T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 4041/ 2018

Pubblicato il 12/04/2018

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), integrato da motivi aggiunti, proposto da OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS, rappresentati e difesi dagli Avvocati Franco Gaetano Scoca e Paola Maria Angela Vaccaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Franco Gaetano Scoca in Roma, via Giovanni Paisiello n. 55;

contro

il C.O.N.I. - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Angelo Clarizia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo Studio Legale Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde n. 2; il Collegio di Garanzia dello Sport presso il C.O.N.I. e la Procura Generale dello Sport presso il C.O.N.I., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

RICORSO INTRODUTTIVO:

della decisione resa, con motivazione non ancora pubblicata, dal Collegio di Garanzia dello Sport del C.O.N.I. a Sezioni Unite il 7.11.2017, a definizione del ricorso n. 104/17, e relativo dispositivo prot. n. 00878/2017, nonché di tutti gli atti presupposti, consequenziali o, comunque, connessi, ivi compresi i provvedimenti del Procuratore Generale dello Sport del C.O.N.I. prot. 0063/2017/D del 20.1.2017, prot. 0142/2017/D del 20.2.2017 e prot. 0349/2017/D del 19.4.2017, gli atti di indagine relativi ai procedimenti disciplinari riuniti iscritti ai nn. 3/17 e 6/17 del Registro Procura Federale della FIDS (Federazione Italiana Danza Sportiva) e, infine, l’atto di deferimento della Procura Generale dello Sport del C.O.N.I, prot. 2456 del 21.4.2017, ove occorra, anche previa rimessione alla Corte Costituzionale della questione di sospetta illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lett. b), e comma 2, del d.l. n. 220/2003, convertito dalla legge n. 280/2003, come interpretato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 49 dell’11.2.2011, per contrasto con gli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione;

nonché per il risarcimento

dei danni patiti e patiendi dai ricorrenti a causa dei provvedimenti suindicati;

RICORSO PER MOTIVI AGGIUNTI:

altresì della decisione resa dal Collegio di Garanzia dello Sport del C.O.N.I. a Sezioni Unite il 7.11.2017, a definizione del ricorso n. 104/17, distinta con il n. 2/2018 e pubblicata, munita di motivazione, in data 10.1.2018.

Visti il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del C.O.N.I. - Comitato Olimpico Nazionale Italiano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 27 marzo 2018, il Cons. Rita Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

I ricorrenti sono tutti tesserati della Federazione Italiana Danza Sportiva – FIDS, che è una Federazione sportiva nazionale riconosciuta dal CONI - Comitato Olimpico Nazionale Italiano.

Nello specifico il Sig. OMISSISè membro del Consiglio Federale della FIDS, il Sig. OMISSIS è un tecnico che svolge, per la FIDS, l’incarico di Direttore Nazionale della Scuola Federale di Danza Sportiva e quello di componente della Direzione Tecnica Internazionale, il Sig. OMISSISè un tecnico, titolare di scuole di danza, che svolge per la FIDS l’incarico di Coordinatore Tecnico Nazionale e quello di componente della Direzione Tecnica Internazionale, il Sig. OMISSISè  un tesserato che ha con la FIDS un rapporto di collaborazione, il Sig. OMISSISè  un dipendente della FIDS con l’incarico di Direttore tecnico ed organizzativo ed il Sig. OMISSIS, ex consigliere federale, infine, ha ricoperto importanti incarichi internazionali quale membro della WDSF (World Dance Sport Federation).

I suindicati ricorrenti sono stati oggetto di due procedimenti disciplinari - n. 3/17 e n. 6/17-, poi riuniti.

Quanto al procedimento n. 3/17, iniziato dalla Procura Federale della FIDS, in data 19.1.2017 il Procuratore Federale ha, tuttavia, formulato una prima istanza di autorizzazione all’astensione e, a seguito del rigetto di tale istanza da parte del Procuratore Generale, ha assegnato il fascicolo ad un proprio Sostituto. Con successivo atto del 20.2.2017, lo stesso Procuratore Federale ha formulato una seconda istanza di autorizzazione all’astensione, che, con provvedimento prot. n. 0142/2017/D anch’esso del 20.2.2017, il Procuratore Generale ha accolto, disponendovi altresì l’applicazione del Procuratore Nazionale Avv. OMISSIS.

Rispetto al fascicolo n.6/17, in data 19.1.2017 il Procuratore Federale ha avanzato richiesta di autorizzazione ad astenersi, subito accolta dal Procuratore Generale con provvedimento prot. n. 0063/2017/D del 20.1.2017, con applicazione a tale procedimento sempre del Procuratore Nazionale Avv. OMISSIS.

Con atto prot. n. 2456 del 21.4.2017 la Procura Generale dello Sport ha esercitato l’azione disciplinare, deferendo diverse persone, tra cui gli attuali ricorrenti, dinanzi al Tribunale Federale della FIDS.

Il Tribunale Federale, con decisione n. 20/2017 depositata in data 3.7.2017, ha dichiarato “inammissibile l’azione disciplinare promossa con l’atto di deferimento del 21 aprile 2017 (prot.2456) per difetto di titolarità in capo al Procuratore Generale dello Sport” e “altresì inammissibile l’azione disciplinare promossa con l’atto di deferimento del 21 aprile 2017 (prot.2456) per difetto di legittimazione dei Procuratori Nazionali dello Sport applicati”“la nullità dell’atto di delega del 19 aprile 2017 (prot.0349/2017/D)”, nonché “la nullità di tutti gli atti di indagine”.

A seguito di reclamo presentato dalla Procura Federale e dai Procuratori Nazionali dello Sport, la Corte Federale d’Appello della FIDS, con dispositivo comunicato il 15.9.2017 (CU n.7/2017) e motivazione pubblicata in data 18.9.2017 (CU n.8/2017), ha confermato la decisione del Tribunale Federale.

La Procura Generale presso il CONI ha impugnato la decisione dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport del CONI a Sezioni Unite, il quale all’udienza del 7.11.2017 ha accolto il ricorso.

Il relativo dispositivo (prot. n. 878/17) è stato comunicato in pari data a mezzo p.e.c.. Esso così recita: “Accoglie il ricorso e, per l’effetto, rimette gli atti al Tribunale Federale Nazionale di primo grado, affinché si proceda all’esame del merito. Nulla per le spese”.

È stato, quindi, proposto dinanzi a questo Tribunale il presente ricorso avverso la decisione del Collegio di Garanzia dello Sport del CONI a Sezioni Unite appena richiamata, nonché avverso i su citati provvedimenti del Procuratore Generale dello Sport del C.O.N.I., gli atti di indagine relativi ai procedimenti disciplinari riuniti iscritti ai nn. 3/17 e 6/17 del Registro Procura Federale della FIDS ed il menzionato atto di deferimento della Procura Generale dello Sport del CONI, chiedendone l’annullamento.

È stata altresì avanzata domanda di risarcimento dei danni asseritamente subiti per effetto dei suindicati atti gravati.

Sono stati dedotti i seguenti motivi di censura:

1) Violazione dell’art. 2 del D.Lgs. n. 242/1999, dell’art. 12 bis, comma 1, dello Statuto del CONI, nonché dell’art. 54 del Codice di Giustizia Sportiva. Carenza assoluta di potere e/o di competenza. Eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti, travisamento, manifesta contraddittorietà, illogicità, irragionevolezza e disparità di trattamento. Violazione dei principi generali di cui agli artt. 3 e 97 Cost..

L’art. 12 bis, comma 1, dello Statuto CONI, adottato in applicazione dell’art. 2 del D.Lgs. n. 242/1999 e s.m.i., recita: “È istituito presso il CONI in posizione di autonomia ed indipendenza il Collegio di Garanzia dello Sport, organo di ultimo grado della giustizia sportiva, cui è demandata la cognizione delle controversie decise in via definitiva in ambito federale ad esclusione di quelle in materie di doping e di quelle che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico-sportive di durata inferiore a novanta giorni o pecuniarie fino a 10.000 euro.”.

L’art. 54 del Codice di Giustizia Sportiva, approvato dal Consiglio Nazionale del CONI con delibera n.1538/2015, a sua volta, prevede: “Avverso tutte le decisioni non altrimenti impugnabili nell’ambito dell’ordinamento federale ed emesse dai relativi organi di giustizia, ad esclusione di quelle in materia di doping e di quelle che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico-sportive di durata inferiore a novanta giorni o pecuniarie fino a 10.000 euro, è proponibile ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, di cui all'art. 12 bis dello Statuto del CONI. Il ricorso è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti.”.

Per poter adire il Collegio di Garanzia dello Sport dovrebbero, perciò, sussistere le seguenti condizioni: a) che venga gravata una decisione di un organo di giustizia federale che abbia irrogato una sanzione e che tale decisione non sia più impugnabile in ambito federale; b) che la sanzione irrogata non riguardi la materia del doping e sia superiore a 90 giorni o, se pecuniaria, a 10.000,00 €.

Nel caso in esame invece non è mai stata pronunciata in ambito endofederale una decisione che abbia irrogato una sanzione a carico dei ricorrenti, per cui detto organo avrebbe esaminato ed accolto il ricorso, con rinvio degli atti al Tribunale Federale, adottando una decisione illegittima.

Peraltro, con decisione n. 29/2016, le Sezioni Unite, interessate della questione da parte della IV Sezione del Collegio di Garanzia, avrebbero già dichiarato inammissibile il ricorso proposto in un caso del tutto analogo a quello che oggi ci occupa, in cui il Tribunale Federale aveva dichiarato l’inammissibilità del deferimento, poi confermata in appello, e nessuna sanzione era stata comminata. Si è evidenziato al riguardo proprio che i tesserati non erano stati oggetto di una sanzione, in quanto i due gradi della giustizia sportiva avevano entrambi rigettato le richieste sanzionatorie della Procura, con due decisioni conformi.

Perciò l’impugnato provvedimento sarebbe inficiato anche sotto l’ulteriore profilo dell’eccesso di potere per manifesta contraddittorietà e per disparità di trattamento, oltre che per violazione dei principi di eguaglianza, trasparenza e buon andamento di cui agli artt. 3 e 97 Cost..

2) Violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990 e s.m.i. e dell’art. 58 CGS. Carenza assoluta di motivazione.

In via subordinata rispetto al precedente motivo si censura anche il fatto che il ricorso al Collegio di Garanzia in parola è stato iscritto il 9.10.2017, mentre la qui gravata decisione che lo ha definito è stata pronunciata il 7.11.2017, giusta dispositivo emesso in pari data, senza che, tuttavia, sia stata ancora depositata la relativa motivazione.

Il Collegio di Garanzia era tenuto a decidere la controversia entro 60 giorni dal deposito del ricorso, pronunciando il dispositivo entro 5 giorni dall’udienza di discussione e depositando, negli ulteriori successivi 30 giorni, la motivazione, mentre qui il termine di 30 giorni sarebbe abbondantemente scaduto, senza che la motivazione sia stata ancora depositata.

3) Illegittimità propria e derivata dalla violazione del D.Lgs. n. 242/1999 e s.m.i., dell’art. 12 ter dello Statuto del CONI, nonché degli artt. 51 e 52 del Codice di Giustizia Sportiva. Violazione dell’art. 11 del Regolamento di organizzazione e funzionamento della Procura Generale del CONI (Delibera Cons. Naz. CONI n. 1520/2014), nonché degli artt. 40, 43 e 44 del Codice di Giustizia Sportiva. Violazione dell’art. 77 dello Statuto FIDS e degli artt. 44 e 44 bis del Regolamento di Giustizia FIDS. Carenza assoluta di potere. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, abnormità.

Col presente motivo, dedotto in via ulteriormente gradata, si assume l’illegittimità della decisione censurata per il fatto che l’azione disciplinare non potesse essere intrapresa o proseguita.

L’art. 12 ter dello Statuto del CONI conferirebbe alla Procura Generale dello Sport del CONI, composta da un Procuratore Generale, che la dirige, e dai Procuratori Nazionali, esclusivamente funzioni di vigilanza e coordinamento sull’attività delle Procure federali.

Le modalità e gli istituti con i quali la Procura esercita le proprie funzioni sono meglio specificati nel Codice di Giustizia Sportiva, approvato dal CONI.

Tutti gli istituti contemplati dallo Statuto del CONI e dal Codice di Giustizia Sportiva sarebbero retti da due principi cardine: 1) il Procuratore Federale e la Procura Federale sono gli unici titolari, in via esclusiva, del potere di esercitare l’azione disciplinare e di svolgere le funzioni inquirenti; 2) la Procura Generale ed il Procuratore Generale sono del tutto privi di poteri inquirenti e requirenti, per essere esclusivamente titolari di compiti di vigilanza e coordinamento.

In particolare, quanto al primo principio, si rileva in ricorso che, ai sensi dell’art. 43 dello stesso CGS, l’attività inquirente, l’esercizio dell’azione mediante il deferimento e l’attività requirente sono svolti dal Procuratore Federale in tutti i gradi, oltre che in fase di indagine, “personalmente ovvero mediante assegnazione delle questioni a uno o più addetti al medesimo Ufficio”; tale concetto è ribadito anche dall’art. 77 dello Statuto FIDS, a mente del quale le funzioni del Procuratore Federale sono svolte personalmente ovvero mediante assegnazione ad un Sostituto.

Nell’odierno caso, invece, i ricorrenti sono stati oggetto di due procedimenti disciplinari (n. 3/17 e n. 6/17), poi riuniti, integralmente trattati dalla Procura Generale dello Sport (nella persona del Procuratore Generale dello Sport e di un Procuratore Nazionale), che ha dimesso l’atto di conclusione delle indagini (sottoscritto dal Procuratore Generale dello Sport e dal Procuratore Nazionale), ha esercitato l’azione disciplinare mediante atto di deferimento (sottoscritto dal Procuratore Generale dello Sport e dai Procuratori Nazionali) ed ha svolto tutta l’attività requirente (mediante dimissione di memorie difensive e partecipazione all’udienza, sempre nelle persone del Procuratore Generale dello Sport e dei Procuratori Nazionali).

Tutta l’attività di indagine sino all’atto di deferimento, con cui è stata esercitata l’azione disciplinare, sarebbe stata, perciò, posta illegittimamente in essere da soggetti, la Procura Generale dello Sport del CONI ed il Procuratore Generale dello Sport, in assoluta carenza di potere ed in violazione delle norme di legge, dello Statuto del CONI, del Codice di Giustizia Sportiva, dello stesso art. 11 del Regolamento della Procura, dell’art. 77 dello Statuto FIDS e dell’art. 44 bis del Regolamento di Giustizia FIDS.

Il Procuratore Generale, a seguito di istanza di astensione del Procuratore federale, ha “applicato” un Procuratore Nazionale al procedimento n. 3/17 ed al procedimento n. 6/17.

L’applicazione, in ragione dell’accoglimento dell’istanza di astensione del Procuratore Federale, tuttavia, è espressamente ammessa dall’art.11 del Regolamento della Procura solo quando “le ragioni di convenienza a fondamento dell’istanza [di astensione] riguardino tutti i componenti della Procura federale”, mentre nel caso in esame ciò non si sarebbe verificato, atteso che per entrambi i richiamati procedimenti era stato il solo Procuratore Federale a richiedere di astenersi per ragioni che riguardavano esclusivamente la sua persona.

In caso di astensione del solo Procuratore Federale, il fascicolo avrebbe potuto e dovuto essere trattato da un Sostituto Procuratore, senza la benché minima possibilità di un eventuale intervento “sostitutivo” della Procura Generale.

Peraltro l’applicazione del Procuratore Nazionale non sarebbe stata nemmeno formalmente disposta presso la Procura Federale.

Da ciò discenderebbe che l’azione disciplinare è stata esercitata illegittimamente anche dal Procuratore Nazionale (e così la pregressa attività di indagine) e che tale illegittimità vizia il provvedimento del Collegio di Garanzia dello Sport.

Anche l’atto di “delega” al Procuratore Nazionale Castaldo sarebbe affetto da nullità e, quindi, sarebbe inidoneo a sanare in qualche modo l’attività posta in essere dal Procuratore Generale e/o dal Procuratore Nazionale.

Ai sensi dell’art. 51 CGS e dell’art. 3 del Regolamento della Procura, adottato sulla scorta dell’art. 12 ter dello Statuto del CONI, il Procuratore Generale, infatti, designa i Procuratori Nazionali per l’esercizio delle funzioni relative al singolo affare, proprie dell’Ufficio della Procura Generale cui è preposto il Procuratore Generale (art. 51, comma 2, CGS).

La delega, viceversa, ha sempre ad oggetto una specifica funzione propria del delegante che viene trasferita al delegato. L’atto di delega in esame sarebbe privo del necessario riferimento alla funzione o all’atto delegato (si parla, in genere, di delega “ai procedimenti”), per cui sarebbe affetto da nullità e conseguentemente l’attività posta in essere dal Procuratore delegato Castaldo sarebbe nulla o comunque illegittima.

4) Violazione dell’art. 383 c.p.c., in relazione all’art. 2 del Codice di Giustizia Sportiva. Violazione dell’art. 12 bis dello Statuto del CONI, in relazione all’art. 37 del Codice di Giustizia Sportiva. Difetto assoluto dei presupposti.

In via ulteriormente subordinata al mancato accoglimento di uno dei motivi precedentemente enunciati ed illustrati, si contesta che nella specie il Collegio di Garanzia, nell’accogliere il ricorso della Procura Generale dello Sport, ha disposto la rimessione degli “atti al Tribunale Federale Nazionale di primo grado affinché si proceda all’esame del merito”.

Si richiama in ricorso l’art.12 bis, comma 3, dello Statuto CONI, il quale stabilisce che “quando il Collegio di garanzia dello Sport riforma la decisione impugnata decide, in tutto o in parte, la controversia, oppure la rinvia all’organo di giustizia federale competente, che, in diversa composizione, dovrà pronunciarsi definitivamente entro sessanta giorni applicando il principio di diritto dichiarato dalla Corte”.

Per giudice competente dovrebbe intendersi necessariamente il giudice di pari grado rispetto a quello che ha adottato la decisione oggetto di impugnazione, nel caso di specie, dunque, la Corte d’Appello Federale che aveva adottato la decisione n. 8/17, poi impugnata dinanzi al Collegio di Garanzia.

Il principio è statuito dall’art. 383 c.p.c., il quale disciplina la cassazione con rinvio “ad altro giudice di grado pari a quello che pronunciato la sentenza cassata”; l’unico caso di rimessione al giudice di primo grado è previsto e ammesso laddove la Corte ravvisi una nullità che avrebbe dovuto indurre il Giudice di seconde cure a rinviare la causa al primo Giudice, ma tale ipotesi, che nel caso di specie non si è verificata, certamente il Collegio di Garanzia, stando al dispositivo, non ha comunque ravvisato.

Si rileva in proposito che l’art. 2 CGS prevede che gli organi di giustizia conformino la propria attività ai principi ed alle norme generali del processo civile, il che implicherebbe appunto il rimando all’applicazione dell’art. 383 c.p.c. o comunque al principio generale che impedisce la regressione del processo allo stadio originario se non nei casi espressamente previsti dalla legge.

Peraltro l’art. 37 CGS, nel disciplinare il giudizio innanzi alla Corte federale d’Appello (ossia, al giudice federale di secondo grado), impone al giudice dell’appello la decisione di merito, senza possibilità di rimessione al primo giudice, stabilendo: “il collegio ... deve sempre definire il giudizio, confermando ovvero riformando in tutto o in parte, la decisione impugnata. Non è consentita la rimessione al primo giudice.”.

I ricorrenti, dopo aver affermato che il Tribunale adito avrebbe il potere di disporre l’annullamento dei provvedimenti impugnati, atteso che l’oggetto del giudizio non è costituito da provvedimenti che riguardano “i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione delle relative sanzioni disciplinari sportive”, ma concernerebbe la legittima applicazione della normativa dettata dal CONI (attraverso lo Statuto ed il Regolamento di Giustizia) e dalla FIDS, da parte dei suoi stessi organi, per l’ipotesi in cui invece il T.a.r. dovesse ritenere che, anche nel caso di specie, la tutela demolitoria sarebbe preclusa, chiedono di valutare la compatibilità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lett. b), e comma 2, del D.L. n. 220/03, come convertito dalla L. n. 280/03, in relazione agli artt. 24,103 e 113 Cost..

Essi avanzano altresì domanda di risarcimento dei danni, assumendo che sussisterebbero la condotta colposa dell’Amministrazione procedente ed un danno ingiusto nei loro confronti, sotto due profili: a) sotto il profilo della lesione all’immagine ed alla reputazione, quali dirigenti federali, impegnati politicamente e sportivamente, determinata dalla stessa esistenza di un procedimento disciplinare a loro carico; b) sotto il profilo del danno economico derivante dall’esborso delle spese di difesa tecnica legale, essendo stati gli stessi obbligati a ricorrervi - sia dinanzi ai Giudici federali sia dinanzi al Collegio di Garanzia.

Successivamente, in data 10.1.2018, dopo la proposizione del ricorso introduttivo, la decisione del Collegio di Garanzia è stata pubblicata con la motivazione, assumendo il n. 2/2018.

Essa è stata impugnata con i motivi aggiunti, con i quali si sono riproposte le censure già dedotte col gravame introduttivo, con ulteriori argomentazioni poste in relazione con le motivazioni addotte da tale organo nella propria predetta decisione n. 2/2018.

Il Collegio di Garanzia ha pronunciato la decisione che qui si impugna all’esito dell’udienza di discussione del 7.11.2017, rendendo il dispositivo lo stesso giorno, ma ha depositato la relativa motivazione solo il successivo 10.1.2018, perciò in violazione dell’art. 58 del Codice di Giustizia Sportiva, il quale, al comma 3, prevede: “il procedimento [dinanzi al Collegio di Garanzia] si intende definito con la pubblicazione del dispositivo della decisione che avviene nei 5 giorni successivi all’udienza”.

La decisione gravata sarebbe altresì viziata laddove ha mancato di dichiarare improcedibile e/o inammissibile il ricorso promosso dalla Procura Generale dello Sport, ritenendo, così, di poter decidere la controversia, avendone la competenza.

Dall’art. 12 bis, comma 1, dello Statuto del CONI e dall’art. 54 CGS si evincerebbe, infatti, che, in mancanza di una sanzione comminata in ambito federale, debba essere esclusa la cognizione del Collegio di Garanzia dello Sport.

Alcun dubbio potrebbe poi sorgere in merito al fatto che il legislatore sportivo non abbia inteso fare riferimento ad altri e/o diversi criteri per individuare la competenza del Collegio.

In particolare, ove il criterio scelto fosse stato quello legato alla gravità della fattispecie contestata (come parrebbe suggerire il Collegio nella decisione impugnata), non vi sarebbe stata alcuna ragione per fare riferimento, nella norma, alla “sanzione irrogata”; infatti, si sarebbe senz’altro fatto riferimento alla “violazione contestata” o alla “sanzione prevista dalla norma contestata”, il che non è.

Nel testo normativo mancherebbe una clausola di “salvaguardia” in grado di fornire un margine di competenza a favore del Collegio di Garanzia, indipendentemente dall’esistenza di una pronuncia sanzionatoria.

Nella decisione gravata il Collegio di Garanzia, dopo avere premesso che “la soluzione della questione [di inammissibilità del ricorso] debba necessariamente passare attraverso un’attenta e ponderata opera di interpretazione delle disposizioni citate [art. 12 bis, comma 1, Statuto CONI e art. 54 CGS], che non si arresti al profilo meramente letterale ma ne indaghi il significato anche secondo un criterio logico, funzionale e sistematico”, ha affermato che in effetti il testo delle richiamate disposizioni fa espresso riferimento alle decisioni che hanno comportato l'irrogazione di sanzioni, per poi però aggiungere: “ma il dato letterale si scontra inconciliabilmente con quello logico.”.

In base all’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, l’interprete è tenuto ad applicare la legge secondo il dato testuale, che, solo ove occorra, può essere integrato mediante il ricorso alla cosiddetta interpretazione logica.

Tale necessità non sussisterebbe, tuttavia, nell’odierna fattispecie in cui il dato testuale sarebbe molto chiaro, non necessitando, quindi, di ulteriori indagini ermeneutiche.

Il Collegio ha inoltre operato una vera e propria “sostituzione” del criterio legale e concreto di “gravità”, individuato dal legislatore nella sanzione concretamente irrogata dal Giudice federale, con un astratto criterio di “gravità”, di propria creazione, indicato nella “misura delle sanzioni previste per quella violazione”, motivando con l’esigenza di evitare che dei fatti gravi vengano sottratti al vaglio di legittimità.

L’art. 12 bis, comma 1, dello Statuto CONI fa, infatti, espresso riferimento alla sanzione concretamente irrogata dal Giudice sportivo e non alla norma violata o alla sanzione astrattamente applicabile.

La tesi del Collegio di Garanzia, peraltro, priverebbe di ogni valore l’accertamento del fatto e della sua gravità, come svolto nell’unica sede a ciò deputata, che è quella diversa del merito, e travolgerebbe il principio di certezza del diritto e le regole del giusto processo.

Quand’anche si fosse fatta applicazione del criterio di “gravità astratta” coniato dal Collegio, la competenza avrebbe dovuto essere, comunque, negata, non ricorrendo nel caso di specie alcun “fatto grave” nemmeno in astratto, tenuto conto delle accuse mosse dalla Procura agli incolpati.

Passando ad altro motivo di ricorso, dedotto in via subordinata, si afferma ancora una volta che la Procura Generale non avrebbe alcuna funzione e/o potere di avviare o di svolgere indagini, né di disporre l’archiviazione o il deferimento, trattandosi di un organo di coordinamento e vigilanza delle Procure federali.

Nella specie essa ha intrapreso l’azione disciplinare, nonostante le ragioni di astensione riguardassero solo il Procuratore federale richiedente e non altri della Procura federale.

Ciò, peraltro, sarebbe comprovato anche dal fatto che, una volta respinta la prima richiesta di astensione presentata dal Procuratore Federale il 19.1.2017 in relazione al procedimento n. 3/17, il Procuratore Federale abbia assegnato il fascicolo al Sostituto Procuratore della FIDS, Avv. OMISSIS, il quale ha poi chiesto ed ottenuto dal Procuratore Generale una proroga del termine per le indagini, con ciò venendo, dunque, pienamente legittimato anche dalla stessa Procura Generale al compimento dell’attività inquirente.

Il Collegio di Garanzia ha asserito al riguardo che la Procura Generale sarebbe stata obbligata a ricorrere all’applicazione, a seguito dell’astensione del solo Procuratore Federale, giacché presso la FIDS non vi sarebbe un Procuratore Aggiunto, che, a suo dire, sarebbe l’unico soggetto abilitato a svolgere funzioni inquirenti e requirenti al pari del Procuratore, in forza di quanto disposto dall’art. 40 CGS, essendovi solo dei Sostituti Procuratori, i quali, pur essendo chiamati a coadiuvare il Procuratore, non deterrebbero gli stessi poteri, non avendo ugual “titolo”, né uguale “qualifica”, e “non offrendo le stesse garanzie di indipendenza di un Aggiunto”.

La tesi sarebbe priva di fondamento giuridico.

Essa, anzitutto, confonderebbe le funzioni del “Pubblico ministero” con le attribuzioni del Procuratore quale dirigente dell’ufficio.

Nell’ordinamento sportivo è prescritto che presso ogni Federazione nazionale sportiva sia obbligatoriamente presente l’Ufficio di Procura federale (nel caso di specie, presso la FIDS, ai sensi dell’art. 77 del relativo Statuto), composto dal Procuratore, da eventuali Aggiunti e dai Sostituti; esso è l’ufficio di “pubblico ministero sportivo”, cui compete l’esercizio dell’azione disciplinare.

Al suo interno spettano al Procuratore federale i compiti di direzione dell’ufficio, che possono essere esercitati dall’Aggiunto, se nominato, solo in caso di impedimento del Procuratore o su sua delega.

Tutti i componenti devono essere provvisti dei medesimi titoli e qualifiche (art. 77, comma 2, Statuto FIDS). Secondo l’art.77 dello Statuto FIDS e gli artt.40 e ss. CGS, a ciascuno di loro sono attribuite le funzioni di pubblico ministero rispetto al singolo procedimento, con la differenza che il Procuratore Federale agisce indipendentemente dall’assegnazione del fascicolo, mentre gli Aggiunti ed i Sostituti solo dietro assegnazione del fascicolo, da parte del primo.

L’ulteriore affermazione per cui i Sostituti procuratori federali sarebbero privi di “indipendenza”, poi, oltre ad essere apodittica ed assertiva, sarebbe smentita dall’art. 43 CGS, per cui “lo Statuto della Federazione assicura l’indipendenza del Procuratore federale e dei relativi Sostituti e garantisce che il Procuratore federale ed i Sostituti in nessun caso assistano alle deliberazioni del giudice presso il quale svolgono le rispettive funzioni ovvero che possano altrimenti godere, dopo l’esercizio dell’azione, di poteri o facoltà non ragionevoli né equivalenti a quelli dei rappresentanti della difesa”.

Il Collegio afferma inoltre che non si potrebbe dare rilievo a quanto stabilito dall’art. 43 CGS e dall’art. 77 Statuto FIDS, atteso che “tali disposizioni presuppongono che il Sostituto agisca a seguito di assegnazione da parte del Procuratore Federale, quindi su sua delega e nell’ambito delle sue direttive. È evidente che nel caso in esame non sussistono tali presupposti: il Procuratore federale si è astenuto e non vi è stata alcuna delega.”.

Secondo la prospettazione attorea, le norme richiamate consentirebbero invece al Procuratore Federale, anche dopo essersi astenuto, di assegnare il fascicolo al Sostituto, in quanto l’astensione riguarda l’attività di indagine, ossia proprio la funzione di “pubblico ministero”, ma non le funzioni legate alla direzione dell’ufficio.

L’art.11 del Regolamento della Procura Generale stabilisce espressamente che possa ricorrersi all’istituto dell’applicazione solo quando “le ragioni di convenienza a fondamento dell’istanza [di astensione] riguardino tutti i componenti della Procura federale”, ma nel caso in esame le richieste del Procuratore Federale farebbero espresso riferimento a ragioni personali, per cui non legittimavano la Procura Generale a nominare un applicato.

Il Collegio di Garanzia attribuisce poi rilievo al fatto che il Procuratore Federale successivamente insediato “non abbia mai chiesto la revoca dell’applicazione con conseguente restituzione dei fascicoli, bensì abbia manifestato la volontà di associarsi all’azione disciplinare intrapresa, sviluppando richieste insieme alla Procura Generale e partecipando alle udienze”, ponendo, cioè, in essere una “coassegnazione”, intesa come “gestione congiunta”.

La tesi non riposerebbe su alcuna norma dell’ordinamento sportivo e sarebbe in palese contrasto con i reali accadimenti.

Il Procuratore Federale, infatti, esercita un ufficio e non un proprio diritto, cosicché non può disporre degli atti del procedimento come meglio crede.

Inoltre tale presunta attività di “coassegnazione” si sarebbe limitata alla partecipazione all’udienza, perciò dopo lo svolgimento delle indagini (svolte esclusivamente dalla Procura generale dello Sport) e dopo l’esercizio dell’azione disciplinare (svolta sempre dalla Procura Generale dello Sport).

In ordine alla nullità dell’atto di “delega” al Procuratore OMISSIS, il Collegio di Garanzia non si è pronunciato, ritenendo la questione superata per effetto dell’accoglimento di quella inerente la legittimazione del Procuratore Nazionale.

Tuttavia si tratterebbe di questioni distinte. L’atto di “delega” al Procuratore Nazionale OMISSIS era affetto da nullità e quindi inidoneo a sanare l’attività posta in essere dal Procuratore Generale e/o dal Procuratore Nazionale, essendo priva di qualunque riferimento alla funzione o all’atto delegato. In questo caso il Procuratore Generale, non avendo il potere di svolgere attività di carattere inquirente e/o requirente, non potrebbe conseguentemente delegarle.

Si è costituito in giudizio il CONI - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, il quale ha poi depositato documentazione ed una memoria difensiva.

In particolare, in detta memoria esso ha sollevato diverse eccezioni pregiudiziali e, controdeducendo articolatamente alle doglianze di parte ricorrente, ha sostenuto la legittimità della decisione adottata dal Collegio di Garanzia dello Sport e resistito alla domanda di risarcimento dei danni, ritenendo insussistenti in concreto i presupposti ex lege per accoglierla.

Con ordinanza n. 827 del 14.2.2018, ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a., è stata fissata al 27.3.2018 la data di discussione del ricorso nel merito.

Entrambe le parti hanno depositato documentazione e memorie, anche di replica, in vista della predetta udienza pubblica del 27.3.2018, nella quale il ricorso è stato introitato per la decisione.

DIRITTO

1 - Nel presente giudizio, comprensivo di ricorso introduttivo e di motivi aggiunti, i ricorrenti, tutti tesserati della Federazione Italiana Danza Sportiva – FIDS, propongono azione di annullamento della decisione del Collegio di Garanzia dello Sport a sezioni unite presso il CONI individuata in epigrafe, con la quale è stato accolto il ricorso della Procura Generale presso il CONI avverso la statuizione della Corte federale d’Appello della FIDS del 18.9.2017 (C.U. n. 8/2017), di conferma della decisione del Tribunale Federale n. 20/2017 depositata in data 3.7.2017, che, a sua volta, aveva dichiarato l’inammissibilità dell’azione disciplinare promossa con l’atto di deferimento del 21.4.2017 (prot. 2456), per difetto di titolarità in capo al Procuratore Generale dello Sport, l’improcedibilità dell’azione disciplinare promossa sempre con l’atto di deferimento del 21.4.2017 (prot. 2456), per difetto di legittimazione dei Procuratori Nazionali dello Sport applicati, nonché la nullità di tutti gli atti di indagine.

Chiedono l’annullamento anche degli atti presupposti, sulla base dei quali si è pervenuti al loro deferimento dinanzi al Tribunale federale della FIDS.

1.1 - Avanzano altresì domanda di risarcimento dei danni – economici ed all’immagine – subiti per effetto degli atti gravati ed in primis della suindicata decisione del Collegio di Garanzia.

1.2 - In via pregiudiziale il Collegio deve darsi carico di vagliare le numerose eccezioni preliminari in rito, sollevate dal CONI.

2 - In primo luogo esso assume il proprio difetto di legittimazione passiva, chiedendo l’estromissione dal giudizio.

In proposito rileva che, ai sensi degli artt. 12 e 12 bis del proprio Statuto, il Collegio di Garanzia dello Sport è stato istituito presso il CONI “in posizione di autonomia e indipendenza” e costituisce l’organo di ultimo grado della giustizia sportiva, cui è demandata la cognizione delle controversie decise in via definitiva in ambito federale.

2.1 - Detta eccezione va disattesa.

Occorre osservare al riguardo che tale organo non ha una personalità giuridica autonoma e distinta da quella del CONI ed inoltre i propri atti hanno natura di atti amministrativi e non già giurisdizionali (cfr.: T.a.r. Lazio – Roma, n. 4391/2016).

2.2 - Ne deriva che deve riconoscersi la legittimazione processuale in capo al CONI.

3 - Deve poi esaminarsi l’eccezione di difetto di giurisdizione, che poggia sull’assunto che alla specie si applicherebbe l’art. 2, comma 1, lett. b), del d.l. n. 220/2003, convertito dalla legge n. 280/2003, e che, perciò, la cognizione delle domande proposte in questa sede sarebbe in realtà riservata al Giudice sportivo.

3.1 - Ai sensi del citato art. 2, comma 1, lett. b): “In applicazione dei princìpi di cui all'articolo 1, è riservata all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto:

b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive”.

3.2 - Secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, che garantisca la massima tutela giurisdizionale dinanzi agli organi giurisdizionali statali, peraltro perfettamente conforme al dato letterale, il termine “irrogazione”, riferito alle sanzioni, non può che essere inteso in senso restrittivo, anche perché la locuzione adoperata alla lett. b): “l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive” viene posta in correlazione con “i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare”, suggerendo che il vaglio debba riguardare l’entità e la tipologia della sanzione rispetto a detti comportamenti.

3.3 - La norma in esame, individuando, in deroga al principio generale che assicura la tutela giurisdizionale delle proprie posizioni giuridiche soggettive dinanzi al Giudice statale, i casi in cui a quest’ultimo viene sottratta la cognizione, per essere devoluta al giudice sportivo, è naturalmente di stretta interpretazione, per cui non se ne può estendere la portata applicativa a casi diversi, ivi non espressamente e chiaramente contemplati.

3.4 - In questo caso costituisce dato pacifico la circostanza che non vengono in esame né comportamenti rilevanti sul piano disciplinare né sanzioni disciplinari già irrogate.

Infatti oggetto della decisione del Collegio di Garanzia dello Sport censurata col presente ricorso è l’atto con cui la Procura generale dello Sport ha deferito i ricorrenti dinanzi al Tribunale federale della F.I.D.S., il cui esame è limitato a profili di competenza e procedurali.

Mai si è pervenuti all’irrogazione di sanzioni disciplinari nei loro riguardi, né si discetta dei comportamenti posti in essere dai medesimi per i quali la richiamata Procura li ha deferiti al suddetto Tribunale federale.

4 - È corretto invece affermare che alla controversia in esame si applica l’art. 3 del menzionato d.l. n. 220/2003, il quale prevede la devoluzione al Giudice amministrativo (salvo che non si tratti di rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, la cui cognizione è demandata al Giudice ordinario) delle residuali ipotesi di “ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell’articolo 2”.

4.1 - Conseguentemente sussiste la giurisdizione del Giudice adito rispetto al petitum annullatorio.

5 - Il CONI eccepisce, inoltre, il mancato rispetto della pregiudiziale sportiva, in violazione dell’art. 3 del citato d.l. n. 220/2003.

5.1 - Si rammenta che la menzionata disposizione primaria pone appunto, come condizione di procedibilità per poter adire il Giudice statale, nella specie il Giudice amministrativo, il previo esaurimento di tutti i gradi della giustizia sportiva.

5.2 - Il CONI rileva al riguardo che il Collegio di Garanzia dello Sport, con decisione n. 2 del 2018, ha accolto il ricorso della Procura Generale dello Sport presso il CONI, rimettendo, per l’effetto, “gli atti al Tribunale Federale Nazionale di primo grado, affinché si proceda all’esame del merito”, per cui non si sarebbero esauriti tutti i gradi della giustizia sportiva, mancando la pronuncia nel merito del Tribunale, della Corte di Appello, nonché quella del Collegio di Garanzia dello Sport.

Conseguentemente gli odierni ricorrenti avrebbero adito il Giudice amministrativo in patente violazione dell’art. 3, comma 1, del d.l. n. 220/2003.

5.3 - Anche detta eccezione è priva di fondamento.

5.4 - Nell’assumere il mancato rispetto della pregiudiziale sportiva, il CONI fa erroneamente riferimento ad una seconda valutazione della medesima vicenda – questa volta anche nel merito - a seguito del rinvio disposto dal Collegio di Garanzia al Tribunale federale, unitamente all’accoglimento del ricorso, affinché quest’ultimo esamini nuovamente l’atto di deferimento alla luce del principio di diritto espresso nella propria decisione.

5.5 - Tuttavia l’intento perseguito col presente ricorso è l’accertamento dell’illegittimità di quest’ultima decisione, con conseguente arresto alla fase iniziale del procedimento disciplinare.

Sia il Tribunale Federale, sia la Corte d’Appello Federale nella specie hanno reso pronunce che hanno definito la controversia in sede sportiva, dichiarando inammissibile l’azione disciplinare intrapresa.

Il Collegio di Garanzia all’esito dell’esperimento di tutti i gradi della giustizia sportiva, si è, infatti, pronunciato esclusivamente su tale questione, idonea a definire il giudizio, senza ulteriori fasi di merito, esaurendo ogni rimedio endofederale con una decisione che costituisce, se non annullata, res judicata.

5.6 - Sulla vicenda sono stati, perciò, esperiti i tre gradi di giudizio, per cui risulta rispettata la pregiudiziale sportiva di cui all’art. 3 del d.l. n. 220/2003 ed il ricorso è ammissibile, anche sotto il profilo appena esaminato.

6 - Un’ultima eccezione mossa dal CONI in ordine all’asserita inammissibilità del ricorso si fonda sull’assunto che l’atto impugnato non sarebbe lesivo, per cui sarebbe ravvisabile la carenza d’interesse.

Esso rileva al riguardo che la decisione del Collegio di Garanzia, non solo non irroga sanzioni disciplinari, ma non pregiudicherebbe in alcun modo la sfera giuridico-patrimoniale dei ricorrenti, limitandosi a risolvere una mera questione preliminare di rito ed a rinviare ogni valutazione in merito alla sussistenza di un illecito sportivo e, quindi, all’irrogazione di una sanzione disciplinare agli organi endofederali.

6.1 - Non può condividersi detta prospettazione.

6.2 - La portata lesiva della decisione in questione è da ricollegare alla conseguente riapertura del procedimento disciplinare nei confronti dei ricorrenti, che invece, per effetto delle statuizioni adottate dagli organi di giustizia federali di primo e di secondo grado, aveva subito un definitivo arresto.

Gli effetti che si esplicano a loro carico sono riconducibili ai potenziali danni, anche all’immagine e presumibilmente pure nell’ambito lavorativo, direttamente derivanti dalla pendenza di un procedimento disciplinare.

6.3 - Inoltre, ove, con l’arresto per vizi di competenza determinato dalle decisioni assunte dal Tribunale federale e dalla Corte d’Appello federale, l’azione disciplinare non fosse più esercitabile, la lesione causata dalla riapertura del procedimento disciplinare per effetto del decisum del Collegio di Garanzia, con rinvio all’organo di primo grado, sarebbe ancora più evidente.

6.4 - Alla luce di quanto sopra rilevato e considerato, il ricorso deve essere dichiarato ammissibile, in quanto sussiste, in capo ai ricorrenti, l’interesse a ricorrere.

7 - Passando al merito, si ritiene di cominciare la presente disamina dall’azione di annullamento, che è fornita di fondamento per le ragioni di seguito esposte.

8 - La prima questione che il Collegio è chiamato a vagliare concerne la sussistenza o meno del potere di cognizione in capo al Collegio di Garanzia dello Sport in relazione al ricorso proposto dalla Procura generale presso il CONI, definito con la decisione qui censurata.

8.1 - La norma qui in rilievo è in primo luogo quella di cui all’art. 12 bis dello Statuto del CONI, adottato in applicazione dell’art. 2 del D.Lgs. n. 242/1999 e s.m.i., secondo il quale “il Collegio di Garanzia dello Sport [è] organo di ultimo grado della giustizia sportiva, cui è demandata la cognizione delle controversie decise in via definitiva in ambito federale, ad esclusione di quelle in materia di doping e di quelle che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico-sportive di durata inferiore a novanta giorni o pecuniarie fino a 10.000 euro”.

L’art. 54 del Codice di Giustizia Sportiva, approvato dal Consiglio Nazionale del C.O.N.I. con delibera n. 1538/2015, a sua volta, prevede: “Avverso tutte le decisioni non altrimenti impugnabili nell’ambito dell’ordinamento federale ed emesse dai relativi organi di giustizia, ad esclusione di quelle in materia di doping e di quelle che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico-sportive di durata inferiore a novanta giorni o pecuniarie fino a 10.000 euro, è proponibile ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, di cui all’art. 12 bis dello Statuto del CONI. Il ricorso è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti.”.

8.2 - La lettera delle norme enunciate è chiara nell’escludere dal proprio ambito di cognizione, oltre che le controversie in materia di doping, qui senz’altro non di interesse, altresì le controversie su sanzioni tecnico-sportive di durata inferiore a novanta giorni o pecuniarie fino a 10.000 €.

È, perciò, ammessa la cognizione delle sanzioni – tecnico-sportive o pecuniarie - di entità superiore a quelle espressamente indicate nelle citate norme, sopra riportate.

In tal modo si è voluto limitare tale ambito, lasciando al Giudice sportivo di legittimità la cognizione unicamente delle controversie su sanzioni sportive di maggior rilievo.

8.3 - A tal fine i parametri fissati ex ante sono molto chiari e non lasciano alcun margine valutativo allo stesso Collegio di Garanzia, il quale può conoscere delle sanzioni concretamente irrogate solo se conformi a tali limiti.

8.4 - È perciò evidente che, qualora le questioni poste al suo esame non concernano sanzioni effettivamente comminate, detto organo è sfornito di potere.

Il dato letterale è, infatti, insuperabile, attesa la sua chiarezza.

8.5 - Il Collegio di Garanzia invece, per poter affermare la sussistenza nel caso in esame del proprio potere di cognizione, dopo avere premesso che “la soluzione della questione [di inammissibilità del ricorso] debba necessariamente passare attraverso un'attenta e ponderata opera di interpretazione delle disposizioni citate [art. 12 bis, comma 1, Statuto CONI e art. 54 CGS], che non si arresti al profilo meramente letterale ma ne indaghi il significato anche secondo un criterio logico, funzionale e sistematico”, ha affermato che in effetti il testo delle richiamate disposizioni fa espresso riferimento alle decisioni “che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni”, per poi però aggiungere: “ma il dato letterale si scontra inconciliabilmente con quello logico.”.

8.6 - Esso, pur di non sottrarre al proprio vaglio di legittimità fatti asseritamente gravi, introduce arbitrariamente un astratto criterio di “gravità”, individuandolo nella “misura delle sanzioni previste per quella violazione”, in tal modo privando anche di ogni valore l’accertamento del fatto e della sua gravità, come svolto nell’unica sede a ciò deputata, che è quella diversa del merito, e violando il principio di certezza del diritto e le regole del giusto processo.

8.7 - Ma il dato più rilevante è che la tesi sostenuta da tale organo contrasta, scavalcando, le norme su citate (art.12 bis, comma 1, Statuto CONI e art. 54 CGS), le quali sono quelle attributarie nei suoi riguardi del potere di cognizione di legittimità.

È evidente che, in assenza di un’attribuzione di potere ad opera di una norma, il Collegio di garanzia non è legittimato a pronunciarsi su un ricorso proposto dinanzi al medesimo.

8.8 - Nella specie è palese che nessuna sanzione è stata irrogata, per cui il Collegio di Garanzia, essendo privo di potere, avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il ricorso proposto dalla Procura generale avverso la decisione emessa dalla Corte federale d’Appello di che trattasi.

8.9 - Conseguentemente la decisione emessa da detto organo è illegittima.

9 - Si ravvisano ulteriori profili di illegittimità che inficiano l’impugnata decisione del Collegio di Garanzia.

9.1 - In particolare, esso ha ritenuto legittima l’applicazione del Procuratore nazionale ai procedimenti nn. 3/17 e 6/17, poi riuniti, disposta dal Procuratore generale. Conseguentemente, secondo tale tesi, anche l’atto conclusivo delle indagini preliminari sottoscritto da quest’ultimo e dal Procuratore nazionale applicato, nonché l’atto di deferimento al Tribunale federale a firma del Procuratore generale e del Procuratore nazionale applicato e di quello delegato sarebbero legittimi.

9.2 - Deve innanzi tutto rilevarsi che, ai sensi dell’art. 12 ter, comma 1, dello Statuto del CONI, alla Procura della Repubblica, composta da un Procuratore Generale, che la dirige, e dai Procuratori Nazionali, sono riconosciute esclusivamente funzioni di vigilanza e coordinamento sulle attività inquirenti e requirenti delle Procure federali.

9.3 - È, perciò, evidente che non è ammissibile alcuna delega delle funzioni inquirenti e requirenti da parte del Procuratore generale. Infatti la delega ha sempre ad oggetto una specifica funzione propria del delegante, che viene trasferita al delegato.

Ne consegue l’illegittimità della delega al Procuratore delegato Castaldo, nonché dell’attività posta in essere da quest’ultimo nell’esercizio della funzione delegata.

9.4 - Di regola, infatti, ai sensi dell’art. 43 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI: “Le funzioni del Procuratore federale sono esercitate nelle indagini preliminari, nei procedimenti di primo grado e nei giudizi di impugnazione; esse sono svolte personalmente ovvero mediante assegnazione delle questioni a uno o più addetti al medesimo Ufficio.

Con l’atto di assegnazione il Procuratore può stabilire i criteri ai quali l’addetto all’Ufficio deve attenersi anche relativamente alla fase dibattimentale.”.

L’art. 77 dello Statuto della F.I.D.S., a sua volta, prevede: “2. L’Ufficio del Procuratore Federale si compone del Procuratore Federale nonché di Sostituti Procuratori, in numero non maggiore di due. (…).

4. Le funzioni del Procuratore federale sono esercitate nelle indagini preliminari, nei procedimenti di primo grado e nei giudizi di impugnazione; esse sono svolte personalmente o mediante assegnazione ad un Sostituto.”.

9.5 - Il citato art. 12 ter dello Statuto del CONI, al comma 5, attribuisce eccezionalmente l’applicazione di Procuratori nazionali, ai fini dell’esercizio della relativa attività inquirente e requirente, anche in sede dibattimentale, in caso di avocazione, a sua volta possibile solo nelle ipotesi contemplate al comma 4 della medesima disposizione e con il rispetto delle regole procedimentali dettate dall’art. 51, comma 7, del CGS.

Il potere di avocazione, cui è connesso lo svolgimento di attività inquirente e requirente, discende direttamente dalle funzioni di vigilanza espressamente demandate alla Procura generale.

9.6 - Esistono altre ipotesi in cui è prevista l’applicazione dei Procuratori nazionali.

In particolare, l’art. 52 del Codice di Giustizia Sportiva stabilisce: “L’applicazione può essere altresì disposta, su richiesta del Procuratore federale interessato, quando sussistono protratte vacanze di organico ovvero specifiche e contingenti esigenze investigative o processuali che, anche per la particolare complessità di determinati affari o per l’esigenza di assicurare che il loro trattamento sia eseguito a cura di persona dotata di specifiche esperienze e competenze professionali, possano compromettere l’utile esercizio dell’azione disciplinare. In tali casi, l’applicazione comporta una coassegnazione del procedimento tra il Procuratore federale e il Procuratore nazionale dello sport in applicazione.”.

10 - In questo caso il Procuratore generale ha disposto l’applicazione di un Procuratore nazionale, facendo applicazione dell’art. 11, comma 2, del Regolamento di Organizzazione e Funzionamento della Procura Generale dello Sport, in combinato disposto con l’art. 52 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, a fronte delle richieste di astensione presentate dal Procuratore Federale FIDS.

10.1 - L’art. 11 citato prevede: “Ai sensi del comma 1 dell’art. 46 del Codice di Giustizia Sportiva, il Procuratore generale dello sport autorizza l’astensione del Procuratore federale entro tre giorni dal ricevimento della relativa istanza.

2. In caso di autorizzazione, qualora le ragioni di convenienza a fondamento dell’istanza riguardino tutti i componenti della Procura federale, applica un Procuratore nazionale ai sensi dell’art. 52 del Codice della Giustizia sportiva”, sopra richiamato.

Inoltre l’art. 46 del Codice di Giustizia Sportiva prevede: “Il Procuratore federale ha facoltà di astenersi quando esistono gravi ragioni di convenienza.

2. L’autorizzazione all’astensione è data dal Procuratore generale dello sport.”.

10.2 - Dalla lettura delle richiamate norme si deducono i seguenti principi:

a) l’astensione del Procuratore federale, possibile per gravi ragioni di convenienza, deve sempre essere autorizzata dal Procuratore generale dello sport;

b) in caso di astensione, il Procuratore generale dello sport può disporre l’applicazione, normalmente prevista in caso di avocazione o in presenza di particolari situazioni segnalate dallo stesso Procuratore federale, solo ove “le ragioni di convenienza a fondamento dell’istanza riguardino tutti i componenti della Procura federale”.

10.3 - In questo caso il dato fattuale che emerge in modo inequivocabile è che unicamente il Procuratore federale abbia rappresentato tali ragioni e conseguentemente si sia astenuto, a ciò autorizzato dal Procuratore generale.

Peraltro, come risulta per tabulas, lo stesso, dopo un primo diniego di autorizzazione all’astensione in relazione al procedimento n. 3/17, aveva già assegnato il fascicolo al proprio Sostituto, che aveva poi anche chiesto ed ottenuto dalla Procura Generale una proroga del termine di indagine. Successivamente il Procuratore generale dello sport, oltre ad autorizzare l’astensione, ha altresì applicato al procedimento stesso un Procuratore nazionale, in tal modo impedendo anche al Sostituto già assegnatario di continuare a svolgere l’attività di indagine.

10.4 - Al riguardo il Collegio di Garanzia ha accolto il ricorso della Procura Generale, sulla base della seguente motivazione: “L’art. 40, comma 8, del CGS CONI, [...], attribuisce espressamente ai soli Procuratori Aggiunti la possibilità di sostituire il Procuratore Federale in caso d’impedimento. Se ne desume che il Sostituto Procuratore non ha le stesse prerogative e gli stessi poteri dell’Aggiunto; può ‘coadiuvare’ il Procuratore Federale nell’esercizio delle sue funzioni, ma in caso di impedimento di questi non ha il potere di sostituirlo ed esercitare l’azione disciplinare.

Nella struttura della Procura Federale FIDS vi è un solo Procuratore Federale e un solo Sostituto Procuratore (Sostituto e non Aggiunto), così come previsto dall’art. 43, comma 1, Regolamento di Giustizia FIDS.

A seguito dell’accoglimento dell’istanza di astensione presentata dal Procuratore Federale, questi risulta impedito, non risultano esservi altri componenti all’interno della Procura Federale aventi titolo a svolgere le funzioni inquirenti e requirenti, dal momento che il Sostituto non ne avrebbe la qualifica, non offrendo le stesse garanzie di indipendenza di un Aggiunto.”.

10.5 - Deve rilevarsi che l’art. 40 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, al comma 2, prevede: “L’ufficio del Procuratore si compone del Procuratore federale ed eventualmente di uno o più Procuratori Aggiunti nonché di uno o più Sostituti Procuratori”, stabilendo, al successivo comma 8: “I Procuratori Aggiunti ed i Sostituti Procuratori coadiuvano il Procuratore federale.

I Procuratori Aggiunti, inoltre, sostituiscono il Procuratore federale in caso d’impedimento e possono essere preposti alla cura di specifici settori, secondo le modalità stabilite da ciascuna Federazione nei rispettivi regolamenti di giustizia”.

Quindi la presenza dei Procuratori aggiunti all’interno di una Procura federale è eventuale, e non necessaria, e dipende dalle previsioni statutarie di ciascuna Federazione.

10.6 – In ogni caso tutti i componenti della Procura federale svolgono funzioni inquirenti/requirenti, mentre il Procuratore aggiunto, ove previsto, svolge anche funzioni di direzione e coordinamento, di tipo amministrativo, in caso di impedimento del Procuratore federale.

Sia nell’art. 43 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI sia altresì nell’art. 77 dello Statuto FIDS è prevista espressamente l’assegnazione dei fascicoli a componenti diversi dal Procuratore federale.

Come si desume poi dal richiamato art. 40, comma 8, CGS, tanto il Sostituto quanto l’Aggiunto coadiuvano il Procuratore Federale, mentre solo l’Aggiunto può sostituire il Procuratore Federale, in caso di impedimento, e può essere preposto alla cura di determinati affari nei casi stabiliti dal Regolamento di giustizia.

10.7 - È pertanto evidente che, quando e se si astenga, il Procuratore Federale può e deve assegnare il fascicolo al Sostituto (o - indifferentemente - all’Aggiunto), che svolgerà l’attività inquirente e requirente su assegnazione, cioè sulla scorta di un atto che al Procuratore Federale non è certo impedito dall’astensione. In questo caso, infatti, il Procuratore federale, che si è astenuto in relazione ad un singolo affare, per ragioni di compatibilità, mantiene il potere di direzione della Procura federale, nell’esercizio del quale assegna l’affare stesso ad altro componente della Procura federale, rispetto al quale non sussistono ragioni di incompatibilità.

10.8 - Non può perciò condividersi l’assunto del Collegio di Garanzia secondo cui, a seguito dell’astensione del Procuratore Federale FIDS, non restava alcun altro soggetto all’interno della Procura titolato ad esercitare l’azione disciplinare, vista l’assenza, statutariamente stabilita, di un Procuratore Aggiunto presso detta Procura federale.

10.9 - Si ribadisce che nel caso di specie la richiesta di astensione avanzata dal Procuratore Federale FIDS riguardava esclusivamente la sua persona, per cui, essendo presenti, all’interno della Procura federale, anche i Sostituti procuratori, per i quali non sussistevano ragioni di incompatibilità, il Procuratore generale non avrebbe potuto applicarvi Procuratori nazionali, non configurandosi in concreto l’ipotesi di cui al menzionato art. 11, comma 2, del Regolamento di organizzazione e funzionamento della Procura Generale dello sport.

10.10 - Ne deriva che l’atto di conclusione delle indagini e quello di deferimento sono viziati, perché a monte è viziata l’attribuzione della competenza allo svolgimento delle attività in essi confluite.

11 - Non può neppure fondatamente sostenersi – come ha fatto lo stesso Collegio di Garanzia nella decisione qui censurata - che ci sarebbe stato l’avallo, una sorta di approvazione da parte del Procuratore Federale successivamente insediato, sul rilievo che questi non ha mai “chiesto la revoca dell’applicazione con conseguente restituzione dei fascicoli”, bensì ha “manifestato la volontà di associarsi all’azione disciplinare intrapresa, sviluppando richieste insieme alla Procura Generale e partecipando alle udienze”, ponendo, cioè, in essere una “coassegnazione”, intesa come “gestione congiunta”.

11.1 - Al riguardo deve porsi in rilievo che il Procuratore Federale esercita un ufficio e non un proprio diritto, cosicché non può disporre degli atti del procedimento come meglio crede.

11.2 - Inoltre tale presunta attività di “coassegnazione” si è eventualmente in concreto limitata alla partecipazione all’udienza, perciò dopo lo svolgimento delle indagini (svolte esclusivamente dalla Procura generale dello Sport) e dopo l’esercizio dell’azione disciplinare (svolta sempre dalla Procura Generale dello Sport).

12 - Evidenziati la fondatezza del motivo di diritto appena esaminato ed il connesso ulteriore profilo di illegittimità che inficia la decisione del Collegio di Garanzia, impugnata in questa sede, deve ora vagliarsi il dedotto vizio, secondo cui detto organo, nell’accogliere il ricorso, ha disposto la rimessione degli atti “al Tribunale Federale Nazionale di primo grado, affinché si proceda all’esame del merito” in modo illegittimo, secondo appunto la prospettazione offerta dalla parte ricorrente.

12.1 - Anche la censura in esame è degna di accoglimento, in quanto fondata.

Infatti, pur volendo ammettere la legittimità della decisione di accoglimento del ricorso proposto dalla Procura federale, il rinvio si sarebbe dovuto disporre nei confronti della Corte federale d’Appello.

12.2 – In proposito si evidenzia che l’art. 12 bis dello Statuto del CONI espressamente regola l’ipotesi annullamento con rinvio da parte del Collegio di garanzia dello Sport, prevedendo: “Quando il Collegio di Garanzia dello Sport riforma la decisione impugnata decide, in tutto o in parte, la controversia, oppure la rinvia all’organo di giustizia federale competente che, in diversa composizione, dovrà pronunciarsi definitivamente entro sessanta giorni applicando il principio di diritto dichiarato dalla Corte. In tal caso non è ammesso nuovo ricorso salvo che per la violazione del principio di diritto”.

12.3 - Tuttavia la disposizione richiamata non specifica quale sia l’organo di giustizia federale competente, al quale rimettere la controversia, né fornisce elementi ermeneutici per poterlo individuare in concreto.

12.4 - In presenza di detta norma non chiara ed esaustiva, deve quindi farsi applicazione dell’art. 2, comma 6, del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, il quale stabilisce che, “per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva”.

12.5 - In particolare, risulta conferente l’art. 383 c.p.c., il quale regolamenta la cassazione con rinvio.

In tal caso, ove l’accoglimento del ricorso avvenga per motivi diversi da quelli concernenti la competenza o la giurisdizione, la Corte di regola rinvia la causa ad altro Giudice di grado pari a quello che ha pronunciato la sentenza cassata.

Solo ove riscontri una nullità del giudizio di primo grado per la quale il Giudice d’appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo Giudice, essa rinvia la causa a quest’ultimo.

12.6 - Nel caso in esame non si ravvisa alcuna nullità del giudizio di primo grado, per cui, ove anche fosse stato legittimo l’accoglimento del ricorso proposto dalla Procura generale, da parte del Collegio di Garanzia, quest’ultimo avrebbe dovuto rinviare alla Corte federale d’Appello della FIDS, che è organo di giustizia sportiva di grado pari a quello che ha pronunciato la decisione annullata.

13 - Deve concludersi per l’accoglimento della domanda annullatoria, con assorbimento della censura che non ha costituito precipuo oggetto della presente disamina.

14 - Occorre ora vagliare la domanda di risarcimento dei danni, pure proposta nel presente giudizio.

14.1 - Preliminarmente va precisato che l’azione risarcitoria è riconducibile entro lo statuto della responsabilità aquiliana della P.A..

Pertanto, occorre accertare se in concreto ricorrono tutti gli elementi della fattispecie di cui all’art. 2043 c.c., vale a dire la sussistenza del danno dedotto e la sua riconducibilità ad un comportamento della P.A. qualificato contra jus, connotato altresì dall’elemento della colpa, così come individuato dalla giurisprudenza.

14.2 - In questo caso non si ravvisa l’elemento del danno in correlazione con l’impugnata decisione del Collegio di Garanzia. In altre parole non si ritiene di individuare alcun danno, in capo ai ricorrenti, riconducibile all’adozione di tale provvedimento.

14.3 - D’altro canto sono gli stessi ricorrenti ad affermare che il lamentato danno all’immagine sarebbe determinato dal procedimento disciplinare, la cui ripresa, con l’accoglimento della domanda annullatoria, disposta in questa sede, viene del tutto preclusa.

14.4 - Né evidentemente può imputarsi all’intimato Collegio di Garanzia e, per esso, al CONI l’asserito danno correlato con l’esercizio dell’azione disciplinare, attraverso il deferimento al Tribunale federale, inizialmente posto in essere.

14.5 - Quanto al danno economico derivante dalle spese sostenute nelle controversie dinanzi agli organi federali ed al Collegio di Garanzia, non può correttamente parlarsi di danno ingiusto, trattandosi delle spese di ‘giudizio’ sopportate per difendersi dinanzi a tali organi di giustizia sportiva.

14.6 - Pertanto la domanda di risarcimento del danno, qui in esame, va rigettata, in quanto infondata.

15 - In conclusione che il ricorso deve accogliersi limitatamente al petitum annullatorio, con conseguente annullamento di tutti gli atti impugnati.

16 - Le spese di giudizio seguono la soccombenza, ponendosi a carico del CONI, e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando:

- accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati;

- condanna il C.O.N.I. alla rifusione delle spese di giudizio, che liquida forfetariamente in complessivi € 3.000,00 (tremila/00), oltre oneri di legge, in favore dei ricorrenti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2018, con l’intervento dei Magistrati:

Germana Panzironi, Presidente

Alessandro Tomassetti, Consigliere

Rita Tricarico, Consigliere, Estensore
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