T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 8926 DEL 2020
Pubblicato il 31/07/2020
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Pietro Annese, Michele Lo Russo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Michele Lo Russo in Roma, piazza Re di Roma 3;
contro
Federazione Ciclistica Italiana, rappresentata e difesa dall'avvocato Nuri Venturelli, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Apollodoro 26;
C.O.N.I., rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Angeletti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giuseppe Pisanelli n. 2;
per l'annullamento
della decisione n. 48/2017 - prot. 539/2017 emessa dal Collegio di Garanzia Sezione 4^ del CONI il 4.7.2017 e comunicata a mezzo pec in pari data; della decisione emessa il 5.1.2017 dal Tribunale Federale della FCI; della decisione emessa il 3.4.2017 dalla Corte d'Appello Federale della FCI (comunicato n. 9/2017), nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale, oltre al risarcimento per tutti i danni non patrimoniali subiti, quantificati in euro 50.000,00 o nella somma ritenuta di giustizia e o equità:
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Federazione Ciclistica Italiana e del C.O.N.I.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza del giorno 23 giugno 2020 il cons. Anna Maria Verlengia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso, notificato il 28 settembre 2017 e depositato il successivo 17 ottobre, il sig. -OMISSIS-, Presidente del Comitato Regionale Umbria della FCI, impugna la decisione del Collegio di Garanzia Sezione 4^ del CONI, emessa il 4.7.2017, con cui veniva confermata la sanzione dell’inibizione per mesi tre dalle sue funzioni, per violazione dell’art. 1 comma 1 del Regolamento di Giustizia Federale della FCI, in relazione agli artt. 3 e 9 del Codice di Comportamento sportivo del CONI, per aver abusato dei poteri a lui riconosciuti dall’art. 25 dello Statuto Federale, avendo egli disposto arbitrariamente l’esclusione degli atleti -OMISSIS- dalla rappresentanza regionale per il 41° giro della Lunigiana, benché gli stessi atleti fossero stati valutati positivamente dal punto di vista delle capacità atletiche.
Avverso la predetta decisione il ricorrente articola i seguenti motivi di doglianza:
1) violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 34 del Regolamento di Giustizia Federale F.C.I., degli artt. 12 bis e 25 dello Statuto del CONI, degli artt. 3 e 9 del Codice di Comportamento sportivo del CONI, difetto di motivazione, eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, carenza ed errore dei presupposti, contraddittorietà, illogicità, arbitrarietà, sviamento di potere, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento, in quanto sarebbe stata attribuita al solo ricorrente, in quanto Presidente e legale rappresentante del Comitato Regionale Umbria della FCI, e quindi mero firmatario del comunicato n. 81 del 27.8.2016, la responsabilità di una decisione adottata da un Organo Collegiale, il Comitato Regionale Umbria della FCI, “su indicazione della Struttura Tecnica e del Tecnico Regionale”, sig. -OMISSIS-, senza nessun accertamento sulla posizione espressa dal ricorrente. Il ricorrente, inoltre, rileva che la mancata partecipazione alla gara di Mocaiana da parte di -OMISSIS-, così come degli atleti -OMISSIS-, per i quali però nulla è stato eccepito, ha legittimamente indirizzato il Tecnico Regionale verso una loro esclusione dal 41° giro della Lunigiana, atteso che sarebbe stata concordata con tutte le società regionali associate la necessaria valutazione degli atleti da parte del tecnico regionale, anche e soprattutto alla luce delle gare svolte in ambito regionale e, nel caso di specie, della gara Mocaiana. La mancata partecipazione dei due atleti alla gara Mocaiana rappresenterebbe violazione dell’art. 14 del Regolamento Tecnico Attività Giovanissimi;
2) violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 34 del Regolamento di Giustizia Federale F.C.I., degli artt. 12 bis e 25 dello Statuto del CONI, degli artt. 3 e 9 del Codice di Comportamento sportivo del CONI, difetto di motivazione, eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, carenza ed errore dei presupposti, contraddittorietà, illogicità, arbitrarietà, sviamento di potere, ingiustizia manifesta, per avere qualificato come abuso di potere in violazione dei principi di lealtà ed imparzialità con alterazione del risultato sportivo e mancato rispetto del merito sportivo una scelta tecnico discrezionale fondata sulla mancata partecipazione degli atleti esclusi ad una precedente gara;
3) violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 49 del Regolamento di Giustizia Federale F.C.I., degli artt. 12 bis e 25 dello Statuto del CONI, degli artt. 3 e 9 del Codice di Comportamento sportivo del CONI, difetto di motivazione, eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, carenza ed errore dei presupposti, contraddittorietà, illogicità, arbitrarietà, sviamento di potere, ingiustizia manifesta, per l’assoluta sproporzione della sanzione comminata in violazione dei principi di proporzionalità ed equità, attesa la trentennale esperienza ed attività di tesserato priva di mende.
Il ricorrente conclude quantificando in 50.000,00 euro i danni non patrimoniali subiti per effetto della sanzione, per essergli stata preclusa ogni attività nell’ambito della FCI, compresa la frequentazione degli impianti sportivi e la possibilità di seguire le corse ciclistiche sugli automezzi muniti di contrassegno. La sanzione gli avrebbe altresì impedito di presentare la propria candidatura alle successive votazioni nella Giunta Regionale o come Presidente Regionale del CONI, nonché la partecipazione all’Assemblea Nazionale della Federazione per promuovere la sua candidatura come Presidente Nazionale. A ciò si aggiunga il danno all’immagine derivante dalla diffusione della notizia su quotidiani a tiratura nazionale e regionale, sui siti di informazione online, sportivi e non, dove tale notizia è ancora chiaramente visibile.
Il 27 ottobre 2017 si è costituita la Federazione ciclistica italiana con una memoria con la quale ha eccepito l’irricevibilità del ricorso per inosservanza del termine perentorio previsto dall’art. 45 c.p.a. e resiste nel merito, rilevando che il giudice amministrativo conosce solo in via incidentale le pronunce del giudice sportivo che irrogano sanzioni.
Il 14 novembre 2017 si è costituito il CONI con memoria con cui eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice adito, il difetto di legittimazione passiva del CONI e si riserva di presentare ulteriori memorie e documenti.
Il 27 gennaio 2020 il ricorrente deposita copia della Deliberazione del Consiglio Federale del 9 agosto 2017 con cui viene approvato il Commissariamento del Comitato Regionale Umbria, determinato dalla notevole contrazione dell’attività del Comitato e dalla irregolarità nel suo funzionamento derivanti dall’aver reiteratamente consentito al Presidente inibito di svolgere attività e frequentare i luoghi di gara.
Il 5 febbraio 2020 il ricorrente deposita memoria con cui replica alle eccezioni ed insiste nelle proprie difese.
Il 14 febbraio 2020 la Federazione Ciclistica deposita documenti relativi ai procedimenti disciplinari che hanno interessato il ricorrente successivamente alla sanzione definitivamente irrogata con la decisione impugnata con il presente ricorso.
Parte ricorrente insiste nelle proprie argomentazioni con successiva memoria depositata in vista della pubblica udienza.
La Federazione insiste anch’essa nelle eccezioni e difese e produce anche memoria di replica.
Il 6 marzo 2020 la difesa della Federazione Ciclistica Italiana chiede il rinvio della causa fissata per il 24 marzo 2020, per adesione all’astensione dell’udienza proclamata dall’Organismo Congressuale Forense con delibera del 4/3/2020.
Alla udienza del 23 giugno 2020 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso, nella parte in cui contiene la domanda di annullamento della sanzione, è inammissibile per difetto di giurisdizione. Ciò consente al Tribunale di tralasciare l’eccezione di irricevibilità del gravame per tardività del deposito.
Per quanto concerne la domanda risarcitoria, la stessa è fondata in parte, nei limiti e nei termini di seguito esposti.
Preliminarmente va esaminata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva del Coni, formulato da quest’ultimo, in quanto sarebbe legittimato in proprio il Collegio di garanzia dello Sport.
L’eccezione è infondata.
La giurisprudenza condivisa dal Tribunale ha affermato che quest’organo non ha personalità giuridica autonoma e distinta da quella del C.O.N.I. ed emette atti a natura amministrativa e non giurisdizionale, sicché la legittimazione processuale va riconosciuta in capo al C.O.N.I. (CdS V 7165/2018).
Il Collegio di garanzia dello sport risulta essere un organo appartenente all’ente pubblico Coni, in ragione di quanto disposto nello Statuto di quest’ultimo (atteso che l’art. 12, con cui viene definito nel suo complesso il sistema di giustizia sportiva – al cui vertice è posto il predetto Collegio di garanzia, ex art. 12-bis – è parte integrante del Titolo II, che ne disciplina l’organizzazione interna).
Ora, atteso che le decisioni adottate da parte del Collegio di garanzia dello sport incidono sull’oggetto della controversia, potendo modificare – in funzione nomofilattica – i provvedimenti sanzionatori adottati da parte delle singole Federazioni sportive, ai sensi dell’art. 12-bis comma 3 dello Statuto del Coni, sono proprio dette decisioni a dover essere contestate, se del caso, avanti al giudice amministrativo, con conseguente legittimazione passiva del Coni (v. anche CdS V 5046/2018).
L’eccezione va quindi respinta.
Quanto alla domanda caducatoria, il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del Tribunale adito.
Il d.l. 19 agosto 2003, n. 220 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), convertito dalla l. 17 ottobre 2003, n. 280, all’art. 1 (Principi generali), comma 1, afferma che “La Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale”.
Il successivo comma 2 precisa che “I rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”.
L’art. 2, comma 1 dello stesso d.l. n. 220 del 2003 riserva all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: “a) l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive” e al comma 2 stabilisce che “Nelle materie di cui al comma 1, le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati hanno l’onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui gli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo”.
Il successivo art. 3, titolato “Norme sulla giurisdizione e disciplina transitoria”, dispone poi che “Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’articolo 2, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui all’articolo 2, comma 2, nonché quelle inserite nei contratti di cui all’articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91”.
Correlativamente, l’art. 133, comma 1, lett. z), cod. proc. amm. prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie aventi ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservate agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ed escluse quelle inerenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti”.
Sulla base della normativa sopra richiamata ed in particolare dell’art. 2 del d.l. 220 del 2003 le controversie relative alle sanzioni disciplinari devono ritenersi sottratte alla giurisdizione degli organi giurisdizionali.
Sulla legittimità della norma de qua, come ricordato anche negli atti delle parti costituite, è intervenuta la Corte Costituzionale che, con sentenza n. 49 del 2011, ha fatto salva la norma sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa del 2003 tale per cui, nelle controversie aventi ad oggetto le sanzioni disciplinari, ad essere preclusa, innanzi al giudice statale, sarebbe la sola tutela annullatoria, ma non anche quella risarcitoria.
In senso conforme alla sentenza n. 49 del 2011 si è pronunciata più di recente la Corte Costituzionale, risollecitata con l’ordinanza 10171/2017 (vedi sentenza n. 160/2019).
Il giudice amministrativo è competente a conoscere le questioni attinenti all’irrogazione di sanzioni disciplinari sportive solo in via incidentale e indiretta, al fine esclusivo di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione.
La domanda demolitoria va quindi dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione.
Infondata è pertanto l’eccezione di tardività del ricorso con cui si chiede il risarcimento del danno, atteso che la residuale domanda risarcitoria vede il provvedimento scrutinato solo incidentalmente e che il termine di deposito abbreviato non si applica a tale domanda (vedi CdS Sez. II 8119/2019).
Si passa quindi allo scrutinio dei motivi finalizzato alla sussistenza dei presupposti per la tutela risarcitoria.
Il ricorrente è stato sanzionato sull’assunto che avere escluso i ciclisti -OMISSIS- dal 41° giro della Lunigiana costituisca violazione dell’art. 1 n. 1 del Regolamento di giustizia Sportiva della FCI per abuso dei poteri a lui assegnati dall’art. 25 dello Statuto Federale, e per aver in tal modo violato, oltre al principio di lealtà di cui all’art. 1 del Regolamento di giustizia sportiva della FCI, anche il divieto di alterazione dei risultati sportivi e di imparzialità di cui all’art. 3 ed all’art. 9 del Codice di Comportamento del CONI per non aver rispettato il criterio di merito sportivo prestazionale.
Contro il suddetto assunto il ricorrente invoca quanto prevede il Regolamento tecnico attività giovanissimi della FCI all’art. 14, nel quale si legge che “il giovanissimo è tenuto a partecipare alle gare della provincia e della regione in cui risulta tesserato”.
A tale assunto la Corte Federale d’Appello ha replicato che detta previsione riguarda categorie e fattispecie del tutto estranee e diverse rispetto alla vicenda oggetto del presente procedimento e che nessuna previsione contiene la sanzione dell’esclusione disposta nel comunicato da cui ha avuto origine la vicenda.
L’argomento del ricorrente non può, pertanto, essere condiviso, atteso che la invocata previsione non solo non riguarda la categoria di appartenenza dei ciclisti esclusi ma, soprattutto, non risulterebbe mai essere stata prevista la sanzione della loro esclusione.
Neanche la dichiarazione del Tecnico Regionale, che afferma di avere avvertito la società che la mancata partecipazione alla gara Mocaiana avrebbe reso impossibile la valutazione degli atleti, appare al Collegio sufficiente a giustificare la esclusione degli stessi, fermo restando che tale circostanza rileva sotto altro profilo, per quanto si osserva qui di seguito.
Diverso discorso merita la mancata istruttoria e valutazione della responsabilità del Presidente nell’avere il Comitato da lui presieduto disposto l’esclusione degli atleti -OMISSIS-.
La responsabilità disciplinare si fa discendere dalla avvenuta sottoscrizione del comunicato da parte del Presidente del Comitato, unico soggetto ritenuto responsabile, benché la decisione sia da imputarsi ad un organo collegiale.
Sotto tale profilo la sanzione impugnata appare illegittima per difetto dei presupposti, di istruttoria e di motivazione.
Nella decisione del Collegio di Garanzia dello Sport, dopo aver ricordato che di un atto adottato da un organo collegiale rispondono tutti i componenti del Collegio, con l’esclusione solo di quelli che hanno fatto constatare a verbale il proprio dissenso, si afferma che “dalla sottoscrizione dell’atto impugnato risulta, senza alcun dubbio, la riferibilità al ricorrente dello stesso, con ogni conseguente responsabilità”.
L’affermazione è illogica ove sia ammesso che il Presidente possa avere fatto constatare a verbale il proprio dissenso: circostanza sulla quale non risulta effettuata alcuna valutazione, senza neanche spiegare i motivi per i quali il deferimento abbia riguardato il solo ricorrente.
A ciò si aggiunga che la valutazione tecnica dei ciclisti è rimessa alla esclusiva competenza della Struttura Tecnica e del Tecnico Regionale; e che proprio questi si erano espressi per l’esclusione dei due ciclisti, in coerenza con l’avvertimento dato dal Tecnico alla società di appartenenza dei ciclisti, sopra menzionato.
Alla luce dei fatti esposti, ovvero della ritenuta non valutabilità dei ciclisti per non avere partecipato ad una gara regionale, da parte del Tecnico, la decisione del Comitato di sanzionare il solo Presidente con tre mesi di inibizione appare affetta da sproporzione, non riscontrandosi i presupposti per il ritenuto abuso di potere e slealtà in violazione del divieto di alterare i risultati sportivi ed essendo totalmente mancata una complessiva valutazione dell’attività svolta dal medesimo nel corso della sua trentennale partecipazione come tesserato della Federazione.
Potrebbe astrattamente ravvisarsi , semmai, una responsabilità per non avere più cautamente valutato (e non avere indotto il Comitato a valutare) l’impossibilità di escludere i due atleti in mancanza di una chiara previsione preventiva in tal senso: ma da ciò non poteva scaturire, in mancanza di nuovi elementi - non emersi dall’istruttoria - una sanzione grave come l’inibizione per tre mesi contestata in questa sede.
Tutto ciò premesso, deve ravvisarsi nel caso di specie - in ultima analisi - una responsabilità per colpa dell’amministrazione, per avere sanzionato il ricorrente senza una istruttoria sufficientemente approfondita in ordine alle contestate violazioni, dalle quali è derivato il danno non patrimoniale di cui si duole il ricorrente medesimo.
Per quanto concerne la quantificazione di tale danno, il Collegio non può ignorare le sentenze rese nei procedimenti disciplinari del 4 maggio 2017 e del 23 ottobre 2017, da cui emerge che il ricorrente non ha ottemperato alla sanzione ed ha continuato ad utilizzare il pulmino federale e a frequentare la sede del CR Umbria della FCI.
Ritenuto, pertanto, che l’unico danno accertato e, quindi, valutabile sia quello derivante dalla lesione all’immagine del ricorrente, per essere stato riconosciuto responsabile di abuso di potere, slealtà per violazione del divieto di alterare i risultati, senza che il procedimento - per quanto osservato in precedenza - abbia evidenziato con un adeguato grado di probabilità la sussistenza delle condotte dolose imputate.
Per detto danno il Collegio ritiene equo un risarcimento pari a 5.000,00 euro.
Il comportamento successivamente tenuto dal ricorrente, infatti, interrompe il nesso causale con i vari ed ulteriori profili di danno dedotti, considerato che lo stesso, violando reiteratamente la decisione degli organi di giustizia sportiva, è incorso in successive e ben più gravi sanzioni che lo hanno inibito dalle funzioni per un tempo superiore all’anno, e per effetto delle quali le chance di cui lamenta di essere stato privato non sono più valutabili come effetto diretto della sanzione qui in trattazione.
Conclusivamente il Tribunale dichiara inammissibile il gravame ed accoglie in parte la domanda risarcitoria e, per l’effetto, condanna in solido il CONI e la Federazione Ciclistica Italiana al pagamento del danno che si liquida in euro 5.000,00 (cinquemila/00) in via equitativa.
Sulla suddetta somma devono essere poi computati, trattandosi di debito di valore, la rivalutazione monetaria e gli interessi nella misura legale, sul credito rivalutato anno per anno, secondo i criteri costantemente applicati dalla giurisprudenza (da ultimo Cassazione civile, sez. III, 6 ottobre 2016 n. 19987), dalla data di pubblicazione della presente sentenza al saldo effettivo.
Condanna le resistenti costituite al pagamento in solido delle spese di lite nella misura indicata in dispositivo, tenendo conto della parziale soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:
- dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione la domanda di annullamento;
- accoglie in parte la domanda risarcitoria e, per l’effetto, condanna il CONI e la FCI in solido al risarcimento del danno di immagine nella misura indicata in parte motiva.
Condanna altresì le resistenti, in solido tra loro, a rifondere al ricorrente le spese di lite, liquidate in complessive € 3.000,00, oltre agli accessori di legge, nonché al rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità della parte ricorrente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 giugno 2020, in collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 84, comma 6, d.l. n. 18/2020, come convertito in l. n. 27/2020, con l'intervento dei magistrati:
Francesco Arzillo, Presidente
Vincenzo Blanda, Consigliere
Anna Maria Verlengia, Consigliere, Estensore