneroso dell'atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato" e
dalle previsioni del contratto stipulati con la società sportiva
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in atti,
non risulta ricorrere alcuna delle ipotesi tassativamente previste dall’articolo suddetto per qualificare il rapporto come di lavoro autonomo: “a) l'attività sia svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo; b) l'atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento; c) la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno”; sul punto, non convincono le argomentazioni svolte nel lodo depositato con le note del 26.3.21 da parte opposta, che escludono la natura del rapporto subordinato, in quanto le modalità e i tempi della effettuazione della prestazione possono differenziare il lavoro subordinato da quello autonomo.
Va, allora, ricordato che la Suprema Corte affermi che l'attività di lavoro dipendente (sia pubblico, che privato) non sia qualificabile come "attività professionale", prevista dall'art. 3 comma 1, lett. c), del codice consumo, che presuppone la prestazione autonoma di opera professionale intellettuale e, dunque, che il soggetto che interagisca contrattualmente con un professionista, per questioni attinenti la propria posizione di lavoratore subordinato, debba considerarsi consumatore (cfr. Cass.12685/11; 6634/2017).
Inoltre, la ratio della tutela del consumatore non è solo ancorata alla necessità di rendere conoscibili delle condizioni contrattuali, quanto alla possibilità di evitare la sottomissione alla negoziazione e di modificare anche a proprio vantaggio le clausole contrattuali, mediante trattativa; circostanza che, nel caso di specie, non viene dedotta, né provata e che non può presumersi solo perché la clausola sul foro convenzionale è una delle poche modificabili del contratto tipo federale.
Né rileva il rapporto contrattuale tra procuratore e calciatore, ritenendosi applicabile
l’argomentazione svolta nella fattispecie analoga delle cause per la liquidazione del compenso tra avvocato e cliente, quando quest’ultimo abbia rivestito la qualifica di consumatore nella vertenza per la quale si chiedono i compensi; sulla questione, infatti, la Suprema Corte ha avuto modo di affermare che non rilevi che il “rapporto sia caratterizzato dall'"intuitu personae" e sia non di contrapposizione, ma di collaborazione (quanto ai rapporti esterni con i terzi)” (Cfr. Cass. 1464/14; 5703/2014; 21187/17).
Infatti, come nel rapporto di mandato tra avvocato e cliente, il calciatore si rivolge al
procuratore sportivo, in quanto professionista specializzato nella promozione e cura degli interessi relativi a rapporti con le società di calcio, ossia rapporti di lavoro subordinato.
La giurisprudenza citata da parte opposta nelle note conclusive è precedente al codice del consumo e, in ogni caso, come l’art. 34 del d.lgs 206/05, fa riferimento alle clausole la cui vessatorietà deve essere valutata e non è presunta per legge, come quella in questione, che, in base all’art. 33 lett. U) del predetto decreto, in assenza di prova della trattativa, deve ritenersi vessatoria e, quindi, nulla.
Infine, trattandosi di foro inderogabile e di eccezione di incompetenza rilevabile d’ufficio, non era necessaria la contestazione dei fori alternativi.
Configurandosi il requisito della competenza quale condizione di ammissibilità del
decreto ingiuntivo, l'accertamento del suo difetto comporta la nullità e la revoca del monitorio (cfr. Cass. n. 16744/2009); il provvedimento conclusivo del giudizio di
opposizione, dunque, non contiene solo una decisione sulla competenza, ma l'accoglimento in rito dell'opposizione e la caducazione del decreto, sicché deve avere forma di sentenza, non trovando applicazione la previsione di cui all'art. 279, primo comma, cod. proc. civ., come modificato dall'art. 46 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (cfr. Cass. ord. n. 14594/2012).
Le spese vengono compensate, stanti la definizione in rito e il contrasto in giurisprudenza
sulla questione.
P.Q.M
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta, così provvede:
- dichiara la incompetenza di questo Tribunale in favore di quello di Frosinone e revoca il decreto ingiuntivo opposto n. 2913/20 emesso dal Tribunale di Roma il 6.2.20;
- compensa le spese di lite tra le parti.
Roma, 16.4.21
Il Giudice
dott.ssa Barbara Affinita