TRIBUNALE DI ROMA – SENTENZA N. 11535/2023 DEL 20/07/2023
TRIBUNALE ORDINARIO di ROMA SEDICESIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale di Roma – Sedicesima Sezione Civile (ex Terza Sezione Civile), in persona del dott. Paolo Goggi, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado, iscritta al n. 58449 Ruolo Generale dell’anno 2018, presa in carico da questo giudice solo in data 16.02.2021 e trattenuta in decisione all’udienza cartolare del 31.01.2023, vertente
T R A
Parte_1
, già rappresentato e difeso dall’Avv. Omissis
(che ha rinunciato al mandato in data 29.09.2020), ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Quadrelle (AV) alla Via Gramsci n. 33, in forza di procura posta in calce all’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo
E
Controparte_1
opponente
in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura alle liti in calce alla comparsa di costituzione e risposta, dall’Avv. Omissis, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, sito in Roma, Viale G. Montanelli n. 11
OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo
CONCLUSIONI
opposta
Nelle note di trattazione scritta per l’udienza di precisazione delle conclusioni del 31.01.2023, il procuratore di parte opposta precisava le conclusioni riportandosi ai propri scritti difensivi e chiedendo ‘accoglimento delle già rassegnate conclusioni”
PREMESSO IN FATTO CHE:
Con atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo n. 13094/2018, ritualmente
notificato,
Parte_1
, conveniva in giudizio la
Controparte_1 ,
opponendosi al decreto ingiuntivo con il quale l’intestato tribunale gli aveva ingiunto di
pagare in favore della
CP_1
“entro quaranta giorni dalla notifica del presente decreto:
1. la somma di € 50.000,00; 2. gli interessi come da domanda; 3. le spese di questa procedura di ingiunzione, liquidate in € 1.305,00 per compensi, in € 286,00 per esborsi,
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- v.a. e c.p.a. ed oltre alle successive occorrende;” in ragione del mancato pagamento della sanzione pecuniaria di € 50.000,00 di ammenda comminata dalla Corte Federale d’Appello in riforma parziale della sentenza del Tribunale Federale Nazionale.
-
Al riguardo l’opponente, contestando la legittimità del decreto ingiuntivo opposto, deduceva:
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-
-
- in via pregiudiziale, il difetto di giurisdizione del tribunale ordinario in favore del
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-
giudice amministrativo poiché le sanzioni di cui la
CP_1
chiedeva il pagamento con
il ricorso monitorio rappresentavano atti di natura amministrativa;
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- in via preliminare, l’illegittimità del decreto ingiuntivo concesso in pendenza del procedimento presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Rimini e del Tribunale di Forlì, che poteva portare alla revisione del processo sportivo e revoca della sanzione
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irrogata dalla Corte Federale d’Appello c/o la
CP_1 ;
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- l’inesistenza, ai sensi dell’art. 633 co. 1, n. 1, c.p.c. di valida prova scritta del diritto fatto valere.
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-
Parte opponente, pertanto precisava le conclusioni come da atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo “Voglia l’Ill.mo Giudice adito, contrariis reiectis, A) in via pregiudiziale, accertare e dichiarare il difetto di giurisdizione del Tribunale Ordinario; B) nel merito, revocare il Decreto Ingiuntivo n. 13094/2018, emesso dal Tribunale Ordinario di Roma, in quanto illegittimo in fatto e in diritto; C) respingere, in
ogni ipotesi, le domande tutte avanzate dalla
CP_1
nonché l’eventuale istanza di
provvisoria esecuzione del decreto opposto ex art. 648 cpc, per i motivi di cui in narrativa;
- con vittoria di spese e competenze, con attribuzione”.
Instaurato il contraddittorio si costituiva in giudizio la
Controparte_1
[...]
, la quale contestava ed impugnava tutto quanto ex adverso dedotto e prodotto
dall’opponente, perché ritenuto infondato in fatto e in diritto, deducendo:
-
- l’infondatezza dell’eccezione di carenza di giurisdizione del giudice ordinario
poiché tutte le altre attività delle
Organizzazione_1
(non più organi del Org_2
ma associazioni con personalità giuridica di diritto privato), tra cui quella di cui si discute, non rientravano nel novero di quelle aventi carattere pubblicistico, con la conseguente esclusione per le stesse della giurisdizione del giudice amministrativo;
-
- l’infondatezza dell’eccezione di carenza di prova scritta, poiché le decisioni degli Organi di Giustizia Sportiva rappresentavano prova scritta del credito e le sanzioni pecuniarie inflitte da tali Organi all’odierno opponente avevano come fondamento
l’adesione da parte del
Pt_1
a tutte le norme della CP_1
e l’accettazione delle relative
sanzioni le quali, non potendo costituire titolo esecutivo in quanto non provenienti dall’Autorità Giudiziaria Ordinaria, bensì da una giustizia di tipo associativo, rappresentavano un diritto di credito che poteva essere messo in esecuzione solamente tramite l’Autorità Giudiziaria Ordinaria.
Parte opposta, pertanto, formulando preliminarmente richiesta di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, precisava le conclusioni come da comparsa di costituzione e risposta “Voglia il Tribunale adito, contrariis reiectis, previa concessione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto: - in via preliminare concedere la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto; -in via principale: rigettare l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 13094/2018 (r.g. 33714/2018) e, per l’effetto, confermare il decreto ingiuntivo opposto e/o comunque condannare il sig.
Parte_1
al pagamento in favore della
CP_1
dell’importo di Euro 50.000,00
oltre interessi dal dovuto sino al saldo o della maggiore o minore somma che sarà ritenuta di giustizia; Con vittoria di spese e competenze del presente giudizio.”
Concessa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, in data 08.10.2020 il procuratore di parte opponente comunicava di aver rinunciato al mandato a suo tempo conferito per il presente giudizio con lettera inviata il 29.09.2020 e ricevuta il 03.10.2020.
La causa, istruita attraverso l’acquisizione della documentazione prodotta dalle parti, era quindi trattenuta in decisione all’udienza cartolare di precisazione delle conclusioni indicata in epigrafe, con assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c. Per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
OSSERVA IN DIRITTO
L’opposizione proposta da accoglimento.
Parte_1
è infondata e non può trovare
Nella presente sede, la CP_1
ha chiesto l’emissione del decreto ingiuntivo opposto, al
fine di ottenere il pagamento di una sanzione pecuniaria, irrogata al calciatore
Parte_1
[...]
per aver posto in essere illeciti disciplinari.
La CP_1
ha precisato che, non essendo stati esperiti i rimedi previsti dall’ordinamento
di giustizia sportiva, le sanzioni sono divenute definitive.
L’opponente è calciatore ed ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo. Nel merito, ha contestato esclusivamente l’inesistenza di prova scritta del diritto fatto valere.
Con il primo motivo di opposizione, la parte opponente ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario adito.
Orbene, giova premettere che la
CP_1
è un’associazione riconosciuta con personalità
giuridica di diritto privato federata al
Org_2
cfr. l’art. 1 del relativo Statuto).
Lo Statuto della FIGC trova applicazione anche nel caso in esame, atteso che –ai sensi dell’art. 36 delle Norme Organizzative Interne della Federazione - i calciatori sono tenuti
all’osservanza delle norme statutarie della
CP_1 .
In particolare, l’art. 30 dello Statuto della FIGC stabilisce che tutti i soggetti indicati hanno l’obbligo di osservare lo Statuto. Poi prevede, al secondo comma, che i predetti
soggetti accettano la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla
FIGC, dalla
Org_
, dalla
Org_4 , dai suoi organi o soggetti delegati, nelle materie
comunque riconducibili allo svolgimento dell’attività federale nonché nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico. Le controversie tra i soggetti di
cui al comma 1 o tra gli stessi e la
CP_1 , per le quali non siano previsti o siano esauriti i
gradi interni di giustizia federale secondo quanto previsto dallo statuto del
Org_2
sono
devolute su istanza della parte interessata, unicamente alla cognizione dell’Alta Corte di
Giustizia Sportiva o del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport presso il
Org_2
Lo statuto della Federazione opposta contiene, dunque, una clausola, in base alla quale, tra l’altro, le controversie di carattere disciplinare sono devolute alla cognizione degli organi giustizia sportiva, interni alla Federazione.
Al fine di razionalizzare i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento giuridico dello Stato, nel 2003 è stato emanato il DL. n. 220, convertito con modificazioni
nella legge n. 280/03. In particolare, l’art. 2 detta disposizioni in ordine all’autonomia dell’ordinamento sportivo, stabilendo che è riservata all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive.
Orbene, l’esame dell’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario adito rende necessaria una preliminare ricostruzione del quadro normativo relativo ai rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento giurisdizionale dello Stato e della relativa evoluzione giurisprudenziale.
Giova premettere che, nella pronuncia n. 5775 del 2004, le Sezioni Unite della Suprema Corte –richiamando i precedenti giurisprudenziali in materia- hanno compiutamente ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale relativo all’argomento in esame.
In particolare, le Sezioni Unite hanno osservato che la legge 16 febbraio 1942 n. 426,
istitutiva del
Org_2 configurava le federazioni sportive nazionali come organi dell'Ente,
che partecipavano della natura pubblica di questo. La successiva legge 23 marzo 1981, n. 91 (contenente norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti), con l'art. 14, ribadì questo inquadramento, riconoscendo alle federazioni funzioni di natura
pubblicistica, riconducibile all'esercizio in senso lato delle funzioni proprie del
Org_2 e
funzioni di natura privatistica per le specifiche attività da esse svolte. Questa funzione, in quanto autonoma, era separata da quella di natura pubblica e faceva capo soltanto alle federazioni, (così, ss. uu. 11 ottobre 2002, n. 14530).
L'art. 6 della legge del 1981, come novellato dall'art. 1 del d.l. 20 settembre 1996, n.
485, convertito nella legge 18 novembre 1996 n. 586, riconoscendo alle federazioni sportive il potere di stabilire un premio di addestramento e formazione tecnica in favore delle società sportive presso le quali l'atleta si sia formato, ha confermato la natura privatistica dell'attività svolta dalle medesime federazioni in questo settore.
La legge n. 91 del 1981 è stata sostituita con il decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, contenente disposizioni sul riordino del Coni. In particolare, l’art. 15 del decreto legislativo ha recepito l'inquadramento attribuito dalla giurisprudenza alle federazioni sportive nazionali. La norma, infatti, dopo avere disposto che le federazioni sportive
nazionali svolgono l'attività sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del Org
e del Org_2 primo comma) -così consentendo l'esercizio di attività a valenza pubblicistica
sulla base di poteri pubblicistici e mediante l'adozione di atti amministrativi- attribuisce loro natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato e dichiara che non perseguono fini di lucro e sono disciplinate, per quanto non espressamente previsto dal decreto, dal codice civile e dalle disposizioni di attuazione del medesimo (secondo comma).
È sopravvenuto il decreto legge 19 agosto 2003 n. 220, contenente disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, convertito nella legge 17 ottobre 2003, n. 280. Il decreto, prendendo implicitamente atto della complessità organizzativa e strutturale dell'ordinamento sportivo, stabilisce che i rapporti tra questo e l'ordinamento dello Stato sono regolati in base al principio di autonomia, "salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo" (art. 1 primo comma). La "giustizia sportiva" si riferisce, così, alle ipotesi in cui si discute dell'applicazione delle regole sportive; quella statale è chiamata, invece, a risolvere le controversie che presentano una rilevanza per l'ordinamento generale, concernendo la violazione di diritti soggettivi o interessi legittimi.
Per individuare i casi in cui si applicano le sole regole tecnico - sportive, con conseguente riserva agli organi della giustizia sportiva della risoluzione delle corrispondenti controversie, è stabilito che all'ordinamento sportivo nazionale è riservata la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie di quell'ordinamento e delle sue articolazioni, al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive (art. 2, primo comma). In queste materie vige il sistema del c.d. "vincolo sportivo". Le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati, infatti, hanno l'onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Org_2 e delle federazioni sportive indicate negli articoli 15 e 16 del decreto legislativo n. 242 del 1999, gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo" (art. 2, secondo comma). I casi di rilevanza per l'ordinamento dello Stato delle situazioni giuridiche soggettive, connesse con l'ordinamento sportivo, sono attribuiti alla giurisdizione del giudice ordinario ed a quella esclusiva del giudice amministrativo.
Il primo comma dell'art. 3 del decreto legge, in particolare, devolve al giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto i rapporti patrimoniali tra società, associazioni
ed atleti. Alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, invece, è devoluta "ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o dalle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'art. 2".
Il sistema, per quanto riguarda le questioni per le quali è stabilita autonomia dell'ordinamento sportivo, continua ad essere imperniato sull'onere di adire gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo (art. 2, secondo comma) e sulla salvezza incondizionata delle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Coni, delle Federazioni sportive e di quelle inserite nei contratti di cui alla legge istitutiva del Org_2 art. 3, ultima parte).
Come osservato dalle Sezioni Unite, nella pronuncia suindicata, dalla lettura delle enunciate disposizioni è possibile ricavare che, secondo il decreto legge n. 202 del 2003, la tutela fa riferimento alle seguenti quattro situazioni.
Nella prima stanno le questioni che hanno per oggetto l'osservanza di norme regolamentari, organizzative e statutarie da parte di associazioni che, per dirla con l'art. 15 del decreto legislativo n. 242 del 1999, hanno personalità giuridica di diritto privato. Le regole che sono emanate in questo ambito sono espressione dell'autonomia normativa interna delle federazioni, non hanno rilevanza nell'ordinamento giuridico generale e le decisioni adottate in base ad esse sono collocate in un'area di non rilevanza (o d'indifferenza) per l'ordinamento statale, senza che possano essere considerate come espressione di potestà pubbliche ed essere considerate alla stregua di decisioni amministrative. La generale irrilevanza per l'ordinamento statale di tali norme e della loro violazione conduce all'assenza di una tutela giurisdizionale statale; ciò non significa assenza totale di tutela, ma garanzia di una giustizia di tipo associativo che funziona secondo gli schemi del diritto privato.
Nella seconda situazione stanno le questioni che nascono da comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, derivanti dalla violazione da parte degli associati di norme anch'esse interne all'ordinamento sportivo. Pure per queste situazioni v'è la stessa condizione di non rilevanza per l'ordinamento statale, prima indicata.
Queste prime due situazioni, in definitiva, restano all'interno del sistema dell'ordinamento sportivo propriamente detto e le possibili controversie che in esso sorgono non possono formare mai oggetto della giurisdizione statale.
La terza situazione comprende l'attività che le federazioni sportive nazionali debbono svolgere in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del Org_2 e del Org , come dispone
la prima parte del già citato art. 15. Nel testo del decreto legge n. 220 del 2003 anteriore alla legge di conversione, in essa figuravano l'ammissione e l'affiliazione alle federazioni di società di associazioni sportive e di singoli tesserati e l'organizzazione e lo svolgimento delle attività agonistiche non programmate ed a programma limitato e l'ammissione alle stesse delle squadre e degli atleti. Indipendentemente dalla soppressione delle due categorie, l'indicazione vale ancora come esemplificazione delle corrispondenti controversie, l'oggetto delle quali è costituito dall'attività provvedimentale delle federazioni, la quale, esaurito l'obbligo del rispetto di eventuali clausole compromissorie, è sottoposta alla giurisdizione amministrativa esclusiva.
Infine, stanno le questioni concernenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti. Esaurito, anche in questo caso, l'obbligo del rispetto di eventuali clausole compromissorie, le relative controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario.
Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, le Sezioni Unite hanno ritenuto che il problema relativo ai rapporti tra l’ordinamento sportivo e quello statale non ponga una questione di giurisdizione, costituendo invece questione di merito, che deve essere giudicata dal giudice del merito, al pari di quella dell'esistenza in concreto di essa (cfr. SU. 15 giugno 1987, n. 5256). Il principio è stato sviluppato con riferimento alle federazioni sportive ed è stato dichiarato che la censura diretta ad escludere ogni forma di tutela
giurisdizionale nei confronti di provvedimenti della (cfr. SU. 29 settembre 1997, n. 9550).
CP_1 , costituisce questione di merito
Ad analoga conclusione è giunta la Suprema Corte nella successiva pronuncia n. 18919 del 28.9.2005, nella quale ha affermato che il vincolo di giustizia sportiva previsto
dallo Statuto della
CP_1
integra una clausola compromissoria per arbitrato irrituale,
fondata sul consenso delle parti che accettano la soggezione agli organi interni di giustizia.
In particolare, poi, la suindicata pronuncia stabilisce altro importante principio, ritenendo che il cd. vincolo di giustizia sportiva (già contenuto negli statuti delle federazioni sportive prima dell’entrata in vigore del DL 220/03 convertito nella Legge 280/03), dal 2003 in poi trovi la sua legittimazione anche in una fonte legislativa. Tuttavia, tale legittimazione legislativa non ne ha modificato la natura, che va pur sempre ricondotta
alla figura dell’arbitrato irrituale, sostanzialmente consistente in un mandato conferito congiuntamente dalle parti compromittenti agli arbitri affinchè questi –in virtù di un potere negoziale- definiscano la controversia (cfr. Cass. sent. n. 11270 del 5.7.2012).
Tale orientamento, peraltro, risulta confermato da altre pronunce delle Sezioni Unite che, in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, hanno dichiarato inammissibile il ricorso, ritenendo che la questione relativa alle materie rientranti nella competenza degli organi della giustizia sportiva non è questione di giurisdizione, in quanto tali organi non svolgono una funzione giurisdizionale ma intervengono in virtù di una clausola compromissoria e svolgono un’attività negoziale sostitutiva di quella degli stipulanti (cfr. SU Cass. ordinanza n. 6423/08).
Ciò premesso, nel caso in esame, la controversia trae origine da comportamenti posti in essere dall’odierno opponente, rilevanti sul piano disciplinare sportivo.
Ne consegue che –in virtù dell’art. 2, comma 1 del DL 220/03 convertito nella Legge 280/03- per l’irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive vige il sistema del c.d. "vincolo sportivo", ciò in virtù della cd. clausola del vincolo di giustizia,
prevista dall’art. 30 dello Statuto della
CP_1 .
Tale clausola, secondo il consolidato orientamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte, ha natura di clausola compromissoria di arbitrato irrituale, in base alla quale il potere di irrogare ed applicare le sanzioni disciplinari è attribuito –in forza di un atto negoziale di natura privatistica- dalle stesse parti a degli arbitri irrituali, che nel caso di specie sono costituiti dagli organi della giustizia sportiva.
Ne consegue, innanzitutto, che la questione in esame non integra una vera e propria questione di giurisdizione e, pertanto, non è corretto parlare di difetto di giurisdizione del giudice adito, ovvero di difetto “assoluto” di giurisdizione, non controvertendosi in ordine al riparto della cognizione tra organi entrambi aventi un potere giurisdizionale statale.
Così riqualificata la questione (non di giurisdizione ma afferente al merito), devesi altresì osservare che –in base a quanto previsto dalla clausola del vincolo di giustizia e dal citato art. 2, comma 1 del DL 220/03 convertito nella Legge 280/03- rientrano nella competenza degli organi di giustizia sportiva solo le questioni attinenti alla irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive, e cioè le questioni attinenti alla fase relativa all’accertamento della sussistenza dell’illecito disciplinare ed alla comminatoria della relativa sanzione, sempre disciplinata dall’ordinamento sportivo.
Nel caso concreto, invece, la questione non attiene prettamente alla irrogazione ed alla applicazione della sanzione disciplinare, bensì alla fase della sua esecuzione. Infatti, è pacifico che la fase dinanzi agli organi della giustizia sportiva si sia già esaurita, atteso che le sanzioni disciplinari oggetto del presente giudizio sono state già irrogate e sono stati esperiti i vari mezzi di impugnazione di natura negoziale, previsti dallo Statuto, essendo divenute definitive.
Ciò che residua è un credito di natura pecuniaria della Federazione, relativo alla sanzione pecuniaria che è stata irrogata in via definitiva dagli organi di giustizia sportiva. Infatti, gli organi della giustizia sportiva possono irrogare sia sanzioni che esplicano i loro effetti esclusivamente nell’ambito dell’ordinamento sportivo (ad esempio, nel caso in esame è stata irrogata la sanzione della squalifica), sia sanzioni che esulano dall’ordinamento sportivo ed incidono su posizioni giuridiche soggettive generalmente tutelate dall’ordinamento statale (ad esempio, nel caso in esame è stata altresì irrogata la sanzione pecuniaria dell’ammenda).
Orbene, mentre nel primo caso l’esecuzione della sanzione potrà ben trovare esplicazione e coattiva esecuzione (in caso di mancata spontanea osservanza) all’interno del medesimo ordinamento sportivo, nell’ambito del quale produce ed esaurisce tutti i suoi effetti, altrettanto non può sostenersi per le sanzioni del secondo tipo. Infatti, l’ordinamento sportivo non possiede gli strumenti per ottenere l’esecuzione coattiva di un credito di natura pecuniaria: strumenti, del resto, che sono riservati all’autorità giurisdizionale ordinaria. Non a caso, il citato art. 2, comma 1 del DL 220/03 convertito nella Legge 280/03 limita la cognizione degli organi della giustizia sportiva alle sole questioni relative la irrogazione ed applicazione della sanzione, non estendendola invece alla esecuzione della stessa.
Tale impostazione non appare contraddetta dalla sentenza della Corte Costituzionale
n. 49 del 2011, con la quale la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1 del DL 220/03 convertito nella Legge 280/03. In particolare, la questione era stata sollevata dal giudice amministrativo, dubitando della legittimità costituzionale della norma in questione nella parte in cui riservava al solo giudice sportivo la competenza a decidere le controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, anche quando i relativi effetti superino l’ambito dell’ordinamento sportivo, incidendo su interessi legittimi e diritti soggettivi, tutelati dall’ordinamento statale. Il caso
concreto sottoposto alla Corte Costituzionale era diverso da quello oggetto del presente giudizio, in quanto si controverteva in ordine al risarcimento del danno derivante dalla illegittima irrogazione della sanzione disciplinare della inibizione allo svolgimento di attività federale.
Ciò nonostante, la Corte –con la suddetta pronuncia- ha sancito importanti principi dando una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, da tener presente anche nel caso in esame. In particolare, nel ribadire l’autonomia tra l’ordinamento sportivo e quello statale (autonomia peraltro favorita dal legislatore), la Corte ha evidenziato che le sanzioni disciplinari irrogate dalla Federazione possono esaurire i loro effetti nell’ambito dell’ordinamento sportivo, oppure manifestare effetti anche nell’ambito dell’ordinamento statale. Orbene, con riferimento al primo gruppo di ipotesi, la Corte afferma che queste sono collocate in un’area di non rilevanza per l’ordinamento statale e di conseguente assenza di tutela da parte di quest’ultimo ordinamento. Tuttavia, la Corte afferma altresì che ad un’interpretazione costituzionalmente orientata del DL 220/03
consegue che, qualora il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal
Org_2
abbia incidenza su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale, non possa escludersi la possibilità di agire in giudizio dinanzi agli organi giurisdizionali statali.
Ne consegue che, non controvertendosi nella presente sede in ordine alla fase della irrogazione ed applicazione della sanzione (perché questa è già stata irrogata ed applicata dagli organi di giustizia sportiva, con decisione divenuta definitiva), ma controvertendosi in ordine alle conseguenze che tale sanzione esplica su posizioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento statale ed afferenti a rapporti patrimoniali, non appare sussistente la competenza degli organi suddetti.
Parimenti, non può ritenersi che la controversia sia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in virtù di quanto statuito dall’art. 3 della legge n. 280/03.
In particolare, la citata disposizione devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o dalle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'art. 2".
Orbene, con riferimento alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, giova ricordare che –con l’importante pronuncia n. 204 del 2004- la Corte Costituzionale, nel dichiarare la illegittimità costituzionale dell’art. art. 33, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall'art. 7, lettera a), della legge 21 luglio 2000, n. 205, ha affermato il seguente principio: “l'art. 103, primo comma, della Costituzione non ha conferito al legislatore ordinario una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell'attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha conferito il potere di indicare "particolari materie" nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe "anche" diritti soggettivi. Tali materie, tuttavia, devono essere "particolari" rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità, nel senso che devono partecipare della loro medesima natura, che è contrassegnata dalla circostanza che la pubblica amministrazione agisce come autorità nei confronti della quale è accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo; con la conseguenza che va escluso che sia la mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio sia il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia siano sufficienti a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo”.
Ne consegue che un’interpretazione costituzionalmente orientata delle ipotesi di giurisdizione esclusiva porta a ritenere che questa sia sussistente solo ogniqualvolta si sia in presenza di un concreto esercizio del potere, riconoscibile per tale in base al procedimento svolto ed alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano. Per converso, non potrà ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo, neanche quella in via esclusiva, qualora sia del tutto assente ogni profilo riconducibile alla pubblica amministrazione-autorità.
Orbene, nel caso in esame, alla luce di tutto quanto sopra esposto, deve escludersi che
–nell’attività di irrogazione di sanzioni disciplinari- la FIGC eserciti un potere autoritativo di natura pubblicistica.
Infatti, è vero che le Federazioni sportive –pur avendo personalità di diritto privato- esercitano anche funzioni pubblicistiche. Il DLgs. 242 del 1999, contenente norme di
riordino del
Org_2
all’art. 15 prevede che le Federazioni possano adottare atti
amministrativi in armonia con le deliberazioni del
Org_2
ad es. in tema di ammissione ed
affiliazione delle società sportive alle Federazioni nazionali.
Sicchè, le questioni concernenti l’attività che le Federazioni svolgono in armonia con le deliberazioni del Coni rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, qualora sia espressione di un potere provvedimentale ed autoritativo.
Tuttavia, come già sopra evidenziato, il potere di decidere in materia disciplinare attribuito agli organi della giustizia sportiva trova la fonte nella autonomia negoziale delle parti. Gli organi della giustizia sportiva, del resto, decidono in virtù di una clausola negoziale avente natura di clausola di arbitrato irrituale ed osservando le regole del diritto privato. Del resto, sia le norme violate che la decisione da eseguire trova la sua fonte in atti di natura negoziale, che sono espressione dell’autonomia privata e non di poteri pubblicistici. A maggior ragione, poi, deve escludersi l’esercizio di poteri pubblicistici nell’attività di recupero del credito derivante dalla irrogazione di una sanzione pecuniaria.
Non essendovi esercizio di poteri pubblicistici, deve escludersi che la controversia rientri nella giurisdizione del giudice amministrativo, neanche in via esclusiva.
Parimenti infondato è il secondo motivo di opposizione, con il quale il
Pt_1
lamenta la carenza dei presupposti di prova scritta per l’emissione del decreto ingiuntivo opposto.
Ed invero, nella fase monitoria, la parte opposta ha depositato i provvedimenti di irrogazione delle sanzioni disciplinari in questione: documentazione che può ritenersi sufficiente per l’emissione del decreto ingiuntivo di pagamento.
E comunque, non va trascurato che –secondo il costante orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte- “l’opposizione al decreto ingiuntivo non è un’impugnazione del decreto, volta a farne valere vizi ovvero originarie ragioni di invalidità, ma dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione di merito, volto all’accertamento dell’esistenza del diritto di credito fatto valere dal creditore con il ricorso ex artt. 633 e 638 c.p.c., così che la sentenza che decide il giudizio deve accogliere la domanda dell’attore (creditore istante), rigettando conseguentemente l’opposizione, quante volte abbia a riscontrare che i fatti costitutivi del diritto fatto valere in sede monitoria, pur se non sussistenti al momento della proposizione del ricorso, sussistono tuttavia in quello successivo della decisione” (Cass. Sent. N. 2573 del 22.2.02, conforme sent. N. 5844 del 16.3.06).
Appare, quindi, irrilevante nella presente sede ogni contestazione in ordine alla asserita mancanza dei presupposti per l’emissione del decreto ingiuntivo opposto.
Quanto, infine, alla dedotta insussistenza del credito vantato, stante il mancato accertamento in ordine ai fatti contestati, devesi ricordare che -alla luce di quanto già esposto- la cognizione del giudice ordinario nell’ambito della controversia in esame è limitata alla fase della esecuzione della sanzione disciplinare, non potendosi per contro sindacare il contenuto del potere disciplinare, esercitato dagli organi della giustizia sportiva. È rimesso al giudice ordinario, quindi, il solo accertamento della sussistenza del
credito vantato dalla pretesa creditoria.
CP_1
e della insussistenza di fatti modificativi od estintivi della
Ciò premesso, nel caso in esame, è pacifico che le sanzioni disciplinari in questione siano state irrogate in via definita, non essendo stati esperiti i mezzi di impugnazione previsti dall’ordinamento sportivo, e che non siano intervenuti fatti modificativi o estintivi. Del resto, nessuna contestazione risulta sollevata dall’opponente con riferimento alla misura della sanzione irrogata.
L’unica contestazione dell’opponente attiene ai presupposti ed alle modalità di irrogazione delle sanzioni: aspetti in relazione ai quali, però, sussiste la competenza degli organi della giustizia sportiva.
Né può ammettersi una qualche interferenza tra il mero procedimento penale in corso al momento dell’instaurazione del giudizio ed il processo sportivo, senza considerare che, comunque, il processo penale ha presupposti diversi rispetto a quello sportivo, presumendo la sussistenza di una condotta penalmente rilevante.
Di conseguenza, alla luce di tutte le suesposte considerazioni, l’opposizione proposta
dal
Pt_1
va rigettata, con conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto ed
accertamento della sua definitiva esecutività.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in applicazione dei parametri di cui al D.M. 55/2014.
P.Q.M.
Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando in ordine alla domanda in epigrafe, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, così provvede:
- RIGETTA l’opposizione proposta da
Parte_1
e, per l’effetto,
CONFERMA il decreto ingiuntivo opposto n. 13094/2018, emesso dal Tribunale di Roma in data 08/06/2018, con conseguente accertamento della sua definitiva esecutività;
2) CONDANNA
Parte_1
, alla rifusione, in favore della CP_1 , delle spese
di lite che liquida in € 3.809,00 per compensi, oltre rimborso forfetario ed accessori come per legge.
Così deciso, in Roma, il 19.7.2023
Il Giudice Dott. Paolo Goggi