CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 5026/2015 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 5026/2015
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm. sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da: OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Adami, Lorenzo Contucci, con domicilio eletto presso Lorenzo Contucci in Roma, viale delle Milizie, 138;
contro
Ministero dell'Interno, Questura della Provincia di Napoli, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE V, n. 00952/2015, resa tra le parti, concernente divieto di accedere a tutti gli impianti sportivi per la durata di tre anni;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Questura della Provincia di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2015 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti l’avvocato Adami e l’avvocato dello Stato Ferrante Wally;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Considerato che i provvedimenti di c.d. DASPO, impugnati, individuano il presupposto del divieto nei fatti accaduti in data 1 marzo 2013 prima dell’incontro OMISSIS-OMISSIS; in sostanza: presenza degli odierni appellanti a bordo dell’autobus che era stato colpito da un corpo contundente, conseguente discesa dal mezzo e partecipazione al gruppo di tifosi i quali, travisati con sciarpe, passamontagna e cappucci di felpa, avevano marciato compatti per seicento metri, alcuni di essi danneggiando le autovetture che incontravano e lanciando petardi e fumogeni verso le abitazioni ubicate lungo la strada e infine tentando di sfondare il cordone di polizia all’ingresso dello stadio San Paolo;
Considerato che nei provvedimenti impugnati i suddetti fatti vengono ricondotti alle previsioni dell’art. 6 della legge 401/1989, sottolineandosi, alla luce della richiesta da parte della Procura della Repubblica di Napoli di archiviazione del procedimento penale originato dalla denuncia degli appellanti per il reato di cui all’art. 419 c.p. (in ragione dell’impossibilità di ascrivere a ciascuno delle condotte precise, richiesta poi accolta dal GIP), come “… l’aver preso parte a un gruppo compatto e schierato che – travisandosi e garantendosi l’anonimato di massa, e agevolato dal numero di persone presenti – ha posto in essere atti vandalici e di devastazione, costituisce un comportamento che ha posto in grave pericolo la sicurezza pubblica in occasione di una manifestazione sportiva, determinando, all’esterno dello stadio, gravi turbative per l’ordine pubblico; … ”;
Ritenuto che detti fatti appaiono effettivamente riconducibili alla fattispecie dell’art. 6, comma 1, ultimo periodo, della legge 401/1989 (nella formulazione, applicabile ratione temporis, antecedente alle modifiche introdotte dal d.l. 119/2014, che considerava “… sulla base di elementi oggettivi, … avere tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni…” sportive);
Ritenuto in particolare che, in simili contesti, i comportamenti delittuosi dei singoli sono in concreto resi possibili dalla forza di intimidazione e dalla relativa impunità assicurata dalla presenza del gruppo, tanto più se organizzato – come risulta nel caso in esame – “travisandosi …compattandosi alla stregua di una formazione militare” e “marciando serrati”;-
Considerato che detti fatti non risultano smentiti nell’appello in modo univoco, e tanto meno circostanziato, limitandosi gli appellanti a richiamare le valutazioni del GIP concernenti l’imputabilità della fattispecie penale del reato di devastazione e saccheggio, ed in particolare la mancanza di certezza che i tifosi giunti a Napoli con l’autobus suddetto fossero gli stessi su di esso risaliti dopo la partita ed in quell’occasione identificati dalle Forze dell’Ordine;
Ritenuto che, anche prima delle modifiche introdotte dal d.l. 114/2014, un comportamento di gruppo non escludeva la possibilità di sanzionare col DASPO (una somma di) responsabilità individuali omogenee, qualora queste fossero supportate da elementi diretti o presuntivi che consentissero di affermare la inequivoca e consapevole partecipazione dei singoli al comportamento di gruppo (cfr. Cons. Stato, III, n. 6075/2014);
Ritenuto che la suddetta fattispecie prescinde dalla rilevanza penale delle condotte ivi considerate, e pertanto la loro sanzionabilità con il DASPO non è impedita dall’archiviazione del procedimento per il reato di cui all’art. 419 c.p., disposta dal GIP in data 24 settembre 2013 per l’impossibilità di ascrivere a ciascuno dei tifosi scesi dall’autobus suddetto delle condotte precise;
Ritenuto che il diniego di accesso agli atti, opposto dall’Amministrazione in forza dell’avvenuta trasmissione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, risulti altresì irrilevante ai fini della legittimità del provvedimento impugnato, non essendo stati prospettati (anche in esito all’archiviazione del procedimento penale) ulteriori atti o fatti utili a supportare le censure dedotte, o a originarne di aggiuntive;
Ritenuto che, sulla base della previsione della durata da uno a cinque anni (salvo recidiva) stabilita dall’art. 6, comma 5, della legge 401/1989, alla luce dei comportamenti sanzionati, non appare manifestamente illogica, né sproporzionata la durata di tre anni comminata agli appellanti, senza che possa inficiare tale quantificazione l’identico trattamento riservato al tifoso nel cui zaino è stato rinvenuto il materiale pirotecnico (il quale per questo è stato anche condannato);
Ritenuto, pertanto, che la sentenza appellata si sottrae alle censure prospettate con l’appello;
Ritenuto, tuttavia, che la natura della controversia consenta la compensazione tra le parti delle spese di giudizio;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore