Massima n. 288385

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 30/C Riunione del 6 aprile 2000 n. 5 – www.figc.it Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 331 del 25.2.2000 Impugnazione - istanza:Appello del calciatore P.A. avverso la sanzione della sospensione per anni 2, a decorrere dal 14.1.2000, inflittagli a seguito di deferimento dell’Ufficio di Procura Antidoping del C.O.N.I. Massima: Quando le analisi di laboratorio e le controanalisi eseguite dal Laboratorio di Losanna hanno incontrovertibilmente accertato la presenza di benzoilecgonina e metilecgonina, metaboliti della cocaina, nei campioni di urina del calciatore, prelevati in occasione dell'incontro, l'asserita assunzione inconsapevole della sostanza proibita rinvenuta, essendo rimasta priva di qualsiasi riscontro, non può, di per sé sola, escludere la responsabilità dell'incolpato in ordine all'infrazione a lui contestata. Invero, se non appare logicamente possibile provare un fatto involontario è però possibile dedurre e provare l'esistenza di circostanze concrete e obiettive che, nel caso in specie, possano aver determinato un'incolpevole assunzione di sostanze stupefacenti, quali l'assunzione di farmaci per curare patologie incorse nei giorni precedenti la gara, la somministrazione di sostanze di cui non si conosce la natura da parte dello staff medico della squadra, l'ingestione di bevande nel corso di una festa, etc.. Ragionando "a contrariis", pur in mancanza di qualsiasi elemento di riscontro, dovrebbe allora ritenersi che per un atleta trovato positivo ad un controllo antidoping sarebbe sufficiente dedurre l'inconsapevolezza dell'assunzione per andare esente da qualsiasi responsabilità. L'assurdità di una tale conclusione che vanificherebbe completamente lo spirito e l'efficacia di tutta la normativa antidoping, tesa a salvaguardare la salute degli atleti e la regolarità delle competizioni sportive, e vieppiù evidente nel caso specifico in considerazione dell'alto tasso di improbabilità dell'assunzione involontaria, necessariamente per via orale, di una sostanza stupefacente come la cocaina. La cocaina è una sostanza stupefacente che viene assunta per via parenterale, nasale e assorbita attraverso le mucose. Da alcuni anni sono state ottenute, per estrazione, forme di cocaina pura, resistenti al calore, che possono essere fumate, ma, nella letteratura scientifica non risultano sostanze che possono essere assunte per via orale, ad eccezione di alcune bevande (“Health Inca Tea” e “Mate de Coca”).(Il caso di specie: A seguito di controllo antidoping effettuato al termine della gara, le analisi di revisione, effettuate presso il Laboratorio di Analisi Antidoping di Losanna, confermavano l'esito di positività per metaboliti della cocaina. L'Ufficio di Procura Antidoping del C.O.N.I., dopo aver contestato le risultanze delle controanalisi all'incolpato, che a sua difesa, pur non contestando le risultanze della analisi eseguite dal Laboratorio di Losanna, sosteneva la sua inconsapevolezza in ordine all'assunzione della sostanza riscontrata, deferiva il calciatore avanti alla Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti). Massima: Per quanto concerne il motivo di impugnazione relativo alla sanzionabilità della semplice assunzione di sostanze dopanti senza possibilità di miglioramento della performance sportiva, si rileva cheL'art. 1 lett. a) del Regolamento per l'Attività Antidoping della F.I.G.C. sancisce che per doping deve intendersi la somministrazione, l'assunzione e l'uso di sostanze appartenenti alle sostanze proibite elencate nell'apposito elenco emanato dal C.I.O. L'inclusione della cocaina nel predetto elenco attribuisce quindi a tale sostanza un effetto dopante, con la conseguenza che la sua assunzione integra gli estremi della violazione contestata. Di fronte a tale precisa disposizione normativa diviene superflua e ultronea qualsiasi indagine circa la correlazione tra l'uso della sostanza e il miglioramento della prestazione atletica. A ciò si aggiunga che il bene protetto dalle norme antidoping non riguarda soltanto la regolarità delle competizioni sportive, ma si estende anche e soprattutto alla tutela della salute degli atleti. Al riguardo lo stesso art. 1 della richiamata normativa esplicitamente enuncia che il doping è contrario ai principi della lealtà e correttezza nelle competizioni sportive, ai valori culturali dello sport e alla sua funzione di valorizzazione delle naturali potenzialità fisiche e delle qualità morali degli atleti. Massima: L’art. 1 del Regolamento dell'Attività Antidoping prevede che la sanzione per l'uso di sostanze vietate possa essere ridotta a favore dell'atleta che, su richiesta della Procura Antidoping, abbia fornito "una collaborazione determinante” per l'accertamento delle responsabilità "connesse" alla vicenda di doping oggetto di indagine. La ratio della norma è quella di fornire uno sconto di pena all'atleta, che non solo ammetta la sua colpa, ma che fornisca un contributo importante all'accertamento delle circostanze concrete che hanno portato all'assunzione di sostanze proibite, finalizzato all'individuazione di eventuali complicità e responsabilità connesse di altri soggetti federali. In quest'ottica neppure la semplice confessione, priva di qualsiasi riferimento a concrete situazioni di atto, non essendo idonea ad apportare un contributo determinante all'accertamento di "responsabilità connesse", potrebbe legittimare la concessione delle attenuanti previste dal citato art. 11.  Decisione CAF: Comunicato Ufficiale 12/C Riunione del 17 dicembre 1998 n. 2/3 – www.figc.it Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti Com. Uff. n. 149 del 9.11.1998 Impugnazione - istanza: Appello del calciatore P.C. avverso la sanzione della squalifica per mesi 3 inflittagli a seguito di deferimento della Commissione di indagine sul doping del C.O.N.I. Appello dell’ufficio Procura Antidoping del C.O.N.I. avverso la sanzione della squalifica per mesi 3 inflitta al calciatore P.C. a seguito di deferimento della Commissione di Indagine sul doping del C.O.N.I. Massima: Per la punibilità del deferito si richiede l'assunzione "cosciente e volontaria" sia essa "dolosa o colposa", della sostanza proibita, come si legge nel comma 5 dell'art. 32 C.G.S., che individua l'elemento psicologico dell'illecito; non è invece richiesta una specifica finalizzazione dell'azione, che viene indicata nel precedente comma 2 solo al fine di delineare la particolare attitudine della sostanza dopante. Non incombe, altresì, sull'Organo Disciplinare inquirente l'onere della prova di un uso della sostanza vietata reiterato nel tempo e finalizzato al miglioramento della prestazione sportiva ben potendosi procedere in base alla riscontrata presenza di sostanze rientranti nell'elenco di quelle vietate dal C.I.O. Compete invece all'atleta la prova della incolpevole assunzione della sostanza stessa, potendo questa sola prova valere come scriminante della sua condotta. Nella specie, l'inequivocabile dato di positività non è stato posto nel nulla dalla dimostrazione di un comportamento incolpevole. Difatti non risulta documentata la necessità terapeutica del farmaco impiegato, mentre per converso è certo che l'atleta manifestò una incredibile leggerezza, confidando nella dichiarazione verbale della farmacista che gli consigliava l'uso del "Trofodermin" come sostanza non dopante e omettendo del tutto di avvalersi della consulenza scientifica del medico sociale.
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