CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 4346/2016 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
CONSIGLIO DI STATO – SENTENZA N. 4346/2016
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale (…9, proposto da: Federazione Italiana Sport Cinofili-F.I.S.C. a.s.d., in persona del legale rappresentante pro tempore dr. Piero Acquaro, rappresentata e difesa dagli avvocati Edoardo Giardino e Vittorio De Gregorio, con domicilio eletto presso l’avv. Edoardo Giardino in Roma, via Adelaide Ristori, 9;
contro
Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Angeletti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giuseppe Pisanelli, 2;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III QUATER n. 12038/2015, resa tra le parti, concernente diniego riconoscimento disciplina sportiva associata ai sensi degli art.24 e 25 dello statuto C.O.N.I. - risarcimento danni.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 settembre 2016 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Giardino e Angeletti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- La F.I.S.C.-Federazione italiana sport cinofili premette di avere presentato al C.O.N.I. istanza in data 19 marzo 2011 per essere riconosciuta quale D.S.A. (disciplina sportiva associata); tale istanza è stata dichiarata irricevibile con nota del 14 aprile 2011, in attesa dell’adozione di un nuovo regolamento per il riconoscimento delle D.S.A..
Espone di avere esperito ricorso straordinario avverso tale provvedimento, accolto con d.P.R. 18 giugno 2012 con la motivazione che la sospensione sine die della valutazione dell’istanza viola la legge n. 241 del 1990.
Aggiunge di avere diffidato, in data 27 agosto 2013, il C.O.N.I. a provvedere sull’istanza di riconoscimento come D.S.A. e di avere successivamente proposto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio avverso il silenzio serbato dall’Amministrazione. Nelle more del giudizio avverso il silenzio il C.O.N.I. ha adottato la delibera n. 280 del 15 luglio 2014, che ha negato l’autorizzazione all’inserimento nell’osservatorio delle nuove discipline sportive della F.I.S.C., gravata con motivi aggiunti.
Il diniego di riconoscimento della F.I.S.C. quale disciplina associata è fondato su più motivi : il primo è che risulta già costituita la F.I.D.A.S.C.-Federazione italiana discipline armi sportive e da caccia, che ricomprende tra le proprie discipline anche il settore cinofilia, annoverando ormai tutte le razze canine; il secondo muove poi dalla considerazione che non è stato possibile accertare se il numero delle affiliate e dei tesserati dichiarati nell’istanza di riconoscimento appartengano esclusivamente alla F.I.S.C., oppure all’ente di promozione sportiva cui la stessa F.I.S.C. appartiene; il terzo motivo è quello per cui in ambito internazionale la federazione di appartenenza (ISDF) non risulta riconosciuta da Sport Accord, né dal C.I.O.
2. - Con i motivi aggiunti in primo grado la F.I.S.C. ha dedotto la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, lamentando la mancata comunicazione del c.d. “preavviso di di rigetto”, nonché il vizio di eccesso di potere nella figure sintomatiche dell’erronea presupposizione e della contraddittorietà con precedente provvedimento.
3. - Con la sentenza impugnata il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso introduttivo avverso il silenzio e respinto i motivi aggiunti.
4. - Avverso detta sentenza ha interposto appello la Federazione italiana sport cinofili, affidandolo a due motivi, l’uno concernente la contestata compensazione delle spese di giudizio in relazione alla pronuncia di improcedibilità del ricorso introduttivo, ed il secondo finalizzato a dimostrare il possesso dei requisiti richiesti dal regolamento del 2003 per l’inserimento nell’Osservatorio, con sottolineatura altresì della diversità, sotto il profilo delle discipline svolte, tra la F.I.S.C. e la F.I.D.A.S.C., concludendo altresì per la condanna del C.O.N.I. al risarcimento del danno.
5. - Si è costituito in resistenza il C.O.N.I., che ha reiterato l’eccezione di inammissibilità (per omessa notifica al controinteressato) del ricorso in primo grado, assorbita dalla sentenza gravata, e comunque dedotto nel senso dell’infondatezza dell’appello.
6.- All’udienza pubblica del 22 settembre 2016 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Deve essere anzitutto esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti argomentata dal C.O.N.I. nell’assunto dell’omessa notifica alla controinteressata, ravvisata nella F.I.D.A.S.C., eccezione assorbita dal giudice di prime cure.
L’eccezione è inammissibile, in quanto tardivamente svolta con la memoria depositata in data 2 settembre 2016, e non con memoria depositata entro il termine per la costituzione in giudizio, come richiesto dall’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm..
L’eccezione è comunque anche infondata, in quanto la F.I.D.A.S.C. non è titolare di un controinteresse rispetto a quello dell’appellante, atteso che l’eventuale inserimento di F.I.S.C. nell’osservatorio ed il suo eventuale successivo riconoscimento come disciplina sportiva associata non determina un pregiudizio di status all’interno dell’ordinamento sportivo alla F.I.D.A.S.C..
Nel processo amministrativo la qualità di controinteressato è riconosciuta chi, oltre ad essere nominativamente indicato nel provvedimento impugnato o comunque agevolmente individuabile (c.d. elemento formale), si presenti come portatore di un interesse giuridicamente qualificato alla conservazione dell’atto in quanto questo, di norma, gli attribuisce in via diretta una situazione giuridica di vantaggio. Tale interesse deve essere di natura eguale e contraria a quella del ricorrente (c.d. elemento sostanziale). Non è invece qualificabile come controinteressato il soggetto la cui posizione sia incisa solo in modo indiretto e riflesso, e tantomeno chi non può subire alcuna sorta di pregiudizio (in termini Cons. Stato, III, 10 agosto 2016, n. 3586).
2. - Con il primo motivo di appello si censura la statuizione di compensazione delle spese di giudizio con riferimento al ricorso avverso il silenzio, conclusosi con una pronuncia di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse, essendo stato adottato dal C.O.N.I., nelle more del giudizio, un provvedimento esplicito di diniego dell’interesse pretensivo della F.I.S.C. Ad avviso dell’appellante, l’applicazione del criterio della c.d. soccombenza virtuale avrebbe dovuto portare alla condanna del C.O.N.I. in coerente applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 26 Cod. proc. amm. e 92, comma 2, Cod. proc. civ..
Il motivo è infondato.
Occorre in primo luogo confermare l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la decisione del giudice di primo grado in materia di spese processuali è censurabile in sede di legittimità, sotto il profilo della violazione di legge, soltanto allorché le spese sono state poste, totalmente o parzialmente, a carico della parte totalmente vittoriosa; non è invece sindacabile, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, l’esercizio del potere discrezionale del giudice sull’opportunità di compensare le spese medesime. Tali principi trovano applicazione non soltanto quando il giudice ha emesso una pronuncia di merito, ma anche quando egli si è limitato a dichiarare l’inammissibilità od improcedibilità dell’atto introduttivo del giudizio (così, tra le tante, Cons. Stato, IV, 31 marzo 2015, n. 1693).
In ogni caso, va rilevato che quand’anche, sotto il profilo formale, sia ipotizzabile una soccombenza virtuale del C.O.N.I. sulla domanda di accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato con riguardo all’istanza di riconoscimento della F.I.S.C. quale disciplina sportiva associata, al contempo vi è un’accertata soccombenza dell’appellante sui motivi aggiunti esperiti, nell’ambito dello stesso processo, avverso il provvedimento esplicito di diniego. Ragione per cui la compensazione delle spese di lite sarebbe comunque giustificabile alla stregua del criterio della soccombenza reciproca, come previsto dall’art. 92, comma 2, Cod. proc. civ..
3. - Con il secondo e centrale motivo di appello si censura il nucleo motivazionale della sentenza, in quanto avrebbe erroneamente affermato che F.I.S.C. non possiede i requisiti previsti dal regolamento del 2003. Allega, di contro, di essere l’associazione più rappresentativa sul territorio nazionale per gli sport cinofili, concernenti attività diversa da quella di addestramento del cane per la caccia (svolta dalla F.I.D.A.S.C.) e, per quanto riguarda la contestazione, contenuta nel provvedimento del C.O.N.I., circa il numero delle affiliate e dei tesserati dichiarati nell’istanza e l’elenco delle attività organizzate nel biennio precedente la richiesta di riconoscimento, lamenta la mancata comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza da parte dello stesso C.O.N.I., in violazione di quanto previsto dall’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990.
Anche tale motivo non è fondato.
Occorre muovere dalla considerazione, di per sé assorbente, che l’appellante non dimostra l’infondatezza dei motivi opposti dal C.O.N.I. nel diniego di autorizzazione e nell’allegata relazione. Essa si limita ad affermare la diversa attività sportiva svolta da F.I.D.A.S.C. e ad aggiungere che, essendo mancato il contraddittorio predecisorio, non è stato possibile dimostrare che sono alla stessa direttamente riferibili le affiliate, i tesserati, nonché le attività indicate nell’istanza di inserimento nell’osservatorio.
A questo proposito si deve considerare che il regolamento dei riconoscimenti approvato il 3 giugno 2003, all’art. 1, in tema di “osservatorio e monitoraggio”, stabilisce che, in presenza di più organizzazioni svolgenti una medesima disciplina sportiva, il C.O.N.I. «procede ad osservare l’organizzazione più rappresentativa e che abbia il riconoscimento della Federazione internazionale di riferimento, ove esistente»; ciò in quanto il successivo art. 3 precisa che l’organizzazione «deve essere l’unica o la più rappresentativa […] sul territorio nazionale della disciplina sportiva, è motivo preferenziale l’affiliazione alla rispettiva Federazione internazionale».
E’ necessario tenere conto del fatto che l’inserimento nell’osservatorio della nuova disciplina sportiva è conseguenziale ad un’attività istruttoria che si conforma alle regole del C.O.N.I., ed è n particolare attuata, secondo quanto previsto dall’art. 1 del regolamento del 2003, «per mezzo dell’esame e verifica della documentazione presentata con sopralluoghi presso la sede dell’organizzazione, con la presenza alle manifestazioni da essa organizzate e con ogni altra forma di raccolta di informazioni e documentazioni utili». L’ampiezza delle modalità dell’istruttoria prefigurata supera dunque l’utilità del contraddittorio invocato dall’appellante, che è funzionale ad un’istruttoria prevalentemente documentale.
Nello specifico, poi, dall’esame della documentazione versata in atti (doc. n. 10 del fascicolo di primo grado del C.O.N.I.) emerge che la F.I.D.A.S.C. svolge una disciplina sportiva cinotecnica (e non solo con armi da caccia) che ricomprende la grande parte delle pratiche sportive con utilizzo del cane, che svolge la F.I.S.C..
Inoltre nella relazione allegata alla delibera viene evidenziato che la commistione di compiti ravvisabile nella F.I.S.C. (associazione sportiva affiliata alla CNS Libertas ed al contempo settore cinofilia della stessa CNS Libertas) rende dubbia la reale appartenenza degli affiliati, nel senso cioè di non consentire la verifica della sua capacità rappresentativa e del suo carattere federativo di più associazioni affiliate. A tale riguardo, il C.O.N.I. ha richiesto alla F.I.S.C. in più occasioni, ed in specie con le note in data 19 novembre 2012 e 11 gennaio 2013, chiarimenti sulla propria consistenza numerica, riscontrate mediante la trasmissione di documentazione inidonea a dimostrare se affiliate, tesserati ed attività fossero riconducibili alla F.I.S.C. od all’associazione di promozione sportiva C.N.S. Libertas.
Nella delineata cornice, oltre a quanto già osservato, la dedotta violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 appare infondata anche alla luce di quanto disposto dal successivo art. 21-octies, comma 2, avendo il C.O.N.I. fornito elementi di prova per dimostrare che il contenuto del provvedimento non avrebbe comunque potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
4. - Il terzo motivo di appello concerne la domanda di risarcimento, essenzialmente a titolo di danno da ritardo, seppure con diverse causali, per un ammontare complessivo di euro 2.900.000,00, già svolta con i motivi aggiunti.
Il motivo è infondato.
Occorre anzitutto ricordare che, secondo la prevalente giurisprudenza, il solo ritardo nell’emanazione di un atto amministrativo è elemento sufficiente a configurare un “danno ingiusto”, con conseguente obbligo risarcitorio, nel caso di procedimento amministrativo lesivo di un interesse pretensivo dell’amministrato, quando tale procedimento sia da concludere con un provvedimento favorevole per il destinatario ovvero se sussistano fondate ragioni per ritenere che l’interessato avrebbe dovuto ottenerlo (in termini Cons. Stato, V, 25 marzo 2016, n. 1239; IV, 10 giugno 2014, n. 2964).
Detto altrimenti, a partire dalla sentenza Cons. Stato, Ad. plen., 15 settembre 2005, n. 7, non è risarcibile il danno da mero ritardo, ma quello da impedimento, caratterizzato dal fatto che la tardiva adozione del provvedimento impedisce di conseguire tempestivamente il bene della vita che spetta. E’ stato infatti ritenuto che il sistema di tutela degli interessi pretensivi consente la riparazione per equivalente solo allorché l’interesse pretensivo, incapace di trovare realizzazione con l’atto, in congiunzione con l’interesse pubblico, assuma a suo oggetto la tutela di interessi sostanziali; conseguentemente non vi è spazio per il risarcimento quando i provvedimenti adottati in ritardo siano di carattere negativo per colui che ne ha presentato l’istanza.
Nella fattispecie in esame, come visto, la delibera n. 280 in data 15 luglio 2014, anche a ritenere che sia stata tardivamente adottata (circostanza peraltro contestata dal C.O.N.I. in relazione alla complessità del procedimento, sia per la iniziale mancanza del regolamento, sia in ragione dell’incompletezza dei documenti versati agli atti dalla F.I.S.C.) non ha autorizzato l’inserimento nell’osservatorio dell’organismo denominato F.I.S.C..
Oltre tale assorbente rilievo, va comunque considerato che è profilo altrettanto pacifico in giurisprudenza quello per cui l’ingiustizia e la sussistenza stessa del danno da ritardo dell’Amministrazione non possono, in linea di principio, presumersi iuris tantum in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo nell’adozione del provvedimento amministrativo (favorevole), ma il danneggiante deve, in conformità all’art. 2697 Cod. civ., provare tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda, dunque la sussistenza sia dei presupposti di carattere oggettivo che di quelli di carattere soggettivo.
Nel caso di specie l’appellante non ha assolto all’onere della prova, affermando apoditticamente che avrebbe beneficiato dei contributi previsti dalla disciplina di settore. Invece il C.O.N.I., nei propri scritti difensivi, allega che i regolamenti per i riconoscimenti delle DSA non hanno mai previsto alcun contributo a favore delle nuove discipline inserite nell’osservatorio, ma solamente (e per importi assai diversi da quelli richiesti dall’appellante) a favore delle associazioni che ottengono, al termine del periodo di permanenza nell’osservatorio, ed in presenza degli ulteriori requisiti prescritti, dapprima il riconoscimento quale DSA provvisoria e, nel prosieguo, quale disciplina sportiva associata effettiva.
5. - In conclusione, l’appello deve essere respinto.
Le spese di giudizio seguono, come per regola, la soccombenza e sono liquidate nell’importo fissato nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante alla rifusione, in favore del C.O.N.I., delle spese di giudizio, liquidate in euro tremila/00 (3.000,00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2016 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Stefano Fantini, Consigliere, Estensore