TRIBUNALE DI ROMA – SENTENZA N. 8886/2024 DEL 21/05/2024

TRIBUNALE DI ROMA XVI SEZIONE CIVILE

UFFICIO CONTENZIOSO ORDINARIO


 

 

 

 

All’udienza del 21/05/2024, innanzi al Giudice D.ssa Cristina Pigozzo nella causa promossa da:

 

Parte_1

 

con l’avv. MARI MARGHERITA  oggi sostituito dall’avv. Omissi nei confronti di

CP_1

con l’avv. Omissis  e Omissis  in sostituzione dellavv.Omissis

 

il Giudice

 

 

verificato lallontanamento delle parti, pronuncia sentenza ex art. 281 sexies c.p.c., dandone lettura ed allegandola al presente verbale.

 

21/05/2024

 

 

Il Giudice Cristina Pigozzo


 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

SEZIONE XVI CIVILE

 

 

Il Tribunale, nella persona del Giudice unico, dott.ssa Cristina Pigozzo, ha emesso la seguente

SENTENZA

 

 

nella causa civile di I grado iscritta al n. 75954 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2022, trattenuta in decisione all’udienza del 21.05.2024 a seguito di discussione orale ex art 281 sexies c.p.c e promossa da

 

Parte_1

 

assistito e difeso dall’Avv. dell’Avv. Gaetano Mari e dell’Avv. Margherita Mari

 

 

Attore opponente contro

 

 

Controparte_2

 


in persona del Presidente / legale rappresentante pro tempore Dott.


Controparte_3


 

rappresentata e difesa dall’Avv Francesco Marotta e dall’ Avv. Angelo Monoriti


Convenuto opposto

 

 

OGGETTO: Opposizione a decreto ingiuntivo

 

 

CONCLUSIONI: come da verbale di udienza del 21.05.2024 e segnatamente

 

 

Parte attrice così concludeva Voglia l’Ecc.mo Tribunale di Roma, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione nel merito:

•In tesi: revocare e porre nel nulla, nonché dichiarare privo di ogni effetto giuridico il Decreto Ingiuntivo n. 15989/22 – R.G. n. 49958/22 emesso dal Tribunale di Roma in data 09/09/2022 e notificato a mezzo servizio postale in data 04/11/2022, perché infondato in fatto e in diritto per tutti i motivi in atto di opposizione e memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c.; In ipotesi: nella denegata ipotesi in cui si ritenesse il sig.


Parte_1


debitore del convenuto opposto di qualsivoglia somma, condannare


 

l’odierno attore opponente al pagamento della minor somma che dovesse risultare dovuta in corso di causa ad istruttoria espletata. Il tutto con vittoria di spese, competenze e onorari di giudizio.”

Parte convenuta così concludeva: “Voglia l’Ill.mo Tribunale di Roma, per tutti i motivi di cui in atti, disattesa e respinta ogni avversa domanda:

a) in via pregiudiziale di rito: respingere l’avversa eccezione relativa al difetto di


 

giurisdizione del giudice ordinario sollevata dal Sig.


Pt_1


per i motivi esposti in

 

narrativa e, per l’effetto, confermare la giurisdizione del Giudice in intestazione; -


 

rigettare l’avversa eccezione relativa al difetto di legittimazione attiva di


CP_1     e,


 

di conseguenza, confermare la stessa; b) in via preliminare di merito: - rigettare l’avversa eccezione di prescrizione ex art. 2956, comma 1, n. 2, c.c., formulata dall’opponente in quanto priva di fondamento per tutte le ragioni sopra esposte; c) nel merito:- rigettare la spiegata opposizione per i motivi di cui in narrativa e per l’effetto confermare il provvedimento monitorio opposto; d) in via subordinata: - nella denegata e non creduta ipotesi che il decreto opposto, per qualsivoglia ragione,


venga revocato, condannare il Sig.


Pt_1


, al pagamento nei confronti di


CP_1


 

per tutte le ragioni esposte in atti, dell’importo di € 80.000,00 oltre interessi moratori dal dovuto al saldo, o la maggiore o minore somma che sarà ritenuta di giustizia. Con vittoria di onorari e spese, oltre Iva, c.p.a., accessori e rimborso forfettario spese


generali nella misura del 15%, oltre alla liquidazione dell’imposta di registro del d.i., come per legge

PREMESSO

 

 


Con ricorso monitorio depositato in data 11.07.2022, la CP_1


esponeva che:


 

-era una associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato, avente lo scopo di promuovere e disciplinare l’attività del giuoco del calcio;

-con decisione del n. 17 /TFN – SD 2015/2016 pubblicata in data 29.08.2015, la Corte


 

d’Appello – Sezioni Unite irrogava al signor


Parte_1


, tesserato


CP_1


con


 

la qualifica di Direttore sportivo, la sanzione dell’inibizione per 4 anni e 6 mesi nonché l’ammenda di € 80.000,00;

 


  • la CP_1

inviava al signor


Parte_1


nota di debito n.20150923 del 29.09.2015

e nota di debito n2015016 del 21.10.2015 nonché, in data 17.01.2022, un’ulteriore lettera di diffida e messa in mora;

 


-tuttavia, il signor ripetuti solleciti.


Parte_1


non aveva corrisposto quanto dovuto, nonostante i


 


Premesso ciò, la ricorrente chiedeva al Tribunale di Roma di ingiungere a


[...]


 

Pt_1

 

saldo.


il pagamento della somma di € 80.000,00, oltre interessi dalla scadenza al


 

 

Il Tribunale adito emetteva il decreto ingiuntivo n. 15989/2022 del 09.09.2022 (R.G.

 

n. 49958/2022), così come richiesto.

 

 

^^^

 

 


Con   atto   di   citazione ritualmente   notificato,


Parte_1


proponeva


 

opposizione al decreto ingiuntivo suindicato, chiedendone la revoca per i seguenti motivi:

In via preliminare


-difetto assoluto di giurisdizione del giudice ordinario nella materia relativa alla irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive, in quanto riservate alla competenza degli organi della giustizia sportiva, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 280/03;

 


-difetto di legittimazione ad agire della CP_1


per inesistenza e/o nullità della procura,


 

con conseguente invalidità del decreto ingiuntivo opposto;

 

 

  • prescrizione del presunto credito. Nel merito,
  • violazione  del  principio  di  non  contraddizione  dell’ordinamento  giuridico,  non

 

avendo il


Pt_1


subito alcuna condanna penale;


 

 

  • insussistenza della prova scritta nel procedimento disciplinare sportivo e violazione del principio di terzietà dei giudici sportivi;

^^^

 

 


Si  costituiva  in  giudizio  la deducendo che:


CP_1 ,  la  quale  chiedeva  il  rigetto  dell’opposizione,


 

-era indubbio che la materia disciplinare, ai sensi della legge n. 280/03, era devoluta agli organi della giustizia sportiva, ciò in virtù dell’adesione negoziale allo Statuto


della


CP_2       ;


 

 

  • per l’irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive vige il sistema del c.d. vincolo sportivo”, clausola pattizia che ha natura di clausola compromissoria di arbitrato irrituale, in base alla quale il potere di irrogare ed applicare le sanzioni disciplinari è attribuito, in forza di un atto negoziale di natura privatistica, dalle stesse parti a degli arbitri irrituali, che nel caso di specie, sono rappresentati dagli organi della giustizia sportiva;
  • per la fase dell’esecuzione del provvedimento sussiste la piena competenza degli organi giurisdizionali statali per due ordini di ragioni:

  1. con l’irrogazione della sanzione dell’ammenda nei confronti del Sig.

Pt_1


gli


 

organi della giustizia sportiva hanno inciso su posizioni giuridiche soggettive tutelate


 

dall’ordinamento statale, avendo la stessa fatto sorgere in capo alla


CP_2         un


 

diritto di credito e un simmetrico obbligo di adempimento in capo al debitore. Rispetto a tale diritto di credito deve dunque affermarsi la competenza della giurisdizione dello Stato;

  1. l’ordinamento sportivo non dispone di strumenti idonei ad assicurare lesecuzione coattiva del credito, per il quale, invece, si ricorre allautorità giurisdizionale ordinaria;
  • l’art. 24 dello Statuto della F.I.G.C. preveda espressamente che in capo al Presidente della FIGC risiedano i poteri di rappresentanza legale della Federazione e che pertanto sia soggetto investito del compito di manifestare allesterno la volontà dell’associazione entrando in relazione con i terzi;
  • la sussistenza della prova scritta del credito vantato, avendo prodotto in sede monitoria la decisione della Corte Federale di Appello a Sezioni Unite con cui era

stata irrogata la sanzione disciplinare al Sig.


Pt_1


 

 

  • l’infondatezza delleccezione di prescrizione del credito non solo perccompetente a decidere circa la presunta prescrizione del diritto di credito è il giudice sportivo, ma anche per esser intervenuti atti volti ad interrompere il decorso del termine decennale di prescrizione;
  • le sanzioni pecuniarie in parola erano state irrogate in via definitiva, essendo stati esperiti tutti i mezzi di impugnazione previsti dall’ordinamento sportivo e che non erano intervenuti fatti modificativi o estintivi attinenti alla fase esecutiva.

 


  • l’irrilevanza del proscioglimento in sede penale  del

Pt_1


attesa l’autonomia e


 

l’indipendenza dell’azione disciplinare così come previsto dall’art. 38 comma 5 lett.

 

    1. del codice di giustizia sportiva.

 

 

^^^

 

 

Con ordinanza riservata del 11.04.2023, veniva accolta la richiesta di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto.


All’udienza del 14.11.2023, il Giudice ritenuta la causa matura per la decisione, rinviava per discussione orale all’udienza del 21.05.2024, assegnando termini fino al 15.05.2024 per il deposito di note conclusionali.

All’udienza del 21.05.2024 i procuratori delle parti si riportavano alle conclusioni in atti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

1  – Delimitazione del thema decidendum:

 

 


Nella presente sede, la CP_1


ha chiesto l’emissione del decreto ingiuntivo opposto, al


 

fine di ottenere il pagamento di una sanzione pecuniaria, irrogata al signor


Parte_1


 

[...]


per aver posto in essere illeciti disciplinari.


 

 


Lopponente è un tesserato


CP_1


con la qualifica di Direttore sportivo, ed ha


 

eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore degli organi della


 

giustizia sportiva; il difetto di legittimazione ad agire della


CP_1


per inesistenza o


 

nullità  della  procura  e  la  prescrizione  del  credito.  Nel  merito,  ha  contestato  la


 

violazione del principio di non contraddizione non avendo il


Pt_1


subito alcuna


 

condanna  penale;  l’insussistenza  della  prova  scritta  nel  procedimento  disciplinare sportivo e violazione del principio di terzietà dei giudici sportivi.

 


Orbene, l’opposizione proposta da accoglimento.

^^^^^^^

 

 

  1. – Primo motivo di opposizione:

Parte_1


è infondata e non può trovare


 

 

Con il primo motivo di opposizione, la parte opponente ha eccepito il difetto assoluto di giurisdizione del giudice ordinario adito, sostenendo che la controversia – riguardando la materia delle sanzioni disciplinari sportive- sarebbe devoluta alla cognizione degli organi della giustizia sportiva, in virtù di quanto statuito dall’art. 2 della legge n. 280/03.

 


Orbene, giova premettere che la


CP_1


è unassociazione riconosciuta con personalità


 

giuridica di diritto privato federata al


CP_4


(cfr. l’art. 1 del relativo Statuto) ed è


 

l’unica associazione riconosciuta dal possa praticare lo sport del calcio.


CP_4


oltre che dalla


Org_1


e dalla Org_ , che


La CP_1


è affiliata alla Org_


e all’ Org_1 . Pertanto, la FIGC, le Leghe, le società, gli


 

atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara, i dirigenti e ogni altro soggetto dellordinamento federale sono tenuti a: (…) e) adire quale giudice di ultima istanza, per risolvere ogni controversia a livello nazionale derivante da o relativa allapplicazione delle norme statutarie o regolamentari della FIGC, l’istituzione arbitrale di cui allart. 30, comma 3, con esclusione della competenza dei giudici ordinari ai sensi e nei limiti di quanto previsto all’art. 30, comma 4.

L’art. 30 dello Statuto, a sua volta, precisa: I tesserati, le società affiliate e tutti i soggetti, organismi e loro componenti, che svolgono attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevanti per l’ordinamento federale, hanno l’obbligo di osservare il presente Statuto e ogni altra norma federale e degli organismi internazionali a cui la FIGC è affiliata. 2. I soggetti di cui al comma precedente, in ragione della loro appartenenza all’ordinamento settoriale sportivo o

dei vincoli assunti con la costituzione del rapporto associativo, accettano la piena e


 

definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla


CP_1 , dalla Org_ , dalla


 

Org_1   dai suoi organi o soggetti delegati, nelle materie comunque riconducibili allo

 

 svolgi mento dell ’attivit à federale nonch é  n ell e  re lat ive  vertenz e  di  carat tere  tecnico ,  disciplinare ed economico. (…) 4. Fatto salvo il diritto ad agire innanzi ai competenti organi giurisdizionali dello Stato per la nullità dei lodi  arbitrali di cui al comma precedente, il Consiglio Federale, per gravi ragioni di opportunità, può autorizzare il ricorso  alla giurisdizione statale  in  deroga  al   vincolo  di  giustizia.   Ogni comportamento  contrastante  con  gli  obblighi  di  cui  al presente articolo, ovvero comunque volto a eludere il vincolo di giustizia,  comporta  l’irrogazione  delle sanzioni disciplinari stabilite dalle norme federali”.

Orbene, lo Statuto della Federazione opposta contiene, in definitiva, una clausola, in base alla quale, tra l’altro, le controversie di carattere disciplinare sono devolute alla cognizione degli organi di giustizia sportiva, interni alla Federazione.

 


Gli articoli sopra riportati dello Statuto della


CP_5


sembrano istituire a carico degli


 

affiliati alla


CP_5


una clausola compromissoria irrituale, cui forzatamente tutte le


persone che vogliano praticare il calcio debbano essere soggette (anche in ragione di


 

accordo collettivo tra la CP_1


e l’


Organizzazione_3                .


 

 

Tale clausola compromissoria generalizzata, trova, del resto, la sua conferma normativa nel D.L. n. 220 del 2002, convertito con modificazioni nella legge n. 280/03, emanato, volutamente, al fine di razionalizzare i rapporti tra lordinamento sportivo e l’ordinamento giuridico dello Stato, che, dando veste normativa ad un già affermato orientamento giurisprudenziale, riserva all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni concernenti, oltre che l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie finalizzate a garantire il corretto svolgimento delle attività sportive - cioè di quelle che sono comunemente note come "regole tecniche" - anche «i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari».

Orbene, l’esame dell’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario adito rende necessaria una preliminare ricostruzione del quadro normativo relativo ai rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento giurisdizionale dello Stato e della relativa evoluzione giurisprudenziale. Risulta, quindi, riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive.

^^^^^^^

 

 

  1. – Quadro normativo ed evoluzione giurisprudenziale:

 

 

Giova premettere che, nella pronuncia n. 5775 del 2004, le Sezioni Unite della Suprema Corte –richiamando i precedenti giurisprudenziali in materia- hanno compiutamente ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale relativo all’argomento in esame.

In particolare, le Sezioni Unite hanno osservato che la legge 16 febbraio 1942 n. 426,


 

istitutiva  del


CP_4


configurava  le  federazioni  sportive  nazionali  come  organi


 

dell'Ente, che partecipavano della natura pubblica di questo. La successiva legge 23 marzo 1981, n. 91 (contenente norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti),   con   l'art.   14,   ribadì   questo   inquadramento,   riconoscendo   alle


federazioni funzioni di natura pubblicistica, riconducibile all'esercizio in senso lato


 

delle funzioni proprie del


CP_4


e funzioni di natura privatistica per le specifiche


 

attività da esse svolte. Questa funzione, in quanto autonoma, era separata da quella di natura pubblica e faceva capo soltanto alle federazioni, (così, ss. uu. 11 ottobre 2002, n. 14530).

L'art. 6 della legge del 1981, come novellato dall'art. 1 del d.l. 20 settembre 1996, n.

 

485, convertito nella legge 18 novembre 1996 n. 586, riconoscendo alle federazioni sportive il potere di stabilire un premio di addestramento e formazione tecnica in favore delle società sportive presso le quali l'atleta si sia formato, ha confermato la natura privatistica dell'attività svolta dalle medesime federazioni in questo settore.

La legge n. 91 del 1981 è stata sostituita con il decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, contenente disposizioni sul riordino del Coni. In particolare, lart. 15 del decreto legislativo ha recepito l'inquadramento attribuito dalla giurisprudenza alle federazioni sportive nazionali. La norma, infatti, dopo avere disposto che le federazioni sportive

nazionali svolgono l'attività sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del


Org


e del


CP_4 (primo comma) -così consentendo l'esercizio di attività a valenza


 

pubblicistica sulla base di poteri pubblicistici e mediante l'adozione di atti amministrativi- attribuisce loro natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato e dichiara che non perseguono fini di lucro e sono disciplinate, per quanto non espressamente previsto dal decreto, dal codice civile e dalle disposizioni di attuazione del medesimo (secondo comma).

È sopravvenuto il decreto legge 19 agosto 2003 n. 220, contenente disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, convertito nella legge 17 ottobre 2003, n. 280. Il decreto, prendendo implicitamente atto della complessità organizzativa e strutturale dell'ordinamento sportivo, stabilisce che i rapporti tra questo e l'ordinamento dello Stato sono regolati in base al principio di autonomia, "salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo" (art. 1 primo comma). La "giustizia sportiva" si riferisce, così, alle ipotesi in cui si discute dell'applicazione delle regole sportive; quella statale è chiamata, invece, a risolvere le controversie che presentano una rilevanza per l'ordinamento generale, concernendo la violazione di diritti soggettivi o interessi legittimi.


Per individuare i casi in cui si applicano le sole regole tecnico - sportive, con conseguente riserva agli organi della giustizia sportiva della risoluzione delle corrispondenti controversie, è stabilito che all'ordinamento sportivo nazionale è riservata la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie di quell'ordinamento e delle sue articolazioni, al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive (art. 2, primo comma).

In queste materie vige il sistema del c.d. "vincolo sportivo". Le società, le associazioni, gli  affiliati  ed i  tesserati, infatti, hanno l'onere di adire,  secondo le


previsioni degli statuti e regolamenti del


CP_4 e delle federazioni sportive indicate


 

negli articoli 15 e 16 del decreto legislativo n. 242 del 1999, gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo (art. 2, secondo comma). I casi di rilevanza per l'ordinamento dello Stato delle situazioni giuridiche soggettive, connesse con l'ordinamento sportivo, sono attribuiti alla giurisdizione del giudice ordinario ed a quella esclusiva del giudice amministrativo.

Il primo comma dell'art. 3 del decreto legge, in particolare, devolve al giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto i rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti. Alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, invece, è devoluta "ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o dalle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'art. 2".

Il sistema, per quanto riguarda le questioni per le quali è stabilita autonomia dell'ordinamento sportivo, continua ad essere imperniato sull'onere di adire gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo (art. 2, secondo comma) e sulla salvezza incondizionata delle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Coni, delle Federazioni sportive e di quelle inserite nei contratti di cui alla legge


istitutiva del CP_4


art. 3, ultima parte).


 

 

Come osservato dalle Sezioni Unite, nella pronuncia suindicata, dalla lettura delle enunciate disposizioni è possibile ricavare che, secondo il decreto legge n. 202 del 2003, la tutela fa riferimento alle seguenti quattro situazioni.


Nella prima stanno le questioni che hanno per oggetto l'osservanza di norme regolamentari, organizzative e statutarie da parte di associazioni che, per dirla con l'art. 15 del decreto legislativo n. 242 del 1999, hanno personalità giuridica di diritto privato. Le regole che sono emanate in questo ambito sono espressione dell'autonomia normativa interna delle federazioni, non hanno rilevanza nell'ordinamento giuridico generale e le decisioni adottate in base ad esse sono collocate in un'area di non rilevanza (o d'indifferenza) per l'ordinamento statale, senza che possano essere considerate come espressione di potestà pubbliche ed essere considerate alla stregua di decisioni amministrative. La generale irrilevanza per l'ordinamento statale di tali norme e della loro violazione conduce all'assenza di una tutela giurisdizionale statale; ciò non significa assenza totale di tutela, ma garanzia di una giustizia di tipo associativo che funziona secondo gli schemi del diritto privato.

Nella seconda situazione stanno le questioni che nascono da comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, derivanti dalla violazione da parte degli associati di norme anch'esse interne all'ordinamento sportivo. Pure per queste situazioni v'è la stessa condizione di non rilevanza per l'ordinamento statale, prima indicata.

Queste prime due situazioni, in definitiva, restano all'interno del sistema dell'ordinamento sportivo propriamente detto e le possibili controversie che in esso sorgono non possono formare mai oggetto della giurisdizione statale.

La terza situazione comprende l'attività che le federazioni sportive nazionali debbono


 

svolgere in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del Coni e del

Org , come


 

dispone la prima parte del già citato art. 15. Nel testo del decreto legge n. 220 del 2003 anteriore alla legge di conversione, in essa figuravano l'ammissione e l'affiliazione alle federazioni di società di associazioni sportive e di singoli tesserati e l'organizzazione e lo svolgimento delle attività agonistiche non programmate ed a programma limitato e l'ammissione alle stesse delle squadre e degli atleti. Indipendentemente dalla soppressione delle due categorie, l'indicazione vale ancora come esemplificazione delle corrispondenti controversie, l'oggetto delle quali è costituito dall'attività provvedimentale delle federazioni, la quale, esaurito l'obbligo del rispetto di eventuali clausole compromissorie, è sottoposta alla giurisdizione amministrativa esclusiva.


Infine, stanno le questioni concernenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti. Esaurito, anche in questo caso, l'obbligo del rispetto di eventuali clausole compromissorie, le relative controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario.

^^^^^^

 

 

2.1 - La natura ancipite di tale riserva – da una parte negoziale, dall’altra normativa – rende di difficile individuazione uno spazio di rilevanza del sindacato del giudice ordinario.

Invero, si pongono due questioni: da una parte la questione sollevata da parte della giurisprudenza, soprattutto amministrativa e delibata anche dalla Corte Costituzionale in ordine alla effettiva assenza di qualsiasi margine di rivedibilità delle decisioni rese nell’ambito della giustizia sportiva, dall’altro la questione della sindacabilità di una clausola compromissoria irrituale sostanzialmente obbligatoria.

In ordine al primo profilo, la Suprema Corte ha, in passato, ritenuto che non vi fosse alcuna lesione dell’art. 24 della Costituzione, dato che è proprio la situazione che si pretende lesa che non assumerebbe la consistenza del diritto soggettivo o dell'interesse legittimo; affermava che tali questioni «non hanno rilevanza nell'ordinamento giuridico generale e le decisioni adottate in base [alle regole promananti dall'associazionismo sportivo] sono collocate in un'area di non rilevanza per l'ordinamento statale, senza che possano essere considerate come espressione di potestà pubbliche ed essere considerate alla stregua di decisioni amministrative. La generale irrilevanza per l'ordinamento statuale di tali norme e della loro violazione conduce all'assenza della tutela giurisdizionale statale». (Cass. 5775/2004). Successivamente, sembra essersi consentito uno spazio di valutazione in merito a quello che poteva essere una questione rilevante per il giudice statale (Cfr. ordinanza

n. 18052 dell'agosto 2010 le Sezioni Unite ritengono inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione concernente la possibilità di sottoporre al giudice statale una controversia relativa al ridimensionamento degli iscritti nei ruoli dei direttori di gara altrimenti   riservata   all'autonomia   dell'ordinamento   sportivo,   in   quanto

«costituisce [...] accertamento rimesso al giudice del merito la configurabilità o meno


di una situazione giuridicamente rilevante per l'ordinamento statale e, come tale, tutelabile»).

Successivamente la stessa Corte Costituzionale ha affrontato la questione di legittimità costituzionale della riserva alla esclusiva giurisdizione sportiva delle questioni di cui alle lettere a) e b) dell'art. 2 del decreto-legge n. 220 del 2003, in ordine al residuo ambito di sindacato del giudice statuale.

Orbene, i dubbi di costituzionalità non attengono alla previsione della c.d. pregiudiziale sportiva, che si ritiene corretta e logica conseguenza della riconosciuta autonomia dell'ordinamento sportivo, ma alla generale preclusione ad adire il giudice statale una volta esauriti i gradi della giustizia sportiva.

Tale dubbio è stato rigettato dalla Corte Costituzionale che ha previsto una tutela risarcitoria, non potendosi prevedere una tutela di caducazione. Proprio con riferimento all'art. 1 del d.l. n. 220 del 2003 tali norme debbano essere interpretate, in un'ottica costituzionalmente orientata, nel senso che laddove il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal C.O.N.I. abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l'ordinamento giuridico statale, la domanda volta ad ottenere non la caducazione dell'atto, ma il conseguente risarcimento del danno, debba essere proposta innanzi al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non operando alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere». Si precisa, altresì, che «Il Giudice amministrativo può, quindi, conoscere, nonostante la riserva a favore della "giustizia sportiva", delle sanzioni disciplinari inflitte a società, associazioni ed atleti, in via incidentale e indiretta, al fine di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione» (Cons Stato sez. VI, sent. n. 5782 del 25 novembre 2008; Corte Costituzionale, 11/02/2011,), n.49).

Tale esito è stato ribadito nella più recente sentenza della Corte Costituzionale 160/2019 che ha confermato l’interpretazione adeguatrice di cui alla sentenza n. 49 del 2011, fugando il dubbio, giustificato dal dato letterale della norma, che il cd. vincolo sportivo precludesse ogni forma di protezione individuale. La Corte Costituzionale ha rigettato l’accusa che la ricostruzione fornita dalla sentenza del 2011  si  fosse  arrogata  una  prerogativa  riservata  al  legislatore  in  ordine  ad  un


bilanciamento di interessi che esclude la tutela caducatoria e prevede la sola tutela risarcitoria. Con canche confortata dalla constatazione che il legislatore, nel recente intervento normativo, in occasione della recente modifica introdotta all'art. 3, comma 1, del d.l. n. 220 del 2003 dall'art. 1, comma 647, della legge 30 dicembre 2018, n.

145 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), pur consapevole della pronuncia della Corte del 2011 e della conforme giurisprudenza amministrativa, non ha mutato la sua scelta, limitandosi il legislatore a riservare alla giustizia statale la cognizione delle controversie «aventi ad oggetto i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche».

Con tale più recente pronuncia, la Corte riconosce la garanzia accordata dalla Costituzione, nel quadro della struttura pluralista della Costituzione, all’associazionismo, secondo il principio dell'autonomia dell’ordinamento sportivo e però del necessario rispetto dei principi e dei diritti costituzionali.

La regolamentazione statale del sistema sportivo deve dunque mantenersi nei limiti di quanto risulta necessario al bilanciamento dell'autonomia del suo ordinamento con il rispetto delle altre garanzie costituzionali che possono venire in rilievo, fra le quali vi sono - per quanto qui interessa trattando della giustizia nell'ordinamento sportivo - il diritto di difesa e il principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale presidiati dagli artt. 24,103 e 113 Cost.

Questa scelta interpretativa, costituzionalmente orientata, si fonda su una valutazione di non irragionevolezza del bilanciamento effettuato dal legislatore, che ha escluso «la possibilità dell'intervento giurisdizionale maggiormente incidente sull'autonomia dell'ordinamento sportivo» (punto 4.5. del Considerato in diritto) e  limitato l'intervento stesso alla sola tutela per equivalente di situazioni soggettive coinvolte in questioni nelle quali l'autonomia e la stabilità dei rapporti costituisce di regola dimensione prioritaria rispetto alla tutela reale in forma specifica, per il rilievo che i profili tecnici e disciplinari hanno nell'ambito del mondo sportivo. Ambito nel quale, invero, le regole proprie delle varie discipline e delle relative competizioni si sono formate autonomamente secondo gli sviluppi propri dei diversi settori e si connotano normalmente per un forte grado di specifica tecnicità che va per quanto possibile


preservato. Nello stesso solco si pone anche la recente sentenza a S.U. n. 4851/2021 per la quale il principio di autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale, riconosciuto  quale  "articolazione  dell'ordinamento  sportivo  internazionale  facente


capo al


Organizzazione_5


" è stato declinato dal D.L. n. 220 del 2003,


 

art. 1 anche per i "rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica", con salvezza dei "casi di rilevanza" per il secondo "di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo" (art. 1), così che l'art. 2 ha fissato il perimetro della riserva, attribuendo "all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive" (comma 1); l'accesso regolatorio dei conflitti risulta conseguentemente canalizzato ove si impone alle società, associazioni, affiliati e tesserati  "l'onere di  adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del


Organizzazione_6


e delle Federazioni sportive di cui il D.Lgs. 23


 

luglio 1999, n. 242, artt. 15 e 16 gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo" (comma 2). Tale ultima pronuncia ha ribadito la giurisdizione amministrativa sulla tutela risarcitoria da illecito ove la questione disciplinare sia stata decisa in violazione di diritti soggettivi o interessi legittimi, pertanto realizzandosi secondo un indirizzo consolidato - il programmatico bilanciamento fra ordinamenti, immune da dubbi di compatibilità con gli artt. 103 e 113 Cost. (oltre che art. 24 Cost., come già per Corte Cost. n. 49 del 2011).

Così ricostruito il quadro dei rapporti tra l’autodichia dell’ordinamento sportivo e la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in funzione risarcitoria anche a prescindere dalla qualificazione dei provvedimenti disciplinari come atti amministrativi (e quindi senza prendere posizioni sulla natura delle posizioni soggettive tutelate), rimane l’incertezza sull’ambito di effettività di un sindacato relativo alla clausola compromissoria irrituale censurata da parte opponente.

Si dubita, in buona sostanza, che in presenza del richiamato impianto normativo che riserva le sanzioni disciplinari al ‘giudice sportivo’, vi sia spazio per la censura di invalida stipulazione di clausola di arbitrato irrituale.


Peraltro, in una non recente pronuncia della Suprema Corte (n.18919 del 28.9.2005), si è sostenuto che la normativa di cui al D.L. 220/2003 non ha modificato la natura della clausola di fatto sottoscritta dagli affiliati, che va pur sempre ricondotta alla

 figura dell ’arbitr ato irrit uale , sostanzialmente consistente in un mandato  conferito congiuntamente dalle parti compromittenti agli arbitri affinchè questi – in virtù di un potere negoziale - definiscano la controversia (cfr. Cass., Sent. n. 11270 del 5 luglio 2012).

Tale orientamento, peraltro, risulta confermato da altre pronunce delle Sezioni Unite che, in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, hanno dichiarato inammissibile il ricorso, ritenendo che la questione relativa alle materie rientranti nella competenza degli organi della giustizia sportiva non è questione di giurisdizione, in quanto tali organi non svolgono una funzione giurisdizionale ma intervengono in virtù di una clausola compromissoria e svolgono un’attività negoziale sostitutiva di quella degli stipulanti (cfr. SU Cass. ordinanza n. 6423/08).

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  1. – Sul difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore degli organi di giustizia sportiva:

Ciò premesso, nel caso in esame, la controversia trae origine da comportamenti posti in essere dall’odierno opponente, rilevanti sul piano disciplinare sportivo.

Ne consegue che –in virtù dell’art. 2, comma 1 del DL 220/03 convertito nella Legge 280/03- per l’irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive vige il sistema del c.d. "vincolo sportivo", ciò in virtù della cd. clausola del vincolo di giustizia, prevista dall’art. 30 dello Statuto della CP_1 .

 

Tale clausola, secondo il consolidato orientamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte, ha natura di clausola compromissoria di arbitrato irrituale, in base alla quale il potere di irrogare ed applicare le sanzioni disciplinari è attribuito –in forza di un atto negoziale di natura privatistica- dalle stesse parti a degli arbitri irrituali, che nel caso di specie sono costituiti dagli organi della giustizia sportiva.


Ne consegue, come su esposto, che la questione in esame non integra una vera e propria questione di giurisdizione e, pertanto, non è corretto parlare di difetto di giurisdizione del giudice adito, ovvero di difetto “assoluto” di giurisdizione, non controvertendosi in ordine al riparto della cognizione tra organi entrambi aventi un potere giurisdizionale statale.

Così riqualificata la questione (non di giurisdizione ma afferente al merito), devesi altresì osservare che –in base a quanto previsto dalla clausola del vincolo di giustizia e dal citato art. 2, comma 1 del DL 220/03 convertito nella Legge 280/03- rientrano nella competenza degli organi di giustizia sportiva solo le questioni attinenti alla irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive, e cioè le questioni attinenti alla fase relativa all’accertamento della sussistenza dell’illecito disciplinare ed alla comminatoria della relativa sanzione, sempre disciplinata dall’ordinamento sportivo.

Nel caso concreto, invece, la questione non attiene prettamente alla irrogazione ed alla applicazione della sanzione disciplinare, bensì alla fase della sua esecuzione. Infatti, è pacifico che la fase dinanzi agli organi della giustizia sportiva si sia già esaurita, atteso che le sanzioni disciplinari oggetto del presente giudizio (consistenti in sanzioni pecuniarie) sono state già irrogate e sono stati esperiti i vari mezzi di impugnazione di natura negoziale, previsti dallo Statuto, essendo divenute definitive.

Ciò che residua è un credito di natura pecuniaria della Federazione, relativo alla sanzione pecuniaria che è stata irrogata in via definitiva dagli organi di giustizia sportiva. Infatti, gli organi della giustizia sportiva possono irrogare sia sanzioni che esplicano i loro effetti esclusivamente nell’ambito dell’ordinamento sportivo (ad esempio, nel caso in esame è stata irrogata la sanzione della inibizione), sia sanzioni che esulano dall’ordinamento sportivo ed incidono su posizioni giuridiche soggettive generalmente tutelate dall’ordinamento statale (ad esempio, nel caso in esame è stata altresì irrogata la sanzione pecuniaria dell’ammenda).

Orbene, mentre nel primo caso lesecuzione della sanzione potrà ben trovare esplicazione e coattiva esecuzione (in caso di mancata spontanea osservanza) all’interno del medesimo ordinamento sportivo, nell’ambito del quale produce ed


esaurisce tutti i suoi effetti, altrettanto non può sostenersi per le sanzioni del secondo tipo.

Infatti, l’ordinamento sportivo non possiede gli strumenti per ottenere lesecuzione coattiva di un credito di natura pecuniaria: strumenti del resto che sono riservati all’autorità giurisdizionale ordinaria. Non a caso, il citato art. 2 , comma 1 del DL 220/03 convertito nella Legge 280/03 limita la cognizione degli organi della giustizia sportiva alle sole questioni relative la irrogazione ed applicazione della sanzione, non estendendola invece alla esecuzione della stessa.

Tale impostazione non appare contraddetta dalla sentenza della Corte Costituzionale

 

n. 49 del 2011, con la quale la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1 del DL 220/03 convertito nella Legge 280/03. Come si è detto, il dubbio della legittimità costituzionale della norma in questione nella parte in cui riservava al solo giudice sportivo la competenza a decidere le controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, anche quando i relativi effetti superino l’ambito dell’ordinamento sportivo, incidendo su interessi legittimi e diritti soggettivi, tutelati dall’ordinamento statale è stato superato riconoscendo una tutela risarcitoria innanzi al giudice amministrativo.

Ne consegue che alcun sindacato ha il giudice ordinario in punto di invalidità della sanzione.

Pertanto, una volta irrogata una sanzione pecuniaria sulla base di una valida clausola compromissoria è ben possibile per la FIGC ricorrere al giudice ordinario per l’emissione di un titolo esecutivo, fondato su tale accertamento.

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  1. – Secondo motivo di opposizione:

 

 

Anche il secondo motivo di doglianza non può trovare accoglimento.

 

 


In particolare, l’opponente lamenta il difetto di legittimazione ad agire della CP_1


per


 

inesistenza e/o nullità della procura, con conseguente invalidità del decreto ingiuntivo opposto.


Giova  innanzitutto  rammentare  che  la


CP_1


è  un’associazione  riconosciuta  con


 

personalità giuridica di diritto privato federata al


CP_4


(cfr. lart. 1 del relativo


 

Statuto) ed ai sensi dellart. 75 del c.p.c., le persone giuridiche stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta a norma della legge o dello Statuto.

 


Dalla lettura dell’art. 24 dello Statuto della


CP_1


risulta evidente che in capo al


 

Presidente  della


CP_1 ,  ovvero  al  Dott.


Controparte_3


risiedano  i  poteri  di


 

rappresentanza legale della Federazione; ed infatti, il citato articolo, al comma 1,


 

recita espressamente: “il Presidente federale rappresenta la ne ha la rappresentanza legale”.


CP_1


nella sua unità e


 


Alla  luce  di  ciò,  è  incontrovertibile  che  il  Presidente  della


CP_1


sia  l’organo


 

esecutivo dotato di potere di rappresentanza e soggetto investito non solo del compito di manifestare allesterno la volontà dell’associazione entrando in relazione con i terzi ma anche della capacità processuale, intesa quale capacità di stare in giudizio da sé, ponendo in essere atti processuali in nome proprio o per conto dell’associazione, ovvero nella capacità di agire di diritto privato applicata al processo.

Orbene, appare indubbio che la procura alle liti sia stata rilasciata in favore dei difensori ai sensi e per gli effetti dell’art. 83 c.p.c. ,dal Presidente della FIGC che ha rappresentanza processuale dell’ente.

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5.- Terzo motivo di opposizione

 

 

Anche il terzo motivo di opposizione non può trovare accoglimento.

 

 

Lopponente lamenta la prescrizione del presunto credito per estinzione della sanzione


 

in virtù dell’ art. 40 c. 3 del Codice di Giustizia Sportiva della


CP_1


 


Come anticipato, il diritto azionato dalla


CP_2


è un diritto di credito di natura


 

pecuniaria il cui termine di prescrizione è fissato in dieci anni a norma dell’art. 2946

 

c.c. Trattasi, infatti, di diritto derivante da obbligazione e relativo alla sanzione pecuniaria che è stata irrogata in via definitiva – con sentenza passata in giudicato in data 29.08.2015- dagli organi di giustizia sportiva


Posto ciò, dalla documentazione allegata in atti, risulta inconfutabilmente che la CP_1 abbia non solo provveduto a sollecitare il pagamento di quanto dovuto (con le note di debito n. 2015923 del 29.09.2015 e n. 20151016 del 21.10.2015) ma abbia inviato, in


data 17.01.2022, una formale lettera di diffida e messa in mora al signor


Pt_1


 

avente efficacia interruttiva della prescrizione (cfr doc 7 allegato alla comparsa di costituzione).

Pertanto, l’eccezione di prescrizione del credito è infondata ed è ben possibile per la


 

CP_1


ricorrere al giudice ordinario per lemissione di un titolo esecutivo.


 

 

^^^^^

 

 

6.- Quarto e quinto motivo di opposizione

Sono altresì destituiti di fondamento anche il quarto e quinto motivo di opposizione . Parte   opponente,   ne merito,   deduc l violazione   de principio   di   non

 

contraddizione” dell’ordinamento giuridico, stante l’esisto del procedimento penale

 

R.G.N.R. n. 1110/09 dinanzi al Tribunale di Catanzaro, che ha visto proprio il Maglia prosciolto nonché si duole della violazione dei principi di terzietà e indipendenza dei giudici sportivi.

Orbene, non si può non evidenziare come il proscioglimento in sede penale del signor


 

Parte_1


risulta  irrilevante  ai  fini  della  decisione  vista  l’autonomia  e


 

l’indipendenza che vige tra il processo civile e penale oltre che tra quest’ultimo e quello sportivo. Principio confermato peraltro da quanto disposto dall’art. 38 comma 5 lett. a) del codice di giustizia sportiva ove si stabilisce espressamente che “l’azione disciplinare è promossa e proseguita indipendentemente dall’azione penale relativa al medesimo fatto”.

Come già esposto, dunque, la cognizione del giudice ordinario nell’ambito della controversia in esame è limitata alla fase della esecuzione della sanzione disciplinare, non potendosi per contro sindacare il contenuto del potere disciplinare, esercitato dagli organi della giustizia sportiva. E’ rimesso al giudice ordinario, pertanto, il solo


accertamento della sussistenza del credito vantato dalla fatti modificativi od estintivi della pretesa creditoria.


CP_1


e della insussistenza di


Nel caso in esame, è pacifico che le sanzioni pecuniarie in questione siano state irrogate in via definita, essendo esauriti i mezzi di impugnazione previsti dall’ordinamento sportivo, e che non siano intervenuti fatti modificativi o estintivi. Del resto, nessuna contestazione risulta sollevata dall’opponente con riferimento alla misura della sanzione irrogata.

Di conseguenza, alla luce di tutte le suesposte considerazioni, l’opposizione proposta


 

da             Parte_1


va  integralmente  rigettata,  con  conseguente  conferma  del


 

decreto ingiuntivo opposto.

 

 

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in applicazione dei parametri di cui al D.M. 147/2022 ( valore della causa: da € 52.001 a € 260.000, valori medi, esclusa la fase istruttoria non esperita).

P.Q.M.

 

 

Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando in ordine alla domanda in epigrafe, così provvede:

 


  1. RIGETTA   l’opposizione   proposta   da

Parte_1


e pe l’effetto,


 

CONFERMA il decreto ingiuntivo opposto n 15989/2022 depositato dal Tribunale di Roma in data 09.09.2022 (R.G. n. 49958/2022);

 


2)   CONDANNA


Parte_1


alla rifusione, in favore della CP_1 , delle spese


 

di lite che liquida in € 5.077,00, oltre rimborso forfetario ed accessori come per legge. Così deciso in Roma, il 21.05.2024

Il Giudice Dr.ssa Cristina Pigozzo

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