Massima n. 290808

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 60/C Riunione del 22 maggio 2006 n.5 - www.figc.it Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C – Com. Uff. n. 294/C del 13.4.2006 Impugnazione - istanza: 5. APPELLO DEL SIG. V.N. AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 1, INFLITTA A SEGUITO DI DEFERIMENTO DELLA PROCURA ANTIDOPING DEL C.O.N.I. Massima: Il calciatore, risultato positivo per la presenza di acetazolamide in esito alle analisi del campione biologico prelevatogli, in occasione del controllo antidoping disposto al termine della gara, non risponde della violazione della normativa antidoping, poiché a seguito del manifestarsi di nuovi disturbi ad un occhio precedentemente infortunato,  consultandosi con lo staff medico della società assumeva l’11.12.2005 una compressa di Diamox, anche se tale assunzione  non veniva denunziata in sede di controllo antidoping, tenuto conto anche del tempo trascorso. Le circostanze di fatto depongono, infatti, nel senso della completa assenza di colpa, necessaria al fine di ottenere il proscioglimento preteso. Può, infatti, non applicarsi la sanzione della squalifica solo in caso di “nessuna colpa e negligenza” (art. 19.5.1), ovvero quando l’atleta dimostri che la violazione è avvenuta del tutto senza sua colpa o negligenza, con l’avvertenza però che in caso di presenza di una sostanza vietata o dei relativi metaboliti o marker nel campione biologico dell’atleta, l’atleta medesimo, per conseguire l’annullamento della sanzione, deve dimostrare in quale modo la sostanza vietata sia penetrata nel suo organismo. La sanzione edittale può, invece, essere ridotta, ma in ogni caso “non in misura inferiore alla metà del periodo minimo di squalifica teoricamente applicabi le” (quando questa è a vita il periodo ridotto non può essere inferiore a otto anni), in caso di assenza di colpa o negligenza “significativa” (art. 19.5.2), con onere probatorio sempre a carico dell’atleta ed anche qui con l’avvertenza che in caso di presenza di una sostanza vietata o dei relativi metaboliti o marker nel campione biologico dell’atleta, l’atleta medesimo per conseguire la riduzione della sanzione deve dimostrare in quale modo la sostanza vietata sia penetrata nel suo organismo, nonché in caso di collaborazione fattiva dell’atleta stesso per la scoperta e/o l’accertamento di violazioni del Regolamento da parte del personale di supporto dell’atleta e di altri (art. 19.5.3). Ciò posto, alla stregua della rigorosa, e connotata da tassatività, disciplina soprariportata, l’Organo giudicante, nel caso di specie (prima violazione per incontestato riscontro di sostanza vietata, in quanto diuretico coprente, nel campione biologico dell’incolpato), ove non ritenga di applicare la sanzione minima edittale, può solo ridurre ad un anno la sospensione dall’attività ove ricorrano le circostanze previste e sopra menzionate (come avvenuto in primo grado), od altrimenti è chiamato ad escludere del tutto l’applicazione di sanzioni in caso di totale assenza di colpa. Anche gli oneri probatori gravanti sull’atleta sono ben delineati. Gli elementi portati dall’atleta a supporto della propria strategia difensiva possono condurre ad affermare, in effetti, l’assenza totale di colpa. In disparte la considerazione che non può escludersi (come può ricavarsi anche dal parere della Commissione Medico-Scientifica Antidoping) che i residui del diuretico (unica compressa di Diamox) utilizzato in difetto di autorizzazione ed esenzione a fini terapeutici e prescritto dal medico curante, siano rimasti in circolo nel corpo dell’atleta in questione per ben 10 giorni, resta il fatto che, al di là dell’eventuale responsabilità dello staff medico della società), il calciatore pur dovendo personalmente assicurarsi di non assumere alcuna sostanza vietata, ha avuto un comportamento lineare nel consultarsi con i medici della società circa l’avvenuto utilizzo del farmaco, non dimostrando, quindi, un grado di leggerezza tale da assurgere al livello di colpa significativa, e comunque fornendo prova circa le verosimili finalità e modalità dell’avvenuta assunzione del prodotto.
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