T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 8900/2008

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO Sezione I

ha pronunciato la seguente

Sentenza

sui seguenti ricorsi:

    1. n. (…) , proposto da OMISSIS s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. Vittorio Minervini, presso il cui studio è selettivamente domiciliata, in Roma, alla via G. G. Porro n. 8
    2. n. (…), proposto da OMISSIS S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti Massimo Tavella e Federico Vecchio, presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliata, in Roma, via Ludovisi n. 16

contro

l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è elettivamente domiciliata, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12

per l'annullamento

  • del provvedimento n. 16097 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (prot. n. 36124 del 31 ottobre 2006), adottato nell’Adunanza del 19 ottobre 2006;
  • nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale.

Visti i ricorsi con la relativa documentazione;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Autorità intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti delle cause;

Relatore alla pubblica udienza dell’8 ottobre 2008 il dr. Roberto POLITI; uditi altresì i procuratori delle parti come da verbale d’udienza.

Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:

Fatto

Con richiesta di intervento del 20 marzo 2006 un consumatore denunciava all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato l’inserimento di una pubblicità asseritamente non trasparente all’interno della trasmissione in diretta della partita di calcio di serie A OMISSIS – OMISSIS , andata in onda in data 12 marzo 2006 sul canale OMISSIS .

Due dei commentatori della partita (il giornalista OMISSIS e l’ex calciatore del OMISSIS) avrebbero, in particolare, indossato un giubbetto sul quale – oltre al logo dell’emittente OMISSIS  – sarebbe stato riconoscibile il marchio “OMISSIS ”.

Avviato, ad opera di AGCM, il relativo procedimento nei confronti delle odierne ricorrenti OMISSIS  ed OMISSIS , queste ultime producevano dinanzi all’Autorità i richiesti chiarimenti, nonché analitiche memorie difensive, contestando che la denunciata fattispecie potesse essere legittimamente assunta quale “pubblicità occulta o non trasparente”.

Piuttosto, OMISSIS  si sarebbe limitata ad ordinare ad OMISSIS una serie di capi di abbigliamento “tecnico” poi posti a disposizione dei propri operatori (senza, peraltro che ricorresse in capo a questi ultimi alcun obbligo di usarli nel corso della trasmissione di eventi sportivi).

Nel sottolineare, quindi, che non vi sia stato, da parte di OMISSIS , alcun acquisto di presunti spazi pubblicitari (al contrario, l’anzidetta fornitura risultando essere stata pagata da OMISSIS  in favore di quest’ultima), con riveniente esclusione di un rapporto di committenza inter partes, viene ulteriormente osservato come il parere reso dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, acquisito da AGCM nel corso del procedimento come sopra attivato, si sia espresso nel senso della insussistenza di alcuna fattispecie di pubblicità ai sensi degli artt. 19 e 20 del Codice del Consumo.

Nondimeno, AGCM valutava il carattere “pubblicitario” della trasmissione di che trattasi; e disponeva, in ragione della ritenuta violazione della disposizione di cui all’art. 23, comma 1, del Codice del Consumo, l’irrogazione della sanzione di € 53.600,00 nei confronti di OMISSIS  e di € 38.600,00 nei confronti di OMISSIS .

Con il ricorso n. (…) OMISSIS ha contestato la legittimità dell’avversata determinazione deducendo i seguenti argomenti di censura:

I.1) Violazione degli artt. 19, comma 2, 20 e 23 del D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206, recante Codice del Consumo. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed in particolare travisamento ed erronea valutazione dei fatti. Illogicità e contraddittorietà manifesta fra risultanze istruttorie e provvedimento. Perplessità. Contraddizione manifesta con precedenti decisioni in materia. Violazione dei precedenti giurisprudenziali. Carenza di motivazione, in relazione agli elementi istruttori ed al parere dell’AGCom.

Confuta in primo luogo parte ricorrente che ricorra, nella fattispecie all’esame, un’ipotesi di “pubblicità occulta”, atteso che – come sostenuto in numerosi precedenti giurisprudenziali – non sussisterebbe un comune intento delle parti di pubblicizzare il prodotto; né – in difetto di un rapporto di committenza – risulta dimostrata la presenza di un siffatto intendimento, come peraltro sostenuto anche da AGCom nel parere reso nel corso del procedimento.

Piuttosto, va differenziato il concetto di “pubblicità” da quello di “effetto pubblicitario” (conseguente, quest’ultimo, alla mera esposizione del logo “OMISSIS ” apposto su taluni capi di abbigliamento, peraltro non indossati da tutti i cronisti apparsi nel corso della trasmissione dell’evento sportivo di che trattasi).

I.2) Violazione dell’art. 26 del D.Lgs. 206/2005 e della legge 689/1981. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto dei presupposti, illogicità, carenza di motivazione, travisamento dei fatti. Irragionevolezza.

Quanto alla commisurazione delle sanzioni irrogate, viene denunciata la carente valutazione, ad opera di AGCM, dei parametri della gravità e della durata dell’asserita violazione.

Con il ricorso n. 208/2007 ha parimenti sostenuto l’illegittimità della determinazione di AGCM, esponendo i seguenti profili di doglianza:

II.1) Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Violazione degli artt. 19, comma 2, 20 e 23 del D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206, recante Codice del Consumo. Violazione dei principi giurisprudenziali vigenti in materia di valutazione della natura pubblicitaria di un’immagine. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed in particolare travisamento ed erronea valutazione dei fatti, illogicità e contraddittorietà della motivazione.

Viene con tale motivo di ricorso contestata, analogamente a quanto visto a proposito del precedente gravame, l’esistenza di un rapporto di committenza fra OMISSIS e OMISSIS ; parimenti evocandosi, a sostegno della propugnata tesi, le argomentazioni con le quali AGCom, nell’ambito del parere reso, ha negato la configurabilità di un’ipotesi di pubblicità “occulta”.

Più in generale, non sarebbe stata dimostrata, ad opera di AGCM, la presenza di elementi valutativi, anche di carattere meramente indiziante, ma connotati tuttavia da gravità, precisione e concordanza, tali da far desumere la presenza di una forma pubblicitaria preclusa dalle vigenti disposizioni in materia.

II.2) Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Violazione dell’artt. 26 del D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206, recante Codice del Consumo. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto del presupposto, illogicità, carenza di motivazione, travisamento dei fatti, iniquità.

Quanto all’irrogazione della sanzione, OMISSIS ha – omogeneamente a quanto esposto da OMISSIS  nel ricorso precedentemente sintetizzato – confutato che la relativa commisurazione sia intervenuta sulla base di una congrua valutazione della gravità e della durata della contestata violazione.

Concludono le parti ricorrenti insistendo per l'accoglimento dei gravami da esse proposti, con conseguente annullamento della determinazione oggetto di censura.

L’Autorità intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione delle impugnative.

I ricorsi vengono ritenuti per la decisione alla pubblica udienza dell’8 ottobre 2008.

Diritto

Evidenti ragioni di connessione di carattere oggettivo – avuto riguardo all’identità della determinazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato impugnata con i ricorsi nn. 190 e 208 del 2007 (proposti, rispettivamente, da OMISSIS e da OMISSIS ITALY) – consentono di procedere alla riunione delle predette impugnative.

La sostanziale omogeneità delle doglianze esposte con i suddetti mezzi di tutela consente altresì al Collegio di pervenire ad un’unitaria trattazione del sottoposto thema decidendum.

1. Viene in primo luogo in considerazione l’esigenza di verificare il contenuto della determinazione avversata, adottata da AGCM nella adunanza del 19 ottobre 2006.

Con richiesta di intervento pervenuta in data 20 marzo 2006, integrata con l’acquisizione del messaggio in data 10 aprile 2006, un consumatore ha segnalato, ai sensi del Titolo III, Capo II, del D.Lgs. 206/05, l’inserimento di una pubblicità non trasparente all’interno della trasmissione della diretta televisiva della partita di calcio di serie A, OMISSIS – Milan, andata in onda su OMISSIS  SPORT 1 dalle ore 20.00 alle ore 23.30 circa di domenica 12 marzo 2006, con particolare riguardo alle immagini del marchio “OMISSIS ” nel corso del commento all’incontro.

Nella richiesta di intervento veniva, in particolare, contestata la circostanza che i due commentatori sportivi, un giornalista ed un ex calciatore, ADIDAS ITALY e ADIDAS ITALY, avessero indossato giubbotti sui quali era ben riconoscibile il marchio “OMISSIS ”, accanto a quello “OMISSIS  SPORT”.

Nel corso del commento prima della partita, durante l’intervallo ed al termine dell’incontro, OMISSIS e OMISSIS indossavano un giubbotto di colore blu scuro, con tre strisce sulle maniche, e i marchi “OMISSIS ” e “OMISSIS  SPORT” sulla parte anteriore, di colore bianco; mentre altro commentatore (OMISSIS) portava una giacca diversa, sulla quale era chiaramente visibile la sola scritta “OMISSIS  SPORT”.

Nel corso del procedimento OMISSIS  ed OMISSIS rappresentavano, a propria difesa:

  • l’insussistenza di alcun accordo relativamente ai contenuti ed alle modalità di diffusione della trasmissione in esame, essendosi OMISSIS  limitata a richiede ad OMISSIS la fornitura di materiale tecnico a favore della propria Direzione Sport;
  • l’autonomia di scelta, da parte dei commentatori (uno dei quali non portava capi marchiati OMISSIS ), circa l’abbigliamento indossare durante le trasmissioni;
  • l’attitudine dell’evocazione di un marchio a porre in essere un’ipotesi di “pubblicità” solo allorché essa sia idonea ad attribuire alle scene in cui è effettuata un chiaro e non equivoco scopo promozionale di vendita di determinati beni o servizi;
  • l’insussistenza, nella trasmissione del predetto incontro di calcio, di indizi gravi, precisi e concordanti che dimostrino la sussistenza di una pubblicità (in quanto i cronisti non menzionavano mai il marchio né descrivono in alcun modo i suoi prodotti; le inquadrature erano tecnicamente necessarie e le riprese non erano mai ravvicinate o insistite sul marchio);
  • l’esclusione di un effetto di “agganciamento” con messaggi tabellari di OMISSIS dal momento che tale società non ha effettuato nel mese in cui è stata diffusa la trasmissione alcuna campagna pubblicitaria TV;

Pertanto contestandosi che la visualizzazione del marchio all’interno della trasmissione fosse da intendersi quale “pubblicità”.

Atteso che il messaggio oggetto di indagine da parte di AGCM è risultato diffuso per via televisiva, in data 11 settembre 2006 veniva richiesto il parere all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ai sensi dell’art. 26, comma 5, del Decreto Legislativo n. 206/2005.

Con parere pervenuto in data 12 ottobre 2006, la suddetta Autorità ha espresso l’avviso che il messaggio in esame non costituisse fattispecie di pubblicità ai sensi degli artt. 19 e 20 del D.Lgs. 206/2005, sulla base delle seguenti considerazioni:

  • “sebbene l’abbigliamento indossato dai commentatori delle partite di calcio su OMISSIS  Sport non può non indurre un indiretto effetto di promozione del marchio associato al ruolo di “addetti ai lavori”, ma anche alla persona dei commentatori, non si deve trascurare che il vero protagonista della trasmissione è l’evento sportivo costituito da un incontro calcistico e che le riprese dei commentatori sono marginali e accessorie rispetto a questo”;
  • “non può qualificarsi come pubblicità non trasparente il naturale effetto di risonanza che qualsiasi immagine di personaggi famosi in ogni settore della produzione ha inevitabilmente sugli appassionati dei rispettivi settori e, in generale, su tutti i destinatari”;
  • “nel caso di specie la rappresentazione dei prodotti di abbigliamento tecnico risulta effettuata secondo il consueto format redazionale delle riprese delle partite di calcio in esterno con la tecnica del campo lungo per consentire la contestuale presenza in video dei tre cronisti, ma senza enfasi o artificiose riprese e inquadrature del marchio presente sull’abbigliamento di solo due dei tre cronisti”;
  • “appare dirimente la non sistematicità dell’esposizione di tale marchio sull’abbigliamento degli operatori OMISSIS  , agli stessi fornito senza obbligo di utilizzarlo nelle trasmissioni in questione ed essendo gli stessi spesso ripresi con abbigliamento privo di marchi come Vialli nella trasmissione oggetto di segnalazione”;

escludendosi, pertanto, che le immagini “che visualizzano il marchio OMISSIS nel corso del commento all’incontro … di calcio di serie A OMISSIS- OMISSIS, “hanno natura e finalità pubblicitarie in favore del marchio OMISSIS e dei suoi prodotti”.

In diverso avviso, AGCM ha ravvisato nella descritta fattispecie gli estremi di applicabilità dell’art. 23, comma 1, del D.Lgs. 206/2005, atteso che, “pur in assenza di un dichiarato rapporto di committenza, si ritiene che nel caso in esame, diversamente da quanto rilevato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, la natura pubblicitaria delle immagini contestate, e dunque l’esistenza di uno specifico scopo promozionale condiviso dal committente e dal proprietario del mezzo di diffusione, sia comprovata dall’esistenza di elementi gravi, precisi e concordanti”.

E ciò in quanto, “con riferimento all’esibizione del marchio di un’impresa in un contesto comunicazionale informativo o di intrattenimento, … i parametri principali da prendere in considerazione sono, da un lato, la natura specifica delle inquadrature, il loro carattere reiterato o ravvicinato, la leggibilità o riconoscibilità dei marchi commerciali raffigurati, dall’altro, l’esistenza di concrete esigenze narrative o artistiche, quali per esempio la necessità di caratterizzare situazioni o personaggi, la naturalità e l’occasionalità di tali scene”.

In tale quadro, ad avviso di AGCM, “le riprese televisive oggetto di valutazione” hanno comportato “la reiterata e ripetuta visualizzazione del marchio “OMISSIS ”, posto accanto al marchio “OMISSIS  SPORT”, sui giubbotti indossati dai due cronisti OMISSIS e OMISSIS nel corso del commento, sia prima sia, durante l’intervallo, sia al termine della partita di calcio OMISSIS – OMISSIS ”; ulteriormente osservandosi come, “nel corso di tutte le riprese dei due commentatori il logo risulta costantemente inquadrato e ben visibile per lo spettatore, anche in considerazione della sua evidenza cromatica e della sua posizione”: di talchè “l’esibizione del logo “OMISSIS ”, che gode nell’ambiente del calcio di un grandissimo appeal e di una notevole capacità attrattiva, non può certamente considerarsi, alla luce del contesto in cui è inserita, meramente “casuale” o “occasionale”, essendo comunque frutto di una scelta condivisa tra l’impresa che beneficia della esposizione del proprio marchio e l’emittente televisiva.

Esclusa la rilevanza assunta dalla presenza – o meno – di un rapporto di committenza fra OMISSIS  e OMISSIS , l’Autorità ha poi ritenuto che “l’inserimento del logo commerciale all’interno di un contesto giornalistico ed informativo risponda ad una logica essenzialmente pubblicitaria, concordata tra le parti”, anche in ragione delle “modalità complessive delle inquadrature, dove il marchio compare in maniera reiterata e prolungata”, tali da “denotare l’assenza di giustificazioni alla luce di esigenze informative o espressive della trasmissione, apparendo piuttosto connotate da una finalità promozionale a favore del marchio esibito”.

Il carattere asseritamente “concordante” rappresentato dagli elementi sopra evidenziati quanto alla “finalità promozionale delle immagini trasmesse durante il commento precedente alla partita, durante l’intervallo ed al termine dell’incontro di calcio disputato il 12 marzo 2006 tra OMISSIS e OMISSIS ” ha, conseguentemente, indotto a riscontrare la “natura pubblicitaria delle immagini in esame ai sensi dell’articolo 20, comma 1, del Decreto Legislativo n. 206/2005”; né – in ragione dell’omessa adozione di “alcun accorgimento o indicazione che renda evidente la natura promozionale delle immagini in esame” – il messaggio come sopra individuato è stato concretamente reso conoscibile alla platea degli utenti.

Quanto, da ultimo, ai criteri sottesi alla determinazione della sanzione inflitta a OMISSIS  e OMISSIS, AGCM:

  • per ciò che concerne la “gravità” della violazione, ha ritenuto che meritasse considerazione “l’impatto pervasivo della modalità di diffusione adottata, trattandosi di un messaggio pubblicitario trasmesso su un emittente televisiva nazionale suscettibile di aver raggiunto un ampio numero di consumatori, nonché dell’importanza degli operatori pubblicitari”;
  • mentre, “per quanto riguarda, poi, la “durata”, in base alle risultanze in atti le immagini risultano diffuse per un periodo di lunga durata (perlomeno dal mese di dicembre 2005 al mese di marzo 2006)”.

2. Il punto nodale della sottoposta vicenda contenziosa risiede, come reso palese dal contenuto della gravata determinazione dell’Autorità, nel riscontrato carattere di “pubblicità occulta” che avrebbe assistito l’apposizione del logo “OMISSIS ” su taluni capi di abbigliamento indossati, nel corso della telecronaca dell’incontro di calcio OMISSIS – OMISSIS, da due commentatori dell’emittente televisiva satellitare OMISSIS .

L’esibizione di tali indumenti, lungi dal poter essere altrimenti giustificabile, avrebbe avuto – secondo quanto argomentato da AGCM – il solo scopo di veicolare la diffusione di un messaggio a carattere pubblicitario in favore della predetta marca di abbigliamento ed accessori sportivi.

La fattispecie della “pubblicità occulta” (già prevista dall'art. 4, comma 1, del D.Lgs n. 74/1992) è ora disciplinata dal comma 1 dell’art. 23 del D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (poi sostituito dall’art. 1 del D.Lgs. 2 agosto 2007 n. 146), per il quale “la pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale..”: tale norma ponendo il problema della riconoscibilità della pubblicità medesima e della sua distinzione rispetto alla mera informazione o comunicazione d'impresa.

Come osservato da questa Sezione, la pubblicità occulta “elude le naturali difese rappresentate dalle risorse critiche alle quali il pubblico è solito ricorrere dinanzi ad una pressione pubblicitaria scoperta; è più autorevole ed affidabile, per il fatto che il messaggio ha l’apparenza di un’informazione neutrale e disinteressata; è, infine, particolarmente efficace, in quanto si presta a carpire l’attenzione anche di coloro che usano distoglierla dai messaggi pubblicitari palesi. La pubblicità occulta, dunque, nella multiformità delle sue espressioni, disorienta il pubblico dei consumatori, aggirandone i naturali meccanismi di difesa e reazione, oltre, naturalmente, ad alterare la ideale situazione di parità delle imprese nel confronto concorrenziale” (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 21 ottobre 2003 n. 8919).

Nell'ambito del divieto di pubblicità occulta ricadono, in particolare:

  • le ipotesi di pubblicità tradizionalmente denominata “redazionale”, la quale si rivolge al pubblico con le ingannevoli sembianze di un normale servizio giornalistico, apparentemente riconducibile ad una disinteressata scelta della redazione;
  • nonché il c.d. “product placement”, tipico dei film e delle fiction, consistente nell'esibizione o nella citazione della denominazione, del marchio o dei prodotti di un'impresa in un contesto narrativo o di intrattenimento, a fini promozionali (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 11 marzo 2005 n. 1811).

Per quanto riguarda, in particolare, la tipologia indicata per prima, va osservato come l’inammissibilità della pubblicità c.d. “redazionale” faccia sorgere, in materia di comunicazioni al pubblico, l'esigenza di distinguere tra le comunicazioni che dell'informazione giornalistica hanno, oltre all'apparenza, anche la sostanza (costituendo perciò espressione della libertà di stampa tutelata dall'art. 21 della Costituzione) ed i messaggi di contenuto, invece, pubblicitario, dissimulati all’interno in un contesto – solo apparentemente – informativo.

Siffatta distinzione è particolarmente delicata e richiede un approccio necessariamente prudente, in quanto la difesa dei consumatori e del mercato non può andare in alcun modo a detrimento della salvaguardia della libertà di stampa: e, più in generale, della libertà di manifestazione del pensiero nelle sue molteplici espressioni (così come, in altro ambito, della libertà di creazione artistica).

Non si può negare, inoltre, che si tratti di una distinzione in concreto non sempre agevole ed univoca, anche per il carattere per definizione “occulto” della pubblicità “redazionale”.

Al riguardo va precisato che, affinché una comunicazione possa essere ritenuta “pubblicitaria” non basta che essa sia idonea a generare un oggettivo effetto promozionale.

Anche un genuino articolo giornalistico potrebbe, infatti, produrre indirettamente un risultato del genere, ad esempio citando un prodotto e riferendo ad esso eventuali apprezzamenti positivi nell’ambito di un contesto informativo, senza per questo smarrire la propria natura.

In presenza dell’indicato scopo promozionale, la citazione (o, come nel caso di specie, l’esposizione visiva del marchio) di un prodotto non si sostanzia nell’espressione di una valutazione di opportunità compiuta in modo disinteressato ed indipendente dal giornalista, ma integra, piuttosto, gli estremi di una comunicazione che, per il fatto di essere dettata dall’anzidetta finalità pubblicitaria, è diretta ad influire sui comportamenti economici dei consumatori (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 2 luglio 2001 n. 5836, 7 settembre 2001 n. 7274, 28 marzo 2002 n. 2638 e 22 maggio 2002 n. 4563).

Quanto alle modalità preordinate all’accertamento dell’esistenza in concreto di questo decisivo elemento, va osservato che, ove manchino prove dirette circa la presenza di uno scopo promozionale (in carenza, cioè, di prove storiche del rapporto c.d. di committenza, che di tale scopo costituisce l’ordinario fondamento), deve riconoscersi alla luce dei principi generali la possibilità per l’Autorità di procedere per presunzioni purché fornite dei caratteri di gravità, precisione e concordanza argomentabili alla luce dell’oggettivo modo di presentarsi del testo (ovvero, del contesto nel quale avviene l’ostensione del prodotto): diversamente opinandosi, del resto, alla normale indisponibilità in questa materia di prove dirette, accederebbe una sostanziale impossibilità di far emergere (e perseguire) una tipologia di comunicazione che la legge, invece, vieta, esigendo la trasparenza della pubblicità (T.A.R. Lazio, sez. I, 21 febbraio 2007 n. 1549, 3 marzo 2004 n. 2020, 21 ottobre 2003 n. 8919, 22 maggio 2002 n. 4563 e n. 4564 e 2 luglio 2001 n. 5836).

Di conseguenza, non può essere inibito all’Autorità – allorquando manchi la prova diretta del rapporto di committenza, come avviene nel caso in esame – di raggiungere tale prova facendo ricorso, in modo rigoroso e prudente, ad elementi presuntivi.

Ovviamente, l’ambito espansivo del sindacato giurisdizionale esercitabile in materia ha, con riferimento alle valutazioni operate da AGCM, valenza essenzialmente “indiretta” (o “esterna”) , potendosi esso esprimere essenzialmente in ordine alla verifica della coerenza e della ragionevolezza dell'iter logico percorso dall’Autorità, alla congruità dell'istruttoria compiuta, alla sufficiente univocità degli elementi indiziari disponibili ed alla adeguatezza della motivazione addotta

Nella nozione di pubblicità occulta deve altresì essere ricondotto, come precedentemente osservato, il c.d. product placement, che consiste nell'esibizione o nella citazione della denominazione, del marchio o dei prodotti di un'impresa in un contesto comunicazionale informativo o di intrattenimento, a fini promozionali.

In tali casi, il messaggio pubblicitario prescinde in larga misura dalla presentazione del prodotto in termini elogiativi, riuscendo a veicolarlo, ugualmente, allo spettatore, tramite la sua collocazione in precisi a contesti sociali e psicologici che contribuiscono al riconoscimento del brand e delle qualità ad esso attribuite.

Risulta evidente che il ricorso a questa forma di comunicazione commerciale è indipendente dalla chiara ed esplicita presentazione del prodotto e, soprattutto, prescinde dall'adozione dello stile elogiativo ed enfatico tipico della pubblicità, che costituisce invece il principale elemento distintivo tra informazione giornalistica e messaggi promozionali c.d. redazionali.

Secondo l'Autorità, i parametri principali da prendere in considerazione sono:

  • da un lato, la natura specifica delle inquadrature o delle citazioni, il loro carattere ravvicinato o reiterato, la leggibilità o riconoscibilità dei marchi commerciali raffigurati
  • e, dall'altro, l'esistenza di concrete esigenze narrative o artistiche, quali la necessità di caratterizzare situazioni o personaggi, la naturalità e l'occasionalità di tali scene.

Il giudice amministrativo, al riguardo, ha individuato due classi di criteri rilevanti ai fini della decisione in ordine alla natura promozionale del messaggio, vale a dire:

  • l'esibizione casuale o meno, ripetuta o meno, del marchio del prodotto;
  • la strumentalità, o meno, dell'esibizione rispetto all'opera artistico – intellettuale (Cons. Stato, sez. VI, 11 aprile 2003 n. 1929).

Il criterio dirimente appare incentrato sulle modalità di raffigurazione del prodotto ed, in particolare, sulla “innaturalità” della sua esibizione da valutarsi in relazione all'insistenza sul marchio del prodotto, alla reiterazione delle citazioni o alla gestualità esasperata, forzata o comunque artificiosa dei personaggi.

Con riguardo, invece, alla strumentalità della rappresentazione rispetto al contesto, la giurisprudenza amministrativa ha valutato la necessarietà, ovvero l'utilità, dell'esibizione del prodotto rispetto alle esigenze narrative.

L'indagine, da effettuarsi caso per caso, è volta ad accertare se la citazione del marchio risulti del tutto estranea rispetto al contesto e assolutamente non giustificata da alcuna esigenza di caratterizzazione dei personaggi o della situazione ambientale.

La giurisprudenza, a questo riguardo, ha confermato che, qualora la citazione o la raffigurazione di un marchio commerciale in un contesto informativo o di intrattenimento non possa essere plausibilmente giustificata da esigenze artistiche o narrative, l'Autorità può legittimamente presumere che il messaggio persegua uno scopo promozionale (T.A.R. Lazio, sez. I, 3 marzo 2004 n. 1997, 14 luglio 2004 n. 6906 e n. 6908).

3. Di quanto sopra dato preliminarmente conto, va rilevato – quanto alla fattispecie in esame – come le odierne ricorrenti abbiano contestato che la pur non controversa esposizione del logo “OMISSIS ” sui capi di abbigliamento indossati da due telecronisti nel corso della trasmissione dell’incontro di calcio Milan – OMISSIS abbia avuto sottesi intendimenti promozionali del marchio in questione; a sostegno del propugnato assunto deducendo:

  • la piena facoltatività, in capo ai cronisti dell’evento sportivo, circa l’abbigliamento da indossare in tale occasione (tanto che uno di essi – OMISSIS – non portava alcun capo OMISSIS );
  • l’assenza, fra il diffusore del messaggio e la produttrice del prodotto asseritamente pubblicizzato, di alcun “rapporto di committenza” (atteso che OMISSIS  si era limitata a commissionare ad OMISSIS , con contratto verbale, la fornitura di abbigliamento “tecnico” del quale dotare indistintamente i propri operatori sui campi di gioco).

Se, affinché possa parlarsi di pubblicità occulta, deve sussistere un comune intento di reclamizzare il prodotto (che deve legare i vari soggetti interessati, ossia la società produttrice dei beni, gli operatori pubblicitari, le emittenti ed i produttori cinematografici e/o televisivi), ovvero, in difetto di esso, la natura pubblicitaria del messaggio può essere argomentata in ragione di elementi gravi, precisi e concordanti, alla luce dell'oggettivo modo di presentarsi di questo, si osserva – quanto alla fattispecie dedotta in giudizio – che siffatti elementi positivamente ricorrono, di talché l’apparato argomentativi esplicitato da AGCM a sostegno dell’adottata determinazione sanzionatoria si rivela, invero, indenne dai denunciati profili inficianti.

Escluso che possa essere riconosciuto carattere dirimente all’omessa menzione, da parte dei cronisti partecipanti alla trasmissione dell’evento sportivo, del marchio OMISSIS con carattere descrittivo od elogiativo, vengono in considerazioni indici presuntivi aventi carattere di in equivoca concludenza ai fini della sussumibilità della concreta fattispecie portata all’esame del Collegio nella nozione di “pubblicità occulta”.

Infatti, la trasmissione televisiva dell’incontro di calcio fra OMISSIS e OMISSIS ha proposto, con una tecnica di ripresa a campo lungo (“fissa”) la prolungata esposizione dei capi di abbigliamento indossati da due commentatori sportivi, sui quali il logo OMISSIS ha rivelato una immediata percepibilità ed un evidente risalto, risultando visibile anche in ragione della combinazione cromatica (scritta bianca sul fondo blu dei giubbotti indossati dai sigg.ri Porrà e Boban) e del posizionamento dello stesso sulla parte anteriore degli indumenti in questione.

Va poi considerato – come condivisibilmente esposto dalla difesa erariale – che l’esposizione del marchio è avvenuta nel quadro di una trasmissione a forte impatto di audience, sia per la collocazione oraria dell’incontro di calcio (posticipo serale domenicale), sia per il notorio seguito presso la platea degli appassionati delle compagini che si affrontavano (OMISSIS e OMISSIS).

La persistente ed accentuata esposizione del logo, avuto riguardo alla contestuale presenza in video dei due commentatori che indossavano capi contrassegnati dalla scritta OMISSIS , ha determinato una protratta visualizzazione del predetto marchio di abbigliamento (notoriamente destinatario di un significativo appeal presso i consumatori di indumenti e materiale tecnico sportivi), inducendo un non controvertibile effetto promozionale la cui consistenza non può certo essere esclusa (in ragione delle riscontrate modalità di svolgimento della trasmissione televisiva) per il fatto che uno solo dei tre commentatori non indossasse capi della OMISSIS .

Tale “effetto” promozionale, ad avviso del Collegio, è stato correttamente inteso dall’Autorità quale rivelatore di un sotteso “intento” promozionale atteso che – alla luce delle coordinate di riconoscibilità in precedenza enucleate – le esigenze intrinseche alla configurazione della trasmissione dell’incontro di calcio non richiedevano – né altrimenti giustificavano – una così prolungata ed insistita esibizione del marchio: né la circostanza che OMISSIS avesse fornito capi di abbigliamento tecnico agli operatori OMISSIS  si rivela circostanza idoneamente giustificativa alla reiterata esposizione del relativo logo, che nel corso della trasmissione risulta essere stata proposta all’attenzione degli spettatori alla luce delle modalità televisive di ripresa dei cronisti che indossavano gli indumenti sui quali quest’ultimo era visibilmente raffigurato.

Se il percorso che ha condotto AGCM alla individuazione di una fattispecie di pubblicità occulta, alla luce delle svolte considerazioni, si rivela privo di aspetti inficianti sotto l’aspetto logico-argomentativo in ragione della dimostrata presenza di profili indizianti gravi, precisi e concordanti, va escluso che rivelino, in senso contrario, dirimente valenza:

  • l’assenza di un rapporto di committenza OMISSIS /OMISSIS (in quanto, laddove tale rapporto sia assente, appunto possono sovvenire, nei limiti dianzi precisati, qualificati e dimostrati elementi presuntivi);
  • la mancata diffusione, ad opera di OMISSIS , di espliciti messaggi pubblicitari in concomitanza con la trasmissione dell’evento sportivo di che trattasi (da tale circostanza, al contrario, potendo argomentarsi la presenza di un ulteriore elemento valutativo asseverativo dell’intento pubblicitario sotteso all’esposizione del marchio nel corso della trasmissione stessa).

4. Alla riscontrata infondatezza delle censure in precedenza esaminate accede, ulteriormente, l’inaccoglibilità delle doglianze con le quali viene lamentato che il provvedimento gravato sia illegittimo in ragione della immotivata pretermissione del parere reso, nel corso del procedimento, dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.

Nel rilevare come di tale apporto consultivo (e delle relative considerazioni) sia dato, nella determinazione oggetto di censura, ampio conto, va rammentato come l’applicazione delle norme in materia di contrasto della pubblicità ingannevole spetti esclusivamente all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e come le valutazioni dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni non rivestano carattere vincolante.

Conseguentemente, nel parere che quest’ultima è chiamata a rendere, in quanto attinente a competenze attribuite al Garante della Concorrenza, non è ravvisabile valenza conclusiva: con accessiva impretendibilità – peraltro confermata dalla giurisprudenza – di una puntuale confutazione di ogni singolo argomento o passaggio logico contenuto nel parere.

Nella fattispecie, AGCM ha operato un’autonoma e compiuta valutazione degli stessi profili già esaminati da AGCom, dal cui parere si è discostata con motivazioni la cui adeguatezza si rivela – come in precedenza osservato – da vizi suscettibili di sindacato nella presente sede di legittimità.

5. Viene, da ultimo, in considerazione il motivo di censura – anch’esso comune ad entrambe le impugnative all’esame – con il quale viene lamentata l’inadeguatezza motivazionale che inficerebbe la commisurazione e determinazione della sanzione pecuniaria inflitta da AGCM a OMISSIS  ed OMISSIS .

Va al riguardo osservato che il comma 7 dell’art. 26 del D.Lgs. 206/2005 (all’epoca vigente ed applicabile ratione temporis alla fattispecie all’esame; ma ora sostituito dall’art. 1 del D.Lgs. 146/2007) prevedeva il potere, in capo all’Autorità, di applicare una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 100.000 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione.

Deve altresì soggiungersi che, secondo quanto stabilito dall’art. 11 della legge 24 novembre 1981 n. 689 (applicabile in virtù del richiamo di cui al comma 12 del citato art. 26 del D.Lgs. 206/2005), “nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell'applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche”.

Alla stregua degli indicati parametri di riferimento, la determinazione sanzionatoria si rivela indenne dai denunciati profili inficianti, atteso che AGCM, nel valutare la gravità dell’infrazione:

  • per quanto concerne la “gravità” della violazione, ha dimostrato di tenere conto “dell’impatto pervasivo della modalità di diffusione adottata, trattandosi di un messaggio pubblicitario trasmesso su un emittente televisiva nazionale suscettibile di aver raggiunto un ampio numero di consumatori, nonché dell’importanza degli operatori pubblicitari”;
  • mentre, per ciò che concerne la “durata”, le acquisite risultanze hanno comprovato la diffusione delle immagini dell’evento sportivo anzidetto “per un periodo di lunga durata (perlomeno dal mese di dicembre 2005 al mese di marzo 2006)”;

pervenendo alla conclusiva determinazione di irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 38.600 nei confronti di OMISSIS e di € 53.600 a carico di OMISSIS  (per quest’ultima risultando considerata “la circostanza aggravante legata alla personalità dell’agente, poiché la stessa società OMISSIS è stata ritenuta responsabile di precedenti violazioni del Decreto Legislativo n. 206/05, in quanto già destinataria di altri provvedimenti di ingannevolezza”).

6. La dimostrata infondatezza delle doglianze esposte con i riuniti ricorsi impone la reiezione di entrambe le impugnative.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione I – preliminarmente riuniti i ricorsi nn. 190 del 2007 e 208 del 2007, proposti rispettivamente da OMISSIS s.r.l. e da OMISSIS S.p.A., respinge entrambi le indicate impugnative.

Condanna le ricorrenti OMISSIS s.r.l. e OMISSIS S.p.A., nella persona dei rispettivi legali rappresentanti, al pagamento delle spese di lite in favore della resistente Autorità, in ragione di € 5.000,00 (euro cinquemila/00) per ciascuna di esse

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio dell’8 ottobre 2008, con l’intervento dei seguenti magistrati:

Giorgio GIOVANNINI – Presidente

Roberto POLITI – Consigliere, relatore, estensore

Roberto CAPONIGRO – Consigliere

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