Decisione C.S.A. – Sezione III:- DECISIONE N. 0058/CSA del 25 Novembre 2025 Motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Delibera del Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a Cinque FIGC, di cui al Com. Uff. n. 179 del 24.10.2025
Impugnazione – istanza: - – ASD Pirossigeno Cosenza / Sandro Abate Five Soccer
Massima: Riformata la decisione del giudice Sportivo e per l’effetto inflitta alla società la sanzione della perdita della gara per la posizione irregolare dei calciatori per squalifica, la quale non è stata correttamente espiata, in quanto è stata fatta scontare in violazione del principio di omogeneità e del principio di afflittività delle sanzioni, facendo appositamente tesserare due predetti calciatori per un’altra società, di tre serie inferiori, in cui avevano potuto immediatamente scontare la giornata di squalifica nella settimana antecedente a quella in cui la stessa società avrebbe disputato la prima gara di campionato: gara prima della quale, tuttavia, la società aveva provveduto a ritesserare entrambi i calciatori….In primo luogo, al fine di una corretta delibazione della controversia in esame, occorre prendere le mosse dall’istituto dell’abuso del diritto, così come peraltro esaurientemente argomentato dal Collegio di Garanzia dello Sport nel parere n.7/2016, Prot.n.0037/16, a mente del quale, “la previsione di cui al Codice di Comportamento sportivo del 30 ottobre 2012 … in premessa, sotto la rubrica «Principi Fondamentali», stabilisce che i principi cui atleti, affiliati, associati, amministratori devono ispirare la loro condotta sono quelli «inderogabili e obbligatori, di lealtà, correttezza e probità previsti e sanzionati dagli Statuti e dai regolamenti del CONI, delle Federazioni sportive nazionali…”. In particolare, l’obiettivo del Codice è indubbiamente quello di delineare una serie di regole di condotta, che devono ispirare “i tesserati… in qualità di atleti, tecnici, dirigenti, ufficiali di gara, e gli altri soggetti dell'ordinamento sportivo” al fine di “garantire una più esplicita e palese valenza di quei principi di eguaglianza, non discriminazione, solidarietà che connotano l’essenza stessa dell’attività sportiva”. Come precisa il Collegio di Garanzia, “Sarebbe però impreciso ritenere che, nel caso dell’ordinamento sportivo, siffatti obblighi abbiano un rilievo meramente etico”, laddove invece “gli obblighi di lealtà, correttezza, non violenza, non discriminazione, appaiono interpretare l’essenza stessa dell’ordinamento al punto che la loro violazione si traduce nella negazione stessa dell’attività sportiva…Quali clausole generali, siffatti doveri presentano all’opposto un contenuto la cui precettività non è messa in discussione dalla loro naturale storicità e relatività.” In tale contesto assume determinante rilevanza la corretta individuazione del quadro normativo di riferimento che, in ambito sportivo, è rappresentato “non solo dal Codice di Comportamento Coni, ma, in maniera più pregnante per la differenza logica e ontologica fra principi e clausole generali, dai principi contenuti nella Carta Olimpica che fissano le coordinate cui deve ispirarsi la condotta fra consociati, all’interno dell’universo sportivo”. Ne consegue che, da un punto di vista pratico, “il richiamo ai doveri di correttezza, lealtà e probità, - come vivificati dal contatto con i principi di cui si è discorso – assume il valore di manifestazione di una vera e propria tecnica di formazione giudiziale della regola, che opera non soltanto in funzione integrativa, ma anche valutativa della condotta tenuta…”. I limiti alla condotta, infatti, sono imposti “affinché del diritto sia fatto un uso «ragionevole» proibendo il raggiungimento di finalità diverse da quelle cui esso è naturalisticamente rivolto”. Per la precisione “Gli indici da cui desumere un abuso del processo sono assai eterogenei fra loro e si risolvono (senza pretesa di esaustività): a) nella volontà di nuocere da parte del suo autore; b) nel difetto di un reale interesse in capo al medesimo; c) nella non meritevolezza di tutela di tale interesse o comunque nella necessità di operare un bilanciamento con quello della controparte, o delle controparti; d) nella scorrettezza delle modalità di esercizio del diritto; e) nell'uso di quest'ultimo per uno scopo diverso rispetto a quello per il quale esso è conferito e così via enumerando”. In secondo luogo, si ritiene essenziale richiamare la decisione n.45/2024 del Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione I, in materia di principi di effettività delle sanzioni di squalifica dal campo in ambito FIGC e di omogeneità delle competizioni, secondo il cui enunciato: “Costituisce regola generale in materia di esecuzione delle sanzioni di squalifica dal campo, quella del principio di omogeneità, rinvenibile nell’art. 21, comma 2, CGS FIGC, a mente del quale: “Il calciatore sanzionato con la squalifica per una o più giornate di gara deve scontare la sanzione nelle gare ufficiali della squadra nella quale militava quando è avvenuta l’infrazione che ha determinato il provvedimento, salvo quanto previsto ai commi 6 e 7”. L’altro principio regolatore della materia è quello della perpetuatio sanzionatoria, rinvenibile nella disposizione di cui all’art. 21, comma 6, CGS FIGC, secondo cui il calciatore deve sempre scontare la sanzione, anche laddove siano intervenuti fatti che hanno modificato il suo status, come, ad esempio, il cambio di società o disciplina o categoria di appartenenza. La concorrenza di tali principi è stata risolta nel senso di ritenere il principio di afflittività sussidiario rispetto a quello di omogeneità, che deve sempre prevalere, se non quando sia oggettivamente o soggettivamente impossibile rispettarlo, atteso che i principi fondamentali, in tema di esecuzione della sanzione, sono il principio dell’effettività, che impone che quest’ultima sia scontata, ed il principio della omogeneità, per il quale la squalifica deve essere scontata nella categoria e competizione nella quale il tesserato ha posto in essere il comportamento sanzionato; non a caso, invero, il principio di “distinzione” costituisce una logica declinazione dei fondamentali canoni di “effettività”, “proporzionalità” e “ragionevolezza” delle sanzioni, che ne impongono la commisurazione alla reale rilevanza della gara nella quale è stato commesso l’illecito sportivo, al fine di garantire che la sanzione della squalifica venga scontata con riferimento a una gara di rilevanza analoga a quella in cui è stato commesso l’illecito in relazione al quale la sanzione è comminata. In sintesi, una sanzione, affinché possa dirsi adeguata, deve conformarsi ai canoni di effettività, proporzionalità e ragionevolezza, tenendo altresì conto del principio di buona fede nell’esecuzione della sanzione, quale dovere di solidarietà fondato sull’art. 2 della Costituzione, che impone a ciascuno, quale autonomo dovere giuridico, di preservare gli interessi altrui”. Ancora, rileva in questa sede la decisione n.21/2020 - Prot. n. 00256/20 del Collegio di Garanzia dello Sport, erroneamente non valorizzata dal Giudice Sportivo, la quale, seppure non perfettamente sovrapponibile al caso di specie (in quel caso i due calciatori avevano cambiato, momentaneamente, “disciplina sportiva” da una compagine di Calcio a cinque ad una compagine di Calcio a undici, per poi tornare, dopo pochi giorni, ad altra società di Calcio a cinque), enuncia concetti di ordine generale senz’altro applicabili anche all’odierna vicenda: “I principi fondamentali, in tema di esecuzione della sanzione, sono il principio dell’effettività, che impone che quest’ultima sia scontata, ed il principio della omogeneità, per il quale la squalifica deve essere scontata nella categoria e competizione nella quale il tesserato ha posto in essere il comportamento sanzionato. Il tentativo di aggirare la sanzione sportiva irrogata appare chiaro: se ciò fosse consentito, tutte le società con calciatori in posizione di residuo di squalifica potrebbero accordarsi con altra compagine del Calcio a undici, e viceversa, per eludere la norma”. Il che è esattamente quanto avvenuto nel caso di specie, apparendo di evidenza addirittura solare che il tesseramento dei due Calciatori per la ASD Victoria Solofra (militante in serie C1 e pertanto ben tre categorie inferiori alla Serie A in cui hanno sempre militato), durato neanche 7 giorni, valutato alla luce del previo svincolo e tempestivo ri-tesseramento per la stessa ASD SANDRO ABATE (cioè giusto in tempo utile per la disputa della prima gara di campionato per la stessa società), configuri pacificamente un abuso del diritto da parte della medesima ASD SANDRO ABATE, per non aver avuto altro scopo che quello di evitare il pregiudizio derivante dal dover far scontare la squalifica dei due calciatori nella imminente gara del campionato di serie A. Infatti, ripercorrendo la cronologia degli eventi, risulta: -- che i Calciatori … e … militano da anni nella Serie A di Calcio A5; -- che entrambi avevano un residuo di squalifica di una giornata, derivante dal C.U. n. 1151 della stagione 2024/2025, da scontare nella prima gara della stagione 2025/2026; -- che entrambi hanno improvvisamente risolto, senza alcun valido motivo (e per vero neppure prospettato dalla odierna resistente) il loro vincolo di tesseramento con la ASD SANDRO ABATE, per tesserarsi in data 23.09.2025 per la società ASD VICTORIA SOLOFRA, partecipante alla Serie C, come detto di tre categorie inferiori alla Serie A e peraltro in un campionato regionale; -- che il calciatore … era stato tesserato dalla SANDRO ABATE in data 17.09.2025 e lo (apparente) svincolo è avvenuto in data 23.09.2025, a distanza di soli 6 giorni; -- che a tale data il campionato 2025/2026 della Serie C1 era già in corso e che, pertanto, la società SANDRO ABATE ha sfruttato la sosta nella prima giornata del proprio campionato di serie A per potersi momentaneamente (ed apparentemente) “liberare” dei due calciatori, “recuperandoli” tuttavia giusto in tempo per la seconda giornata del campionato medesimo (in realtà la prima per la SANDRO ABATE, disputata il 3.10.2025), dopo che gli stessi non avevano preso parte alla gara disputata dalla ASD VICTORIA SOLOFRA il 26.09.2025 (né ad alcuna altra gara con la suddetta società) proprio al fine di poter scontare la sanzione residua. Questa Corte ritiene dunque che la ASD SANDRO ABATE, con la complice partecipazione della ASD VICTORIA SOLOFRA e dei due calciatori, abbia utilizzato strumentalmente, aggirandole, le vigenti disposizioni in tema di tesseramento e di svincolo, non già perché non più interessata (la ASD SANDRO ABATE) ad avvalersi delle prestazioni sportive dei due calciatori (prestazioni alle quali, per converso, la ASD VICTORIA SOLOFRA non è stata in realtà mai interessata e delle quali difatti non si è mai avvalsa), bensì al solo fine di eludere la normativa in tema di esecuzione delle sanzioni, interponendo un tesseramento fittizio di soli pochi giorni con altra società compiacente, per di più di tre categorie inferiori, presso la quale i due atleti avrebbero formalmente potuto scontare la giornata di squalifica: così ottenendo un ingiusto beneficio, in questo caso ai danni di una società consorella, costituito dalla possibilità di schierare i due calciatori già nella (per lei) prima gara di Campionato di Serie A C5, disputata il 03.10.2025 con la ASD PIROSSIGENO COSENZA. E tutto ciò, come detto, in spregio delle formalità di risoluzione/tesseramento, apparentemente attuate nel rispetto della vigente normativa federale, ma chiaramente funzionali a conseguire l’indebito vantaggio innanzi evidenziato. L’abuso del diritto, nella fattispecie in delibazione, appare pertanto conclamato e si è risolto anche nella non corretta applicazione dell’art. 21, commi 2, 6 e 7 CGS e dei già richiamati principi di effettività, omogeneità, afflittività e continuità che lo governano. Difatti, l’art. 21 comma 2 CGS FIGC, in particolare, stabilisce il c.d. principio di omogeneità, statuendo che “II calciatore sanzionato con la squalifica per una o più giornate di gara deve scontare la sanzione nelle gare ufficiali della squadra nella quale militava quando è avvenuta l'infrazione che ha determinato il provvedimento, salvo quanto previsto ai commi6 e 7.” Il successivo comma 6 prevede che “Le squalifiche che non possono essere scontate, in tutto o in parte, nella stagione sportiva in cui sono state irrogate, devono essere scontate, anche per il solo residuo, nella stagione o nelle stagioni successive”. Il comma 7 prevede le ipotesi per le quali e possibile derogare al comma 2, dando così rilievo ed ottemperanza al c.d. principio di afflittività. Come ricorda il Collegio di Garanzia dello Sport con la citata decisione n.45/2024, “la concorrenza di tali principi è stata risolta nel senso di ritenere il principio di afflittività sussidiario rispetto a quello di omogeneità, che deve sempre prevalere, se non quando sia oggettivamente o soggettivamente impossibile rispettarlo, atteso che i principi fondamentali, in tema di esecuzione della sanzione, sono il principio dell’effettività, che impone che quest’ultima sia scontata, ed il principio della omogeneità, per il quale la squalifica deve essere scontata nella categoria e competizione nella quale il tesserato ha posto in essere il comportamento sanzionato”. Peraltro è rilevabile anche come il principio di “distinzione” costituisca una logica declinazione dei fondamentali canoni di “effettività”, “proporzionalità” e “ragionevolezza” delle sanzioni, che ne impongono la commisurazione alla reale rilevanza della gara nella quale è stato commesso l’illecito sportivo, al fine di garantire che la sanzione della squalifica venga scontata con riferimento a una gara di rilevanza analoga a quella in cui è stato commesso l’illecito in relazione al quale la sanzione è stata comminata, tenendo altresì conto del principio di buona fede nell’esecuzione della sanzione, quale dovere di solidarietà fondato sull’art. 2 della Costituzione, che impone a ciascuno, quale autonomo dovere giuridico, di preservare gli interessi altrui (cfr. decisione n.45/2024 Collegio Garanzia Sport). Ebbene, è agevole rilevare come, nel caso di specie, la partecipazione di entrambi i calciatori alla (per loro) prima giornata del Campionato di serie A, sul presupposto dell’omessa partecipazione ad una precedente gara di campionato di serie C1 (Regionale), per di più per effetto di un tesseramento palesemente fittizio, è avvenuta in contemporanea violazione sia del principio di omogeneità, sia del principio di afflittività della sanzione e sinanche in violazione del generale principio di buona fede (oltre che di correttezza e probità), come confermato dalla predetta decisione n.45/2024 del Collegio di Garanzia dello Sport, secondo cui “[…] In sintesi, una sanzione, affinché possa dirsi adeguata, deve conformarsi ai canoni di effettività, proporzionalità e ragionevolezza, tenendo altresì conto del principio di buona fede nell’esecuzione della sanzione, quale dovere di solidarietà fondato sull’art. 2 della Costituzione, che impone a ciascuno, quale autonomo dovere giuridico, di preservare gli interessi altrui”. In questo caso, la ASD SANDRO ABATE non solo è venuta meno ai canoni di correttezza e buona fede nell’esecuzione delle sanzioni, ma ha addirittura posto in essere una condotta dolosamente preordinata a rendere la sanzione né omogenea, né afflittiva. Conclusivamente, si è in presenza di una classica situazione di abuso del diritto, sintetizzata dal Collegio di Garanzia dello Sport (già richiamato Parere n. 7/2016) come “uso eccessivo di un potere che pure si possiede, al solo fine di arrecare danno a terzi, ovvero per ricavarne, in qualche modo, un indebito vantaggio”. L’abuso del diritto, infatti, risulta valorizzato proprio dalla “peculiarità dell’ordinamento sportivo (il quale) fa sì, infatti, che i principi etici, si trasformino in altrettanti principi giuridici dell’ordinamento sportivo…poiché…La normativa di correttezza – proprio in considerazione della peculiarità del sistema – non può che riposare su principi di solidarietà e affidamento reciproco, la cui violazione determina sanzioni giuridiche”. Proprio il richiamo ai principi di lealtà e correttezza, inoltre “deve considerarsi manifestazione della necessità per l’ordinamento (a maggior ragione quello sportivo) di limitare condotte che, pur formalisticamente espressione di posizioni riconosciute dall’ordinamento, in realtà sono tenute per far valere pretese contrarie ai fini propri dell’ordinamento di riferimento”. In definitiva “La connessione fra erosione del diritto soggettivo e abuso del diritto è, in tal senso, del tutto evidente…in quanto …l’esercizio di un diritto è abusivo se il titolare ha intenzionalmente recato un danno ad una controparte, facendosi schermo dell’apparenza di legittimità della propria condotta, come offertagli dalla titolarità di un diritto soggettivo”. Per l’effetto, deve ritenersi acclarato che i calciatori …. hanno preso parte alla gara del 3.10.2025 in posizione irregolare, non avendo titolo a parteciparvi in quanto ancora soggetti alla squalifica loro irrogata con il C.U. n. 1151 Stag. Sport. 2024/2025, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 10, comma 6, lett. a), C.G.S., deve essere comminata alla A.S.D. SANDRO ABATE, che deliberatamente li ha utilizzati, la punizione sportiva della perdita della gara medesima con il punteggio di 0-6.
