TRIBUNALE DI TRIESTE – SENTENZA N. 326/2022 DEL 30/06/2022
TRIBUNALE DI TRIESTE SEZIONE CIVILE
Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice Dott. Arturo Picciotto ha pronunciato la seguente
nella causa iscritta al n. 972/20 R.G.,
Parte_1
SENTENZA
TRA
con sede in Udine largo Capuccini 2 (C.F.
P.IVA_1
), rappresentata e difesa dall’avv. Omissis;
CONTRO
attrice opponente
Controparte_1
residente a Trieste in via Pindemonte 10/2, cod. fisc.
C.F._1
, rappresentato e difeso dall’avv. Omissis ;
convenuto opposto
avente ad oggetto: opposizione al decreto ingiuntivo telematico n. 2/2020 del 07/01/2020 sub RG n. 5476/2019 del Tribunale Ordinario di Trieste, Giudice dott. Francesco Saverio Moscato, notificato all’opponente unitamente al ricorso in data 30/01/2020 in punto pagamento di corrispettivi.
CONCLUSIONI:
PER L’ATTORE OPPONENTE: come da foglio elettronico di conclusioni:
“In via pregiudiziale:
- Voglia l’adito Tribunale, accertata la natura della controversia, dichiarare la competenza funzionale della sezione Lavoro dell’adito Tribunale ai sensi dell’art. 409 cpc, revocando di conseguenza il decreto ingiuntivo opposto;
- Per l’effetto, dichiarare altresì l’incompetenza territoriale del Tribunale di Trieste in favore di quello di Udine, dinanzi al quale dovrà essere rimessa la vertenza, con ogni conseguente effetto di legge, ivi compresa la revoca del decreto ingiuntivo opposto;
In via ulteriormente pregiudiziale: accertare l’improcedibilità della domanda avversaria per violazione della clausola compromissoria contenuta all’art. 10 del contratto dd. 21/06/19 con
rimessione della vertenza dinanzi all’idoneo collegio arbitrale della
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Nel merito: accertare e dichiarare la legittimità del recesso operato dalla odierna opponente in relazione al contratto del 21/06/19, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2237 c.c. revocando e/o comunque dichiarando nullo e di nessuno effetto giuridico il decreto opposto perché infondato in fatto e in diritto;
Nel merito, in via subordinata: revocare il decreto ingiuntivo opposto poiché emesso per un credito o parte di esso non esigibile in quanto non scaduto.
Nel merito, in via ulteriormente subordinata: nella denegata ipotesi di insussistenza del recesso ex art. 2237 c.c., ridurre la richiesta creditoria in relazione al danno effettivamente subito e subendo dal creditore, tenendo conto, quale criterio equitativo, dei presupposti di cui al punto 5) della narrativa della citazione in opposizione.
In via istruttoria: si insiste per l’accoglimento delle istanze istruttorie formulate nella seconda memoria ex art. 183 VI comma cpc
Vinte e rifuse in ogni caso le spese di causa”.
PER IL CONVENUTO OPPOSTO: come da foglio elettronico di conclusioni:
“Ogni contraria istanza, eccezione o deduzione disattesa e previa ogni opportuna declatoria di tardività della riassunzione del processo,
confermare il decreto ingiuntivo n. 2/2020 del Tribunale di Trieste oppure, in caso di revoca,
condannare la
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in persona del legale rappresentante a pagare al sig.
CP_1
[...]
in conseguenza della illegittima risoluzione ante tempus del contratto dd. 21.6.2019, la
somma di euro 9.000,00.- ovvero altra somma, anche maggiore, ritenuta di giustizia, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal giorno del recesso al saldo;
condannare la
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a rifondere al sig.
Controparte_1
le spese del procedimento
di opposizione, oltre a quelle liquidate nel procedimento monitorio, oltre IVA e CPA come per legge; in via istruttoria: come in memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 cpc”.
MOTIVI DELLA DECISIONE
- Il convenuto opposto
Controparte_1
allenatore di pallavolo, ha adito il Tribunale
di Trieste per ottenere l’emanazione di un decreto ingiuntivo nei confronti dell’associazione
Controparte_3
er la somma di euro 9.000,00, oltre interessi, lamentando il mancato pagamento
di una parte degli emolumenti dovuti a fronte di un contratto di prestazione sportiva dilettantistica,
stipulato il 21 giugno 2019 e di durata annuale, che prevedeva un compenso complessivo di 12.000 euro (doc. 1, fasc. monitorio).
Il rapporto contrattuale era stato però interrotto da parte dell’associazione mediante lettera del 12 settembre 2019 (doc. 2, fasc. monitorio). A norma dell’art. 5, comma 2 del contratto, la somma complessiva sarebbe stata garantita anche in caso di esonero dalle funzioni di allenatore, esonero che avrebbe comportato l’obbligo per il tecnico di rimanere a disposizione dell’associazione sportiva per svolgere altri compiti. Poiché fino a quel momento il ricorrente aveva ottenuto il pagamento dei
compensi dovuti per un importo pari a euro 3.000, dopo diversi solleciti
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diva l’Autorità
giudiziaria, ottenendo l’emanazione del decreto ingiuntivo richiamato in epigrafe.
- L’attrice
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si è tempestivamente opposta al decreto ingiuntivo chiedendo, in via
pregiudiziale, di accertare la cognizione del giudice specializzato in materia di lavoro ex art. 409 c.p.c., con conseguente incompetenza territoriale del Tribunale di Trieste a favore di quello di Udine. In via ulteriormente pregiudiziale, l’opponente ha chiesto di accertare l’improcedibilità della domanda per violazione della clausola compromissoria di cui all’art. 10 del contratto.
Nel merito, l’opponente ha chiesto di revocare il decreto ingiuntivo ritenendo di aver legittimamente esercitato il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2237 c.c., in quanto il contratto faceva espresso rinvio alla disciplina codicistica relativa alla prestazione d’opera intellettuale. L’opponente ha sostenuto quindi di aver receduto integralmente dal rapporto contrattuale una volta venuto meno il
rapporto di fiducia tra l’associazione e il tecnico, e di non essersi limitata all’esonero di dalle funzioni di allenatore come previsto dall’art. 5, comma 2, del contratto.
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In subordine, l’associazione ha contestato l’esigibilità di una parte del credito, pari a cinque mensilità per complessivi euro 5.000,00, che sarebbe maturata solo dopo il deposito del ricorso per decreto ingiuntivo.
In via di ulteriore subordine, in caso di illegittimità del recesso, l’opponente ha chiesto di ridurre, a norma dell’art. 1227 c.c., l’eventuale pretesa risarcitoria dell’allenatore, tenendo conto del fatto che questi non si sarebbe attivato nella ricerca di un nuovo ingaggio. Parimenti in relazione al quantum, l’associazione ha chiesto di valutare la pretesa dell’opposto anche alla luce dell’emergenza sanitaria da Covid-19 che aveva sospeso dal 23 febbraio 2020 tutte le attività sportive dilettantistiche.
- A seguito della costituzione del convenuto opposto, il processo si è interrotto a causa della
morte del difensore dell’attrice opponente
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A fronte del ricorso ex art. 302 c.p.c.
proposto dal nuovo procuratore dell’associazione, il Giudice ha fissato l’udienza per la prosecuzione
del processo per il 22 febbraio 2021. A tale udienza il procuratore di
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ha chiesto che
fosse dichiarata la tardività della riassunzione, eccependo quindi l’estinzione del processo, eccezione rigettata dal Giudice con ordinanza del 22 febbraio 2021.
4. Il processo è proseguito quindi con la formulazione delle istanze di prova, non ammesse dal Giudice con l’ordinanza del 27.09.2021. A seguito dell’udienza di precisazione delle conclusioni, le parti hanno depositato gli ultimi scritti e la causa è stata trattenuta in decisione.
5. L’opposizione è infondata e deve essere rigettata con conferma del decreto ingiuntivo opposto.
5.1. In primo luogo, deve essere confermata l’ordinanza istruttoria nella parte in cui non ha ammesso le prove costituende richieste. Segnatamente, i capitoli da 1 a 23 articolati dall’attrice
opponente
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oltre che formulati in termini generici e talora negativi, sono stati ritenuti
inammissibili perché relativi a fatti costitutivi non tempestivamente allegati. L’opponente, infatti, nell’atto di citazione e nella prima memoria ex art. 183 c.p.c., nel merito ha unicamente rivendicato il diritto di recedere ad nutum ex art. 2237 c.c., non lamentando alcun inadempimento da parte di
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é rilevando la presenza di una giusta causa di recesso. Le citate richieste di prova orale,
invece, si sono concentrate proprio sull’asserito inadempimento del tecnico o comunque sul suo comportamento negligente. L’ammissione di siffatte prove costituende avrebbe quindi comportato un’illegittima estensione del thema probadum in violazione delle regole che governano le preclusioni relative alle fasi processuali. I capitoli da 24 a 31, inoltre, nonché quelli relativi all’interrogatorio formale contenuti nell’atto di citazione, sono stati ritenuti irrilevanti ai fini della decisione, così come i capitoli di prova orale formulati dal convenuto opposto.
5.2. In relazione alla prima questione pregiudiziale, l’attrice ha sostenuto che la controversia appartenga alla cognizione del Giudice del lavoro, in quanto, nonostante il contratto rinvii espressamente alla disciplina codicistica dell’opera intellettuale (artt. 2230 e ss. c.c.), nella sostanza si tratterebbe di un rapporto di para-subordinazione. Da ciò deriverebbe, ex art. 413 c.p.c., l’incompetenza territoriale del tribunale di Trieste a favore di quello di Udine (luogo dove si è svolto il rapporto).
L’eccezione è infondata per due ordini di profili.
Da un lato, dal tenore delle disposizioni contrattuali non è possibile dedurre profili di para- subordinazione che contrastino con il nomen iuris del contratto stesso, emergendo piuttosto aspetti che confermano la natura di lavoro autonomo. In più punti, infatti, si specifica che il tecnico dovrà confrontarsi con la direzione tecnica (art. 2) e concordare con quest’ultima “le modalità di tempo e di luogo delle prestazioni nel rispetto dei programmi di massima che verranno concordati con l’associazione sportiva” (art. 4). Non sono quindi ravvisabili contraddizioni tra l’auto-qualificazione del contratto e le relative disposizioni specifiche.
Dall’altro lato,
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non ha mai allegato circostanze da cui si possa desumere che il
rapporto contrattuale abbia avuto carattere sostanzialmente parasubordinato, ma si è limitata a richiamare pronunce interne ed euro-unitarie inconferenti rispetto al caso di specie.
5.3. In via ulteriormente pregiudiziale, l’opponente ha chiesto di accertare l’improcedibilità della domanda per violazione della clausola compromissoria di cui all’art. 10 del contratto, ai sensi della quale “le parti si obbligano a devolvere la risoluzione delle eventuali controversie relative all’interpretazione, esecuzione e risoluzione del presente contratto ad un collegio arbitrale costituito
secondo le modalità previste dai regolamenti
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”. L’opposto, di contro, ha rilevato che i
regolamenti della
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nella versione vigente al momento della
conclusione del contratto, non prevedono alcuna possibilità di arbitrato - ipotesi contemplata invece dalla normativa precedente (cfr. docc. 9, 10 e 11 di parte opposta).
L’opponente ha richiamato le disposizioni legislative in materia di giustizia sportiva e la relativa giurisprudenza, evidenziando che, per le sole controversie di carattere tecnico e disciplinare, è necessario adire in primis gli organi dell’ordinamento sportivo, mentre i rapporti di carattere patrimoniale tra le società sportive e i tesserati sono demandati alla cognizione del giudice ordinario. L’opponente correttamente ha rilevato che ciò non esclude che le parti possano affidare anche le
controversie patrimoniali a un collegio arbitrale. Tuttavia, egli ha anche ammesso che le norme
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a cui il contratto rinvia, non disciplinano più alcun regolamento arbitrale. A detta di
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quest’ultima circostanza non escluderebbe la validità o l’efficacia alla clausola in questione, potendosi applicare in via residuale la disciplina del codice di procedura civile in materia di arbitrato, facendo così salva, almeno in parte, la volontà delle parti.
L’eccezione, anche in questo caso, non è fondata.
La clausola compromissoria esprime la volontà delle parti di svolgere, in caso di controversie, un preciso arbitrato amministrato (art. 832 c.p.c.), ossia quello eventualmente previsto dai regolamenti FIPAV. Quest’ultimi però non prevedevano più tale possibilità al momento della stipulazione del contratto tra le parti in causa e non vi sono indicazioni nella clausola che conducano all’applicazione di regolamenti previgenti. Pertanto, manca del tutto un’adeguata individuazione dell’istituzione arbitrale cui sarebbe demandata la nomina degli arbitri. Come affermato da recente giurisprudenza di merito, ciò determina l’invalidità o comunque la non operatività della convenzione di arbitrato (cfr. Tribunale di Milano, 11.02.2020, n. 1212).
5.4. Nel merito, l’attrice opponente ha sostenuto che, con la lettera del 12 settembre 2019 (doc. 2, fasc. monitorio), avrebbe inteso recedere ad nutum dall’intero contratto, a norma dell’art. 2237 c.c., e di
non essersi quindi limitata all’esonero del convenuto opposto dalle funzioni di allenatore, ipotesi pur contemplata dall’art. 5, comma 2 del contratto. L’attrice, in questo modo, ha ritenuto di avere avuto un duplice potere: esonerare il tecnico dalle funzioni di allenatore, conservando in tal caso la possibilità di affidargli incarichi di altro tipo, oppure recedere tout court dal contratto di prestazione d’opera intellettuale. A detta dell’attrice, quindi, solo la prima evenienza avrebbe comportato il diritto di
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ottenere il pagamento dell’intero corrispettivo pattuito, mentre in caso di recesso ex
art. 2237 c.c. egli avrebbe avuto diritto solo al compenso dell’opera svolta.
Tale argomento è privo di pregio.
Il citato art. 5, comma 2, del contratto in questione stabiliva che: “[l]a somma complessiva [12.000 euro] viene garantita anche in caso di esonero dalle funzioni di Primo Allenatore. In caso di esonero il tecnico resterà a disposizione dell’associazione sportiva per svolgere altri compiti tecnici o manageriali”. Orbene, tale previsione ha disciplinato tra le parti, in modo specifico, l’ipotesi di recesso ad nutum che la legge prevede in via generale all’art. 2237 c.c. Poiché quindi l’opponente ha voluto regolare negozialmente, per la parte che lo consente, il potere recesso, non gli è consentito invocare in un secondo momento la disciplina legale che ha inteso derogare per via pattizia. L’esonero (rectius recesso ad nutum) previsto dal contratto avrebbe comportato per il tecnico, in ogni caso, il diritto al pagamento dell’intero corrispettivo e avrebbe fatto sorgere, sempre in capo al tecnico, l’obbligazione di rimanere a disposizione per altri eventuali incarichi, ancora da definire e non disciplinati dal contratto in questione. L’esonero non avrebbe comportato invece nessun obbligo per l’associazione sportiva di conferire un altro incarico al tecnico.
Con la lettera del 12 settembre 2019 (doc. 2, fasc. monitorio), quindi,
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non ha fatto
altro che esonerare il tecnico liberandolo anche dall’obbligazione di rimanere a disposizione dell’associazione sportiva. Come stabilito dal contratto, siffatto potere di recesso ad nutum prevedeva un corrispettivo, ossia il pagamento dell’intero compenso per l’incarico annuale.
Infine, il recesso e la contestuale liberazione del tecnico da ogni altro impegno hanno fatto sorgere, in capo a quest’ultimo, il diritto a conseguire l’intero ammontare del corrispettivo al momento in cui il recesso stesso si è perfezionato. Ne consegue l’infondatezza dell’argomento attoreo relativo alla parziale inesigibilità del credito per le mensilità asseritamente maturate dopo il deposito del ricorso per decreto ingiuntivo. Per la stessa ragione, risultano infondati gli argomenti addotti dall’attrice circa l’eventuale riduzione del quantum a causa dell’emergenza Covid-19, scoppiata svariati mesi dopo l’avvenuto recesso.
Per quanto sinora esposto, l’opposizione deve ritenersi infondata e il decreto ingiuntivo deve essere confermato in ogni sua parte, nonché dichiarato esecutivo ai sensi degli artt. 653 e 654 c.p.c.
- Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate, secondo il pertinente scaglione di valore, come da dispositivo, con applicazione dei valori medi per le fasi 1, 2 e 4, e con riduzione del 50% per la fase 3 in quanto non è avvenuta l’assunzione delle prove orali poiché non ammesse.
Sentenza esecutiva.
P.Q.M.
ogni altra istanza, deduzione ed eccezione disattesa, definitivamente pronunziando, il Tribunale di Trieste così provvede:
rigetta l’opposizione dell’attore in quanto infondata e, per l’effetto, conferma in ogni sua parte il decreto ingiuntivo opposto, n. 2/2020 (R.G. n. 5476/2019), emesso dal Tribunale di Trieste il 07.01.2020, che dichiara esecutivo;
condanna l’attore opponente alla rifusione delle spese di lite a favore del convenuto opposto che si liquidano in 4.035 euro, oltre a spese generali, IVA e CPA come per legge.
Sentenza esecutiva. Trieste, 29 giugno 2022.
Il giudice
Dott. Arturo Picciotto
Si dà atto che il presente provvedimento è stato redatto con la collaborazione del dott. Matteo De Nes, magistrato ordinario in tirocinio.