T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 221/2008

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL  LAZIO (Sezione III ter)

composto dai Magistrati:

 Italo RIGGIO                      Presidente

Maria Luisa DE LEONI       Consigliere, relatore

Stefano FANTINI                 Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso  n. (…) Reg. Gen., proposto da OMISSIS , rappresentato e difeso dagli avv.ti Stefano Mattii e Domenico Pavoni ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, Via R.G. Lante, n. 44;

contro

- l’Ente Nazionale Corse al Trotto (E.N.C.A.T.),  in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Abbamonte, con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, Via degli Avignonesi, n. 5;

- l’U.N.I.R.E. – Unione Nazionale Incremento Razze Equine, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Luigi Prosseda, con il quale è elettivamente domiciliata in Roma, Piazza S. Lorenzo in Lucina, 4;

per l'annullamento

della decisione della Commissione di Disciplina di Appello dell’ENCAT del 12.2.1999, con cui è stato respinto il ricorso avverso la decisione della Commissione di disciplina di I istanza del 23.11.1998 e, per l’effetto, è stata confermata la sanzione della sospensione per mesi 8 dalla qualifica di allenatore e della multa di £5.000.000, nonché della decisione della Commissione di disciplina di I istanza;

VISTO  il ricorso con i relativi allegati;

VISTI  gli atti di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

VISTE le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

VISTI tutti gli atti della causa;

Nominato relatore alla pubblica udienza del 6 dicembre 2007 il Consigliere Maria Luisa De Leoni e uditi i difensori delle parti costituite, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

1. Con ricorso notificato il 19 maggio 1999, il ricorrente impugna il provvedimento, con cui la Commissione di disciplina di Appello dell’ENCAT ha respinto il ricorso proposto dallo stesso avverso la decisione della Commissione di disciplina di I istanza del 23.11.1998 e, per l’effetto, ha confermato la sanzione della sospensione per mesi 8 dalla qualifica di allenatore e della multa di £ 5.000.000.

2. Espone, in fatto che, a seguito di accertamenti disposti dopo lo svolgimento del premio OMISSIS disputatosi a OMISSIS il 4 luglio 1998, il cavallo OMISSIS, vincitore della corsa, risultava positivo agli esami anti-doping.

A seguito di ciò la Commissione di disciplina e poi quella di Appello hanno ritenuto responsabile il proprietario-guidatore OMISSIS e, per culpa in vigilando, l’allenatore OMISSIS, irrogando la sanzione di 5.000.000  di lire e due mesi di sospensione dalla qualifica per il proprietario, nonché, per culpa in vigilando, la sanzione di 5.000.000 milioni di lire e la sospensione dalla qualifica per mesi otto per l’allenatore, essendo recidivo per la quarta volta.

Il ricorrente, dopo aver riaffermato, con riferimenti giurisprudenziali, la giurisdizione di questo Tribunale, deduce la violazione di legge e l’eccesso di potere, assumendo che egli era allenatore del cavallo interessato solo pro-forma poiché appariva nella “dichiarazione di affidamento del cavallo all’allenatore”, ma, in sostanza, il vero allenatore era un altro. Aggiunge il difetto assoluto di motivazione in ordine all’applicazione dell’aggravante  della recidiva.

3. Si sono costituiti sia l’ENCAT che l’UNIRE; entrambi gli enti eccepiscono il difetto di giurisdizione e, nel merito, concludono per l’infondatezza del ricorso.

4. All’Udienza del 6 dicembre 2007 la causa è stata ritenuta in decisione.

DIRITTO

In ordine alla eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del Tribunale adito, sollevata dalla difesa dell’Unione Nazionale Incremento Razze Equine (UNIRE) e dall’ENCAT, il Collegio ritiene sufficiente richiamare la giurisprudenza ormai pacifica che riserva alla competenza del giudice amministrativo la questione per cui è causa.

Invero, l’impugnazione di sanzioni disciplinari irrogate a causa di comportamenti contrari al regolamento sportivo dell’Ente, trattandosi di atti adottati da soggetto di diritto pubblico nell’esercizio di una potestà pubblica, idonei a produrre modificazioni delle posizioni soggettive del settore di competenza, affievolendo tali posizioni al rango di interesse legittimo, attengono alla giurisdizione di questo giudice (Cons. Stato, Sez.VI, 20.12.1993, n. 996 e n; 30.8.1995, n. 1050; TAR Lazio, sez. III, n. 1591 del 2003).

Giova aggiungere, che le norme del Regolamento delle Corse sono norme poste in vista di una utilità generale e finalizzate a tutelare l’interesse pubblico al corretto svolgimento delle competizioni nell’ambito della più vasta finalità di interesse generale della promozione e dello sviluppo del cavallo trottatore e le sanzioni irrogate per garantirne l’osservanza non possono che essere considerate veri e propri provvedimenti amministrativi, assunti da un soggetto di diritto pubblico nell’esercizio di una potestà pubblica, nei cui confronti è configurabile la sussistenza di interessi legittimi, tutelabili, per l’appunto, davanti al giudice amministrativo.

         Nel caso di specie, la correttezza delle competizioni non è un fatto “privato” ed i mezzi, vale a dire le sanzioni, per conseguirla sono di rilevanza generale (Cons. Stato, sez. VI, 11.11.1998, n.1553).

Quanto all’eccezione di inammissibilità, sollevata dalla difesa dell’ENCAT, per non aver previamente sottoposto la vertenza ad un collegio arbitrale, si precisa che la condizione di procedibilità richiamata dalla difesa dell’Ente viene esclusa esplicitamente dall’art. 12 dello Statuto del C.O.N.I. qualora si tratti di controversie in materia di doping.

Nel merito, il ricorso non merita accoglimento.

Come esposto in fatto, la pretesa azionata è intesa a contestare la decisione resa dalla Commissione di Disciplina di Appello del 12 novembre, confermativa della decisione della Commissione di disciplina di prima istanza, con la quale è stata accertata la responsabilità del ricorrente in merito alla violazione delle norme antidoping, cui è seguita la sanzione della sospensione  per mesi otto dalla qualifica di allenatore  e della multa di £ 5.000.000.

Osserva in proposito il Collegio che la circostanza, su cui si fonda la tesi difensiva, secondo cui il ricorrente era l’allenatore del cavallo interessato solo pro-forma, in quanto il proprio nome compariva nella “dichiarazione di affidamento del cavallo all’allenatore”, ma, in realtà, il vero allenatore era un altro non ha alcun pregio.

Invero, l’art. 281, comma 2,  del Regolamento dell’Ente prevede, in caso di risultato positivo agli esami antidoping una sanzione da irrogarsi a carico della persona che ha somministrato la sostanza, qualora venga individuata. In ogni caso è prevista una multa e, nell’ipotesi di recidiva, la sospensione dell’allenatore, qualora questi non provi di avere, nell’ambito della propria scuderia, adottato tutte le misure e cautele idonee ad evitare la possibilità che il doping si verificasse.

Sicché, è chiaro, che l’allenatore è tenuto ad un severo obbligo di vigilanza sull’organizzazione della scuderia e, in particolare, sulle condizioni fisiche del cavallo, poiché l’art. 32 del Regolamento sancisce la piena responsabilità dell’allenatore stesso di tutto ciò che riguarda i cavalli affidatigli ed anche del comportamento dei propri collaboratori o dipendenti, né egli può addurre, a proprio discarico, eventuali istruzioni ricevute dal proprietario in contrasto con il Regolamento delle corse.

Deriva da ciò che su di esso gravano precisi obblighi di vigilanza e di controllo e non è consentita alcuna “interposizione fittizia” nell’attività di allenatore.

Giova sottolineare che per espressa previsione regolamentare non è consentita l’ammissibilità e la permanenza di un cavallo in un ippodromo se non affidato previamente ad un allenatore. Ed è ciò che è avvenuto  nel caso di specie, ove non è contestato che il cavallo sia stato  affidato all’allenatore, oggi ricorrente, dal proprietario, come previsto dal regolamento. Sicché, nel caso di specie, l’affidamento, ancorché sia stato fatto in maniera fittizia, secondo la tesi di parte  ricorrente, tuttavia, “non esime l’allenatore dall’assumersi tutte le responsabilità relative al controllo del cavallo in allenamento in tutti i momenti della complessa attività ippica” come afferma la Commissione di Appello nella decisione impugnata. Invero, in base ai principi informatori in fattispecie di responsabilità oggettiva, l’imputabilità del fatto addebitato prescinde dalla dimostrazione di una “culpa in vigilando” ed attiene unicamente alla verifica fattuale della fattispecie dannosa.

Sulla base di quanto precede viene meno anche la censura diretta a contestare l’applicabilità della recidiva. L’aggravante della recidiva è espressamente prevista dal Regolamento, che ha voluto sanzionare più gravemente un comportamento contrario alle finalità pubbliche e che costituisce indice assai significativo per valutare la personalità dell’agente, in particolare, nell’esercizio dell’attività sportiva.

Per le argomentazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III ter, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese e degli onorari di lite, che si liquidano in complessivi € 2.000,00 (duemila), di cui euro 1.000,00 (mille) in favore dell’Ente Nazionale Corse al Trotto ed euro 1.000,00 (mille) in favore dell’UNIRE.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 6 dicembre 2007.

Italo RIGGIO                                     - Presidente

Maria Luisa DE LEONI                      - Consigliere estensore

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