T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 4473/2008

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL  LAZIO (Sezione III ter)

composto dai Magistrati:

Italo RIGGIO                        Presidente

Maria Luisa DE LEONI       Consigliere, relatore

Diego SABATINO               Primo Referendario

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso  n. (…)  Reg. Gen.  proposto da  OMISSIS , rappresentato e difeso dall’avv. Stefano Mattii, ed elettivamente domiciliato presso lo studio legale dell’avv. Domenico Pavoni in Roma Via A. Riboty, n. 28;

contro

l’Unione Nazionale Incremento Razze Equine (UNIRE), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è per legge domiciliata;

per l'annullamento

della decisione della Commissione di Disciplina di Appello dell’UNIRE dell’8 novembre 2004, che ha respinto il ricorso per revocazione o annullamento della decisione della Commissione di disciplina di Appello dell’Ente Nazionale Corse al Trotto ( ENCAT) del 3.6.1998, di reiezione del ricorso proposto avverso la decisione della Commissione di disciplina di I istanza del 20.2.1998, con la quale era stata disposta la radiazione del ricorrente da ogni attività ippica regolata dall’ENCAT;

VISTO  il ricorso con i relativi allegati;

VISTI  gli atti di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

VISTE le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

VISTI tutti gli atti della causa;

Nominato relatore alla pubblica udienza del 10 Aprile 2008 il Consigliere Maria Luisa De Leoni e uditi i difensori delle parti costituite, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

1. Con ricorso notificato il 25 febbraio 2005 è impugnato l’atto specificato in epigrafe, con cui è stato respinto il ricorso per revocazione o annullamento della decisione della Commissione di disciplina di Appello dell’Ente Nazionale Corse al Trotto ( ENCAT) del 3.6.1998, di reiezione del ricorso proposto avverso la decisione della Commissione di disciplina di I istanza del 20.2.1998, con la quale era stata disposta la radiazione del ricorrente da ogni attività ippica regolata dall’ENCAT;

2. L’interessato, nel  ricostruire le fasi della vicenda che lo vede coinvolto, riferisce che la radiazione ha prodotto effetti in tutti i paesi europei che aderiscono all’UET (Unione Europea del trotto) per il c.d. principio di reciprocità pur in mancanza di effetti penali, malgrado la propria autodenuncia.

3. Deduce i seguenti motivi:

a. eccesso di potere per errore di presupposto, poiché i primi giudici non hanno fondato la responsabilità del ricorrente solo sulla previsione regolamentare – come affermano i giudici di Appello – bensì sul comportamento commissivo caratterizzato dalla consapevolezza della non rispondenza del cavallo al suo certificato e, soprattutto, per l’aver il ricorrente sostituito il cavallo per alterare il risultato delle corse.

Sottolinea l’istante che il deposito di documenti (denuncia penale degli accadimenti e comunicazioni dei Pubblici Ministeri di non iscrizione del ricorrente nel registro degli indagati) che negano il “fatto illecito” attribuitogli, vale a dire che provano la non colpevolezza per fatto commissivo (sostituzione del cavallo) è altamente rilevante nel giudizio di revocazione;

b) violazione degli artt. 22-23 delle norme di procedura disciplinare dell’UNIRE; eccesso di potere per difetto di motivazione, irragionevolezza, mancata considerazione della ratio dell’istituto della revocazione; immotivato discostarsi da precedenti decisionali della P.A. rilevanti per la corretta interpretazione del predetto art. 22, in quanto la ratio delle disposizioni  che regolano l’istituto è quella di procedere ad una revisione delle condanne disciplinari, sicché appare illegittimo applicare a tali ipotesi la disciplina dettata per la revocazione dall’art. 395 c.p.c.. Il documento c.d. “nuovo”, nella specie, non può essere escluso anche se trovato successivamente al giudizio revocando ovvero, secondo un criterio analogico, i principi possono essere mutuati dal codice di procedura penale, laddove per “documenti” nell’accezione di cui all’art. 22, devono intendersi  ammessi tutti quelli rappresentativi di prove idonee a fondare una positiva revisione ex art. 630 cpp di proscioglimento del soggetto punito. In sostanza, il ricorrente assume che le norme ed i principi del rito penale sono applicabili per analogia alla materia disciplinare in mancanza di specifiche disposizioni  contrarie;

c. violazione di legge ed eccesso di potere nel non decidere ed accogliere l’istanza subordinata di autoannullamento, poiché la motivazione della decisione impugnata sul punto è errata, dovendosi ritenere, in armonia con la giurisprudenza dei Tribunali Amministrativi e del Consiglio di Stato, che le decisioni delle Commissioni di disciplina sono normali provvedimenti amministrativi; come pure è illegittima detta motivazione nella parte in cui non ha rilevato alcun vizio di legittimità nella decisione contestata né l’interesse pubblico alla rimozione dell’atto, laddove, di contro, è evidente l’errore in cui è incorsa la decisione di prima istanza  nonché l’interesse pubblico alla sua rimozione.

4. Conclude per l’accoglimento del ricorso, con ogni consequenziale statuizione in ordine alle spese e competenze di giudizio.

5.L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, eccepisce, preliminarmente, la inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice adito, nonché la improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse alla decisione, avendo l’Amministrazione, con determinazione n. 2015 dell’11.5.2005, riammesso il ricorrente all’attività ippica del Trotto; nel merito,  conclude per il rigetto del ricorso.

6.All’Udienza del 10 aprile 2008 la causa è stata ritenuta in decisione.

DIRITTO

1. Va, preliminarmente, esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione.

Il Collegio ritiene di potersi limitare a richiamare la giurisprudenza ormai pacifica  in ordine alla sussistenza della propria giurisdizione.

Invero, l’impugnazione di sanzioni disciplinari irrogate a causa di comportamenti contrari al regolamento sportivo dell’Ente, trattandosi di atti adottati da soggetto di diritto pubblico nell’esercizio di una potestà pubblica, idonei ad incidere sulle posizioni giuridiche dei soggetti operanti nel settore di competenza, attengono alla giurisdizione del giudice amministrativo (Cons. Stato, Sez.VI, 20.12.1993, n. 996 e n; 30.8.1995, n. 1050; TAR Lazio, sez. III, n. 1591 del 2003).

Giova aggiungere, che le norme del Regolamento delle Corse sono norme poste in vista di una utilità generale e finalizzate a tutelare l’interesse pubblico al corretto svolgimento delle competizioni nell’ambito della più vasta finalità di interesse generale della promozione e dello sviluppo del cavallo trottatore e ambiatore e le sanzioni irrogate per garantirne l’osservanza non possono che essere considerate veri e propri provvedimenti amministrativi, assunti da un soggetto di diritto pubblico nell’esercizio di una potestà pubblica, nei cui confronti è configurabile la sussistenza di interessi legittimi, tutelabili, per l’appunto, davanti al giudice amministrativo.

Nel caso di specie, la correttezza delle competizioni non è un fatto “privato” ed i mezzi, vale a dire le sanzioni, per conseguirla sono di rilevanza generale (Cons. Stato, sez. VI, 11.11.1998, n.1553).

2. Quanto alla eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata dall’Amministrazione resistente, si osserva che l’interesse alla decisione non può venir meno per il solo fatto che l’Amministrazione abbia annullato il provvedimento impugnato e riammesso il ricorrente all’attività di allenatore e guidatore. E ciò in quanto è da considerare che esso è stato annullato diversi anni dopo la sua adozione, sicché è stato in grado di produrre effetti dannosi nei confronti del ricorrente e questi, per converso, avrebbe diritto al risarcimento dei danni eventualmente verificatisi nella ipotesi di accoglimento dell’impugnativa.

3. Nel merito, tuttavia, il ricorso è infondato.

Per una migliore comprensione della vicenda in esame è opportuno ricostruirne brevemente le fasi essenziali:

-in data 20.2.1998 la Commissione di disciplina di prima istanza dell’ENCAT infliggeva al ricorrente la sanzione della “radiazione da ogni attività ippica” per illecito sportivo di particolare gravità (sostituzione del cavallo OMISSIS con altro trottatore al fine di alterare i risultati delle corse per trarne vantaggi patrimoniali diretti ed indiretti) ;

-in data 24 giugno 1998, la Commissione di disciplina di Appello dell’ENCAT rigettava il ricorso in appello, motivando, da un lato, che risultava provata la sostituzione del cavallo OMISSIS con un altro soggetto e, dall’altro, che la responsabilità del ricorrente trovava fondamento nell’art. 26 del Regolamento corse, a tenore del quale l’allenatore è responsabile di tutto ciò che avviene al  cavallo (responsabile cioè della custodia, della cura e della vigilanza) e dei più generici doveri di diligenza nell’esercizio dell’attività professionale di allenatore;

-l’8 gennaio 2004 il ricorrente proponeva un primo ricorso per revocazione, rigettato con decisione del 29.1.2004, con riferimento all’art. 22 del nuovo Regolamento di disciplina;

-con atto del 12.2.2004 l’interessato ha riproposto altro ricorso per revocazione o per annullamento, allegando atti (provvedimento del Pubblico Ministero del 6.2.2004) che dimostrerebbero che il medesimo, per lo stesso fatto, non è stato perseguito né indagato, sottolineando, quindi, l’assenza di qualsiasi responsabilità penale nonchè, a maggior ragione, disciplinare per illecito sportivo e precisando, con nota dell’8 marzo 2004, di essere “parte offesa” nel giudizio penale.

4. Ciò posto va chiarito che oggetto del presente gravame è la decisione della Commissione di disciplina di appello dell’UNIRE con cui viene respinto il ricorso per revocazione, proposto dall’interessato in forza del  provvedimento della Procura della Repubblica di Padova del 6.2.2004  a dimostrazione della sua estraneità, in quanto penalmente non perseguito, alla sostituzione del cavallo, sicché rimangono estranei al presente giudizio sia il provvedimento della Commissione di disciplina di prima istanza sia il provvedimento originario della Commissione di disciplina di appello.

Parte ricorrente fonda i propri assunti sulla seguente considerazione critica: la decisione della Commissione di disciplina di prima istanza sarebbe da revocare, in quanto poggia su un falso presupposto, poiché i primi giudici non hanno fondato la responsabilità del ricorrente solo sulla previsione regolamentare – come affermano i giudici di Appello – bensì sul comportamento commissivo caratterizzato dalla consapevolezza della non rispondenza del cavallo al suo certificato e, soprattutto, per aver il ricorrente sostituito il cavallo per alterare il risultato delle corse. Di contro il deposito della denuncia penale degli accadimenti e delle comunicazioni dei Pubblici Ministeri di non iscrizione del ricorrente nel registro degli indagati negano il “fatto illecito” attribuitogli, vale a dire provano la non colpevolezza per fatto commissivo (sostituzione del cavallo).

Per i motivi sopra precisati, la prima parte della censura che investe la decisione della Commissione di disciplina di prima istanza è inammissibile, trattandosi di atto non impugnato in questa sede.

Per quanto concerne, invece, il deposito del “nuovo” documento, vale a dire delle comunicazioni di Pubblici Ministeri di non iscrizione del ricorrente nel registro degli indagati, osserva il Collegio che l’art. 22 del Regolamento di disciplina, mutuando la disciplina dettata dall’art. 395 c.p.c., consente la revocazione delle decisioni pronunciate dalla Commissione di disciplina di appello in specifiche e tassative ipotesi, vale a dire se dopo la deliberazione sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore ovvero se si è giudicato in base a prove dichiarate false con sentenza passata in giudicato dopo la deliberazione.

Orbene, nel caso di specie, il ricorrente ha basato la propria richiesta sulla produzione di documentazione, acquisita a seguito di autodenuncia, che prova che l’interessato non è penalmente inquisito per i fatti che gli sono stati attribuiti (sostituzione del cavallo e frodi sportive).Correttamente, quindi, la Commissione di appello ha ritenuto superflua tale documentazione sul rilievo che, ai fini della revocazione, è decisivo quel documento che se si fosse potuto esaminare avrebbe condotto a decisione diversa, sicché è chiaro che il documento in questione, essendo stato formato successivamente, non può assumere la valenza del documento preesistente alla decisione di cui si chiede la revocazione.

Giova aggiungere, tuttavia,  che il ricorrente nel dolersi che la Commissione di primo grado lo abbia riconosciuto colpevole per illecito sportivo di particolare gravità (sostituzione del cavallo OMISSIS con altro trottatore al fine di alterare i risultati delle corse per trarne vantaggi patrimoniali diretti ed indiretti) non tiene conto che la Commissione di disciplina di appello, in riforma della precedente decisione,  pur ritenendo provata la sostituzione del cavallo, ha tuttavia riconosciuto che la responsabilità del ricorrente trovava fondamento nell’art. 26 del Regolamento corse, a tenore del quale l’allenatore è responsabile di tutto ciò che avviene al  cavallo (responsabile cioè della custodia, della cura e della vigilanza) e dei più generici doveri di diligenza nell’esercizio dell’attività professionale di allenatore. Ne consegue che sia le censure dirette a contestare l’asserita colpevolezza del ricorrente nella sostituzione del cavallo al fine di alterare i risultati della corsa e di conseguire vantaggi patrimoniali diretti sia la documentazione che prova che il ricorrente non è stato mai indagato in sede penale per gli stessi fatti sono ininfluenti ai fini del presente giudizio.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta che non sia stata considerata la ratio dell’istituto della revocazione, identificabile nella esigenza di procedere ad una revisione delle condanne disciplinari, sicché sarebbe illegittimo applicare a tali ipotesi la disciplina dettata per la revocazione dall’art. 395 c.p.c..

L’assunto non può essere condiviso.

Invero, l’istituto deputato alla revisione delle condanne disciplinari è, in primo luogo, quello dell’appello, nella specie, davanti alla apposita Commissione di disciplina di secondo grado, la quale ha il potere di riesaminare la vicenda e confermare o annullare la sanzione; in secondo luogo, vi è sempre il rimedio giurisdizionale, poiché la decisione di appello può essere impugnata davanti al giudice competente. Ne consegue che l’istituto della revocazione non costituisce un ulteriore grado di giudizio di merito, che ha termine con il giudizio di secondo grado, ma è istituto rivolto a censurare la sentenza nei casi di cui all’art. 22 del Regolamento di disciplina.

Va, infine, dichiarata la inammissibilità, per difetto di interesse, del  terzo motivo di ricorso, con cui viene  richiesto un intervento in autotutela dell’Amministrazione.

Ed invero, l’Amministrazione ha posto in essere il provvedimento richiesto, riammettendo il ricorrente, con determinazione n. 2015 dell’11.5.2005, nell’attività ippica del Trotto.

Per le ragioni che precedono, il ricorso deve essere respinto.

Le spese vanno poste a carico della parte soccombente e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III ter, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari di lite, che si liquidano in complessivi €  3.000,00 (tremila/00) in favore dell’U.N.I.R.E.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 10 Aprile 2008.

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