CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 3532/2006
CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 3532/2006
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. (…), proposto dal Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;
contro
il signor OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Vascellari e Guido Cecinelli, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla piazza A. Mancini n. 4, presso lo studio dell’avvocato Guido Cecinelli;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sez. I, 19 aprile 2005, n. 1754, e per l’accoglimento del ricorso di primo grado n. 505 del 2005;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Vista la memoria di costituzione dell’appellato, di data 10 marzo 2006;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Data per letta la relazione del Consigliere di Stato Luigi Maruotti alla pubblica udienza del 14 marzo 2006;
Uditi i difensori indicati nel verbale d’udienza;
Considerato in fatto e in diritto quanto segue:
Premesso in fatto
1. A seguito di scontri tra tifosi e le forze dell’ordine, avvenuti a Firenze il 9 gennaio 2005, col provvedimento n. 40259 del 13 gennaio 2005 il Questore di Firenze ha vietato all’appellato per due anni l’accesso ai luoghi ove si svolgono incontri di calcio, relativi ai campionati nazionali professionisti e dilettanti, ai tornei internazionali, ai tornei amichevoli, alle partite della nazionale italiana di calcio, disponendo altresì la comparizione presso la stazione dei carabinieri di Vaglia.
Col ricorso di primo grado n. 505 del 2005 (proposto al TAR per la Toscana), l’interessato ha impugnato il decreto del Questore e ne ha chiesto l’annullamento.
Il TAR, con la sentenza n. 1754 del 2005, ha annullato il provvedimento, per violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990.
2. Con l’appello in esame, il Ministero dell’Interno ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado sia respinto.
L’appellato si è costituito in giudizio, riproponendo i motivi assorbiti in primo grado.
La Sezione, con l’ordinanza n. 5545 del 15 novembre 2005, ha accolto l’istanza incidentale del Ministero ed ha sospeso gli effetti della sentenza.
3. All’udienza del 28 febbraio 2006 la causa è stata trattenuta in decisione.
Considerato in diritto
1. Nel presente giudizio, è controversa la legittimità del decreto con cui il Questore di Firenze ha vietato per due anni all’appellato l’accesso ai luoghi ove si svolgono incontri di calcio, relativi ai campionati nazionali professionisti e dilettanti, ai tornei internazionali, ai tornei amichevoli, alle partite della nazionale italiana di calcio, disponendo altresì – in occasione degli incontri - la comparizione presso la stazione dei carabinieri di Vaglie.
Tale decreto è stato emesso a seguito degli scontri svoltisi tra tifosi e le forze dell’ordine, dopo la conclusione dell’incontro di calcio OMISSIS-Lazio, disputato in data 9 gennaio 2005.
Con la sentenza impugnata, il TAR per la Toscana ha annullato il decreto del Questore, perché non preceduto dall’avviso dell’avvio del procedimento, disciplinato dall’art. 7 della legge n. 241 del 1990.
2. Con le due censure dell’atto di appello, il Ministero dell’Interno ha dedotto che, contrariamente a quanto rilevato dal TAR, il decreto del Questore non doveva essere preceduto dall’avviso dell’avvio del procedimento, in considerazione della pericolosità dell’appellato e della presenza di particolari esigenze di celerità.
3. Ritiene la Sezione che tali censure siano fondate e vadano accolte.
L’art. 6, comma 1, della legge 13 dicembre 1989, n. 294, nel testo novellato dalla legge 24 febbraio 1995, n. 45, dispone che, “nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate per uno dei reati di cui all’art. 4, primo e secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, ovvero per aver preso parte attiva a episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza, il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono competizioni agonistiche specificamente indicate nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni medesime”.
Tale normativa – coerente con la risoluzione del Parlamento Europeo dell’11 maggio 1985, sulle misure necessarie per combattere il vandalismo e la violenza nello sport – ha attribuito al Questore il potere di inibire immediatamente l’accesso ai medesimi luoghi, nei confronti di chi sia risultato coinvolto in episodi in violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
Tale peculiare potere si giustifica per l’esigenza di tutelare prontamente l’ordine pubblico, di garantire il regolare svolgimento delle manifestazioni sportive e di evitare che chi sia risultato coinvolto in un precedente episodio torni a frequentare i luoghi ove esse hanno luogo.
Il provvedimento che inibisce l’accesso a tali luoghi – mirando alla più efficace tutela dell’ordine pubblico e ad evitare la reiterazione dei comportamenti vietati – non va necessariamente preceduto dall’avviso di avvio del procedimento.
Del resto, nel caso di specie il decreto del Questore, basandosi su una precedente denuncia che ha riguardato lo stesso appellante in occasione di un’altra competizione sportiva, si è motivatamente pronunciato sulla pericolosità dell’appellato ed ha espressamente richiamato le “particolari esigenze di celerità del procedimento” che non rendono necessario l’avviso di avvio del procedimento, ai sensi della prima parte dell’art. 7, comma 1, della legge n. 241 del 1990.
4. L’accoglimento dell’appello del Ministero comporta l’esame delle censure assorbite in primo grado e riproposte dall’appellato a pp. 8 ss. con la sua memoria difensiva.
5. Per evidenti ragioni logiche, va esaminato con priorità il motivo con cui l’appellato ha dedotto che il decreto del Questore sarebbe inesistente, per nullità della notifica, poiché è stata consegnata una fotocopia non autenticata, in difformità da quanto previsto dall’art. 137 del c.p.c.
6. La censura risulta infondata e va respinta.
Infatti, il decreto che vieta l’accesso ai luoghi ove si svolgono le manifestazioni sportive può essere comunicato o notificato in fotocopia, in base ai principi generali applicabili per gli atti amministrativi, che non richiedono la notifica con le formalità previste dal codice di procedura civile.
7. L’appellato ha altresì dedotto che – nella specie - la denuncia all’autorità giudiziaria non potrebbe essere definita come tale, poiché i fatti ivi esposti non costituirebbero alcuna violazione della legge penale e comunque non hanno dato luogo alla iscrizione del registro delle notizie di reato, sicché neppure sarebbe ipotizzabile una successiva archiviazione, giustificativa della revoca o della modifica del decreto.
Egli ha altresì dedotto che la normativa posta a base del decreto del Questore sarebbe incostituzionale per contrasto con gli articoli 3 e 24 Cost., ove essa sia interpretabile nel senso che il divieto di accesso può essere disposto anche nei confronti di chi non abbia commesso reati.
8. Anche tali censure vanno respinte.
L’art. 6 della legge n. 294 del 1989 consente l’emanazione della misura del divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono le competizioni sportive nei confronti di chi sia stato denunciato o condannato “per aver preso parte attiva a episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza”.
In base a tale disposizione, la misura del divieto di accesso può essere disposta non solo nei confronti di chi risulti direttamente responsabile di reati caratterizzati dalla violenza, ma anche nei confronti di chi – scegliendo di porsi dalla parte di chi abbia il comportamento violento – in tal modo induca o inneggi alla violenza, con movimenti corporei o espressioni verbali.
A maggior ragione, la medesima misura può essere adottata nei confronti di tutti coloro che facciano parte di un ‘gruppo’, i cui appartenenti – di cui è spesso disagevole l’accertamento delle responsabilità penali individuali - abbiano comportamenti violenti o espressioni verbali inneggianti alla violenza.
In altri termini, il riportato art. 6 non subordina la misura del divieto di accesso alla commissione di un fatto tipico, costituente reato, ma – in base al principio di proporzionalità tra fatto e conseguenza - consente la misura anche quando vi siano condotte di per sé violente, pur se non costituenti un reato contro la persona o il patrimonio.
Nel caso di specie, risulta decisivo considerare che, nella comunicazione trasmessa alla procura della Repubblica di Firenze, i verbalizzanti hanno indicato anche l’appellato, specificamente riconosciuto, tra gli appartenenti al gruppo di tifosi che, all’esterno della curva Fiesole e nel momento in cui giungevano i tifosi della squadra della Lazio, “si compattavano e si coprivano il volto con sciarpe e passamontagna e si dirigevano verso il settore ospiti, verosimilmente per cercare il contatto con l’altra tifoseria”, per poi rovesciare la campana per la raccolta del vetro e lanciare verso le forze di polizia oggetti vari.
Né, del resto, l’appellato ha contestato che faceva parte del gruppo individuato dai verbalizzanti.
Quanto alle dedotte violazioni degli art. 3 e 24 Cost., esse risultano manifestamente infondate, poiché del tutto ragionevolmente la legge può consentire all’autorità di polizia di adottare misure volte alla salvaguardia dell’ordine pubblico e alla regolarità delle competizioni sportive, precludendo che siano reiterate le condotte di chi già le abbia turbate.
9. Con l’ultimo motivo, l’appellato ha lamentato un difetto di istruttoria e la violazione dell’art. 13 Cost., poiché il Questore ha anche prescritto di comparire personalmente presso la stazione dei carabinieri di Vaglia (FI), più volte nello stesso giorno in cui la squadra della OMISSIS disputa incontri a Firenze o in altre città toscane, nonché nel caso in cui la nazionale italiana di calcio disputi incontri nella provincia di Firenze.
Al riguardo, l’appellato ha invocato i principi enunciati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 44273 del 12 novembre 2004 sulla riserva assoluta di giurisdizione e sull’esigenza che il giudice penale valuti i fatti accaduti per accertare – con pienezza di poteri cognitivi - se sussistano indizi di responsabilità e se vi sia la pericolosità del soggetto destinatario della misura.
10. Ritiene la Sezione che su tali doglianze vada dichiarato il difetto di giurisdizione amministrativa (sicché risulta inammissibile la relativa questione di costituzionalità).
Proprio la giurisprudenza invocata dall’appellato (v. Sez. Un., 12 novembre 2004, n. 44273) ha chiarito che il decreto del Questore è impugnabile innanzi al giudice amministrativo – quale espressione di un potere autoritativo – per la parte in cui dispone la misura di prevenzione del divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono le competizioni sportive.
Per quanto riguarda invece la misura riguardante la comparizione personale presso organi di polizia, si applica l’art. 13 della Costituzione perché si tratta di una misura restrittiva della libertà personale (Corte Cost., 4 dicembre 2002, n. 512), sicché essa è soggetta alla convalida dell’autorità giudiziaria (convalida che si caratterizza per il fatto che l’atto amministrativo – una volta convalidato - non è sostituito da un atto della autorità giudiziaria, ma continua esso stesso ad avere effetti perduranti nel tempo).
Risulta pertanto inammissibile la censura che ha sollecitato in questa sede l’esame della legittimità della misura della comparizione, soggetta invece a convalida innanzi alla autorità giudiziaria (e che in concreto è stata convalidata, col decreto del giudice per le indagini preliminari di data 20 gennaio 2005).
11. Per le ragioni che precedono, l’appello principale risulta fondato e va accolto, mentre le censure riproposte dall’appellato vanno respinte.
Per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, il ricorso di primo grado va respinto.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l’appello n. 8342 del 2005 e, in riforma della sentenza del TAR per la Toscana n. 1754 del 2005, respinge il ricorso di primo grado n. 505 del 2005.
Compensa tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi il giorno 14 marzo 2006, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l’intervento dei signori:
Giorgio Giovannini Presidente
Luigi Maruotti Consigliere estensore
Carmine Volpe Consigliere
Luciano Barra Caracciolo Consigliere
Rosanna De Nictolis Consigliere